Dal momento che mi sono proposto come guida volontaria per far visitare il Palazzo Civico di Torino e le sue sale istituzionali, ho necessariamente dovuto studiare un po’ la genealogia della casa Savoia.
Infatti, la storia di questa dinastia è assai legata da secoli alla città di Torino soprattutto da quando, nel 1563, Emanuele Filiberto I decise di spostare qui la capitale del suo regno dalla sua sede originaria, Chambery. Aveva sagacemente compreso che il destino dei Savoia non poteva essere al di là delle Alpi, con i francesi sempre a minacciare i confini e la pace del piccolo stato. Il ‘Caval ëd Brons‘, voluto da Carlo Alberto e inaugurato il 4 novembre 1838 a Torino nella sua piazza San Carlo, è diventato nel corso degli anni uno dei simboli della città accanto alla Mole Antonelliana: esalta le imprese epiche proprio di questo lontano antenato dei Savoia, soprannominato Testa ‘d Fer (testa di ferro) per la sua caparbietà e cocciutaggine. I due bassorilievi presenti nella base di quel monumento, raffigurano due eventi in cui Emanuele Filiberto I si distinse: la Battaglia di San Quintino e la successiva pace di Cateau-Cambrésis. Per l’Italia le conseguenze più importanti di questa battaglia e di quel trattato di pace furono il riconoscimento e il consolidamento del predominio spagnolo sul territorio italiano, che durò fino agli inizi del ‘700, nonché la restituzione ai Savoia dei loro territori, come premio per la vittoria ottenuta da Emanuele Filiberto che, in quel frangente, era stato al comando dell’esercito spagnolo.
Le seguenti tabelle, che avevo fotografato nella Reggia di Venaria, penso forniscano dati oggettivi assai autoesplicativi: la popolazione di Torino nel 1560, cioè poco prima di diventare la capitale del Regno dei Savoia, era circa di sole 20000 persone: la sua successiva cresciuta esponenziale è sicuramante dovuta allo spostamento degli interessi politici ed economici in questa città. Successivi periodi di decrescita si sono avuti solo a causa eventi storici quali assedi e pandemie.

Prima dell’Unità d’Italia, le fonti sulla popolazione di Torino non sono così precise e continue. Tuttavia, nell’archivio storico di Torino, esiste un annuario statistico del 1946 che riporta, in una tabella, il numero degli abitanti di Torino a partire dal ‘400: il primo dato storico risale infatti a quel periodo e all’epoca i torinesi sembra fossero appena 4.000.

Nel 1560, secondo anno riportato in quel documento dell’archivio storico, gli abitanti erano già quintuplicati a quota 20.000. Il terzo censimento riportato è del 1631 e, da quella data in poi, i dati iniziano a essere precisi: 36.649 abitanti, che diventano 43.866 a inizio ‘700, salvo poi scendere a causa dei morti nell’assedio di Torino nel 1705.
Da questo periodo i dati cominciano a non coincidere più esattamente con quelli riportati nella tabella mostrata nella Reggia di Venaria (e non so quali siano i più veritieri) sebbene come si è visto dal 1712 in quella tabella i dati incomincino ad essere precisi e ripostati annualmente. Comunque, entrambe le fonti concordano che a guerra persa con i francesi e l’occupazione napoleonica portarono a un calo notevole della popolazione che ricomincerà a crescere solo dopo il 1814, quando Napoleone restituisce la città ai Savoia, fino a superare quota 100.000 nel 1824.
Sulle origini della dinastia dei Savoia esistono pochi documenti e inoltre questi sono soggetti poi a varie interpretazioni: spesso, negli anni, si sono escogitati criteri di giustificazione di tipo politico, con l’avallo di genealogisti compiacenti. L’unico punto sicuro di partenza della dinastia è il conte Umberto I Biancamano (†1048), che, già signore delle contee di Savoia (1003), di Belley, Sion e Aosta, al disgregarsi del regno di Borgogna (1032) si schierò dalla parte di Corrado II ottenendone in premio la contea di Moriana in Val d’Isère e il Chiablese (ca. 1034), zona montana francese e svizzera situata nel Nord della Savoia.

Nonostante lo Stato Sabaudo abbia occupato un territorio geografico relativamente piccolo, i Savoia sono una delle dinastie di origine più antica e che hanno, tra l’altro, regnato più a lungo nel tempo, spesso barcamenandosi sapientemente in alleanze con le grandi potenze europee e matrimoni d’interesse.
La rappresentazione grafica seguente mostra poi come fosse il rapporto tra popolazione/militari sia nei regni di Francia e di Prussia sia nello Stato Sabaudo (nel 1740 e pochi decenni dopo, nel 1780): relativamente al Regno di Prussia si noti la notevole crescita sia della popolazione sia del suo esercito (in proporzione 29:1), tale da superare numericamante l’esercito francese, con territorio ben più vasto e popolato (proporzione 145:1 tra abitanti e militari).


