Non molto tempo fa avevo scritto un post relativo al degrado e pericolosità di alcune pietre del lastricato pedonale di fronte alla Mole Antonelliana, simbolo della città e meta di molti turisti anche stranieri anche per via del prestigioso Museo del Cinema ospitato nell’edificio da anni (Quel pericoloso lastricato di pietra presente davanti alla Mole Antonelliana, simbolo di Torino e attrattiva per molti turisti): dopo avere segnalato la situazione all’URP di Torino, questa ha prontamente preso in carico la segnalazione diramandola all’ente più consono che ha svolto il dovuto lavoro di ripristino.
Probabilmente a pari merito con la Mole, uno dei punti di maggior interesse e transito turistico è Piazza Castello, resa fortunatamente pedonale non da molti decenni, acquistandone in bellezza e praticità. Da Wikipedia si legge: “Nel 1997 la Piazza fu parzialmente chiusa al traffico automobilistico, che fino ad allora girava, in senso antiorario, intorno al Palazzo-Castello: furono quindi pedonalizzati i lati occidentale e settentrionale. Nel 1999 la zona pedonale antistante al Palazzo fu completamente lastricata in pietra di Luserna (poi quasi completamente sostituita da sienite nel 2014), corredata di quattro piccole fontane quadrate a getto d’acqua, dette a scomparsa, cioè a raso suolo, azionate solo in determinati orari, su ordine del Comune“.
Piazza Castello quando ancora non era area pedonale: un brutto ricordo!
Si apprende quindi che inizialmente quella zona pedonale è stata lastricata nel 1999 con pietra di Luserna che poi nel 2014 è stata quasi completamente sostituita con pietre in sienite. Non sono un esperto del settore e quindi non so dire quale di quelle due tipologie di pietra sia più resistente: tuttavia, cercando su Internet, ho visto che entrambe vengono proposte come lastre per pavimentazione stradale, anche carrabile con traffico intenso se di spessore adeguato e collocate a dovere.
Sorgono allora alcune domande.
Come è quindi possibile che, a distanza di meno di un decennio, una percentuale non irrisoria (diciamo un 10%) di quelle pietre posizionate in piazza Castello a Torino si siano rotte? Erano state collocate a regola d’arte e con spessore adeguato? Se la risposta è no, qualcuno penso ne debba rispondere… È stato permesso il transito in quella piazza, usualmente pedonale, a veicoli con peso superiore a quello idoneo sopportabile da quelle lastre? Pur essendo pensate per una pavimentazione stradale carrabile con traffico intenso, avranno anche loro una portata massima: anche qui, se la risposta è no, qualcuno penso ne debba rispondere…
Come è possibile che la Sovraintendenza alle Belle Arti non sia intervenuta da tempo per bloccare le “riparazioni” con asfalto che periodicamente vengono effettuate ogni qual volta una nuova di quelle pietre si rompe definitivamente e deve essere tolta? È sicuramente vero che un intervento di asfaltatura può avere un costo inferiore a quello di una sostituzione della lastra di pietra (principalmente per il costo della materia prima, non penso relativamente a quello della manodopera che comunque generalmente incide molto), ma il risultato è decisamente differente e non dovrebbe quindi essere proponibile in quella piazza d’interesse storico!!
Attualmente, come mostrano le foto, la pavimentazione è cosparsa da blocchi grigio scuro di asfalto, talvolta addirittura steso sopra la pietra quando non del tutto frantumata, rendendo la piazza non solo esteticamente brutta, ma (come era nel caso del lastricato di fronte alla Mole Antonelliana), in diversi casi anche pericolosa per pedoni/turisti che camminano comprensibilmente distratti dalle bellezze da ammirare tutto intorno e si aspettano una pavimentazione degna di un’area pedonale!
La situazione penso sia sotto gli occhi di tutti da tempo, cittadini e turisti, Sovraintendenza alle Belle Arti e amministratori del bene pubblico. Proprio in questi mesi si sta provvedendo a restaurare la facciata di Palazzo Madama, lavoro sicuramente utile e opportuno ma, personalmente non so quanto prioritario (anche solo pensando alla sicurezza dei pedoni) rispetto a ripristinare degnamente il lastricato della piazza antistante (tra l’altro intervento sicuramente più veloce e meno costoso). Invece, mi sembra che le “riparazioni” con asfalto proseguano imperterrite, diventando oramai da tempo la metodologia standard con cui effettuare gli interventi su quel lastricato che continua “stranamente” a deteriorarsi sempre più, sebbene sia stato posato da meno di un decennio e si tratti di una piazza pedonale!
Se, come penso, il motivo di queste rotture è dovuto al passaggio di mezzi pesanti durante le manifestazioni, allora si devono usare mezzi più leggeri oppure si mettano in conto i costi per le riparazioni immediate del caso. Credo comunque che ci sia anche un discorso dinon idonea installazione(e.g. pietra non collocata su una base uniforme, ben livellata e realizzata con materiale idoneo)che contribuisce alla rottura della pietra quando passa un mezzo pesante.
Ho inoltrato una segnalazione all’URP di Torino per segnalare comunque anch’io tale situazione e chiedendo come cittadino un intervento: invito anche voi a fare altrettanto. Vediamo se questo può contribuire a modificare il corso degli eventi! Per il momento l’URP mi ha dato notifica dell’inoltro a segnalazioni1@comune.torino.it: vediamo se da costoro giungerà qualche segnale positivo!
P.S. 1/6/2023
Ecco la risposta della Circoscrizione 1 e la mia seguente replica… : restiamo quindi in attesa (da anni) di avere le risorse per questo manutenzione “straordinaria” quando, a mio parere, dovrebbero cambiare le procedure.
Come ho scritto loro, dal momento che il numero delle riparazioni “urgenti” con bitume a freddo sono, nel tempo, aumentate, mi sembra che siano attualmente inadeguati i tempi compatibili con le risorse disponibili per un ripristino di manutenzione straordinaria. Non mi starò a ripetere, ma personalmente penso che se il motivo di queste rotture in questa piazza pedonale è verosimilmente dovuto al passaggio di mezzi pesanti durante le manifestazioni, allora si devono usare mezzi più leggeri oppure si mettano già in conto i costi per le riparazioni immediate del caso, da eseguire subito dopo l’evento e a spese del medesimo. Credo comunque che ci sia anche un discorso di non idonea installazione (pietra non collocata su una base uniforme, ben livellata e realizzata con materiale idoneo) che contribuisce alla rottura della pietra quando passa un mezzo pesante. Inoltre, le riparazioni “urgenti” con bitume a freddo comunque penso abbiano un costo di manodopera similare alla sostituzione della pietra per cui, complessivamente, non mi sembra si provveda a minimizzare la spesa per avere una riparazione adeguata (che non dovrebbe, a mio parere aspettare che si effettui un intervento “straordinario”).
Ieri sera, avendo posteggiato la macchina nella piazza Carlo Felice, ritornando a riprenderla dopo mezzanotte ho visto decine e decine di ratti che scorrazzavano nel bel giardino centrale, talvolta rincorrendosi in quell’area recintata e a quell’ora deserta in quanto chiusa al pubblico durante la notte.
Essendo impossibile non notarli, dato il loro numero, pensavo che il Comune fosse già a conoscenza della situazione, ma ho voluto comunque segnalare anch’io quella situazione non certo salubre del centro cittadino, essendo i ratti portatori di diverse malattie, oltre a non essere un bel biglietto da visita per i turisti che giungono in città la sera dalla vicina stazione ferroviaria.
La presenza di immondizia, non tolta a fine giornata o gettata dall’esterno della cancellata da cittadini senza un minimo senso civico, non favorisce poi il tutto.
Evidentemente durante il giorno i ratti stanno per lo più rintanati nelle tane per poi uscire la sera quando il giardino viene chiuso al pubblico, penso per impedire atti vandalici, essere un punto di ritrovo per la malavita e un stazionamento di senzatetto con conseguente potenziale aumento del suo degrado anche da un punto di vista igienico: attualmente sembra tuttavia che quella cancellata serva anche a far sì che quei ratti possano scorrazzare senza alcun timore, incuranti addirittura dei passanti che transitano sul marciapiede esterno al giardino! Comunque i buchi delle loro tane risultano sempre visibili: ad esempio, molteplici ed enormi fori nel terreno si possono ben vedere (a destra) subito dopo l’ingresso in corrispondenza di via Roma di quella cancellata che racchiude il giardino: ieri sera li ho notati in quanto, vicino a essi, stazionavano alcuni di quei ratti.
Nel giro di meno di un’ora ho ricevuto una risposta anche dalla Unità Operativa Igiene Urbana e Ciclo dei rifiuti: “Presso l’area indicata, ormai da tempo, sono in corso periodiche derattizzazioni. La prossima avrà luogo il mese corrente, precisamente a partire dal giorno 16/05, salvo condizioni metereologiche avverse. Proprio nel tentativo di debellare la problematica, seguiranno ulteriori interventi con cadenza mensile. A titolo collaborativo, le chiediamo cortesemente, di inviarci ulteriori segnalazioni qualora dovesse continuare a riscontrare la presenza di tale problematica. Nel rimanere a disposizione, porgiamo cordiali saluti. ACI“
Non ho potuto che rispondere come segue, nel ringraziare e sperando che vengano intraprese le dovute operazioni di bonifica: “Vista la permanente diffusione del fenomeno, pur non essendo del mestiere oserei dire che la cadenza degli interventi dovrebbe essere intensificata: la derattizzazione, che mi dite essere effettuata mensilmente, non sembra proprio dare i risultati desiderati e almeno ora è del tutto insufficiente. Infatti, ho letto che i ratti si riproducono principalmente in primavera per cui direi che gli interventi dovrebbero essere effettuati con cadenza ravvicinata soprattutto in questo periodo. In tutta la mia vita, in nessun luogo cittadino (ma forse nemmeno in campagna) non ho mai visto una densità di ratti così elevata come quella da me personalmente riscontrata ieri sera!“
Invito quindi tutti voi, se passate la sera in piazza Carlo Felice a Torino, di buttare un occhio all’interno del suo centrale giardino (chiuso la sera) attraverso le sbarre che lo circondano: se, come è successo a me ieri sera, vedrete molteplici ratti, segnalatelo anche voi all’Ufficio Relazioni con il Pubblico di Torino, magari allegando qualche foto scattata con il telefonino: ce ne saranno probabilmente talmente tanti che non sarà difficile riprenderne alcuni! Forse solo ricevendo molteplici segnalazioni/lamentele dai cittadini, le autorità competenti saranno più stimolate a intervenire con tempestività e adeguata frequenza.
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Non sembra sia un fenomeno isolato e neppure solo recente. Si trovano, infatti, diversi articoli al riguardo e anche altri relativi al degrado del bel giardino di piazza Carlo Felice:
Esiste una sezione apposita nel sito del Comune di Torino relativa a dell’operato di AMIAT, laddove venga segnalata la presenza di topi, scarafaggi, blatte, nidi di vespe o calabroni presso aree pubbliche e aree verdi della Città di Torino. Qui si legge: “Ricevuta la segnalazione, il Servizio Ciclo dei Rifiuti provvede tempestivamente ad inoltrare la richiesta di accertamento all’AMIAT. Il servizio di derattizzazione/deblattizzazione si può dire concluso dopo 45 giorni lavorativi: le esche vengono infatti posizionate ogni 15 giorni, per tre volte. Nel caso invece della rimozione di un nido di vespe/calabroni, l’iter è, ovviamente, più breve!
Dove non si interviene? Nelle aree private e nei cantieri. Per quanto riguarda le aree private (abitazioni, cortili, aree verdi condominiali…) la Città non ha titolo per intervenire. Bisogna quindi contattare direttamente una ditta privata. Per aree di cantiere, aree dismesse, abitazioni abbandonate… è necessario fare la segnalazione al Corpo di Polizia Municipale (per l’accertamento della proprietà e il conseguente inoltro delle risultanze al Settore Regolamentazione Sanzioni Contenzioso Sanità che può emanare specifica ordinanza a carico del proprietario/titolare dell’area).“
P.S. 15/5/2023 – Ricevuta email in cui mi viene notificato che, a seguito di diverse segnalazioni, hanno attivato una derattizzazione straordinaria caratterizzata da tre interventi consecutivi (16/5/2023; 1/6/2023; 16/6/2023). Quindi segnalare serve!!!
Avevo già anni fa scritto un post relativamente all’applicazione Microsoft Assistenza rapida [ENG: Quick assistance] che consente assai agevolmente di ricevere/dare assistenza da remoto da un PC con Windows 10/11. Da un po’ di tempo questa applicazione, che era presente nella cartella Accessori Windows [ENG: Windows accessories], è stata pubblicata come app scaricabile dal Microsoft Store e vi invito quindi a scaricarla/aggiornarla. Il suo funzionamento non si era inizialmente modificato da un punto di vista dell’interfaccia utente, anche se probabilmente era già stata ottimizzata nel tempo: quindi inizialmente le procedure descritte in quel vecchio post continuavano a valere ma da qualche mese si sono modificate.
Questo post intende quindi mostrare la nuova interfaccia e la procedura ora da seguire: sebbene risulti intuitiva, essendosi modificata, potrebbe inizialmente portare a una qualche confusione!
Sia per chi fornisce assistenza sia per chi la riceve, l’app da lanciare è sempre Assistenza rapida:
Chi intende fornire assistenza, deve premere il pulsante Aiuta qualcuno, inserire la propria email del proprio account Microsoft e attendere un codice da comunicare alla persona assistita che dovrà inserirlo sul proprio PC nella sezione Ottieni assistenza: premendo il link Fornisci istruzioni si può giungere eventualmente a una pagina utile per fornire all’assistito istruzioni utili per potersi far aiutare!
Fino a qui, a parte la grafica, la procedura è molto simile a quella pregressa. Tuttavia dopo che l’assistito ha inserito il codice fornitogli dall’aiutante e accetta di richiedere l’aiuto, inizialmente viene solo condiviso il suo schermo: l’aiutante deve premere il pulsante Richiedi controllo (ora collocato in alto) e l’assistito premere il pulsante Consenti che viene mostrato sempre in alto sul suo schermo (o in alternativa quello Nega): in ogni momento una qualsiasi delle parti può decidere di abbandonare tale condivisione premendo il pulsante Abbandona.
Si noti che sono poi presenti, sempre nella barra in alto, alcuni pulsanti che consentono di avere a disposizione e attivare ulteriori funzionalità:
Puntatore laser: proietta sul monitor dell’assistito un puntino rosso (simulando l’effetto di un laser)
Annotazione: consente di tracciare linee e disegnare
Chat: apre lateralmente una chat con la quale potersi scambiare messaggi
Seleziona schermo: qualora il computer dell’assistito sia collegato a più schermi, consente di selezionare quello su cui si desidera operare da remoto
Riavvia e riconnetti: consente un riavvio del computer remoto con la successiva riconnessione tra assistito e assistente
Sospendi: consente di sospendere temporaneamente il collegamento, evitando temporaneamente la condivisione e la conseguente trasmissione di dati, con la possibilità poi di riprendere il collegamento quando si desidera senza più la necessita di effettuare tutta la procedura di scambio del codice dell’assistente
Gestione attività: consente direttamente di aprire nel PC dell’assistito la finestra di Gestione attività
Sebbene venga proposto a chiunque dalla pubblicità di Amazon anche via email di iscriversi ad Amazon Business, per poterlo fare è indispensabile possedere una partita IVA, e questo può risultare logico ed evidente ai più. Quello che può non essere subito chiaro sono i vantaggi, ma soprattutto i potenziali svantaggi, questi ultimi forse non dovutamente pubblicizzati e che quindi si vengono poi a scoprire man mano utilizzandolo: d’altra parte difficilmente uno va a leggersi tutte le condizioni nel dettaglio (Ulteriori informazioni su Amazon Business) e probabilmente ci si limita a guardare quelle evidenziate che, ovviamente, pongono in risalto i seguenti vantaggi:
Fatturazione semplificata: filtraggio dei prodotti e venditori per ricevere le fatture dei tuoi ordini in automatico e direttamente nel tuo account
Sconti sulle quantità: approfittare degli sconti, a partire da sole due unità, su oltre 3 milioni di prodotti dei marchi più affidabili.
Business Prime: spedizione GRATUITA e illimitata per gli ordini idonei per tutti gli utenti del tuo business account, oltre a ulteriori vantaggi aziendali.
Questo post intende invece sia evidenziare gli svantaggi “scoperti” utilizzando poi concretamente Amazon Business da parte di una piccola azienda a conduzione familiare sia indicare come poter agevolmente ritornare, senza alcun problema e penalizzazione, al precedente account personale con abbonamento ad Amazon Prime. Infatti, talvolta gli indubbi vantaggi derivati nel passare a un account Amazon Business (probabilmente decisivi per una media/grande azienda), nel caso di una piccola realtà commerciale, non si rivelano poi tali da superare alcuni svantaggi: per questo, magari dopo qualche mese, si può poi decidere di tornare alla versione “personale” di abbonamento ad Amazon Prime.