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Il seguente post si limita a riportare nel seguito alcune informazioni che ho dedotto da wikipedia e che riassumono, principalmente a mio uso e consumo, le principali discendenze dei Savoia.
Pubblico il tutto pensando che questo bignami possa tornare utile non solo a me, ma anche a qualche altra guida volontaria o visitatore di Torino!
Da questo mio studio pur molto sommario, elenco nel seguito alcune mie personali considerazioni su questa dinastia, che d’altra parte non si discosta di molto dalle altre che sono state presenti in Europa:
- I matrimoni nelle diverse famiglie reali o dinastie dovevano rispettare la legge di successione dinastica, cioè un complesso di norme in merito alla successione al trono e all’appartenenza alla dinastia stessa, dalla quale deriva il diritto a uno specifico rango, titolo e trattamento, e, conseguentemente, l’idoneità a ricoprire determinate cariche dello Stato, come nel caso della reggenza.
Il principe che sta per sposarsi, inoltre, deve obbligatoriamente ricevere l’assenso al matrimonio dal Capo della Casa, pena la perdita di tutti i diritti di successione. Nel caso di nozze fra principi che non siano state autorizzate, il Capo della Casa potrà decidere le sanzioni caso per caso, mentre nel caso di mancato assenso a un matrimonio diseguale (ad esempio, un principe e una persona non di sangue reale o di casa sovrana) è prevista la decadenza automatica del principe contraente matrimonio e l’esclusione da qualsiasi titolo e diritto di successione per sé e per la sua discendenza.
In questo contesto anche i matrimoni dei principi di Casa Savoia avvenivano rigorosamente tra pari: questo uso, vera e propria legge consuetudinaria, era sancito dalle leggi suddette.
Nulla importava invece se la sposa era parente stretta del regnante, ad esempio cugina prima (nota: sebbene sia oggigiorno assai inconsueto, comunque ho visto che, ancora oggi è possibile contrarre un matrimonio tra cugini sebbene la chiesa cattolica richieda un’apposita dispensa!). Anzi, questi matrimoni d’interesse politico erano quasi sempre voluti proprio per creare alleanze ed espandere l’egemonia di un casato/ducato/regno: era quindi usuale avere sposalizi con una figlia di un sovrano di Francia, Spagna o Austria. Non di rado le consorti erano giovanissime (13-15 anni), date in moglie talvolta ad un sovrano anche molto più anziano. Diverse hanno dato alla luce, fin da giovanissime, un numero impressionante di figli (anche 10/12): la morte per parto non è stata poi rara, così come, un secondo matrimonio del sovrano a breve distanza dal decesso, magari per riuscire ad avere un erede al trono. Sicuramente lo stretto legame genetico tra gli sposi non ha poi certo favorito la robustezza della progenie: diversi sono stati i figli morti a pochi anni o con malattie/difetti fisici. Ad esempio, la scelta di far sposare Elena di Montenegro a Vittorio Emanuele III può essere anche vista come il tentativo di arginare gli effetti delle nozze fra consanguinei che affliggevano grande parte della nobiltà europea dell’epoca, favorendo il diffondersi di difetti genetici e di malattie come l’emofilia. Infatti, Vittorio Emanuele III, figlio di cugini primi (Umberto I e Margherita), non avrebbe potuto generare un erede sano con una sposa troppo vicina a lui per albero genealogico. Grazie al matrimonio con Elena, invece, ebbe come erede Umberto II, niente affatto simile al padre per quanto riguardava sia la salute sia la statura (il padre Vittorio Emanuele III era alto 153 cm).
Da quanto detto, si comprende bene come la maggior parte di questi matrimoni non siano certo scaturiti dall’amore: spesso i sovrani avevano relazioni extra coniugali che talvolta hanno addirittura portato a matrimoni morganatici (e.g. come nel caso di Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, meglio nota in piemontese come la Bela Rosin). - Le epidemie di peste e di colera non hanno comunque risparmiato neppure alcuni sovrani (e.g. Carlo Emanuele I di Savoia, peste del 1630) , così come altre malattie un tempo letali come il vaiolo ( e.g. Vittorio Amedeo Filippo a soli 15 anni – figlio primogenito di Vittorio Amedeo II di Savoia; Vittorio Emanuele I di Savoia) e quelle veneree, diffuse anche grazie alla promiscuità presente a corte.
- Sebbene alcuni duchi/sovrani (Savoia e non solo) avessero doti guerriere e/o sensibilità artistiche non indifferenti, quasi sempre (se non sempre), le loro decisioni sono state principalmente dettate dalla volontà di mantenere e aumentare il proprio potere/prestigio e quello della propria casata. Anche quelle che potrebbero sembrare benemerite decisioni a favore della popolazione suddita (e.g. Statuto Albertino di Carlo Alberto) sono state dettate principalmente per preservare l’ordine pubblico, temendo il peggio in periodi storici in cui rivoluzioni determinavano la fine di poteri forti. Anche le grandi opere architettoniche e artistiche erano dettate soprattutto dalla volontà di rendere il proprio regno più bello agli occhi delle altre potenze, più che per un amore per l’arte di per sè stessa.
- La religione è stata spesso sfruttata per giustificare il proprio ruolo di regnante e per meglio assoggettare la popolazione, pur nella bigotteria di alcuni regnanti dettata da pregiudizi e paure assai diffuse un tempo a livello di tutti i ceti sociali. La proliferazione di miracoli e supposti voti esauditi, sono stati poi sapientemente utilizzati per accrescere sia la notorietà, prestigio e autorevolezza di membri della famiglia sia quella del loro regno.
- Diverse mogli hanno dato una loro impronta al regno del marito e talvolta (e.g. le tre madame reali) hanno saputo mantenere il comando e il potere per diversi anni dopo la morte del marito, essendo ancora molto giovane il figlio ereditario del titolo: talvolta si sono dovute opporre a tentativi di parenti, vicini in linea di successione, che ambivano a detenere il titolo (e.g. Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I, una volta vedova ha dovuto fronteggiare le ambizioni dei fratelli minori del marito, il Principe Tommaso e il Cardinal Maurizio). Alcune nobildonne hanno avuto omaggi popolari e addirittura poetici (e.g. regina Margherita, sposa di Umberto I, suo cugino, essendo lei figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, fratello di Vittorio Emanuele II, padre appunto anche di Umberto I), altre ancora si sono dedicate a opere benefiche (e.g. Elena del Montenegro, moglie di re Vittorio Emanuele III di Savoia – Regina consorte d’Italia fino al 9 maggio 1946 – viene addirittura considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica)
- Le alte cariche ecclesiastiche erano spesso assegnate a cadetti, cioè a figli non primogeniti di regnanti, anche in giovanissima età seppur privi di qualsiasi vocazione. Invece le figlie spesso finivano in conventi se non promesse spose di altri nobili e regnanti.
- Alcune successioni sono avvenute per abdicazione – alcune delle quali presentano ancora dei lati non chiari – in genere dovute ad eventi storici o a incapacità del reggente: la lotta per il potere ha portato poi addirittura un figlio reggente a imprigionare il proprio padre che aveva abdicato e che si era poi pentito vedendo il figlio regnare in modo contrario alle sue decisioni (e.g. Vittorio Amedeo II fu fatto arrestare dal figlio Carlo Emanuele III: richiuso nel castello di Moncalieri, dove ci restò fino alla morte).
- Diversi Savoia hanno avuto un numero notevole di secondi nomi, spesso più di cinque (7 Carlo Alberto: Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio; 7 Vittorio Emanuele II: Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso; 9 Umberto I: Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio; 12 il Vittorio Emanuele attualmente vivente: Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria)
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Umberto I Biancamano di Savoia, detto altrimenti dalle Bianche Mani (in francese Humbert I aux Blanches Mains) (970/980 – Hermillon, 1047 o 1048), fu Conte di Moriana tra il 1000 e il 1047. È considerato il capostipite della dinastia dei Savoia.