Innanzitutto, se uno aveva un abbonamento Prime sul proprio account personale, nel convertirlo in uno Business, quello viene convertito in BusinessPrime sul nuovo account business: le condizioni del BusimessPrime sono tuttavia differenti dal Prime e sono specificate in questa pagina. Infatti, se uno visita quella pagina, dovrebbe notare che, sebbene venga mantenuta la consegna rapida gratuita e vengano aggiunte altre funzionalità specificatamente utili per un account aziendale (e.g. gestione di più utenti abilitati all’acquisto), mancano altri vantaggi invece presenti nell’abbonamento Prime di un account personalequali, ad esempio, PrimeVideo (film in streaming, accessibili anche su una smart TV),AmazonMusic (musica e podcast in streaming di un migliaia di brani, sottoinsieme – che per molti è più che sufficiente! – dell’abbonamento Amazon Music Unlimited), Amazon Photos (spazio illimitato per salvare le proprie foto), AmazonFresh (consegna di generi alimentari). Inoltre per tutti gli acquisti che uno effettua con un account Business viene generata una fattura intestata alla ditta e questo complica poi la loro gestione da parte del commercialista: per questo è assai conveniente effettuare con un account Business solo gli acquisti aziendali, escludendo quelli personali. Ne consegue che, soprattutto se uno desidera mantenere i vantaggi presenti solo in un abbonamento Prime di un account personale, anche se si ha un account Business è opportuno mantenerne anche uno personale… e questo ovviamente comporta il pagamento per entrambi di un abbonamento Prime dal costo annuale non indifferente (oltre a essere in progressivo aumento, pur aumentando i vantaggi associati: ultimamente si è passati da 36€ a 49,90€).
Come sempre, contattando l’efficiente servizio clienti Amazon vengono fornite tutte le indicazioni su come agevolmente ritornare a riavere un account “personale” dopo essere passati ad averne uno “Business“, informazione tuttavia non del tutto agevole da trovare navigando sul sito Amazon e perciò da me riportata nel seguito: si può riconvertire, in qualsiasi momento, un proprio account Business in un account personale andando nella seguente pagina del sito Amazon:
Questo non comporta alcuna penalizzazione e il proprio abbonamento Prime viene nuovamente riconvertito da quello BusinessPrime: perciò, uno può decidere comunque di provare a convertire il proprio account personale in uno Business per sperimentare personalmente vantaggi/svantaggi, ben sapendo di poter comunque cambiar idea in ogni momento senza subire penalizzazioni!
Oramai ci siamo quasi assuefatti a trovare sia strade sia marciapiedi dissestati e cosparsi di buche anche pericolose per la propria incolumità, per cui è d’obbligo stare molto attenti, soprattutto se si è di una certa età… ma non solo! Sarebbero opportuni maggiori interventi ovunque da parte delle amministrazioni, ma una maggiore attenzione dovrebbe essere spesa soprattutto per le condizioni dei marciapiedi molto frequentati, soprattutto quelli nei pressi di attrazioni turistiche di una città e quindi anche utilizzati da turisti stranieri, forse meno avvezzi rispetto a noi a porre sempre molta attenzione alle condizioni del selciato anche quando non dovrebbe essere necessario dato il luogo.
Quasi un anno fa, precisamente il 13/4/2022, avevo segnalato all’URP di Torino la presenza, nei pressi dell’ingresso del Museo del cinema e di fronte alla Mole Antonelliana, di una pietra completamente mobile e quindi assai pericolosa.
Avevo da poco assistito in diretta a una rovinosa caduta una turista straniera che si era inciampata battendo la faccia e facendosi quindi molto male. Io, come altri, l’avevamo soccorsa proponendole di chiamare un’autoambulanza. Dopo essersi ripresa sedendosi su una sedia, gentilmente offerta dal bar di fronte, aveva optato di non recarsi a un pronto soccorso e ci aveva solo chiesto di chiamarle un taxi per essere riportata in un camping nei pressi di Moncalieri: infatti, si trattava di una turista austriaca che, con il marito, era venuta a visitare Torino con un camper. Comunque, quando avevo detto loro che intendevo scrivere all’URP del Comune per lamentare delle condizioni pericolose di quel marciapiede, avevano acconsentito a farsi fotografare con i loro documenti: pur sperando di non avere successive conseguenze da quella caduta, in tal modo quella sarebbe stata documentata. Quel giorno, i due turisti erano già reduci da una brutta esperienza poiché, dopo avere visitato il Museo del cinema, non avevano più ritrovato una delle loro due biciclette, sebbene le avessero fissate entrambe con catena nei pressi della Mole, per cui stavano appena tornando dalla denuncia di quel furto.
Insomma, furto e rovinosa caduta (imputabile a un selciato molto sconnesso e con lastre instabili), sono certamente eventi che certo non lasciano in un turista un buon ricordo della città! Tra l’altro, il personale sempre di quel bar di fronte alla Mole che era intervenuto gentilmente a soccorrere l’infortunata, ci aveva detto che era quasi all’ordine del giorno per loro vedere persone che si inciampavano non solo in quella lastra instabile, ma anche in altre sconnesse e quindi comunque pericolose.
Il giorno dopo avevo quindi mantenuto la promessa e scritto all’URP allegando le foto scattate sia alla turista e all’evento sia al selciato sconnesso, sperando che tempestivamente si provvedesse alle dovute riparazioni:
Come ho sempre constatato, anche in quella occasione l’URP di Torino ha prontamente preso in carico la segnalazione diramandola all’ente più consono e rendendomelo noto via email. Certo quindi che si fosse provveduto, non mi sono più preoccupato di passare in quella zona che non frequento abitualmente, se non appunto per vedere qualche esibizione estemporanea al Museo del cinema.
Quattro mesi più tardi, precisamente l’8/7/2022 mi era poi giunta una successiva email che, scusandosi del ritardo di quella loro comunicazione, mi informava che “erano stati effettuati gli interventi di ripristino puntuali dei masselli smossi presenti nell’area pedonale a cura della squadretta di pronto intervento“. Sebbene assai stupito dei tempi di intervento della squadretta (tanto più quando definita di pronto intervento!), per un lavoro che personalmente avrei considerato assai urgente e dai tempi/costi non penso rilevanti, non avevo potuto che rispondere come segue, nel comunque ringraziare della loro gentile comunicazione: “Sebbene l’intervento non sia stato certo tempestivo come forse sarebbe dovuto essere vista la pericolosità dei masselli smossi e la loro specifica collocazione in area alteramente turistica, sicuramente apprezzo che, con le risorse a vostra disposizione (probabilmente non idonee a una maggiore tempestività degli interventi), abbiate comunque risolto la problematica in oggetto. Così agendo invoglierete sicuramente sia me sia altri cittadini a segnalare problematiche riscontrate nel nostro Comune, certi che siano prese in carico e risolte, migliorando conseguentemente il nostro territorio. Colgo l’occasione per manifestare il mio apprezzamento per il lavoro svolto dall’URP del Comune, da me contattata nel tempo in più circostanze e che ha saputo sempre veicolare le problematiche verso le istituzioni idonee a risolverle, con un esito positivo nella maggioranza dei casi“.
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Fino a questo punto il pregresso.
La scorsa settimana, dopo appunto circa un anno, sono ritornato al Museo del cinema per accompagnare dei bambini e farli salire in cima alla Mole, per loro sicuramente una prima bellissima esperienza.
Come ho già avuto modo di dire, non ero mai più passato in quel tratto di via e solo ora quindi non ho potuto che notare nuovamente il degrado di quella pavimentazione che, sinceramente, non mi sembra tanto differente da quella che ricordavo di avere visto lo scorso anno. Quella pietra instabile ora effettivamente non si muove più ma, come testimoniano anche solo gli scatti seguenti, lo stato del selciato non è sicuramente quello idoneo a quell’area pedonale di fronte al monumento simbolo di Torino e nei pressi dell’ingresso di uno dei musei più frequentati della città!
Ora non so dire né se l’intervento pregresso si fosse limitato a “fissare” quella singola lastra di pietra mobile (nella comunicazione, che mi era giunta in risposta al ticket, si parla di interventi di ripristino puntuali dei masselli smossi presenti nell’area pedonale, per cui mi sembrerebbe intendere che si era intervenuto su tutto quel tratto di selciato) e tanto meno se fosse stato eseguito a regola d’arte: sta di fatto che la situazione attuale mi sembra rimanere (o essere ritornata?) pericolosa e degna di attenzione da parte dell’amministrazione, come testimoniano anche solo i seguenti miei scatti:
La turista che un anno fa era caduta rovinosamente, forse perché già sconvolta dal furto della bici oltre che dalla caduta, aveva preferito non farsi portare in ospedale e magari tornare a fare un’altra denuncia, ma avrebbe benissimo potuto. Basta effettuare una semplice ricerca su Internet e si apprende, infatti, che in diversi casi questo è avvenuto in altre analoghe circostanze: ad esempio, nel Gazzettino – relativamente al Comune di Venezia – e nella Gazzetta di Mantova si leggono articoli (Buche nel selciato, Comune condannato a risarcire 70mila euro alle persone cadute; Ferita sui ciotoli sconnessi: il Comune la risarcisce) relativi a condanne subite da Comuni che quindi hanno dovuto risarcire le persone cadute. In verità, si trovano anche articoli in cui si fa riferimento a esclusioni di responsabilità in caso di mancata diligenza da parte del pedone, situazione che comunque mi sembra esuli dalla situazione in oggetto.
Ho avvertito nuovamente sia l’URP sia chi mi aveva notificato l’esecuzione del passato intervento, sperando che si intervenga nuovamente… possibilmente con maggiore tempestività se non si desidera aspettare che qualche altra persona, magari nuovamente un turista straniero, si faccia male e riporti a casa un brutto ricordo della nostra pur bella città!
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P.S. 17/4/2023
Devo ammettere che, dal momento che non avevo ricevuto alcuna notifica di ricezione della mia segnalazione dopo più di una settimana, incominciavo a temere che non avrebbe avuto alcun seguito. Invece, ho piacevolmente ricevuto oggi la seguente gentile email che mi rende noto che gli interventi di ripristino masselli e lastre nel tratto di area pedonale di via Montebello sono stati eseguiti a cura della squadretta di pronto intervento nelle giornate del 13 e 14/04/2023: tale sollecitudine dell’amministrazione deve invogliare ciascuno di noi a segnalare problematiche ed eventuali mancanze!!
Amici mi hanno avvertito di avere ricevuto notifica di una mia presunta condivisione di un post altrui di contenuto e provenienza dubbi ma sicuramente non appropriati!! 😣 Ovviamente non ero stato io a farlo e non riesco a comprendere come possano avere potuto se non rubando la mie credenziali in qualche modo: è vero che non la modifico da anni, ma non si tratta certo di una delle password che in teoria richiedono maggiore attenzione, anche se in verità veder mandare ai tuoi amici delle condivisioni di post altrui a nome tuo non è comunque piacevole!! 🤔 Resta in me il dubbio che il furto di credenziali sia stato fatto sui dati gestiti da Facebook stessa: infatti, io non ho salvato/condiviso la mia non banale password con alcuno e immagino che provando molte volte ad accedere a un account con tentativi errati, presumo che in automatico questo venga bloccato!!
Semmai potesse in futuro servire a qualcuno, nel seguito fornisco alcune indicazioni passo-passo su come agire per bloccare queste persone che impropriamente stanno utilizzando la tua utente Facebook per inviare condivisioni ai tuoi amici di Fb. Io stesso, infatti, mi sono scoperto impreparato quando, con mio stupore, il primo amico mi ha avvertito che aveva ricevuto una condivisione sospetta a nome mio, in cui tra l’altro risultava taggato: inserire infatti il tag di propri amici contribuisce a diffondere meglio quel loro contenuto!
1) Cambiare la propria password di Facebook. Con l’attuale interfaccia utente di Facebook, ho tribolato a trovare subito come cambiare la password, che è sicuramente la prima da fare per arginare possibili e probabili ulteriori danni! L’interfaccia di fb cambia sempre e anche ora viene detto che presto il Centro gestione account verrà presto nuovamente modificato e realizzato sulle tecnologie Meta: https://www.meta.com/it-it/help/accounts-center/accounts-center-settings/. 🙄 Comunque, almeno fino a oggi, i passi da fare per modificare la propria password sono quelli mostrati nel seguito:
2) Sconnettere tutti i dispositivi che si autenticano in automatico sul proprio account Facebook, a esclusione di quelli che sicuramente riconosci come tuoi. Nel mio caso ho trovato elencati diversi dispositivi (troppi), alcuni dei quali con nomi strampalati (sequenza casuale di lettere!) e/o localizzati in posti strani da me non frequentati: io ho acceduto a Fb sempre solo con il mio smartphone Galaxy note 10+ e, raramente, dal il mio Surface solo da casa, a Torino! È vero che il nome della città indicato (su dove si troverebbe il terminale quando si è collegato al proprio Facebook) viene desunta dall’indirizzo IP e perciò talvolta potrebbe indicare una località anche assai distante, in base alla collocazione di dispositivi di rete del proprio provider Internet (e.g. Roma, Milano), ma alcuni luoghi indicati nel mio caso erano comunque perlomeno bizzarri! Conviene quindi sconnettere (quasi) tutti i dispositivi soprattutto quelli su cui si nutre qualche possibile dubbio, tanto eventualmente uno si può comunque poi riconnettere con la nuova password con quelli realmente propri. Sempre nella sezione Sicurezza e accesso, indicata al punto precedente, viene presentato l’elenco dei Dispositivi da cui hai effettuato l’accesso: cliccando sui tre puntini verticali presenti per ciascuno si può forzare la disconnessione del dispositivo relativo.
Scollegare tutti i dispositivi sospetti che si sono autenticati con il proprio account
Se poi si esegue il punto successivo che consiglierò, vale a dire l’attivazione della autenticazione a due fattori, verrà comunque richiesto in automatico se uno desidera disconnettersi dagli altri dispositivi: anche in quel caso, sempre cliccando sui tre puntini, si può effettuare la disconnessione di tutti quelli sospetti… o ancor meglio di tutti (Esci da tutte le sessioni).
3) Introdurre la verifica a 2 fattori per rendere più sicuro ogni futuro accesso da qualsiasi nuovo terminale. L’autenticazione a due fattori si basa sull’utilizzo congiunto di due metodi di autenticazione individuali: ad esempio prevede l’invio di un codice OTP sul proprio cellulare che assicura che il nuovo dispositivo sia uno su cui si desidera effettivamente autenticarsi su Fb. Nota che esistono comunque metodi di riserva per poter accedere anche se il metodo di sicurezza attualmente scelto non fosse disponibile, pur mantenendo non sufficiente l’utilizzo della sola password:
Le volte successive che ti dovrai autenticare su Facebook da un nuovo tuo dispositivo dovrai fornire la doppia autenticazione: ad esempio, se si accede da un PC verrà mostrata la prima schermata seguente e si dovrà approvare l’accesso da uno dei dispositivi già approvati, quale il proprio smartphone, agendo dall’app Facebook e andando a vedere nelle notifiche (icona del campanello, in alto a destra). Potrai poi decidere se memorizzare tale volontà per quel nuovo dispositivo/browser o meno.
4) Eliminare tutti i post/condivisioni che sono state fatti a nome tuo e a tua insaputa. Selezionare da I tuoi post tutti quelli non inviati da te e spostarli nel cestino (da svuotare successivamente).
Già che uno c’è, conviene verificare che sia attivato il controllo di essere avvertito quando vengono inseriti nuovi post in cui si sia taggati da qualcuno, per verificare che sia appropriato:
Non sempre le infrastrutture e le innovazioni in esse presenti tengono conto dei requisiti che gli utilizzatori desidererebbero… soprattutto quando si tratta di una minoranza che ha qualche disabilità.
In passato (i.e. Le nuove piste ciclabili di c.so Principe Oddone (Torino): ben 69 tombini per ciascun verso di percorrenza!) avevo evidenziato come in una modernissima pista ciclabile della mia città (con addirittura dei suoi semafori dedicati!), costruita ex nuovo su un ampio corso completamente rifatto, non si sia pensato che collocare più di un centinaio di tombini nel bel mezzo della stessa non sia stata certo una scelta opportuna e apprezzabile dai futuri ciclisti, soprattutto da quelli che utilizzano una bici da corsa!