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Amedeo VI di Savoia, soprannominato il Conte Verde (Chambéry, 1334 – Santo Stefano di Campobasso, 1383), fu Conte di Savoia e Conte d’Aosta e Moriana dal 1343 al 1383.
È stato il fondatore della più alta onorificenza sabauda, tra le più prestigiose e antiche al mondo: l’Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Inizialmente era chiamato Ordine del Collare, istituito nel 1364, in occasione di una giostra a ricordo della vittoria su Federico II di Saluzzo: fece realizzare per sé e per altri 14 cavalieri un collare, descritto dalle cronache del tempo come simile a quello dei levrieri. Il suo scopo era di “indurre unione e fraternità tra i potenti sicché si evitassero le guerre private” ed era riservato ai nobili più illustri e fedeli: la regola statutaria prevedeva che tutti gli insigniti fossero considerati pari e si chiamassero tra loro “fratelli”.
L’origine del blu Savoia, colore nazionale italiano, sembra sia legato a Amedeo VI di Savoia. Il 20 giugno 1366, prima di partire per una crociata voluta da papa Urbano V e organizzata per prestare aiuto all’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, cugino di parte materna del conte sabaudo, Amedeo VI volle che sulla nave ammiraglia della flotta di 17 navi e 2000 uomini, una galea veneziana, sventolasse una bandiera azzurra, accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia.


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Amedeo VII di Savoia detto il Conte Rosso (Castello di Avigliana 1360 – Castello di Ripaglia, 1391) fu conte di Savoia, d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391. Detto conte Rosso a causa del colore dei suoi capelli, mentre secondo altri, si prese a soprannominarlo Conte Rosso poiché nel 1383, impegnato nelle Fiandre in una campagna militare in difesa del duca di Borgogna, alla notizia della nascita del proprio primogenito, abbandonò il lutto per la morte del padre, a favore di abiti rossi per festeggiare.

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Emanuele Filiberto di Savoia, detto Testa ‘d Fer (“Testa di ferro”) in piemontese (Chambéry, 1528 – Torino, 1580), è stato conte di Asti (dal 1538), duca di Savoia, principe di Piemonte, conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1553 al 1580, nonché re titolare di Cipro e Gerusalemme.
Era il terzogenito maschio di Carlo II di Savoia e di Beatrice del Portogallo.
Morì di cirrosi epatica, conseguenza diretta dell’abuso di vino in cui era solito indulgere.
Consorte: Margherita di Valois.
Spostò nel 1563 la capitale da Chambery a Torino.
Monumento equestre a Emanuele Filiberto in piazza San Carlo a Torino, opera dello scultore Carlo Marochetti: Caval ëd bronz (cavallo di bronzo) in piazza San Carlo, voluto dal discendente Carlo Alberto.

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Carlo Emanuele I di Savoia, detto il Grande (Rivoli, 1562 – Savigliano, 1630), fu duca di Savoia dal 1580 al 1630.
Moglie: Caterina Michela di Spagna (1585-1597) da cui ebbe 10 figli (4 maschi e 6 femmine). Carlo Emanuele I suggerì questa unione come un modo per ottenere il sostegno spagnolo per i suoi piani di espansione della Savoia sulla costa dell’allora indebolita Francia.
Era figlia di re Filippo II di Spagna e della sua terza moglie Elisabetta di Valois: rimase orfana di madre ad appena un anno (la madre morì nel 1568 a seguito di complicazioni seguite a un aborto).
Soprannominato dai sudditi Testa di Fuoco, proprio per le manifeste attitudini militari, fu uno dei principi più abili e colti della storia di Casa Savoia. Ebbe come figli il primogenito Vittorio Amedeo (suo successore), Emanuele Filiberto (avviato alla carriera ecclesiastica, a 12 anni entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, in cui divenne priore di Castiglia e León; morì a Palermo durante un’epidemia di peste nel 1624, all’età di 36 anni), Maurizio (nominato da Luigi XIII cardinale protettore di Francia), Tommaso Francesco (principe di Carignano; capostipite del ramo Savoia-Carignano).
A 68 anni, colto da violenta febbre per la peste, muore in Savigliano.
Luogo di sepoltura: Santuario di Vicoforte

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Maurizio di Savoia (Torino, 1593 – Torino, 1657): avviato giovanissimo alla carriera ecclesiastica per motivi puramente politici, al punto che non prese mai i voti benché venisse nominato cardinale all’età di 13 anni. Fu educato presso la corte spagnola di suo zio Filippo III di Spagna e iniziato alla vita militare con i fratelli in alcune spedizioni nelle Fiandre e a Genova. Nominato da Luigi XIII cardinale protettore di Francia; nel 1611 divenne abate commendatario della Sacra di San Michele – affidamento temporaneo dei redditi di un ente ecclesiastico ad un “commendatario” che non possedeva la carica che comportava il beneficio, ma solo il beneficio stesso: poteva essere un ecclesiastico o anche un laico).
Il suo corpo fu inizialmente sepolto nel Duomo di Torino e, nel 1836, traslato nella Sacra di San Michele insieme a quello di altri illustri membri di Casa Savoia (tra cui il duca bambino Francesco Giacinto) per volontà del re Carlo Alberto di Savoia.
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Il principe Tommaso Francesco di Savoia-Carignano (Torino, 1596 – Torino, 1656) ritratto da Antoon van Dyck nel 1634: principe di Carignano; capostipite del ramo Savoia-Carignano. Nel 1620 divenne infatti, per disposizione del padre, Principe di Carignano dando origine alla linea dei Savoia-Carignano, dalla quale discenderanno i futuri Re d’Italia di Casa Savoia.
Tra i figli avuti dalla moglie c’è Eugenio Maurizio di Savoia Carignano, cui la madre trasmetterà il titolo di Conte di Soissons, che sarà il padre del famoso condottiero Eugenio di Savoia. La continuazione del ramo Savoia-Carignano sarà invece assicurata dal maschio primogenito Emanuele Filiberto.