Tre degli innumerevoli tombini collocati nella recente nuova pista ciclabile in corso Principe Oddone a Torino
Mi è capitato proprio oggi di notare un’altra assurdità relativamente a un nuovo innovativo sistema per richiedere l’attivazione a verde per ciascun semaforo pedonale, da poco installato in c.so Grosseto a Torino: anche in questo caso si tratta di un’infrastruttura da poco completata, rifatta dopo lavori durati anni. Come si può notare dalle immagini seguenti, il sistema è sicuramente assai innovativo rispetto ai classici pulsanti generalmente presenti per inoltrare la richiesta di attivazione del verde in un passaggio pedonale: ciascun dispositivo presenta non solo un display (che mostra l’opportuno messaggio a seconda dello stato della richiesta), ma addirittura un sistema touch per l’attivazione per cui, per inoltrare la richiesta di verde, basta sfiorare con la mano dove indicato: sull’icona a forma di mano o sul display? 🤔 A voi scoprirlo… anche se forse sarebbe stato più opportuno mettere anche una scritta, per togliere ogni dubbio a ogni nuovo utilizzatore di questo dispositivo dall’usabilità discutibile!! 🙄
Nel seguito la foto del nuovo sistema innovativo… paragonato a quello classico che utilizza un “semplice” pulsante, talvolta abbinato a un segnalatore acustico, secondo me assai più utile di un display:
A parte l’usabilità del sistema, questo presenta una grave mancanza di cui forse non mi sarei accorto subito se non fossi stato attratto dal seguente autoadesivo collocato da qualcuno su un palo adiacente: “Qua manca il segnalatore acustico, come ca**o fanno ciechi e ipovedenti?!”
Effettivamente, soprattutto in questo caso in cui si è fatto uso di tutto quel pò pò di innovazione, ci si è scordati che esistono anche persone ipovedenti: inserire in quel sistema anche un segnalatore acustico (irrilevante in termini di costi complessivi) avrebbe davvero fatto la differenza! 🤨 Un semplice economico pulsante per richiedere il verde, sarebbe stato poi addirittura più consono! Meno male che questo adesivo rosso lo ricorda a tutti e, in particolar modo a chi progetta le infrastrutture pubbliche…
La prima domanda che mi sono posto vedendo quell’adesivo è stata: da chi ha origine tale campagna? Forse da una qualche associazione di ciechi/ipovedenti? Leggendo il QRcode in esso presente, si è rediretti al sito www.allacieca.com da cui si scopre che il tutto nasce da un’iniziativa di un privato, emalloru, un videomaker che sogna di diventare autore e regista di una serie continuando a far roba su YouTube.
Sempre da quel semplice sito costituito da un’unica pagina, scorrendo la medesima verso in basso, è possibile non solo vedere un bel video su YouTube associato all’iniziativa (che riporto anche nel seguito), ma anche scaricare il pdf dell’adesivo: soprattutto se stampato su carta adesiva può essere proficuamente utilizzato (“fai ciò che ritieni opportuno“).
Probabilmente è stata anche una forma per pubblicizzare le capacità professionali di quella persona… ma ben vengano comunque queste iniziative! Avendola apprezzata (seppur venendone a conoscenza solo ora), nel mio piccolo con questo post desidero cercare di contribuire anch’io a diffonderla maggiormente: comunque il seguente suo video (a essa associato) ha comunque già diverse migliaia di like, indice dell’apprezzamento già di molte persone! 🙂 Ecco il suo bel video che ha collegato a tale pregevole iniziativa: da vedere!
Purtroppo questo non è uno degli esempi in cui chi progetta strutture pubbliche non sembra avere le competenze opportune per tener conto anche delle esigenze di componenti deboli della popolazione. Ad esempio, nella seguente foto (che mi ha condiviso un amico, scattata in via Andreis, nei pressi del Sermig) viene mostrato un altro caso: chi prevede un parcheggio per i disabili con il ciottolato, sicuramente non ha tenuto conto delle difficoltà di movimento di una persona su sedia a rotelle!!
L’assurdità di prevedere un parcheggio per disabili in cui ci sia il ciottolato
Oramai è all’ordine del giorno scoprire, anche per caso, che esiste un qualche “bonus” a cui magari si avrebbe anche diritto. Ad esempio, ho scoperto per caso proprio oggi che, se possiedi un autoveicolo che ha fatto la revisione lo scorso anno (2022), puoi richiedere un rimborso di ben quasi 10€. Ho letto che dovrebbe compensare l’aumento delle tariffe di revisione, pari alla stessa cifra (da cui forse il rimborso preciso di 9,95€ e non di 10€!! 🙄)… anche se poi in realtà non mi tornano i conti se è vero quanto ho letto altrove (i.e. Il contributo si riferisce alla revisione auto obbligatoria – all’art. 80, comma 8, del Codice della strada – che attualmente costerebbe 54,95€ ma, effettuandolo in un centro privato, si devono aggiungere sia l’IVA al 22% sia la tariffa della motorizzazione – 10,20€ – sia le spese postali – 1,78€ – per un costo complessivo ben maggiore cioè 79,02€).
Ho letto anche che, sebbene la piattaforma per richiedere tale “bonus” sia stata resa disponibile da gennaio 2022, non tutti (o poche persone? 🤔) ne sono a conoscenza, per cui il governo ha deciso di prorogarlo anche per il 2023 con le stesse modalità.
Lo so, siamo al limite del ridicolo, e questo buono minimale ne è la più lampante prova: si tratta di un rimborso non solo irrisorio – usufruibile una sola volta e su un solo veicolo posseduto – ma, soprattutto, non per tuttiin quanto verrà datofino a esaurimento delle risorse disponibili. Vedere poi che un sito apposito è stato sviluppato solo a tale scopo mi fa personalmente rabbrividire. Si tratta, è vero, di un sito minimale ma, comunque, non banale. Infatti, oltre a consentire l’inoltro della domanda da parte del cittadino che si autentica con modalità sicure, ricava in automatico i dati relativi all’ultima revisione effettata sul veicolo di sua proprietà di cui è stata fornita la targa (con quindi verifica del proprietario del veicolo e data della revisione), consente di controllare lo stato di avanzamento della pratica, fornendo la possibilità di ottenere assistenza in caso di bisogno, utilizzando eventualmente il codice fornito al momento della domanda. Viene anche invuata una mail quando viene poi versato il contributo sul proprio conto corrente indicato:
😳 🤭 Un’idea dei costi di sviluppo di quel sito me li posso immaginare…
Sono poi riuscito a trovare quanto ammonta lo stanziamento deciso per questo “bonus”: 4 milionidi euro per il triennio 2021-2023 per cui a beneficiarne potranno solo essere circa 402 mila persone… le più veloci a presentare domanda!!! … ma sembra che non molti lo sappiano dal momento che le risorse stanziate non sono ancora state terminate!!
Viene da chiedersi: ma i soldi stanziati per questo buono, non potevano essere meglio impiegati in modo più equo e altri ambiti, magari per le spese della Sanità o dell’Istruzione??
Comunque, anche solo per verificarne la procedura adottata, ho voluto provare a richiedere tale rimborso e questo post mostra come, assai agevolmente, sia riuscito a inserire tale domanda.
Cliccare di aver preso visione delle condizioni generali, file di due paginette che si può scaricare e leggere agevolmente. In particolare da quello si deduce che “Per l’erogazione del contributo si fa riferimento alle istruzioni fornite nel documento “Manuale Utente” disponibile nell’apposita pagina del sito web https://www.bonusveicolisicuri.it Il contributo richiesto attraverso le apposite funzionalità è destinato all’utenza che ha effettuato la revisione del proprio veicolo secondo quanto previsto nel suddetto decreto. Il contributo è riconosciuto per un solo veicolo e per una sola volta. I contributi sono assegnati secondo l’ordine temporale di ricezione delle richieste fino a esaurimento delle risorse disponibili“. Quindi, se uno desidera ottenere tale bonus, seppur minimale, conviene che lo richieda al più presto, prima che le risorse rese disponibili si esauriscano!
Dalla homepage del sito Bonus Veicoli Sicuri si apprende poi che dalle ore 9:00 del 3 aprile sarà possibile richiedere esclusivamente il contributo per revisioni effettuate nel corso del 2023 e non più del 2022: motivo? 🤔😶
Si noti poi che, anche se uno è in possesso di uno o più autoveicoli, non è detto che nel 2022 abbia effettuato una revisione, dal momento che questa è obbligatoria ogni 2 anni (a parte il caso particolare in cui uno abbia un’auto nuova appena immatricolata, nel qual caso si deve fare dopo 4 anni).
Dopo essersi autenticato e avere confermato di aver letto le condizioni generali, si deve selezionare la tipologia del proprio veicolo e indicarne il numero di targa (per le minicar 50cc è necessario inserire il CIC riportato sulla carta di circolazione e selezionare la categoria Ciclomotore). Se nel 2022 non si è effettuato per quel veicolo alcuna revisione, viene notificato che non si ha attualmente il diritto al rimborso. Invece, qualora uno inserisca la targa di un veicolo per cui è stata effettuata la revisione nel 2022, si presenta una pagina che, oltre a indicare la data precisa in cui si era effettuata tale revisione, consente di indicare il proprio IBANsu cui verrà effettuato l’accredito del “bonus”… sempre che, come indicato nelle condizioni generali, non siano esaurite prima le risorse disponibili, essendo tali contributi assegnati secondo l’ordine temporale di ricezione delle richieste. Mi verrebbe da dire che, trattandosi di un importo predefinito, così come lo stanziamento, dovrebbe essere bloccato l’inserimento di tale richiesta se già si è raggiunto il tetto massimo di copertura previsto… 🙄
Ricercando in rete ho trovato anche queste ulteriori precisazioni: “l’intestatario o cointestatario del conto deve coincidere con il richiedente o con la denominazione sociale in caso di incaricato di società. In caso di veicolo cointestato, il rimborso deve essere richiesto dal primo co-intestatario presente sulla carta di circolazione. In caso di errori, è possibile eliminare la richiesta entro 3 giorni dall’inserimento e inserire successivamente una nuova domanda corretta.“
Come d’altra parte specificato sempre nelle condizioni generali, risulta impossibile inoltrare una medesima richiesta per un altro eventuale veicolo in proprio possesso (seppure anche per quello si fosse effettuata la revisione nel 2022) in quanto si tratta di un contributo riconosciuto per un solo veicolo e per una sola volta.
Una volta confermato di voler procedere all’inserimento della richiesta, si può poi andare a visualizzare tale richiesta con tutti i suoi dettagli. Eventualmente si può anche eliminare, sebbene non mi sia chiaro perché uno a questo punto dovrebbe volerlo!
Ora non mi resta, sembra, che attendere che mi venga effettuato il bonifico di quel “bonus” sul mio conto… per poi potermi andare a prendere, con quell’importo, forse una pizza da asporto e una bibita!
That’s all, folks!!
P.S. Ho da poco effettuato la revisione alla seconda macchina e ho verificato che non è effettivamente possibile chiedere nuovamente il bonus avendolo già richiesto per l’altra: d’altra parte le indicazioni fornite nel sito dedicato erano chiare. Tuttavia, dal momento che il personale del Centro Revisioni in cui mi sono recato mi aveva assicurato che quel bonus potevo richiederlo (già dal giorno seguente) per tutte le mie macchine revisionate, ho voluto comunque provare!
Molto spesso oggetti, anche elettrodomestici, di uso comune hanno componenti in plastica che generalmente sono i primi a rompersi anche solo in caso di una caduta o per usura. Anche in questo caso, spesso è arduo se non impossibile trovare quel pezzo rotto di ricambio, e si deve buttare via un oggetto magari solo per quella rottura di quel piccolo componente comunque indispensabile. Vale dunque la pena cercare di rimediare in qualche modo e provare a ripristinare quel componente di plastica. Generalmente l’utilizzo di una semplice colla risulta non adeguato, sebbene uno provi a usare anche colle più che resistenti quali Loctite Super Attak Power Gel Control (di cui consiglio di acquistare quella indicata nel link che presenta un meccanismo a pressione laterale che consente un miglior utilizzo e garantisce di poterla riutilizzare anche in successive occasioni, cosa che difficilmente si può fare con la versione in tubetto).
Chi ha praticato, magari in gioventù come me, il modellismo, probabilmente sa che esiste un altro modo per incollare in modo permanente pezzi di plastica: si tratta di un liquido in grado di sciogliere un po’ la plastica di entrambi i bordi dei pezzi da attaccare insieme che quindi si “fondono” poi insieme diventando un tutt’uno indivisibile. Se si va in un negozio di modellismo o si cerca su Internet “colla plastica per modellismo” si trovano diversi prodotti a tale scopo. Anche in questo caso, consiglio di scegliere non quelli in tubetto, bensì uno di quelli dentro un contenitore comprimibile e che presenta un beccuccio (i.e. ago di metallo bucato) idoneo a rilasciare adeguatamente il prodotto senza per di più rischiare poi di incorrere a problematiche per un futuro suo riutilizzo. Il beccuccio (i.e. ago bucato) ha un coperchietto che si svita e che poi deve essere riavviato il prima possibile. Sebbene vengano chiamate “colle”, in realtà penso siano più liquidi che agiscono su alcune plastiche portandole temporaneamente ad uno stato “gommoso”.
L’utilizzo di questa tipologia di prodotto differisce un po’ da quello di una generica colla, ma risulta comunque assai semplice. Si sparge un po’ del liquido gelatinoso su entrambe le parti di plastica che si desidera unire, dopo ovviamente averle ben pulite e asciugate. Si attende qualche minuto (e.g. 3 min) per dare tempo alla plastica di sciogliersi un po’ per azione di quel componente. Una volta unite le due parti, si deve tenerle opportunamente pressate con le mani per qualche minuto fino al successivo indurimento del materiale. Conviene poi lasciare il tutto per qualche tempo (e.g. almeno un’ora) per assicurarsi che la “fusione” si sia ultimata e il tutto sia indurito completamente.
Da sottolineare che non tutte le tipologie di plastica reagiscono a quel prodotto e quindi si sciolgono un po’ quando vengono al suo contatto, consentendo quindi una loro successiva “fusione”: generalmente vanno bene plastiche dure, come appunto quelle utilizzate nei modellini da comporre. Generalmente il metodo più conveniente da utilizzare per sapere se la plastica del proprio oggetto sia tra quelle compatibili o meno, è quello empirico, vale a dire provare!!
Ultimamente ho utilizzato questo metodo per aggiustare un frullatore a immersione dove il pezzo di plastica su cui regge l’asta della lama, si era staccato: per ora sta reggendo bene alle sollecitazioni della lama sebbene siano notevoli. In passato l’ho proficuamente utilizzato questa metodologia per aggiustare diversi oggetti di plastica, principalmente giochi ma non solo!
Qualora l’oggetto di plastica sia spesso e non di piccole dimensioni (e.g. paraurti di un’auto), si può anche prendere in considerazione l’utilizzo di saldatori per plastica. Questi scaldano dei perni metallici che, fondendo la plastica, si innestano nell’oggetto da riparare/rinforzare.
Relativamente allo SPID ho già scritto diversi post anni fa e penso sia esperienza comune che non sempre si tratti di una procedura agevole di autenticazione, sia per ottenerlo sia per utilizzarlo: anche avendo compreso bene la procedura necessaria (tra l’altro diversa a seconda del provider utilizzato per quel servizio) non di rado ci si imbatte in problemi che rendono impossibile l’autenticazione senza prima effettuare alcuni accorgimenti (e.g. aggiornamento di app, sua completa installazione e configurazione da zero, nel caso di PosteID). Tra l’altro, mentre inizialmente, anni fa, la richiesta di uno SPID risultava gratuita (veniva pagata dallo Stato??), attualmente ha un costo, sebbene minimo (e.g. per PosteID, il costo del servizio d’identificazione in ufficio postale è pari a 12€, iva inclusa). Vedi questi miei articoli per saperne di più. Si noti poi che, se la carta di identità (e.g. magari ancora una cartacea) fornita nella registrazione del proprio SPID sta per scadere, si dovrebbe ricevere una email che sollecita di indicare i dati relativi a un documento d’identità valido, da sostituire quello precedentemente fornito che sta per scadere: diversamente l’utilizzo di quello SPID verrà sospeso alla scadenza di validità del documento fornito!! Insomma, se uno si è affidato unicamente allo SPID per accedere ai siti istituzionali, si può trovare da un momento all’altro nell’impossibilità di potersi autenticare e quindi di poter usufruire di servizi assai importanti non solo per un comune un cittadino (e.g. dichiarazione dei redditi, INPS), ma anche per un professionista (e.g. geometra, avvocato) che ne faccia un uso anche per accedere a informazioni utili per la sua attività lavorativa. Si noti che per fortuna viene accettato come documento d’identità, oltre alla Carta d’Identità (cartacea o elettronica), anche il passaporto o la patente… sebbene ovviamente non è scontato che uno ne possegga uno (mentre il possesso della Carta d’identità è obbligatorio).
Ho già detto precedentemente che l’utilizzo della Carta d’Identità Elettronica (CIE) è, a mio parere, il metodo di autenticazione più agevole… ma resta il problema che, oltre a possederla (molti hanno ancora una Carta di Identità cartacea che magari scadrà anche tra più di due anni!), è necessario possedere almeno uno smartphone dotato della funzionalità NFC (comunque ora sempre più presente anche nei modelli economici), che deve ovviamente essere abilitata quando si desidera effettuare la lettura contactless di quella carta avvicinandola al telefonino: esiste anche la possibilità di utilizzare la una modalità desktop con mobile in cui l’accesso al servizio avviene da computer, utilizzando il proprio smartphone (dotato d’interfaccia NFC) per la sola lettura della CIE utilizzando l’app CieID. In alternativa, si può sempre collegare a una porta USB del proprio PC un lettore NFC (di costo non indifferente) … ma quest’ultima mi sembra proprio l’ultima alternativa, sebbene ora esistano lettori sia NFC sia per chip (quindi utili per leggere sia la Carta d’Identità Elettronica sia la Carta Nazionale dei Servizi) che costano poco di più di un solo lettore NFC.
Infine, ma non irrilevante, è importante considerare i lunghi tempi di rilascio della CIE che attualmente sono, a mio parere, senza senso: anzi, almeno per le anagrafi di Torino, risulta praticamente quasi impossibile prenotare online per averla, dal momento che per tutte le anagrafi non risulta alcuna disponibilità di posti, per qualsiasi giorno/ora!!
Si legge nella pagina apposita del sito del Comune di Torino: “La CIE può essere richiesta: 1) per urgenze motivate e documentabili, senza appuntamento, presso l’Anagrafe Centrale di via della Consolata 23, presentandosi a partire dalle ore 11,30; 2) su appuntamento (da prenotare con le modalità sotto indicate) presso tutte le sedi anagrafiche.La prenotazione può essere effettuata tramite il portale ministeriale Agenda CIE. E’ possibile accedere al portale tramite credenziali SPID livello 1 o previa semplice registrazione. Tramite il proprio account è possibile prenotare fino a cinque appuntamenti, anche per altre persone, ad esempio i figli minorenni. Sia nel caso di persona minorenne che maggiorenne, è sempre necessaria la sua presenza allo sportello, munita di fotografia in formato cartaceo conforme agli standard ICAO corrispondente all’aspetto attuale“. Quali siano le urgenze motivate e documentabili non è del tutto chiaro anche se, sempre nella stessa pagina del sito del Comune di Torino c’è anche scritto: “Solo nel caso in cui la partenza sia prevista entro i successivi 10 giorni, la carta d’identità verrà emessa in formato cartaceo. Occorrono quindi 3 fotografie uguali conformi agli standard ICAO e corrispondenti all’aspetto (oltre alla documentazione indicata nei paragrafi precedenti)“.
Andando nel sito centralizzato a livello nazionale per cercare di effettuare la prenotazione online del rinnovo della Carta d’Identità (i.e. portale ministeriale Agenda CIE.), autenticandosi con SPID ed inserendo i propri dati (i.e. nome/cognome, codice fiscale, città di residenza), vengono mostrate le sedi dell’anagangfe della propria città in cui prenotare, già ordinate per default in base alla disponibilità di posti:
Una prima possibile problematica, che può nascere, è l’inserimento del Comune di residenza di chi richiede il documento, dal momento che questo deve essere necessariamente selezionato da un pannello di scelta a tendina che compare quando si inseriscono nel campo delle lettere che compongono il nome del proprio Comune, selezione che viene generalmente nascosta da una finestra di aiuto alla compilazione automatica di campi, funzionalità generalmente attiva di default in un generico browser. Perciò, anche scrivendo correttamente il nome del proprio Comune (e.g. Torino) o scegliendo da quei suggerimenti proposti dal browser il nome corretto, questo comunque non rimane presente nel campo (che richiede necessariamente di effettuare una scelta tra i nomi proposti nella finestra a tendina nascosta!): non essendo valorizzato quel campo obbligatorio, non viene consentito di proseguire nella richiesta (i.e. il tasto Continua rimane disabilitato)! La soluzione per ovviare a questo inconveniente, è quella di premere il tasto Esc(generalmente posizionato in alto a sinistra in una tastiera), che fa scomparire la finestra di suggerimento del browser, permettendo di vedere la finestra a tendina per la scelta del proprio Comune (elenco filtrato in base ai caratteri che uno ha inserito nel campo), consentendo quindi finalmente di selezionare il proprio Comune:
Tuttavia, inoltrando quindi tale richiesta, non si trovano quasi mai posti disponibili in nessuna delle anagrafi elencate! Infatti, nonostante i molteplici tentativi a diverse ore di qualsiasi giorno della settimana, la situazione da me sperimentata (e quindi penso analoga a qualsiasi cittadino) è quella mostrata nel seguito, in cui per tutte le sedi viene indicata un’icona di lucchetto chiuso e la dicitura “La sede non offre al momento disponibilità per prenotare un appuntamento. Si prega di riprovare in un secondo momento, altri cittadini potrebbero cancellare nel frattempo il loro appuntamento. Per ulteriori informazioni inerenti alla mancanza di disponibilità si prega di far riferimento direttamente alla sede“:
Tutte le sedi (ordinate già di default in base alle disponibilità di data) praticamente quasi sempre non offrono possibilità di prenotazione
Si noti che le sedi sono già ordinate di default in base alle disponibilità per data, per cui risulta inutile andare a vedere nelle pagine seguenti la prima, se già quella non presenta alcuna data idonea per una possibile prenotazione!!
Se poi si sceglie non il proprio Comune di residenza (e.g. Torino), bensì Comuni vicino a (e.g. Torino) si legge, per ciascuno: “La sede non offre al momento disponibilità alla prenotazione di appuntamenti per il rilascio della CIE mediante questo sistema“.
Da quella dicitura non risulta chiarose uno può recarsi senza appuntamento (dal momento che il sistema non lo consente), se questo deve essere effettuato mediante diversa modalità (e.g. recandosi personalmente in una di quelle anagrafi)… o se quell’anagrafe non è ancora attualmente in grado di rilasciare carte d’identità!! Mi sembrerebbe più verosimile la prima ipotesi, ma dubito che una persona residente a Torino possa andare in uno di quei Comuni (seppur appartenenti al medesimo Comune di Torino) per richiedere la propria CIE senza alcuna prenotazione e venga subito accolto senza problemi!🤔🙄 Si noti che, in questo caso in cui si è selezionato l’elenco delle anagrafi di Comuni vicini a…, è conveniente premere sopra la scritta Distanza (presente in cima alla relativa colonna), in modo da vedere elencati i Comuni appunto in base alla distanza dalla propria città di residenza, per eventualmente conoscere quelli più vicini, qualora si voglia tentare anche questa strada di recarsi personalmente in uno di quelli.
Insomma, mentre un tempo per rinnovare la carta d’identità cartacea bastava andare in una qualsiasi anagrafe della città di residenza con tre fotografie, il vecchio documento scaduto o in via di scadenza e in pochi minuti si otteneva il suo rinnovo (soprattutto se uno si recava in una delle anagrafi decentrate nel territorio, generalmente meno affollate), ora l’impresa è assai ardua, se non quasi impossibile.
Si noti che la CIE esiste da diversi anni e quindi direi che è trascorso da tempo quel possibile iniziale periodo transitorio, magari utile per risolvere problematiche evidenziabili soprattutto con la messa in campo di ogni nuovo sistema!! Si legge infatti da Wikipedia: “Il progetto della carta d’identità elettronica era previsto già dalle leggi Bassanini nel 1997, all’avanguardia rispetto agli altri stati europei. La prima fase venne avviata nel 2001 con l’emissione in 83 comuni di un primo modello sperimentale della CIE, per individuare problemi tecnici, legati al software e all’hardware, relativi all’emissione e all’utilizzo delle carte. Nel 2004 fu introdotto un secondo modello sperimentale della CIE (2.0), che ha fatto da versione pilota, in vista dell’allargamento su scala nazionale. Ma solo dal 1º gennaio 2006 la carta d’identità cartacea iniziò a essere sostituita, in alcuni comuni, da quella elettronica (articolo 7-vicies ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito della Legge 31 marzo 2005 n. 43)“.
Insomma, la centralizzazione nel rilascio della CIE sembra avere comportato decisivi disservizi che invece non si sono verificati nellanalogo sistema di rilascio centralizzato delle patenti. Infatti, quest’ultimo processo, iniziato da più tempo, si è rivelato fin da subito assai vantaggioso in termini sia di agevolezza nella richiesta sia di tempi di attesa. L’enorme differenza di qualità di servizio percepita dal cittadino nei due casi (i.e. rinnovo patente e rinnovo Carta di Identità) potrebbe verosimilmente essere dovuta al fatto che, nel caso del rinnovo patente, tutti i dati vengono inseriti da una delle molteplici autoscuole (o altro ufficio idoneo a tali pratiche automobilistiche), mentre nel caso della CIE il tutto è demandato alle poche anagrafi del territorio! Comunque, resta per me un mistero come mai il rinnovo cartaceo della Carta d’Identità, di un tempo, era assai meno problematico, seppur comportasse non solo l’inserimento di dati, ma anche una sua realizzazione fisica da parte dell’operatore dell’anagrafe! 🤔
Può capitare di dover ritrovare una vecchia email, magari inviata o ricevuta diversi anni fa: questo è quanto è successo a una mia amica che cercherò di aiutare con questo post che potrebbe comunque essere di utilità anche ad altre persone!
Innanzitutto è necessario tener presente che se uno utilizza per leggere la propria posta un’app o un client generico (e.g. Outlook), molto probabilmente quello ha una limitazione temporale nella ricerca (anche operando da PC) per cui, se si desidera trovare una email vecchia di anni, è necessario accedere al sistema di posta da un meccanismo direttamente fornito dal provider: sicuramente ne esiste uno accedendo da un qualsiasi browser a un indirizzo specifico del provider di posta. In particolare, nel caso di Gmail, l’indirizzo è https://mail.google.com/mail.
Accedendo quindi a quel sito e autenticandosi, si potrà procedere come indicato nelle seguenti figure effettuando i filtraggi più opportuni (e.g. per data – con relativo intervallo – , presenza di parole chiave, indicando il mittente, in quale cartella ricercare – e.g. se tra quelle inviate o ricevute) in modo da ottenere una lista di email sufficientemente esigua da poter poi individuare quella/quelle desiderate:
Ho già scritto in passato post in cui ho mostrato come sia possibile, con semplici ed economici accorgimenti, evitare di buttare via elettrodomestici o altri oggetti di comune uso (e.g. KRUPS ROTARY 500: come fare se i rivetti della lama per tritare si rompono alias come evitare di buttare via un ottimo tritatutto solo perché non esistono più i pezzi di ricambio!). Purtroppo spesso accade che se uno cerca di farsi riparare qualcosa, il costo e il risultato ottenuto non siano convenienti rispetto a buttarlo e ricomprarlo nuovo. A tale proposito, mi era servito di lezione quando, anni fa, avevo fatto riparare un frigo a cui non funzionava più il comparto refrigerante: avevo speso più della metà rispetto a comprarlo nuovo e, senza mi fosse stato specificato precedentemente, lo spazio già esiguo del reparto congelatore si era ridotto ulteriormente in quando nuove serpentine erano state installate al suo interno!! Conclusione: meglio cercare di provare a riparare personalmente un oggetto… magari con l’aiuto di un amico 😉
Questa volta si è trattato di un tipico asse da stiro a cui si erano dissaldati entrambi i tubi che rendono stabile il supporto: questo è un problema tipico di questo prodotto, indifferentemente dalla marca e dal prezzo. Infatti, si tratta sempre di tubi assai sottili che vengono saldati in automatico e che è impossibile risaldate successivamente, in quanto sarebbe inevitabile fondere quel poco di metallo di cui sono costituiti!
Che fare dunque, per evitare di buttare un asse da stiro ancora più che efficiente, se non fosse per quel piccolo problema, tuttavia essenziale per la sua stabilita?
Semplice: basta forare con un trapano i tubi laterali per far passare, all’interno del tubo dissaldato, un pezzo di asta filettata in acciaio inox (di diametro di 5mm va più che bene), opportunamente poi segata della lunghezza opportuna e fissata con dadi autobloccanti da ambo i lati (con opportuno uso di rondelle). Con un trapano, usando una punta da ferro, risulta assai agevole bucare i tubi laterali essendo assai sottili, così come tagliare l’asta della lunghezza giusta utilizzando una sega da ferro (dopo averla segata può convenire levigare un po’ li bordi per rendere poi agevole avvitare i dadi).
Penso che le figure seguenti (soprattutto quella in cui mostro, in semitrasparenza, l’asta filettata fatta passare all’interno) rendano bene l’idea di come fare, meglio di tante parole: le frecce rose indicano i punti in cui i due tubi di distanziamento si erano dissaldati.
Avevo scritto anni fa l’articolo Come crearsi gratuitamente online il proprio curriculum nel formato standard europeo in cui descrivevo come semplicemente fosse possibile crearsi un proprio curriculum vitae in un formato standard europeo, aggiornabile nel tempo e potenzialmente reso visibile online. L’autenticazione richiesta per accedere al sito in oggetto (https://europa.eu/europass/it) predisposto dall’Unione Europea, era tramite una semplice username _(la propria email) e una password che doveva essere modificata periodicamente: insomma un meccanismo di autenticazione standard!
Oggi ho cercato di accedere al medesimo sito per apportare delle modifiche al curriculum che avevo realizzato tempo fa e ho avuto la brutta sorpresa che, in nome di una presunta necessaria maggior sicurezza, è stata resa obbligatoria un’autenticazione a due fattori (2FA), vale a dire una gestione degli accessi e delle identità che richiede due forme di identificazione per accedere al sito per la creazione/gestione del proprio curriculum. Perciò anche qualora uno avesse già attivato un account [con con solo username (la propria email) e un password], ora se cerca di accedere al proprio curriculum magari per modificarlo, gli viene richiesto di attivare l’autenticazione a due fattori come descritto nella pagina apposita in quel sito, mostrata quando, cercando di autenticarsi normalmente con username/password) uno risponde (alla finestra di popup che compare) che non ha ancora attivato la 2FA:
Richiesta di attivare l’autenticazione a 2 fattori (2FA)
Se si risponde No alla precedente finestra di popup (indicando così di non avere eseguito l’autenticazione a 2 fattori), si viene riportati alla pagina in cui impostarla e non viene di fatto consentito l’accesso con la “vecchia” modalità con sola username/password!
Un video (unicamente in lingua inglese e con eventualmente attivabili i sottotitoli solo in francese!! 🤔🙄) spiega quella che definisce come una “semplice” procedura per attivare questo “più sicuro” metodo di accesso: si tratta di un video pubblicato con un sistema proprietario (THEOplayer), tra l’altro ho visto di costo non indifferente (perché non pubblicarlo gratuitamente sul più conosciuto e flessibile YouTube dove i sottotitoli in diverse lingue si sarebbero potuti creare assai agevolmente? 🤔).
Per chi ha già utilizzato metodi analoghi di autenticazione a due fattori (con un utilizzo di un’app apposita dal proprio cellulare con cui leggere un opportuno QR code mostrato a video) la procedura richiesta è effettivamente quella usuale, ma sicuramente per chi non è avvezzo a tali metodi informatici non penso sia un qualcosa di banale e privo di difficoltà. Mi chiedo quindi: ma era proprio necessario introdurre tale complicazione per l’accesso a un sito che sostanzialmente ti consente di realizzare/gestire il tuo curriculum in un formato conforme a uno standard accettato a livello europeo? La mia personale risposta (non solo come utilizzatore ma anche come professionista) è no.
Nel seguito fornisco alcune indicazioni utili per comunque riuscire ad attivare questo 2FA e finalmente magari poter accedere nuovamente al proprio curriculum non molti mesi fa, sperando possano tornare utili a chi come me è risultato un po’ spiazzato nel non riuscire subito ad accedere nuovamente al proprio curriculum realizzato online tramite quel sito istituzionale: si noti che probabilmente ti verrà anche richiesto di modificare la password in quanto è trascorso il tempo massimo per cui il sito considera valida quella inizialmente inserita… procedura noiosa, ma comunque semplice e usuale e che (a mio parere) garantiva già una più che opportuna sicurezza per l’accesso di quel sito, vista la tipologia di funzionalità da quello offerte.