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Vittorio Amedeo I di Savoia (Torino, 1587 –Vercelli, 1637) fu duca di Savoia, principe di Piemonte, marchese di Saluzzo e conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1630 al 1637. Fu anche re titolare di Cipro e Gerusalemme. Morì per intossicazione alimentare a 50 anni.

Consorte: Cristina Maria di Francia (figlia del re Enrico IV di Francia e sorella di Luigi XIII; 1a Madama Reale) che sposa nel 1610, quando lei aveva solo 13 anni. Alla morte del marito, il 7 ottobre 1637, divenne reggente in nome prima del figlio Francesco Giacinto e successivamente, deceduto quest’ultimo, dell’altro figlio Carlo Emanuele, che nel 1648 salirà al trono col nome di Carlo Emanuele II di Savoia. In questo periodo dovette fronteggiare sia gli attacchi dei cognati Tommaso Francesco di Savoia, principe di Carignano, che del cardinale Maurizio, entrambi filo-spagnoli, che miravano alla reggenza, sia le mire del cardinale Richelieu, il quale cercava di annettere alla corona di Francia il Ducato di Savoia. Il regno si divise in “madamisti” e “principisti“. Cristina fu costretta a rifugiarsi in Savoia, sotto la protezione francese, per sfuggire ai cognati che occupavano Torino. Successivamente però lo stesso Richelieu fece arrestare il fedele conte d’Agliè, colpevole di opporsi al protettorato francese. Cristina resistette indomitamente, sfruttando abilmente le rivalità tra francesi e spagnoli e la sua origine regale.

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Francesco Giacinto di Savoia (Torino, 1632 –Torino 1638) muore a 6 anni colto da un improvviso attacco di febbre, per cui non ebbe mai veramente l’opportunità di regnare: la madre, Maria Cristina di Borbone-Francia, manteneva infatti la reggenza sul Piemonte data la giovane età del duca (quando il padre si spense, Francesco Giacinto aveva solo 5 anni. Avevano già avuto un altro figlio primogenito, Luigi Amedeo di Savoia – 1622-1628 -, che morì anche lui a 6 anni prima della morte del padre).
Dal 1836 la salma è tumulata alla Sacra di San Michele, dove oggi riposa in un sarcofago in pietra al centro del Coro vecchio della Chiesa.

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Carlo Emanuele II di Savoia (Torino, 1634 – Torino, 1675), detto Carlina (p.zza Carlina è intitolata a lui), fu duca di Savoia, principe di Piemonte, marchese di Saluzzo, conte d’Aosta, conte di Moriana e conte di Nizza dal 1638 al 1675. Si fregiò anche dei titoli di re di Cipro e re di Gerusalemme.

Sposa le cugine Francesca d’Orléans (morta senza avere dato figli) e poi Giovanna Battista di Savoia-Nemours che sarà la 2a Madama Reale in quanto mantenne la reggenza dello stato sul giovane principe Vittorio Amedeo II. Il suo desiderio di potere non si fermò al compimento da parte del figlio dell’età stabilita affinché quest’ultimo potesse salire al trono: ella cercò di far sposare al giovane Vittorio Amedeo la cugina Isabella Luisa di Braganza, figlia del re del Portogallo Pietro II e di sua sorella Maria Francesca di Savoia-Nemours, con la speranza di farlo diventare re a Lisbona. Se il figlio si fosse trasferito in terra portoghese, lei avrebbe potuto governare ancora a lungo in Piemonte. Ma Vittorio Amedeo II, intuendo il piano della madre e spinto dai suoi ministri, con una specie di colpo di Stato la dichiarò decaduta e priva di ogni autorità politica e Giovanna dovette piegarsi alla volontà del figlio. Lasciata in disparte dalla politica, Maria Giovanna Battista decise di dedicarsi all’arte: per suo esplicito ordine molte vie di Torino vennero ampliate, furono costruite chiese e, in particolare, fu ammodernato il Palazzo Madama, per opera dello Juvarra.
Morì improvvisamente a 38 anni: oggi la salma è tumulata alla Sacra di San Michele, in un sarcofago in pietra nella navata sinistra della Chiesa.
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Vittorio Amedeo II di Savoia, (Vittorio Amedeo Francesco di Savoia), detto la Volpe Savoiarda (Torino, 1666 – Moncalieri, 1732), è stato re di Sicilia dal 1713 al 1720, in seguito re di Sardegna; duca di Savoia, marchese di Saluzzo e duca del Monferrato, principe di Piemonte e conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1675 al 1720.
Sposa:
Col suo lungo governo trasformò radicalmente la politica sabauda, fino ad allora influenzata dalle potenze straniere quali Francia o Spagna, rivendicando orgogliosamente l’indipendenza del piccolo stato dalle vicine nazioni (si pensi, ad esempio, all’episodio dell’assedio di Torino 1706).
Lentamente, con il passare degli anni, i trionfi politici e militari avevano infastidito e stancato il re. Non presenziava quasi più alle feste e ai ricevimenti, anzi tendeva ad evitare la vita di corte. Amante della semplicità, l’unico lusso che si concedeva era l’elegantissima parrucca stile Luigi XIV. A peggiorare il suo carattere schivo ed introverso, fu la vera e propria crisi che lo colpì in seguito alla morte per vaiolo del figlio primogenito a soli 15 anni, il prediletto Vittorio Amedeo Filippo. A corte si temette che il re fosse sul punto di impazzire. Verso il 1728 la sua salute peggiorò e decise di abdicare in favore del figlio Carlo Emanuele III di Savoia, pur continuando a controllare gli affari di governo dando consigli perentori e non allontanandosi dalla vita di corte. La ferrea mano del padre pressava non poco Carlo Emanuele III: tra le proibizioni impostegli, il divieto di andare a caccia ogni giorno e di convivere negli stessi appartamenti della moglie. L’abdicazione divenne ufficiale solo nel 1730, quando l’ex re sposò morganaticamente Anna Canalis di Cumiana e si ritirò a vita privata in Savoia. Presto riprese a influenzare il governo del figlio. Sotto l’influenza della seconda moglie, la marchesa di Spigno, Vittorio Amedeo II tentò di riprendersi il trono. Dichiarato nullo il suo atto di abdicazione, dunque, minacciò anche di far intervenire gli imperiali nelle contese con il figlio. Carlo Emanuele si vide dunque obbligato a usare la forza e, con l’approvazione unanime del Consiglio dei Ministri, Vittorio Amedeo II venne arrestato a Moncalieri e imprigionato.
Il 5 febbraio 1731 Vittorio Amedeo II fu colpito da un ictus e la sua salute peggiorò drasticamente fino alla morte a 66 anni. La salma di Vittorio Amedeo II venne tumulata nella Basilica di Superga, dove tutt’oggi riposa.