Vediamo ora passo-passo come procedere ad attivare sta benedetta autenticazione a due fattori… 😶
Come indicato in una pagina del sito stesso, è innanzitutto necessario:
Scaricare l’app EU Login sul tuo telefono o tablet (IOS o Android).
App EU Login
Aggiungere un secondo dispositivo (smartphone o tablet) al tuo account EU LOGIN indicando quindi il numero del proprio cellulare con il prefisso internazionale (+39) e indicando un PIN di 4 cifre che dovrà essere inserito sia quando si leggerà con l’app EU Login il QR code che viene mostrato dopo aver confermato l’inserimento di tale numero sia tutte le volte che in futuro ci si vorrà autenticare per accedere a quel sito tramite quell’app EU Login. Io ho operato da PC per l’inserimento di tale numero per cui non ho avuto problemi a “certificarlo” facendo leggere (all’app EU Login sullo smartphone) quel QR code che viene mostrato sul sito acceduto da PC, ma tale validazione non saprei bene come potrebbe essere effettuata se uno volesse operare solo da uno smartphone (non si può certo leggere quel QR code mostrato in un browser sul display del medesimo smartphone in cui ho quell’app che dovrebbe leggerlo utilizzando la telecamera 🤔🙄!!).
Quando quindi si cercherà di accedere al sito https://europa.eu/europass/it si dovrà scegliere quel metodo di verifica tramite l’app EU Login. Lanciando quindi sullo smartphone l’app EU Login, comparirà sul telefonino una finestra che indica la presenza di una richiesta di autenticazione in corso e quindi, accettando di proseguire, comparirà una finestra di quell’app che richiede l’inserimento del PIN (o, in alternativa se uno lo aveva impostato, una autenticazione biometrica se attivata sul cellulare).
Nuovamente, si noti dalle figure seguenti come, nonostante uno abbia indicato di volere una interfaccia in lingua italiana, tutti gli avvertimenti continuano a venir mostrati solo in lingua inglese… 🙄 … magari sarebbe stato meglio che, anziché complicare inutilmente la procedura di accesso, avessero utilizzato del tempo di sviluppo per rendere effettivamente completamente multilingua questo sito finanziato dall’unione europea!
Comunque ora, finalmente, potrai riuscire nuovamente ad accedere al tuo curriculum se lo avevi già creato, o comunque entrare nella sezione che ti consentirà di crearne uno!!
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Ero a conoscenza già da tempo della presenza di piccole biblioteche in alcuni ospedali, ma è la prima volta che vedo sul sito di un ospedale, la possibilità di scaricare dei libri sul proprio dispositivo, semplicemente cliccando su un link di un elenco di titoli tra i più vari! Davvero una bella iniziativa che, tra l’altro, penso non costi più di tanto e sappia fornire un servizio davvero agevole da usufruire per i degenti che abbiano anche solo uno smartphone… insomma, tutti!
Già nei seguenti precedenti miei post avevo indicato alcuni modalità per ottenere e usufruire gratuitamente di libri e audiolibri e questo post aggiunge un’ulteriore possibilità:
Infatti, i libri in elenco nel sito ASL dell’Ospedale Martini di Torino, risultano comunque scaricabili e leggibili da chiunque acceda a quel sito, indipendentemente dal fatto che sia un degente o meno. Inizialmente pensavo ci fosse una qualche forma di controllo in base alla geolocalizzazione, ma poi ho verificato, operando da casa, che questa forma di controllo (almeno attualmente) non è applicata. Si noti, tuttavia, che quella sezione relativa ai libri non è presente nel classico sito istituzionale dell’ospedale (che presenta un’assai differente interfaccia utente), ma esistesolo nella sua versione per dispositivi mobili, vale a dire accedendoci con la URL associata al QR code che pubblicizza internamente all’ospedale tale iniziativa. Avevo poi anche pensato che ci fosse un controllo relativo alla tipologia di dispositivo su cui il browser utilizzato gira (nota: quando un browser accede a un sito, lo informa sempre sulla sua tipologia e versione, in modo tale che lato server, ad esempio, venga specializzata la pagina nel miglior modo in base alle sue caratteristiche e peculiarità), dal momento che, pur sempre utilizzando quella versione mobile del sito (https://mobile.ospedalemartiniqr.com), accedendoci dal mio tablet a cui ho collegato un monitor esterno di elevata definizione (3240 x 2160), la sua finestra principale si presentava completamente bianca, quindi priva di sezioni tra cui quella relativa ai libri: in realtà, si tratta solo di una non appropriata programmazione della pagina che non contempla un adeguato dimensionamento automatico dei suoi componenti in base alla dimensione/definizione del monitor su cui deve essere mostrata 🙄! Infatti, anche solo modificando opportunamente lo zoom della visualizzazione sul browser, vengono poi mostrati quei pulsanti desiderati anche sul mio display esterno ad alta risoluzione: utilizzando un normale monitor di un PC comunque non dovrebbero esserci problemi…
A parte questa potenziale problematica da me riscontrata dovuta a una non adeguata programmazione che contempli qualsiasi definizione di schermo, eccovi l’attuale elenco completo dei libri scaricabili gratuitamente. Si noti, tra l’altro, che esiste la possibilità di scegliere, per ciascuno, il formato desiderato (pdf, ebpub, mobi): qualora si disponga di un lettore Kindle (o anche solo dell’app Kindle, installabile gratuitamente non solo su smartphone ma anche su PC/tablet), la scelta più appropriata è sicuramente quella di scaricarne la versione mobi che consente una migliore interazione.
Ecco come si presenta, a titolo d’esempio, la pagina per poter scaricare il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, “Il Piccolo Principe“:
Un programma potenzialmente indesiderato o PUP è un tipo di software che è stato installato senza il consenso dell’utente, vale a dire senza averlo esplicitamente concordato. Sebbene i PUP e le applicazioni potenzialmente indesiderate (PUA) siano meno gravi di altri tipi di attacchi, sono comunque un tipo di malware che spesso includono funzionalità che compromettono la privacy, compresa l’installazione di motori di ricerca e applicazioni, nonché la disabilitazione delle misure di sicurezza sui computer. I PUP includono qualsiasi tipo di software che visualizza pubblicità intrusiva (adware), inietta il proprio contenuto pubblicitario sulle pagine Web visitate dall’utente o monitora le abitudini di Internet dell’utente per vendere informazioni agli inserzionisti (spyware).
Purtroppo alcuni SW pubblicizzati su Internet, soprattutto quelli proposti come gratuiti ma non solo, possono essere fonte di questa tipologia d’infezione. Perciò, prima d’installare un programma da fonti sconosciute è bene sospettare e affidarsi a siti ufficiali del fornitore. È opportuno anche leggere l’informativa sulla privacy dei programmi/app che si installano per verificare le autorizzazioni necessarie per installarli, verificando che rispettino la propria privacy.
Mi è capitato ultimamente di avere il seguente avvertimento dall’antivirus Windows Defender presente di default in Windows: rilevato PUAAdvertisisng:Win 32/Conduit . In particolare, anche cercando più volte di attivare le possibili azioni proposte (Metti in quarantena, Rimuovi), la situazione non cambiava e continuava inoltre a essere segnalata l’anomalia nell’o’iconcina a forma di scudo sempre presente nella toolbar in basso che presentava il cerchietto giallo con il punto esclamativo per evidenziare la presenza di un problema relativo alla sicurezza:
Segnalazione
Il file indicato come responsabile dell’infezione è uno che da tempo avevo su un HD esterno e che avevo scaricato come freeware da qualche sito (i.e. screenhunterfree.exe, probabilmente un “vecchio” tool per catturare porzioni di schermate video, sicuramente oggigiorno superato da molteplici funzionalità presenti di default in Windows): ovviamente ho subito cancellato tale file (che non avevo eseguito esplicitamente) e rifatto una analisi accurata di tutto il PC con Windows Defender… senza tuttavia vedere mutata la situazione. Ho provato anche a vedere se altri tool antivirus potessero risolvere il problema scansionando il PC con la versione gratuita di Malewarebytes, senza che però rivelasse nulla!
Probabilmente la minaccia non era più presente ma continuava ad essere segnalato un problema anche a livello di icona nella toolbar, e questo sicuramente era fastidioso anche perché poteva “nascondere” ulteriori nuove segnalazioni future. Come quindi risolvere? Ho finalmente trovato questo thread nel forum della Community Microsoft che consigliava di modificare, via linea di comando una impostazione di Windows Defender in modo da non solo rilevare un PUP ma anche gestirlo.
Basta aprire una Windows PowerShell (come amministratore) e lanciare il comando
Set-MpPreference -PuaProtection 1
Infine riavviare il PC: veniva detto che, così facendo, la prossima volta che Windows Defender individuerà un PUP, lo gestirà.
Effettivamente, la segnalazione di attenzione a livello d’icona nella toolbar era sparita e andando nella pagina di Sicurezza di Windows quella anomalia non risultava più evidenziata, sebbene fosse ancora specificato “Questa minaccia o app potrebbe non essere completamente risolta“. Dopo aver cancellato quell’eseguibile segnalato (i.e. screenhunter.exe) e controllato sia i servizi attivi sia i programmi installati (per verificare potenziali anomalie), penso che il problema sia stato risolto ed è quindi giusto che non continui a essere più segnalato da Windows Defender!
Anche dopo effettuando ricerche su Internet soprattutto nei forum specifichi di supporto di Microsoft, penso proprio di non essere il solo che sta avendo problemi nell’aggiornamento a Windows 11 di un PC, nonostante sia stato sollecitato a effettuare quell’upgrade in diverse occasioni, sia nella pagina di Windows Update sia addirittura ultimamente dopo averlo riacceso! Il problema comune riscontrato consiste nel fatto che l’installazione si blocca a una certa percentuale (e.g. 31%, 61%) e non riprende neppure aspettando per ore… Addirittura una volta mi è capitato (dopo avere applicato non so più quale dei workaround che elencherò nel seguito) che fosse arrivato a indicare la percentuale del 100% … ma poi comunque non terminasse completamente l”instsllazione anche dopo ore e neppure dopo un riavvio (che aveva invece riportato Windows Update a ripartire da zero, cioè a riscaricare nuovamente l’aggiornamento a Windows 11!!).
Nel seguente post cercherò di elencare una serie di operazioni che potrebbero risolvere il problema anche se, dico subito, nessuno degli interventi che suggerirò sono stati risolutivi nel mio caso specifico… per cui attualmente ho rinunciato a tale aggiornamento nonostante mi sia impegnato non poco e abbia interessanto per ben due volte il supporto tecnico Microsoft fornendo loro la possibilità d’intervenire da remoto sul mio Surface 6 Pro tramite l’app di Assistenza rapida. Il mio dispositivo è infatti, tra l’altro, un Surface 6 Pro, quindi un tablet realizzato da Microsoft stessa e questo rende il tutto ancor più incredibile. Anche dopo l’intervento da remoto dei tecnici di supporto, nonostante mi siano sembrate entrambe persone competenti che si sono spese per diverso tempo (ciascuno più di un’ora) nel cercare una soluzione alla problematica, l’unico suggerimento che hanno potuto darmi alla fine è stato quello d’inserire su una chiavetta USB il programma d’installazione di Windows 11 ed effettuare una “installazione pulita” da zero di quel sistema operativo. In questo caso, accedendo alla pagina UEFI del Surface, si deve modificare la sequenza di avvio, in modo da anteporre l’opzione di utilizzare il contenuto eventualmente presente in una chiavetta USB. [Nota – per accedere alla pagina UEFI di un Surface si deve prima spegnere il dispositivo per poi riaccenderlo dopo aver premuto contemporaneamente i pulsanti di accensione e aumento del volume: vedere questa pagina]. Ovviamente, il problema di utilizzare questa metodologia d’installazione consiste nel fatto che il sistema operativo viene completamente reinstallato da zero, con quindi la perdita sia di tutti i dati sia delle impostazioni pregresse. Come già detto, non avendo attualmente voglia di salvarmi tutti i dati e di riconfigurare il tablet (con relative connessioni NAS e quant’altro), per ora ho desistito, sperando che i prossimi pacchetti d’installazione risolvano questa problematica, tanto più fastidiosa in quanto non viene fornita neppure alcuna indicazione sul motivo del blocco chtra l’altro a percentuali differenti a seconda se si cerca di effettuare l’upgrade da Windows Update o se si utilizza il pacchetto d’installazione scaricato dal sito ufficiale Microsoft.
Ecco le procedure che ho sperimentato e che anche voi potete provare, alcune suggerite dai tecnici Microsoft stessi o da MVP del forum della Community: magari nel vostro caso potrebbero essere risolutive!
Una cosa opportuna quando si cancellano file di sistema anche con i diritti di amministratore è sicuramente quella di creare un punto di ripristino a cui poter eventualmente ritornare se, involontariamente, si compromette il corretto funzionamento del sistema operativo:
Creare un punto di ripristino
Seconda cosa, dal momento che l’installazione risulta bloccata, è indispensabile in qualche interromperla: diversamente, anche dopo aver effettuato un riavvio, in Windows Update permane in corso benché continui ad essere indicata la medesima percentuale, così bloccando in attesa qualsiasi altro update eventualmente disponibile, anche uno relativo alla sicurezza (e.g. update dell’antivirus WindowsDefender). Per fare ciò è necessario fermare i processi di Windows Update e cancellare i dati relativi all’installazione in corso. Innanzitutto si devono fermare temporaneamente, andando in Servizi [cercare l’app Servizi con lente d’ingrandimento presente nella barra in basso – ed eseguirla cliccandoci sopra], i servizi Windows Update Medic Service, Windows Update, Windows Installer. Per fermarli (e per poi in seguito farli ripartire) basta cliccare con il tasto destro e premere dal menù Arresta (poi Avvia/Riavvia) o anche andare nella finestra di Proprietà e premere il tasto Interrompi (poi Avvia/Riavvia). Si può in alternativa lanciare dei comandi da Prompt dei comandi/PowerShell come amministratore:
Prompt dei comandi per far ripartire i processi di Windows Update
Andare quindi nella cartella dei file temporanei [e.g. C:\Users\nomeutente\AppData\Local\Temp] per cancellare tutti i file presenti: per aprirla velocemente basta premere con il tasto destro l’icona della bandierina in basso a sinistra, scegliere Esegui [EMG: Run], scrivere %temp% ed eseguire il comando. Dopo che si apre quella directory, selezionare tutti i file [e.g. ctrl+a] e cancellarli [e.g. shift+canc]. Analogamente eseguire sempre dalla finestra di Esegui il comando softwaredistribution che aprirà la directory C:\Windows\SoftwareDistribution dove di dovranno cancellare tutti i file con i diritti di amministratore. Riavviare tutti quei Servizi che si erano temporaneamente arrestati [Avvia/Riavvia].
A questo punto, soprattutto dopo un riavvio del PC [NOTA: non Arresta il sistema, bensì è bene sempre effettuare un Riavvia il sistema], il processo d’installazione in Windows Update non sarà più presente e si possono quindi installare nuovi aggiornamenti di Windows 10. Se non si intende proseguire in altri tentativi d’installazione dell’upgrade a Windows 11, può magari convenire selezionare l’opzione che si intende rimanere per il momento a Windows 10, in modo da far scomparire nella finestra di Windows Update la sezione che continua a invitare di passare a Windows 11!
Si può poi provare i seguenti altri tentativi:
Lanciare il servizio di risoluzione dei problemi di Windows Update. Non tutti sanno, non risultando particolarmente visibile, che esiste questa possibilità andando in Impostazioni -> Risoluzione problemi -> Strumenti di risoluzione dei problemi aggiuntivi -> Rendi operativo Windows Update
Si può anche provare a fare un avvio pulito di Windows fermando tutti i servizi che non sono di Microsoft bensì di terze parti e che potrebbero influenzare il corretto andamento dell’aggiornamento a Windows 11: effettuare il riavvio dopo avere disabilitato temporaneamente l’avvio di tutte le attività non necessarie (e.g antiviruus, stampanti, servizi cloud ecc…): questi si dovranno ovviamente riattivare dopo il tentativo se non va a buon fine! Vedi anche Come eseguire un avvio pulito in Windows.
Si può poi scaricare, sempre dal sito ufficiale Microsoft, il programma d’installazione di Windows 11 e cercare di effetture l’aggiornamento non da Windows Update bensì lanciando il suo Setup.exe: si aprirà una finestra azzurra per iniziare il processo d’installazione: nel mio caso specifico, sebbene avessi fermato tutti i processi non Microsoft di cui sopra, non ha purtroppo portato al risultato sperato… anzi l’installazione si è fermata ancor prima che operando con Windows Update, vale a dire già al 31%!!
Per contattare poi il supporto Microsoft gratuito e far operare loro da remoto (sperando sempre che l’esito sia migliore di quanto sia avvenuto per il mio caso) si può procedere, nel caso di un tablet Surface, dall’app omonima: un’attesa minima e un massimo supporto!