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Eugenio di Savoia, noto come Principe Eugenio (Parigi, 1663 – Vienna, 1736), cugino di Vittorio Amedeo II, lo aiutò a liberare Torino dall’assedio dei Francesi nel 1706.
È stato un nobile e generale italiano al servizio dell’Esercito del Sacro Romano Impero. Membro di Casa Savoia (era diretto bisnipote del duca Carlo Emanuele I), apparteneva al ramo cadetto dei Savoia-Carignano e, in particolare, alla linea dei Savoia-Soissons. Iniziò la sua carriera al servizio della Francia, passando poi a quello dell’Impero, divenendo ben presto comandante dell’esercito imperiale.
Morì a 57 anni nel sonno, dopo aver passato la giornata in consiglio coi ministri e la serata giocando a carte con la contessa Eleonore Batthyány, figlia del suo vecchio amico consigliere von Strattmann, da cui abitò gli ultimi anni della sua vita. I funerali viennesi, su richiesta della famiglia imperiale asburgica, vennero celebrati con gli onori di stato e la partecipazione di tutte le cancellerie europee, equiparandolo di fatto ai familiari dell’Imperatore. Carlo VI vi presenziò di persona e definì la sua dipartita una grave perdita per l’Impero. Anche i Savoia, memori del grande aiuto avuto da Eugenio durante l’assedio francese di Torino, tributarono i giusti onori all’illustre membro della loro casata.
l suo corpo fu tumulato nella cattedrale viennese di Santo Stefano, ed il cuore, per volere dei Savoia, nella cripta della Basilica di Superga. Riguardo appunto al cuore, c’è tuttora un mistero, in quanto si ritiene che sia stato riportato a Vienna, o addirittura che non sia mai stato portato via dall’Austria.
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Carlo Emanuele III di Savoia, detto il Laborioso e soprannominato dai piemontesi Carlin (Torino, 1701 – Torino, 1773), fu re di Sardegna, duca di Savoia, duca del Monferrato, marchese di Saluzzo, principe di Piemonte, duca d’Aosta e conte della Moriana e di Nizza dal 1730 al 1773.
Sposa:
- Anna Cristina del Palatinato-Sulzbach
- Polissena d’Assia-Rheinfels-Rotenburg
- Elisabetta Teresa di Lorena
Salito al trono in conflitto con il padre. Vittorio Amedeo lI aveva abdicato nel 1730 lasciando al figlio la sovranità sul Piemonte. Tuttavia, diede ordini e consigli al figlio, che tuttavia ripristinò balli, feste e lussi presso la corte torinese. Nel 1731, mentre Carlo Emanuele III si trovava a Chambéry, lo coprì d’ingiurie davanti al Consiglio dei ministri, tacciandolo di inettitudine. Vittorio Amedeo decise, quindi, di riprendersi il trono. Tornò in Piemonte e confermò i ministri ma la reazione però non fu quella che lui si aspettava: il figlio informato delle mosse del padre, convocò in seduta straordinaria il Consiglio dei Ministri, che decretò che Vittorio Amedeo II andava arrestato ed imprigionato. Una scorta di soldati venne dunque spedita ad arrestare il vecchio re, che fu chiuso nel castello di Moncalieri, dove restò fino alla morte.
Si circondò di militari a cui conferì le più alte cariche dello Stato. Sotto il suo regno, che durò quasi 43 anni, lo Stato sabaudo continuò a militare al fianco delle grandi potenze nelle guerre di successione polacca ed austriaca, ottenendo considerevoli acquisizioni territoriali, che ne spostarono il confine al Ticino.
Morì a 72 anni e la sua salma fu tumulata nella Cripta Reale della basilica di Superga, dove la sua tomba monumentale, opera dello scultore Ignazio Collino, si trova in posizione opposta a quella del padre.

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Vittorio Amedeo III di Savoia (Torino, 1726 –Moncalieri, 1796) fu re di Sardegna, duca di Savoia, principe di Piemonte e conte d’Aosta dal 1773 al 1796. Invasione di Napoleone nel 1798.
Figlio di Carlo Emanuele III e di Polissena d’Assia-Rheinfels-Rotenburg. Sposò nel 1750 Maria Antonietta di Spagna (1729-1785), figlia più giovane di Filippo V di Spagna e Elisabetta Farnese. Da cui ebbe 12 figli.
Salì al trono nel 1773 e, per quanto di spirito conservatore, portò avanti nel suo regno numerose riforme amministrative sino alla dichiarazione di guerra alla Francia rivoluzionaria nel 1792.
Fu il padre degli ultimi tre re di Sardegna del ramo principale dei Savoia (Carlo Emanuele IV, Vittorio Emanuele I e Carlo Felice): infatti, nel 1831 in mancanza di eredi, i Savoia-Carignano succedettero al ramo principale.
Isolato e condannato da tutti, anche dai suoi più fedeli sostenitori di un tempo, colpito da apoplessia, morì a 70 anni nel 1796 nel castello di Moncalieri. Lasciava un regno allo sfascio economico, con le casse completamente svuotate, mutilato di due province fondamentali – la Savoia e Nizza – e devastato dalle correnti rivoluzionarie. Il suo primogenito Carlo Emanuele, il principe di Piemonte, era debole ed incapace di mantenere la situazione sotto controllo.