Se si ha un PC/tablet non Microsoft, si può comunque attivare l’aiuto di un loro tecnico dal sito di supporto di Microsoft sebbene, in questo caso, non abbia personalmente sperimentato l’efficienza di tale procedura:
Avevo già scritto il post Correttore ortografico e grammaticale per l’italiano in cui avevo mostrato come avere un correttore non solo ortografico ma anche grammaticale quando si scrive iin italiano sia in un editor sia in un browser. In particolare, in quel post avevo descritto le seguenti possibilità:
In questo nuovo post aggiungo, come possibile alternativa scoperta proprio oggi, la possibilità di utilizzare un’altra estensione del browser Edge, realizzata da Microsoft stessa e che può tornare utile per effettuare la correzione di scrittura in qualsiasi lingua quando si utilizza quel browser: Editor Microsoft: il correttore ortografico e grammaticale.
Si noti che, se già si era installato un altro correttore come estensione di Edge, questo può entrare in conflitto, per cui è opportuno lasciarne attivo solo uno: conviene quindi disabilitare l’altro e lasciare attivo quello che si considera migliore per il proprio utilizzo, dopo avere ovviamente provato entrambi in momenti differenti!
È opportuno lasciare attivo una sola estensione che effettua il controllo ortografico e grammaticale
Lasciare abilitata solo una delle estensioni che effettuano una correzione del testo inserito
Come tutte le estensioni, anche questa può essere personalizzata scegliendo, ad esempio, su quali lingue si desidera operi: opzioni, proprietà.
Posizionando il cursore sopra la parola sottolineata in rosso, viene suggerito dall’Editor Microsoft, le possibili correzioni, fornendo anche una descrizione del significato della parola suggerita, caratteristica interessante non presente generalmente nei correttori.
Possono essere impostate più lingue e la correzione viene suggerita considerando entrambe: questa è un’altra sua caratteristica peculiare.
Parole suggerite come correzione, con descrizione del loro significato. Se impostate più lingue, le correzioni vengono suggerite considerandole tutte (e.g. IT
In conclusione, come correttore ortografico e grammaticale su Edge, meglio l’estensione Editor Microsoft o Language Tool? Direi che sono da provare entrambi, per poi effettuare una propria scelta personale: infatti, ciascuno ha peculiarità differenti!
Essenziale, a mio parere, è comunque avere un correttore attivo anche quando si scrive su un browser…
Ho da poco acquistato il bel libro di Paolo Anessi su Teoria e Armonia per tutti che mi è sembrato assai valido già dopo aver ascoltato la presentazione fatta online dall’autore stesso: uno dei suoi punti di forza sono sicuramente gli innumerevoli audio/video resi disponibili online. Tuttavia, una volta ricevuto il libro, ho notato che veniva fornito solo il questo link che rimanda a una playlist su YouTube di ben 207 elementi, tra audio e video… scaricabili solo singolarmente! È vero che si possono ascoltare/vedere in streaming, ma è sicuramente meglio averli in locale non solo perché non si spreca banda e li si può avere a disposizione sempre anche quando non c’è una connessione a Internet, ma anche perché non viene garantito che rimarranno disponibili per sempre (viene esplicitamente detto “fino a quando il libro sarà disponibile a catalogo“, quindi molto probabilmente per anni, ma non è detto per sempre!). Esistono poi su YouTube, del medesimo autore, anche gli altri video relativi alla teoria e armonia, che si aggiungono a quelli specificatamente indicati dal link presente all’inizio del libro, relativi principalmente a file audio: anche queste videolezioni conviene scaricarle in locale per poterle meglio ascoltare ovunque… senza avere le innumerevoli interruzioni pubblicitarie periodicamente inserite da YouTube!
Ovviamente YouTube non consente di scaricare in locale una playlist, anzi neppure un singolo video se non abbonandosi alla sua offerta Premium: inizialmente viene presentata la possibilità di usufruire di un periodo di prova gratuito, senza rendere evidente quanto duri e quale sia poi il costo applicato successivamente, qualora uno non disdica: solo facendo un’opportuna ricerca si scopre poi che il periodo di prova è di un solo mese e, successivamente, il costo di tale abbonamento è di ben 11,99 €/mese, insomma non irrisorio.
L’opzione Scarica, presente su un singolo video di Youtube, risulta funzionante solo se si attiva un abbonamento Premium
Esempio di programma con notevoli limitazioni nella sua versione gratuita
Dopo un po’ d’installazioni/disinstallazioni di programmi, sono finalmente giunto a un programma che ha soddisfatto le mie aspettative, non avendo alcuna limitazione relativamente al numero di file della playlist e con un costo più che accettabile qualora uno desideri proprio scaricare la versione Full HD dei video: il programma è ByClick e nel seguito ne descrivo sinteticamente l’interfaccia assai intuitiva. Probabilmente non è il solo programma disponibile su Internet che fornisce tali funzionalità anche gratuitamente: avendo infatti raggiunto il mio obiettivo, non ho proseguito nella mia ricerca e qui mi limito a sconsigliare alcuni di quei programmi precedentemente da me testati in quanto o non hanno funzionato a dovere (almeno indicando l’URL specifica della playlist di mio interesse) [https://ddownr.com/] o si sono rilevati con troppe limitazioni nella loro versione base gratuita [4K Video Downloader].
Download di un singolo video/audio
La procedura per utilizzare ByClick per scaricare un singolo video (come MP4 o MP3) l’ho descritta già in How to locally download mp4 video and mp3 audio (from YouTube or other sites): Se ByClick è in esecuzione, se vai su un video di YouTube, apparirà una finestra popup che ti chiede se vuoi scaricare quel video (MP4) o solo il suo audio (MP3): in ogni modo puoi sempre copiare l’URL del video (click con il tasto destro e seleziona Copia URL video) per poi incollarlo nel campo appropriato (2) in ByClick e quindi premere il pulsante Scarica:
Download di un’intera playlist
Nel seguito mostro anche la semplice procedura per effettuare il download di un’intera playlist di cui si è copiata l’URL nella clipboard (cntl + c). In particolare, conviene impostare sia il formato mp4 se la playlist contiene sia audio sia video (vengono così scaricati entrambi i formati, sebbene gli audio risultino poi con estensione mp4) sia come qualitàla migliore. La URL la si può anche inserire a mano premendo il pulsante Incolla URL, ma (come già evidenziato) spesso il programma stesso rivela il video YouTube di interesse se lo si sta visualizzando su di un browser:
Analogamente per un’altra playlist pubblica di video associati a un altro libro, ricercando la sua URL e indicandola in ByClick (anche se generalmente la individua già lui e chiede semplicemente conferma d’iniziarne il download):
Nel seguito le funzionalità aggiuntive che uno eventualmente ottiene spendendo una cifra ragionevole:
P.S. 19/2/2023 – Per effettuare successivamente il download di playlist da una zona privata (sempre relativa a video associati a libri di corsi di musica che ho acquistato ma che prevederebbero un loro utilizzo in streaming), per riuscire nell’intento ho dovuto passare alla versione premium… con un costo per la versione senza limiti temporali giustificabile e assai inferiore agli abbonamenti visti per altri SW o di YouTube stessa (sebbene quest’ultima fornisca ulteriori servizi, e.g. play in background)! Anche questo SW consente perciò tutte le funzionalità gratuitamente solo per un certo periodo (e.g. 1 giorno), ad esempio quelle di download di playlist private!
Avvertimento dopo un mio tentativo di download playlist private dopo qualche giorno: con meno di 10€ ho comunque acquistato la registrazione senza limiti temporali
Talvolta può tornar utile aggiunge a un documento di Microsoft Word delle semplici notazioni musicali senza necessariamente dover ricorrere all’aggiunta di immagini grafiche, bensì utilizzando semplicemente dei font specifici.
La dimensione del simbolo inserito dipende ovviamente dal tipo di carattere originale ma, se si desidera ingrandirlo, come sempre è sufficiente selezionarlo e modificare la dimensione del carattere dall’apposito menu a discesa (e.g. 16 punti).
Alcuni simboli (semiminima singola/doppia, croma singola/doppia, bemolle, diesis, bequadro) sono già presenti andando nella sezione Inserisci del menù in alto, nella sottosezione a destra relativa ai Simboli: in questa troviamo due possibili tendine (Equazione e Simboli) da aprire e che mostrano gli ultimi utilizzati. Se non c’è ancora quello che interessa, si seleziona Altri simboli… per poi scegliere il simbolo desiderato presente in un particolare font. Nello specifico, quei simboli musicali si trovano nel font MS Gothic e per trovarli più velocemente si può selezionare Simboli vari nella sezione Sottoinsieme a destra:
Altri simboli utilizzati nelle notazioni musicali, quali Δ (utilizzato per indicare gli accordi maj7) e il Ø (utilizzato per indicare accordi semidiminuiti, i.e. -7b5) si possono trovare sempre nel font MS Gothic rispettivamente nel sottoinsieme degli Operatori matematici e in Supplemento latino 1:
Se si desiderano poi altri simboli o addirittura scrivere una sequenza di note su un pentagramma, si può poi ricorrere ad installare altri font specificatamente pensati per la musica, generalmente non presenti di default. Ad esempio, per avere il simbolo della chiave di violino/basso ecc… si può installare il font Symusic-Regular:
Si può anche scaricare gratuitamente e installare il font Lassus pensato per scrivere note su un pentagramma: certo scrivere un brano non è così semplice come utilizzando editor anche gratuiti come TuxGuitar o MuseScore, ma può essere comunque una soluzione alternativa per inserire in un documento Word un breve fraseggio musicale senza inserire un’immagine catturata da pentagramma in cui le note sono state inserite con un editor musicale!
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Il modo più semplice per inserire un simbolo musicale è comunque quello di copiare e incollare quello che ti serve dall’elenco presente nel sito Codes for Music Symbols. Se si utilizza un programma di Microsoft Office (ad esempio, Word o PowerPoint), è anche possibile utilizzare il metodo “Codice alternativo” (Alt code) disponendo di una tastiera con un tastierino numerico: basta tenere premuto il tasto Alt e digitare il numero relativo al simbolo d’interesse (nota: solo quando sollevate il tasto Alt, verrà visualizzato il simbolo associato al codice inserito!). Nel tastierino numerico il “Bloc Num” ovviamente deve essere acceso.
Non è inusuale che le coordinate bancarie su cui uno vuole farsi accreditare la pensione cambino, magari anche solo perché la propria filiale viene chiusa ed è la stessa banca a imporre tale cambiamento.
Risulta quindi necessario (o almeno conveniente in quanto non risulta così chiaro se qualche comunicazione/operazione venga fatta in automatico dalla banca) procedere a modificare nel sito dell’INPOS le proprie coordinate bancarie. Una volta effettuato l’accesso al sito INPS, la sezione che consente di effettuare tale modifica si trova attualmente a questo link. Tuttavia il sito potrebbe modificarsi con il tempo e il precedente link indicato non essere più valido. Qualora succeda, la procedura più semplice per trovare comunque quella sezione, è quella di effettuare in quel sito (utilizzando la sezione Cerca in alto con la lente d’ingrandimento) la ricerca di “cambiare le coordinate di accredito della pensione“.
Sezione del sito INPS che consente di modificare l’IBAN su cui avviene l’accredito della pensione
Nel seguito la procedura passo-passo.
Alcune precisazioni importanti:
Per ragioni di sicurezza (almeno così viene detto 🤔), durante la procedura viene innanzitutto chiesto di scrivere le coordinate bancarie attualmente in vigore, e solo successivamente viene presentato il form per inserire le coordinate nuove che uno desidera sostituire alle precedenti.
È indispensabile scrivere non solo l’IBAN nuovo, ma si deve anche indicare se tale conto è cointestato o meno.
Dopo avere inserito il nuovo IBAN, conviene premere il tasto Valida, che consente di validarlo e di avere elencati tutti i dettagli di quel conto, evitando così di commettere errori.
ATTENZIONE – Anche dopo avere indicato il nuovo IBAN e premuto il tasto Salva e prosegui, la procedura non è ancora terminata! È indispensabile proseguire ancora, indicando la sede (nel mio caso era già predefinita a Torino) a cui inviare la richiesta di variazione, premere Prosegui; poi, nella successiva videata, selezionare di avere letto l’informativa e finalmente premere il tasto Invia Domanda!! Solo se si fanno tutti questi (innumerevoli) passaggi la domanda viene effettivamente inoltrata e compare la videata che assicura (in verde) che la richiesta si è conclusa correttamente. Si deve ricevere anche una conferma via email (i.e. “Gentile utente, confermiamo che in data xx/xx/xxxx abbiamo preso in carico la domanda di Variazione Ufficio Pagatore numero yyyyyyyy“). Quando poi tale richiesta verrà effettivamente evasa, non viene indicato, ma si spera sia a breve, cioè nel giro di pochi giorni!
Insomma, anche in questo caso la procedura per un semplice cambio del proprio IBAN dove si vuole far recapitare la propria pensione non è così immediato e prono a errori… soprattutto per una persona verosimilmente di una certa età! Mettere tutto quanto [conferma di lettura d’informativa compresa (ma chi è che la leggerà mai?? )] in una medesima videata senza richiedere il passaggio in ben 5 videate per una semplice richiesta di variazione di un IBAN, mi sembra davvero troppo! Da un punto di vista tecnico si sarebbe potuto fare sicuramente di meglio…
Per accedere con sicurezza a siti istituzionali (e.g. INPS, Agenzia delle Entrate) da qualche anno è richiesta l’autenticazione tramite una delle tre proposte:
Insomma costituiscono tutte uno strumento di autenticazione previsto dal Codice dell’amministrazione digitale per l’accesso ai servizi web erogati dalla pubblica amministrazione italiana: si tratta di metodi alternativi sebbene, a mio parere, il livello di sicurezza garantito da ciascuno risulti ben differente. Non per nulla, se si accede ad esempio con la CNS nel sito dell’INPS, almeno la prima volta (o in modo random?) viene comunque anche inviato un SMS con un codice di sicurezza da inserire per confermare che davvero la persona che si sta autenticando nella tua area privata sei tu!
SMS con un codice di sicurezza (da inserire per confermare la propria identità) richiesto talvolta dal sito dell’INSP quando si accede tramite CNS
Relativamente allo SPID ho già scritto diversi post anni fa e penso sia esperienza comune che non sempre si tratti di una procedura agevole di autenticazione, sia per ottenerlo sia per utilizzarlo: anche avendo compreso bene la procedura necessaria (tra l’altro diversa a seconda del provider utilizzato per quel servizio) non di rado ci si imbatte in problemi che rendono impossibile l’autenticazione senza prima effettuare alcuni accorgimenti (e.g. aggiornamento di app, sua completa installazione e configurazione da zero, nel caso di PosteID). Tra l’altro, mentre inizialmente, anni fa, la richiesta di uno SPID risultava gratuita (veniva pagata dallo Stato??), attualmente ha un costo, sebbene minimo (e.g. per PosteID, il costo del servizio d’identificazione in ufficio postale è pari a 12€, iva inclusa). Vedi questi miei articoli per saperne di più.
Si noti che, se la carta di identità (e.g. magari ancora una cartacea) fornita nella registrazione del proprio SPID sta per scadere, si dovrebbe ricevere una email che sollecita di indicare i dati (e caricare le immagini) relativi alla nuova CIE, da sostituire a quelli di quella che sta per scadere: diversamente l’utilizzo di quello SPID verrà sospeso alla scadenza di validità del documento fornito!! Insomma, se uno si è affidato unicamente allo SPID per accedere ai siti istituzionali, si può trovare da un momento all’altro nell’impossibilità di potersi autenticare in quelli e di poter usufruire di servizi anche assai importanti per un cittadino (e.g. dichiarazione dei redditi, INPS). Per fortuna almeno che le Poste Italiane prevedano come documento di identificazione non solo la Carta d’Identità ma anche il passaporto o la patente (sebbene entrambe non è detto che un cittadino le possegga!)
L’utilizzo della Carta d’Identità Elettronica (CIE) è senza ombra di dubbio, a mio parere, la più agevole… ma resta il problema che, oltre a possederla (molti hanno ancora una Carta di Identità cartacea che magari scadrà anche tra più di due anni!) è necessario possedere almeno uno smartphone dotato della funzionalità NFC (comunque ora sempre più presente anche nei modelli economici), che deve ovviamente essere abilitata quando si desidera effettuare la lettura contactless di quella carta avvicinandola al telefonino: esiste anche la possibilità di utilizzare la una modalità desktop con mobile in cui l’accesso al servizio avviene da computer, utilizzando il proprio smartphone (dotato d’interfaccia NFC) per la sola lettura della CIE utilizzando l’app CieID. In alternativa, si può sempre collegare a una porta USB del proprio PC un lettore NFC (di costo non indifferente) … ma quest’ultima mi sembra proprio l’ultima alternativa, sebbene ora esistano lettori sia NFC sia per chip (quindi utili per leggere sia la Carta d’Identità Elettronica sia la Carta Nazionale dei Servizi) che costano poco di più di un solo lettore NFC.
Inoltre sono da considerare i tempi di rilascio della CIE che attualmente sono, a mio parere, senza senso: almeno per le anagrafi di Torino, risulta praticamente quasi impossibile prenotare online per averla, risultando tutto occupato per tutte le ore delle date rese disponibili!! Insomma, mentre un tempo per rinnovare la carta d’identità cartacea bastava recarsi in una qualsiasi anagrafe della città di residenza con tre fotografie, il vecchio documento scaduto o in via di scadenza e in pochi minuti si otteneva il suo rinnovo (soprattutto se uno si recava nelle anagrafi decentrate nel territorio, generalmente con meno coda), ora l’impresa è assai ardua e quasi impossibile. (Vedi al riguardo il post: Carta d’Identità Elettronica (CIE): dopo anni dalla sua introduzione, risulta ancora oggi quasi impossibile riuscire a prenotare in un’anagrafe per ottenerla agevolmente).
Da un punto di vista del costo del lettore sicuramente l’uso dell’attuale Carta Nazionale dei Servizi è da preferire: il costo del lettore di carte con chip infatti è basso (io ho preso il lettore Internavigare uTrust 2700R per poco; con Windows 10/11 viene riconosciuto automaticamente ma, in caso di problemi, si può sempre andare alla pagina di istallazione del driver di quel prodotto) e poi tutti i cittadini posseggono quella carta, trattandosi della Tessera Sanitaria abilitata a diventare gratuitamente anche Carta Nazionale dei Servizi semplicemente recandosi in uno dei molteplici sportelli. Ogni Regione fornisce, nel suo sito, l’elenco degli sportelli per la gestione Tessera Sanitaria – CNS: ad esempio, per la Regione Piemonte si trova su questa pagina del loro sito dove attualmente è scaricabile il file Sportelli ASL per la gestione di TS – CNS (il link che potrebbe cambiare nel tempo) che fornisce tutte le indicazioni, indirizzi, orari e relativi numeri telefonici. Nella città di Torino gli uffici sono aperti dalle 8:00 – 14:30 in via Pacchiotti 4, via del Ridotto 3, c.so Toscana 108, via Montanaro 60, Lungo Dora Savona 24. Insomma basta recarsi personalmente in uno di quegli sportelli con la propria tessera sanitaria e carta d’identità e verrà fornito un foglio contenente una prima parte di un PIN e di un PUK (quest’ultimo, come al solito, utile solo in casi particolari in cui sia necessario un ripristino delle credenziali), mentre la loro seconda parte viene inviata via email: insomma lo stesso metodo già utilizzato da anni per fornire le credenziali di siti istituzionali (e.g. INPS, TorinoFacile) e che poi erano stati abbandonati in nome di una teorica maggiore sicurezza di altre metodologie (e.g. SPID)! 🤔
Si noti che la CIE può essere un agevole modo che consente di operare per conto di una persona anziana o comunque incapace ad utilizzare servizi offerti online. Infatti uno può richiedere l’abilitazione della CNS anche andando allo sportello con delega e documenti (Carta Sanitaria e Carta d’Identità) di un parente (e.g. genitore anziano).
Acquistando un qualsiasi economico piccolo lettore di carte con chip (e.g. Internavigare uTrust 2700R), non appena lo si collega ad un PC Windows 10, si installano automaticamente i suoi driver opportuni per renderlo subito operativo: tuttavia questo non è sufficiente in quanto manca ancora è il SW specifico per leggere e interpretare quella Tessera Sanitaria.
Nella mail ricevuta da GestioneCMS@sogei.it contenente la seconda parte del PIN/PUK, sono indicati le seguenti informazioni utili per sapere su come procedere, sebbene nonpenso si tratti di una procedura agevole a qualsiasi cittadino:
Cliccando quindi sul primo link si arriva alla seguente pagina che ha già alcuni campi precompilati in base alla tipologia del proprio computer: resta solo da indicare la sigla del produttore della propria carta sanitaria! … e sì, perché evidentemente il SW da installare cambia a seconda di questo parametro! 🙄😮 Questa indicazione si trova, in piccolo e in verticale, nella parte frontale della Carta Sanitaria, in alto a sinistra: nel mio caso è indicato ST2021 ma le sigle possibili attualmente sono ben 10! Se per caso nella selezione uno sceglie l’opzione Non presente, compare un ulteriore campo da specificare, relativo alla propria Regione di appartenenza: comunque è bene indicare la sigla del modello specifico che dovrebbe essere indicato, sebbene poco visibile.
Premendo il punto interrogativo al lato destro del campo Sigla Produttore Carta, viene mostrato il posizionamento di tale valore specifico della propria carta che si desidera poter leggere
Si noti che la sigla poterebbe essere differente in carte sanitarie rilasciate a persone residenti in un medesimo Comune anche per carte con data di scadenza vicina di pochi mesi: ad esempio la mia che scade il 7/2027 ha come sigla produttore indicato ST2021, mentre ad un amico residente sempre a Torino ne ha una con indicato ACx2021 che scade il 9/2027, cioè pochi mesi dopo!!! Se uno volesse leggere carte con sigle di produttori diversi, è verosimile che debba installarsi i driver relativi a tutti quanti… assurdo ma verosimile, sebbene personalmente io non abbia ancora provato, per il timore che non mi legga più la mia Carta che è principalmente quello che mi interessa!! Sicuramente c’era un modo migliore di gestire il tutto, semplificando una procedura alquanto anomala e altrettanto sicuramente non alla portata di qualsiasi cittadino 😦
Sempre nel sito del Sistema Tessera Sanitaria, nella sezione Modalità di accesso TS-CNS, si legge: I driver sono disponibili per il download alla pagina “Elenco driver” in alternativa si può procedere all’installazione dei driver sulla propria postazione di lavoro utilizzando l’applicazione “Download driver”.
Driver disponibili per il download alla pagina “Elenco driver”
Per ulteriori informazioni consultare la Guida all’Accesso con TS-CNS in cui si legge che sui siti delle Regioni sono disponibili:
manuale operativo concernente gli aspetti organizzativo e funzionale del ciclo di vita della TS-CNS;
elenco degli sportelli regionali abilitati per l’attivazione delle CNS;
i requisiti tecnici minimi necessari per l’utilizzo della TS-CNS;
il pacchetto software di gestione della TS-CNS e le relative istruzioni per l’installazione;
manuale utente per l’utilizzo della carta.
Attenzione che in questo AVVISO del 23/08/2022 c’è scritto 😲😳😳🙄: “Non buttare la tua TS-CNS (Tessera Sanitaria – Carta Nazionale dei Servizi) in scadenza con i relativi codici PIN/PUK. A partire dal primo giugno, infatti, potresti ricevere una Tessera Sanitaria (TS) senza la componente elettronica (microchip). In questo caso è possibile estendere la validità, fino al 31 dicembre 2023,delle funzionalità CNS della tua TS-CNS in scadenza attraverso il Software di estensione che è reso disponibile sul sito Elenco driver – Sistema Tessera Sanitaria“. Sembra che la distribuzione di Carte Sanitarie prive di chip sia stata dovuta ad una temporanea non disponibilità di quei chip. No comment!
AVVISO del 23/08/2022 😲😳😳🙄: “Non buttare la tua TS-CNS (Tessera Sanitaria – Carta Nazionale dei Servizi) in scadenza con i relativi codici PIN/PUK. A partire dal primo giugno, infatti, potresti ricevere una Tessera Sanitaria (TS) senza la componente elettronica (microchip)
Una volta installato quel programma, lanciando il file .exe scaricato, ci si trova installata (almeno nel mio caso in cui la carta è del tipo ST2021) l’app SafeDive2022: questa compare infatti nell’elenco delle applicazioni, in una cartella STMicroelectronics. Un collegamento a quell’app viene inserito anche sul desktop.
Lanciando l’app SafeDive 2022 si ottengono le informazioni relative alla carta, quando inserita nel lettore: sono presenti voci che consentono di operare sulla stessa (e.g. Sblocco PIN, Cambio PIN che non ho cercato di utilizzare non avendo trovato informazioni in merito):
Insomma, quanto detto consente di essere sicuri che il lettore funziona correttamente e che la carta viene letta come previsto.
Si noti che tale SW consente anche di cambiare il PIN in modo da inserirne uno che risulti per la persona più facile da ricordare rispetto a quello assegnato automaticamente tramite la procedura attivata agli sporteli dell’ASL: la procedura è assai semplice e, come al solito, richiede di inserire il vecchio PIN e quindi di inserire quello nuovo (due volte per verifica). Anche se il SW installato nel tuo caso risulta diverso (essendo magari quello relativo ad un differente produttore del Chip presente nella Carta Sanitaria), si dovrebbero ritrovare le medesime funzionalità.
Ora però si tratta di vedere come utilizzarla per accedere a un sito che consenta questa modalità di autenticazione: nel seguito indico la procedura passo-passo… fornendo anche alcuni suggerimenti in caso si riceva una qualche segnalazione di errore.
1) Innanzitutto è necessario selezionare il tab CNS tra i possibili metodi di autenticazione proposti. Quindi, dopo avere inserito la carta nel lettore collegato via USB al proprio PC, premere il pulsante (in basso) Prosegui:
2) A questo punto dovrebbe comparire una finestra di popup con un elenco di certificati (probabilmente ne viene elencato solo uno, quello relativo alla carta inserita nel lettore). Graficamente tale finestra differisce un po’ a seconda del browser utilizzato (i.e. Chrome, Edge, Firefox, …) ma non dovrebbe comportare grossi problemi riconoscerla: è importante tuttavia notare che è indispensabile selezionare dalla lista il certificato con il proprio codice fiscale (qualora non sia già automaticamente selezionato, come avviene in alcuni browser, essendo il solo elencato) prima di premere il tastoOK: prima di premere OK è bene avere prima ben presente il PIN che si dovrà inserire a breve (abbastanza velocemente), vale a dire quel numero di 6 cifre che è stato fornito in parte su foglio e in parte via email quando si è fatta abilitare la Carta Sanitaria per farla diventare Carta Nazionale dei Servizi. Nel seguito due esempi della finestra di selezione del certificato da usare per l’autenticazione (i.e. Edge, Chrome):
3) Non appena si preme OK, scompare quella finestra e ne compare una nuova che richiede l’inserimento del PIN associato alla propria CNS: si noti che per evitare problematiche, è opportuno inserirlo in breve tempo (inferiore al minuto), cioè prima che possa scadere qualche timeout della pagina. Qualora accada, conviene comunque inserire il PIN e autenticarsi, per poi andare indietro nella navigazione del browser e ricaricare la pagina (cnrt + F5): l’autenticazione dovrebbe comunque essere stata presa e l’accesso all’area riservata del sito risultare ora disponibile.
Come uscire dalla propria area privata dopo essersi autenticato nel sito dell’INPS
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Quella fino ad ora descritta è la “semplice” procedura che consente l’autenticazione tramite la CNS. Tuttavia possono avvenire spiacevoli problematiche imputabili, penso, ad una non adeguata gestione del processo di autenticazione e delle tempistiche/richieste che non sono proprio compatibili per un servizio che dovrebbe risultare agevolmente fruibile da tutta la cittadinanza.
Nel seguito mostro alcune segnalazioni di errore che mi sono comparse, pur operando con competenza: alcune le ho ricevute semplicemente perchè, ad esempio, non avevo subito sottomano il PIN qualdo mi è stato richiesto di inserirlo, o in altre situazioni tutt’altro che rare. Qualora si verifichino tali segnalazioni il mio consiglio è, dopo avere riprovato magari una seconda volta e avendo ricevuto il medesimo errore, di accedere al medesimo sito utilizzando un altro browser, utilizzando ora quello per ripetere il processo di autenticazione con la CNS: anche se uno non ne ha già più browser installati nel proprio PC, in pochi minuti se ne può installare un altro (e.g. Chrome, Edge, Firefox). Sottolineo che il problema che uno può aver riscontrato non è dovuto al browser utilizzato (tali errori io li ho infatti sperimentati in tutti i 3 browser da me usati) bensì ad errori avvenuti durante il processo di autenticazione con lettura della carta e del PIN inserito, insomma sono relativi al processo di verifica dei certificati, con i relativi timeout e collegamenti a server remoti non sempre funzionanti a dovere!
È vero che si può anche provare a riavviare il browser già utilizzato (come talvolta suggerito nel messaggio di errore) e magari a provare a cancellare nel medesimo memoria di quanto accaduto (e.g. eliminazione della cache e dei dati di navigazione) o addirittura effettuare un riavvio del PC, sebbene possa sembrare eccessivo e assurdo (ma è il modo più agevole per fermare tutti i processi in background e ravviare le applicazioni)! Nel caso si acceda con Chrome il problema può risolversi effettuando il logout del proprio utente Google da quel browser (icona in alto a destra) o accedendoci con altro utente Google. Comunque, utilizzando un altro browser per accedere al medesimo sito, come da me suggerito, si risolve più velocemente il problema… sperando che non permanga poi troppo a lungo nel tempo, qualora poi si ritorni a usare il browser preferito!
Nel seguito alcuni esempi di segnalazione di errore che ho ricevuto durante le poche prove di accesso a alcuni siti che propongono la CNS come possibile modalità.
La seguente segnalazione di errore l’ho risolta ricaricando la pagina con il medesimo browser:
Questi sono altri errori segnalati, che ho “risolto” utilizzando un diverso browser 🙄:
Insomma, non è sufficiente acquistare un lettore di carte con chip, d’altra parte di costo assai ridotto, ma è necessario seguire una procedura di installazione non certo banale che richiedere tra l’altro di ricercare un driver specifica del produttore della propria carta. Inoltre, anche una volta installato tale SW, l’utilizzo non è immediato (la scelta del certificato per l’autentificazione viene presentato differentemente a seconda del browser che uno stà utilizzando per accedere al un sito in modo autenticato) e, come mostrato, non privo di segnalazioni di errori seppur, per fortuna, spesso risolvibili ricaricando il browser o utilizzandone momentaneamente un altro.
Insomma un altro metodo di autenticazione non certo alla portata di tutti i cittadini…. 😦
Ho appena aiutato un’amica a risolvere il seguente problema sul suo nuovo smartphone: quando forniva una connessione Wi-Fi al proprio PC tramite l’impostazione di tethering (Hotspot Wi-Fi) sul telefonino, su questo si perdeva la connessione a Internet che rimaneva utilizzabile sul solo PC. Questo rendeva inutilizzabile il cellulare per qualsiasi funzionalità che richiede la connessione dati (e.g. WhatApp, navigazione con il browser, ma probabilmente anche il semplice effettuare/ricevere telefonate, essendo oramai anche quello un servizio dati come un altro!)
Questo comportamento indesiderato non si verificava invece con il precedente smartphone. La SIM, e quindi l’offerta dell’operatore, non era cambiata per cui erano da escludere possibili restrizioni da parte della connessione pubblica, magari dovute a offerte commerciali specifiche (infatti un tempo, con alcune tariffe, esistevano restrizioni sulla possibilità di realizzare il tethering verso altri dispositivi, anche se ora probabilmente non esistono più). Anche la presenza di restrizioni intrinseche del dispositivo mi suonava strano, sebbene si trattasse di uno smartphone di marca cinese, non particolarmente conosciuta.
Mi sono poi ricordato che, diversi anni fa, avevo avuto una problematica simile con uno smartphone collegato a una APN aziendale. Mi sono, quindi, andato a rivedere alcuni post che avevo scritto al riguardo (i.e. Still problems in doing tethering with a manually configured APN (e.g. an employee one) using a Windows 10 Mobile device; How to be sure that the tethering is done using the proper APN (e.g. a private employee APN)): la soluzione che avevo trovato consisteva, nel caso degli smartphone Android, nell’inserire specifici parametri nella configurazione del Tipo APN impostata nel profilo attivo della rete mobile dell’operatore (i.e. Tipo APN = default,supl,dun). Sono quindi andato in Impostazioni -> Connessioni -> Reti Mobili -> Profili e già mi sono stupito nel vedere che esistevano due profili (i.e. Iliad e Iliad(1)) relativi al medesimo operatore sebbene ovviamente uno solo fosse quello attivo. Vedendo il dettaglio di quel profilo attivo, ho visto che non aveva le impostazioni del Tipo APN con tutti quei tre parametri che ho precedentemente indicato: cercando di modificarli, mi veniva impedito, segnalando che ciò non era possibile in quanto non consentito dall’operatore.