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Carlo Emanuele IV di Savoia, detto l’Esiliato (Torino, 1751 – Roma, 1819), fu re di Sardegna e duca di Savoia dal 1796 al 1802. Nel 1773 il padre salì al trono di Sardegna, e da quel momento iniziò a organizzare il matrimonio di Carlo Emanuele su basi politiche. Abdica in favore del fratello.

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Vittorio Emanuele I di Savoia, detto il Tenacissimo (Torino, 1759 – Moncalieri, 1824), fu re di Sardegna, principe di Piemonte, duca di Savoia e d’Aosta dal 1802 al 1821.
Consorte: Maria Teresa d’Austria-Este.
Dopo la Restaurazione, nel luglio del 1814 torna a Torino, sul modello della Gendarmeria francese costituì a Torino il Corpo dei Carabinieri Reali, da cui deriva la moderna Arma dei Carabinieri, quarta forza armata italiana.
Fa costruire la chiesa della Gran Madre.
Pur avendo 5 figli, il solo maschio – Carlo Emanuele (1796–1799) – morì di vaiolo, per cui il trono passò a suo fratello minore Carlo Felice.

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Carlo Felice di Savoia (Torino, 1765 – Torino, 1831) fu re di Sardegna e duca di Savoia dal 1821 alla morte. Era il quinto figlio maschio di Vittorio Amedeo III di Savoia e Maria Antonietta di Spagna. Ebbe come nonni materni Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese.
Consorte: Maria Cristina di Napoli
Nel 1824 acquistò l’abbazia di Altacomba, dove sarà sepolto e dove erano sepolti molti dei suoi antenati e ne curò il progetto di restauro che affidò all’architetto Ernesto Melano.
Sarà sempre lui poi, nello stesso anno, ad acquistare buona parte della collezione che attualmente costituisce il Museo Egizio di Torino, ricevendo i reperti direttamente dal barbaniese Bernardino Drovetti, in quegli anni Console Generale di Francia in Egitto.
Con Carlo Felice, senza eredi dal proprio matrimonio, si estingue il ramo principale dei Savoia. La corona reale passerà al ramo dei Savoia-Carignano con Carlo Alberto, suo successore. La scelta di Carlo Alberto quale suo successore fu, almeno in un primo momento, una scelta non facile per Carlo Felice, soprattutto perché il cugino si era dimostrato particolarmente incline al liberalismo e ad amicizie filo-carbonare; tuttavia detta successione al ramo dei Savoia-Carignano, oltre a essere un passaggio obbligato, smise di essere motivo di fastidio e dispiacere per il re.
«Politicamente, valeva meno di Carlo Alberto che, pur con tutte le sue ambiguità, la missione italiana della dinastia l’aveva intravista anche se per calcolo o codardia era sempre pronto a tradirla. Ma moralmente era molto al di sopra di lui. Per il trono non brigò mai, ebbe un sacro rispetto del pubblico denaro, non fece mai una promessa che poi non mantenesse e, pur vergognandosene come di debolezze, ebbe le sue generosità.» |
(Indro Montanelli, L’Italia giacobina e carbonara, pp. 350-351) |
Morì a 66 anni nel Palazzo Chiablese a Torino.

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Carlo Alberto di Savoia-Carignano (Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano; Torino, 1798 – Oporto, 1849) è stato Re di Sardegna dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849.
Durante il periodo napoleonico visse in Francia dove acquisì un’educazione liberale. Come principe di Carignano nel 1821 diede e poi ritirò l’appoggio ai congiurati che volevano imporre la costituzione a suo padre, re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Divenne poi conservatore e partecipò alla spedizione legittimista contro i liberali spagnoli del 1823. Non destinato al trono, diventò re dello Stato sabaudo nel 1831 alla morte dello zio Carlo Felice che non lasciava eredi.
Concede il 4 marzo 1848 lo Statuto Albertino (p.zza Statuto, piazzetta 4 marzo).
Abdica in favore del figlio primogenito Vittorio Emanuele II, sperando che possesse ottenere dall’Austria condizioni e clausole più vantaggiose dopo aber subito la sconfitta militare della battaglia di Novara (Prima guerra d’indpendenza).
Muore a 51 anni ad Oporto. Il corpo fu imbalsamato ed esposto nella cattedrale di Oporto. Il 3 settembre giunsero le navi Monzambano e Goito al comando di Eugenio di Savoia, cugino del defunto che salparono la sera stessa per Genova. I funerali, con grande partecipazione di popolo, si svolsero nel Duomo di Torino, celebrante l’arcivescovo di Chambéry Alexis Billiet assistito da cinque vescovi piemontesi. Il giorno dopo la salma venne tumulata solennemente nei sotterranei della Basilica di Superga, dove tuttora riposa.
Consorte: Maria Teresa di Toscana


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Vittorio Emanuele II di Savoia (Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia; Torino, 1820 – Roma, 1878) è stato l’ultimo re di Sardegna (dal 1849 al 1861) e il primo re d’Italia (dal 1861 al 1878).
Dal 1849 al 1861 fu inoltre duca di Savoia, principe di Piemonte e duca di Genova. È ricordato anche con l’appellativo di Re galantuomo, perché dopo la sua ascesa al trono non ritirò lo Statuto Albertino promulgato da suo padre Carlo Alberto.
Coadiuvato dal presidente del Consiglio Camillo Benso, conte di Cavour, portò a compimento il Risorgimento, culminato nella proclamazione del Regno d’Italia.
Per aver realizzato l’Unità d’Italia, viene indicato come Padre della Patria, così come compare nell’iscrizione nel monumento nazionale che da lui prende il nome di Vittoriano, sito a Roma, in piazza Venezia.
Le febbri che portarono alla morte Vittorio Emanuele a 58 anni, erano probabilmente febbri malariche, contratte proprio andando a caccia nelle zone paludose del Lazio. La sua tomba, come Padre della Patria, è nel Pantheon a Roma.


Consorti:

Rosa Vercellana (morganatica): meglio nota in piemontese come la Bela Rosin (Nizza, 1833 – Pisa, 1885), fu dapprima l’amante e in seguito la moglie morganatica del re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia, che le concesse i titoli nobiliari minori di Contessa di Mirafiori (territorio a sud di Torino) e di Fontanafredda (territorio di Serralunga d’Alba). Incontrò per la prima volta Rosa Vercellana di 14 anni nel 1847, quando con la famiglia si trasferì presso il castello di Racconigi, dove il padre dirigeva il presidio militare della tenuta di caccia: il futuro re d’Italia, ancora principe ereditario, aveva 27 anni, era sposato con l’austriaca Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena (Milano, 1822 – Torino, 1855) e aveva già quattro figli.
Vittorio Emanuele II mantenne la propria relazione con Rosa Vercellana per tutta la vita, nonostante le sue altre numerose amanti e avventure, ed ebbe da lei due figli: Vittoria (1848 – 1905) – quando la madre aveva 15 anni e un anno dopo che Vittorio Emanuele l’aveva conosciuta – ed Emanuele (Moncalieri, 1851 – Sommariva Perno, 1894).

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Umberto I di Savoia (Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio di Savoia; Torino, 1844 – Monza, 1900) è stato Re d’Italia dal 1878 al 1900.
Figlio di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e di Maria Adelaide d’Austria, regina del Regno di Sardegna, morta nel 1855, il suo regno fu contrassegnato da diversi eventi, che produssero opinioni e sentimenti opposti.
Il monarca viene ricordato positivamente da alcuni per il suo atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure come l’epidemia di colera a Napoli del 1884, prodigandosi personalmente nei soccorsi (perciò fu soprannominato “Re Buono”), e per la promulgazione del cosiddetto codice Zanardelli, che apportò alcune innovazioni nel codice penale, come l’abolizione della pena di morte.
Da altri fu duramente avversato per il suo rigido conservatorismo e le sue tendenze autoritarie (inaspritesi negli ultimi anni del regno): dagli anarchici, Umberto I ricevette il soprannome di “Re Mitraglia”.
Morì assassinato a Monza, 29 luglio 1900 (56 anni), dopo avere subito altri due attentati precedenti: la salma del defunto re venne tumulata nel Pantheon accanto a quella del padre.

Sposò Margherita di Savoia, sua cugina, figlia di Ferdinando di Savoia, secondo figlio di Carlo Alberto e fratello di Vittorio Emanuele II. Margherita essendo la consorte di re Umberto I è stata la prima regina consorte d’Italia (la moglie del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia, Maria Adelaide d’Austria, era infatti morta nel 1855, prima della proclamazione del Regno avvenuta nel 1861).
Morì nella sua villa a Bordighera il 4 gennaio 1926, a 74 anni: la sua tomba è nel Pantheon.


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Ferdinando Maria Alberto Amedeo Filiberto Vincenzo di Savoia-Genova (Firenze, 1822 – Torino, 1855) è stato un nobile e militare italiano, capostipite del ramo cadetto dei Savoia-Genova, figlio secondogenito di Carlo Alberto, fratello di Vittorio Emanuele II e padre di Margherita di Savoia, moglie di Umberto I.

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Vittorio Emanuele III di Savoia (Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia; Napoli, 1869 – Alessandria d’Egitto, 1947) è stato Re d’Italia (dal 1900 al 1946), Imperatore d’Etiopia (dal 1936 al 1943), Primo Maresciallo dell’Impero (dal 4 aprile 1938) e Re d’Albania (dal 1939 al 1943). Abdicò il 9 maggio 1946 e gli succedette il figlio Umberto II. Venne soprannominato Re soldato.
Figlio di Umberto I di Savoia e di Margherita di Savoia, alla nascita ricevette il titolo di Principe di Napoli, nell’evidente intento di sottolineare l’unità nazionale, raggiunta da poco. La notizia dell’assassinio del padre Umberto I di Savoia, ucciso il 29 luglio 1900 a Monza per opera dell’anarchico pratese Gaetano Bresci, giunse a Vittorio Emanuele mentre si trovava in crociera nel Mediterraneo con la moglie Elena del Montenegro: fino ad allora il Principe di Napoli aveva considerato la propria ascesa al trono ancora lontana, data l’età del padre, che al momento del regicidio aveva 56 anni.
Il suo lungo regno (46 anni) vide, oltre alle due guerre mondiali, l’introduzione del suffragio universale maschile (1912) e femminile (1945), delle prime importanti forme di protezione sociale, il declino e il crollo dello Stato liberale (1900 – 1922), la nascita e il crollo dello Stato fascista (1925 – 1943), la composizione della questione romana (1929), il raggiungimento dei massimi confini territoriali dell’Italia unita e le maggiori conquiste in ambito coloniale (Libia ed Etiopia). Morì poco più di un anno e mezzo dopo la fine del Regno d’Italia.

Sposa Elena del Montenegro (Cettigne, 1873 –Montpellier, 1952), matrimonio d’amore e non di interesse. Regina consorte d’Italia fino al 9 maggio 1946, giorno dell’abdicazione al trono del marito, è considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica.

Studiò medicina e ne ebbe la laurea honoris causa; finanziò opere benefiche. Durante la Prima guerra mondiale Elena fece l’infermiera a tempo pieno e, con l’aiuto della Regina Madre (Margherita), trasformò in ospedali sia il Quirinale sia Villa Margherita; per reperire fondi lei stessa inventò la “fotografia autografata” che veniva venduta nei banchi di beneficenza, mentre alla fine del conflitto propose la vendita dei tesori della corona per estinguere i debiti di guerra.
Dopo esilio il 9 maggio del 1946 andò con il re ad Alessandria d’Egitto, ospite di re Farouk I d’Egitto, che ricambiò così l’ospitalità data a suo tempo dal regno italiano a suo nonno, Isma’il Pascià. Durante l’esilio i due coniugi festeggiarono il cinquantesimo anniversario di matrimonio. Elena rimase col marito in Egitto fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta il 28 dicembre 1947.
Tre anni dopo si scoprì malata di cancro e si trasferì in Francia, a Montpellier, e nel novembre 1952 si sottopose a un difficile intervento chirurgico nella clinica di Saint Cóm, dove morì il 28 novembre. Fu sepolta, com’era suo desiderio, in una comune tomba del cimitero Saint-Lazare a Montpellier.
Sessantacinque anni dopo la sua morte, il 15 dicembre 2017, la salma della regina Elena è stata rimpatriata da Montpellier e sepolta nel santuario di Vicoforte, nella cappella di San Bernardo (la stessa dov’è sepolto il duca Carlo Emanuele I), dove, due giorni dopo, sono stati tumulati anche i resti del consorte Vittorio Emanuele III, rimpatriato da Alessandria d’Egitto.
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Umberto II di Savoia (Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia; Racconigi, 1904 – Ginevra, 1983) è stato Principe di Piemonte dal 1904 al 1946, Luogotenente Generale del Regno d’Italia dal 5 giugno 1944 al 9 maggio 1946 e ultimo Re d’Italia dal 9 maggio al 18 giugno 1946.

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Vittorio Emanuele di Savoia (Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria; Napoli, 1937) è un membro di casa Savoia e imprenditore italiano naturalizzato svizzero. Figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II e di Maria José. È sposato con Marina Doria, da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto. Dal 1983 è pretendente al trono d’Italia in disputa dal 2006 con la linea dinastica di Aimone di Savoia-Aosta.

Agisce da Capo della Casa dal 1983, anno della morte di Umberto II, ma questo titolo e le prerogative ad esso spettanti (il gran magistero degli ordini dinastici sabaudi e il titolo di duca di Savoia) vennero contestati da Amedeo di Savoia-Aosta. Tale disputa nacque a seguito del matrimonio non autorizzato da Umberto II fra Vittorio Emanuele e Marina Doria, situazione che avrebbe portato, secondo la normativa dinastica di Casa Savoia, lo stesso Vittorio Emanuele e la sua discendenza al di fuori della linea di successione.
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Emanuele Filiberto di Savoia (Emanuele Filiberto Umberto Reza Ciro René Maria; Ginevra, 1972) è un membro della Casa Savoia e personaggio televisivo svizzero con cittadinanza italiana.

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Amedeo di Savoia-Aosta (Amedeo Umberto Giorgio Paolo Costantino Elena Fiorenzo Maria; Firenze, 1943 – Arezzo, 2021) è stato un membro di Casa Savoia e imprenditore italiano, fu pretendente al trono d’Italia (contestato da Vittorio Emanuele di Savoia). Era conosciuto anche con i titoli di cortesia di duca d’Aosta, principe della Cisterna e di Belriguardo, marchese di Voghera e conte di Ponderano. Era figlio di Aimone di Savoia (il quale aveva avuto come bisnonno il primo re d’Italia Vittorio Emanuele II), per un breve periodo re di Croazia, che rinunciò al titolo pochi giorni dopo la nascita di Amedeo.
Nel 2006 Amedeo rivendicò per sé il titolo di duca di Savoia e il ruolo di Capo della Real Casa, in disputa con Vittorio Emanuele di Savoia. Come discendente del re di Spagna Amedeo I, era 41º in linea di successione al trono spagnolo.

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Aimone di Savoia-Aosta (Aimone Umberto Emanuele Filiberto Luigi Amedeo Elena Maria Fiorenzo di Savoia-Aosta; Firenze, 1967) è un membro di Casa Savoia e un dirigente d’azienda italiano. Per anni direttore generale Pirelli. Dal 2017 è presidente del consiglio imprenditoriale italiano, organo di raccordo delle realtà associative imprenditoriali italiane operanti nella Federazione Russa. Da novembre 2019 è ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Federazione Russa. (Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, comunemente abbreviato in Sovrano Militare Ordine di Malta ), Ordine Gerosolimitano, o anche semplicemente Ordine di Malta, è un ordine religioso cavalleresco canonicamente dipendente dalla Santa Sede, con finalità assistenziali. Il Sovrano Militare Ordine di Malta è un Ordine religioso laicale cattolico che gode ipso iure di personalità giuridica pubblica nella Chiesa,). Il 24 novembre 2020 l’ambasciatore Aimone di Savoia Aosta ha presentato le credenziali quale rappresentante dell’Ordine di Malta presso la Federazione Russa sostituendo il diplomatico Gianfranco Facco-Bonetti.
Il ruolo della missione diplomatica dell’Ordine in Russia consiste nella promozione dei rapporti fra Cristianità orientale e Chiesa cattolica, nel sostegno alle opere caritative verso i bisognosi e nella promozione di iniziative culturali, ruolo per il quale l’Ordine è fortemente apprezzato dalle autorità civili ed ecclesiali russe. Nel 2020 l’ambasciatore Savoia-Aosta ha incontrato i rappresentati della Chiesa ortodossa al fine di mantenere alto il livello di cooperazione tra l’Ordine e la Chiesa russa.
Esponente del ramo cadetto Savoia-Aosta, dopo la morte di suo padre Amedeo di Savoia-Aosta, avvenuta il 1º giugno 2021, Aimone è divenuto il nuovo Capo di Casa Savoia, in disputa dal 2006 con la linea dinastica del suo lontano cugino Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di re Umberto II.

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Libri:
- I Savoia: Novecento anni di una dinastia (di Gianni Oliva)
- Savoia. Storie, personaggi, curiosità e tradizioni della più antica dinastia europea (Mauro Minola)
- I Savoia (Walter Barberis)