Andando invece a vedere la configurazione dell’altro profilo, ho visto invece che il Tipo APN era quello che mi aspettavo (i.e. Tipo APN = default,supl,dun) per cui ho reso attivo quel profilo cancellando l’altro. Con questa modica delle impostazioni, dopo un sempre opportuno Riavvio dello smartphone per avere applicate quelle nuove impostazioni, la connessione a Internet si e mantenuta sullo smartphone anche quando forniva una connessione dati al PC.
Avevo già anni fa scritto un post relativamente all’applicazione Microsoft Assistenza rapida [ENG: Quick assistance] che consente assai agevolmente di ricevere/dare assistenza da remoto da un PC con Windows 10/11. Da un po’ di tempo questa applicazione, che era presente nella cartella Accessori Windows [ENG: Windows accessories], è stata pubblicata come app scaricabile dal Microsoft Store e vi invito quindi a scaricarla/aggiornarla. Il suo funzionamento non si è modificato da un punto di vista dell’interfaccia utente, anche se probabilmente è stata ottimizzata nel tempo: perciò, le procedure descritte in quel vecchio post valgono tutt’oggi e non mi andrò a ripetere.
Questo post, invece, descrive come ho risolto il problema che ho avuto con un nuovo PC con Windows 11 che ho appena configurato per un’amica e per il quale quell’app andava in crash pochi secondi dopo essere stata lanciata. Dalle ricerche in rete che ho fatto devo dedurre che non si tratta di un caso raro e nel seguito lascio quindi alcune informazioni che potrebbero risultare utili a qualcuno che riscontrasse lo stesso problema. Penso infatti che sia importante verificare fin da subito, come ho fatto io, che quest’app funzioni, prima di effettuare la configurazione del PC riversando magari tutti i dati del vecchio PC! Infatti, almeno nel mio caso, non riuscendo a risolvere il problema con nessuna delle procedure che ho trovato descritte, ho dovuto procedere con il ripristino del PC alle impostazioni di fabbrica (vedi: Reset this PC lets you restore Windows 11/10 to factory settings without losing files). Il PC, infatti, benché acquistato nuovo da Media World, aveva già Windows 11 installato e configurato: io mi ero limitato a configurarne l’utente Microsoft. Dopodiché avevo provato a lanciare l’app Assistenza Rapida che, come detto, andava in crash dopo pochi secondi!
Reinstallando il sistema operativo (effettuando le scelte Windows Update -> Recovery -> Remove everything e scegliendo di non scaricarlo da Internet ma di usare la versione già presente nel PC) e configurando l’utente Microsoft durante la procedura guidata, sono finalmente riuscito ad avere quell’app Assistenza rapida funzionante correttamente!
Quindi è importante verificare, al più presto, se l’app Assistenza rapida funziona e, qualora non lo fosse, è importante cercare di risolvere fin da subito il problema per non dover poi rinunciare a questa funzionalità che reputo assai importante e indispensabile (sia per chiedere un aiuto sia per aiutare da remoto).
Nel seguito lascio comunque i link delle soluzioni provate, che sicuramente in altre situazioni possono risultare risolutive. Sostanzialmente suggeriscono di effettuare i seguenti passi:
Verificare di avere l’ultima versione dell’app, ricercandola nello Store di Microsoft ed eventualmente aggiornandola.
Verificare che Edge sia aggiornato in quanto quell’app sfrutta funzionalità proprie di quel browser (edge://settings/help e poi Informazioni su Microsoft Edge):
Verificare che il browser Edge sia aggiornato
Effettuare il reset e reimpostare l’app, dopo averla eventualmente disinstallata e installata nuovamente.
Effettuare il reset delle impostazioni di Internet relative al PC.
Verificare che gli aggiornamenti di Windows siano stati fatti (da Windows Update).
Disattivare momentaneamente il programma di antivirus, per verificare che non sia lui a bloccare l’esecuzione di quella app: qualora lo fosse, sarà necessario impostare in quell’antivirus qualche opzione in modo che non interferisca con quella specifica app, per poi ovviamente riattivare l’antivirus.
Provare a configurare un altro utente come amministratore e vedere se, accedendo con quell’altro, e lanciando quell’app come amministratore il problema si risolve: questo starebbe a indicare che si trattava di una problematica relativa ai permessi o alle impostazioni specifiche di quel primo utente.
Registrare nuovamente quell’app per l’utente corrente, utilizzando un’apposita linea di comando da PowerShell.
Tutte procedure da me tentate… senza esito positivo nel mio caso specifico! 😦
Talvolta succede di andare a vedere un film un po’ a scatola chiusa, senza avere neppure sentito un’opinione di qualcuno, magari autorevole essendo un critico cinematografico, sebbene ovviamente sia soggettiva.
Ho scoperto da poco l’esistenza di ottimi podcast di Giorgio Viaro, giornalista e critico cinematografico, relativi ad alcuni film (i.e. quelli proiettati nelle sale di The Space): ne ho ascoltati diversi e li ho trovati decisamente interessanti ed esaustivi nell’evidenziare i lati salienti dell’opera, senza ovviamente togliere la sorpresa relativa alla sua trama. Insomma, in una ventina di minuti si riescono a ottenere piacevolmente molte informazioni utili a comprendere se quel film può soddisfare o meno le proprie aspettative.
Dal momento che mi sono proposto come guida volontaria per far visitare il Palazzo Civico di Torino e le sue sale istituzionali, ho necessariamente dovuto studiare un po’ la genealogia della casa Savoia.
Infatti, la storia di questa dinastia è assai legata da secoli alla città di Torino soprattutto da quando, nel 1563,Emanuele Filiberto I decise di spostare qui la capitale del suo regno dalla sua sede originaria, Chambery. Aveva sagacemente compreso che il destino dei Savoia non poteva essere al di là delle Alpi, con i francesi sempre a minacciare i confini e la pace del piccolo stato. Il ‘Caval ëd Brons‘, voluto da Carlo Alberto e inaugurato il 4 novembre 1838 a Torino nella sua piazza San Carlo, è diventato nel corso degli anni uno dei simboli della città accanto alla Mole Antonelliana: esalta le imprese epiche proprio di questo lontano antenato dei Savoia, soprannominato Testa ‘d Fer (testa di ferro) per la sua caparbietà e cocciutaggine. I due bassorilievi presenti nella base di quel monumento, raffigurano due eventi in cui Emanuele Filiberto I si distinse: la Battaglia di San Quintino e la successiva pace di Cateau-Cambrésis. Per l’Italia le conseguenze più importanti di questa battaglia e di quel trattato di pace furono il riconoscimento e il consolidamento del predominio spagnolo sul territorio italiano, che durò fino agli inizi del ‘700, nonché la restituzione ai Savoia dei loro territori, come premio per la vittoria ottenuta da Emanuele Filiberto che, in quel frangente, era stato al comando dell’esercito spagnolo.
Le seguenti tabelle, che avevo fotografato nella Reggia di Venaria, penso forniscano dati oggettivi assai autoesplicativi: la popolazione di Torino nel 1560, cioè poco prima di diventare la capitale del Regno dei Savoia, era circa di sole 20000 persone: la sua successiva cresciuta esponenziale è sicuramante dovuta allo spostamento degli interessi politici ed economici in questa città. Successivi periodi di decrescita si sono avuti solo a causa eventi storici quali assedi e pandemie.
La popolazione di Torino tra ‘500 e ‘800
Prima dell’Unità d’Italia, le fonti sulla popolazione di Torino non sono così precise e continue. Tuttavia, nell’archivio storico di Torino, esiste un annuario statistico del 1946 che riporta, in una tabella, il numero degli abitanti di Torino a partire dal ‘400: il primo dato storico risale infatti a quel periodo e all’epoca i torinesi sembra fossero appena 4.000.
Nel 1560, secondo anno riportato in quel documento dell’archivio storico, gli abitanti erano già quintuplicati a quota 20.000. Il terzo censimento riportato è del 1631 e, da quella data in poi, i dati iniziano a essere precisi: 36.649 abitanti, che diventano 43.866 a inizio ‘700, salvo poi scendere a causa dei morti nell’assedio di Torino nel 1705.
Da questo periodo i dati cominciano a non coincidere più esattamente con quelli riportati nella tabella mostrata nella Reggia di Venaria (e non so quali siano i più veritieri) sebbene come si è visto dal 1712 in quella tabella i dati incomincino ad essere precisi e ripostati annualmente. Comunque, entrambe le fonti concordano che a guerra persa con i francesi e l’occupazione napoleonica portarono a un calo notevole della popolazione che ricomincerà a crescere solo dopo il 1814, quando Napoleone restituisce la città ai Savoia, fino a superare quota 100.000 nel 1824.
Sulle origini della dinastia dei Savoia esistono pochi documenti e inoltre questi sono soggetti poi a varie interpretazioni: spesso, negli anni, si sono escogitati criteri di giustificazione di tipo politico, con l’avallo di genealogisti compiacenti. L’unico punto sicuro di partenza della dinastia è il conte Umberto I Biancamano (†1048), che, già signore delle contee di Savoia (1003), di Belley, Sion e Aosta, al disgregarsi del regno di Borgogna (1032) si schierò dalla parte di Corrado II ottenendone in premio la contea di Moriana in Val d’Isère e il Chiablese (ca. 1034), zona montana francese e svizzera situata nel Nord della Savoia.
Metro delle dinastie in Italia (in alto) e in Europa (in basso)
Nonostante lo Stato Sabaudo abbia occupato un territorio geografico relativamente piccolo, i Savoia sono una delle dinastie di origine più antica e che hanno, tra l’altro, regnato più a lungo nel tempo, spesso barcamenandosi sapientemente in alleanze con le grandi potenze europee e matrimoni d’interesse.
La rappresentazione grafica seguente mostra poi come fosse il rapporto tra popolazione/militari sia nei regni di Francia e di Prussia sia nello Stato Sabaudo (nel 1740 e pochi decenni dopo, nel 1780): relativamente al Regno di Prussia si noti la notevole crescita sia della popolazione sia del suo esercito (in proporzione 29:1), tale da superare numericamante l’esercito francese, con territorio ben più vasto e popolato (proporzione 145:1 tra abitanti e militari).
Rapporto popolazione militari nel regno di Francia, nello Stato Sabaudo e nel regno di Prussia (sia, circa, nel 1740 sia nel 1780)
Albero genealogico dei Savoia-Aosta
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Il seguente post si limita a riportare nel seguito alcune informazioni che ho dedotto da wikipedia e che riassumono, principalmente a mio uso e consumo, le principali discendenze dei Savoia.
Pubblico il tutto pensando che questo bignami possa tornare utile non solo a me, ma anche a qualche altra guida volontaria o visitatore di Torino!
Da questo mio studio pur molto sommario, elenco nel seguito alcune mie personali considerazioni su questa dinastia, che d’altra parte non si discosta di molto dalle altre che sono state presenti in Europa:
I matrimoni nelle diverse famiglie reali o dinastie dovevano rispettare la legge di successione dinastica, cioè un complesso di norme in merito alla successione al trono e all’appartenenza alla dinastia stessa, dalla quale deriva il diritto a uno specifico rango, titolo e trattamento, e, conseguentemente, l’idoneità a ricoprire determinate cariche dello Stato, come nel caso della reggenza. Il principe che sta per sposarsi, inoltre, deve obbligatoriamente ricevere l’assenso al matrimonio dal Capo della Casa, pena la perdita di tutti i diritti di successione. Nel caso di nozze fra principi che non siano state autorizzate, il Capo della Casa potrà decidere le sanzioni caso per caso, mentre nel caso di mancato assenso a un matrimonio diseguale (ad esempio, un principe e una persona non di sangue reale o di casa sovrana) è prevista la decadenza automatica del principe contraente matrimonio e l’esclusione da qualsiasi titolo e diritto di successione per sé e per la sua discendenza. In questo contesto anche i matrimoni dei principi di Casa Savoia avvenivano rigorosamente tra pari: questo uso, vera e propria legge consuetudinaria, era sancito dalle leggi suddette. Nulla importava invece se la sposa era parente stretta del regnante, ad esempio cugina prima (nota: sebbene sia oggigiorno assai inconsueto, comunque ho visto che, ancora oggi è possibile contrarre un matrimonio tra cugini sebbene la chiesa cattolica richieda un’apposita dispensa!). Anzi, questi matrimoni d’interesse politico erano quasi sempre voluti proprio per creare alleanze ed espandere l’egemonia di un casato/ducato/regno: era quindi usuale avere sposalizi con una figlia di un sovrano di Francia, Spagna o Austria. Non di rado le consorti erano giovanissime (13-15 anni), date in moglie talvolta ad un sovrano anche molto più anziano. Diverse hanno dato alla luce, fin da giovanissime, un numero impressionante di figli (anche 10/12): la morte per parto non è stata poi rara, così come, un secondo matrimonio del sovrano a breve distanza dal decesso, magari per riuscire ad avere un erede al trono. Sicuramente lo stretto legame genetico tra gli sposi non ha poi certo favorito la robustezza della progenie: diversi sono stati i figli morti a pochi anni o con malattie/difetti fisici. Ad esempio, la scelta di far sposare Elena di Montenegro a Vittorio Emanuele III può essere anche vista come il tentativo di arginare gli effetti delle nozze fra consanguinei che affliggevano grande parte della nobiltà europea dell’epoca, favorendo il diffondersi di difetti genetici e di malattie come l’emofilia. Infatti, Vittorio Emanuele III, figlio di cugini primi (Umberto I e Margherita), non avrebbe potuto generare un erede sano con una sposa troppo vicina a lui per albero genealogico. Grazie al matrimonio con Elena, invece, ebbe come erede Umberto II, niente affatto simile al padre per quanto riguardava sia la salute sia la statura (il padre Vittorio Emanuele III era alto 153 cm). Da quanto detto, si comprende bene come la maggior parte di questi matrimoni non siano certo scaturiti dall’amore: spesso i sovrani avevano relazioni extra coniugali che talvolta hanno addirittura portato a matrimoni morganatici (e.g. come nel caso di Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, meglio nota in piemontese come la Bela Rosin).
Sebbene alcuni duchi/sovrani (Savoia e non solo) avessero doti guerriere e/o sensibilità artistiche non indifferenti, quasi sempre (se non sempre), le loro decisioni sono state principalmente dettate dalla volontà di mantenere e aumentare il proprio potere/prestigio e quello della propria casata. Anche quelle che potrebbero sembrare benemerite decisioni a favore della popolazione suddita (e.g. Statuto Albertino di Carlo Alberto) sono state dettate principalmente per preservare l’ordine pubblico, temendo il peggio in periodi storici in cui rivoluzioni determinavano la fine di poteri forti. Anche le grandi opere architettoniche e artistiche erano dettate soprattutto dalla volontà di rendere il proprio regno più bello agli occhi delle altre potenze, più che per un amore per l’arte di per sè stessa.
La religione è stata spesso sfruttata per giustificare il proprio ruolo di regnante e per meglio assoggettare la popolazione, pur nella bigotteria di alcuni regnanti dettata da pregiudizi e paure assai diffuse un tempo a livello di tutti i ceti sociali. La proliferazione di miracoli e supposti voti esauditi, sono stati poi sapientemente utilizzati per accrescere sia la notorietà, prestigio e autorevolezza di membri della famiglia sia quella del loro regno.
Diverse mogli hanno dato una loro impronta al regno del marito e talvolta (e.g. le tre madame reali) hanno saputo mantenere il comando e il potere per diversi anni dopo la morte del marito, essendo ancora molto giovane il figlio ereditario del titolo: talvolta si sono dovute opporre a tentativi di parenti, vicini in linea di successione, che ambivano a detenere il titolo (e.g. Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I, una volta vedova ha dovuto fronteggiare le ambizioni dei fratelli minori del marito, il Principe Tommaso e il Cardinal Maurizio). Alcune nobildonne hanno avuto omaggi popolari e addirittura poetici (e.g. regina Margherita, sposa di Umberto I, suo cugino, essendo lei figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, fratello di Vittorio Emanuele II, padre appunto anche di Umberto I), altre ancora si sono dedicate a opere benefiche (e.g. Elena del Montenegro, moglie di re Vittorio Emanuele III di Savoia – Regina consorte d’Italia fino al 9 maggio 1946 – viene addirittura considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica)
Le alte cariche ecclesiastiche erano spesso assegnate a cadetti, cioè a figli non primogeniti di regnanti, anche in giovanissima età seppur privi di qualsiasi vocazione. Invece le figlie spesso finivano in conventi se non promesse spose di altri nobili e regnanti.
Alcune successioni sono avvenute per abdicazione – alcune delle quali presentano ancora dei lati non chiari – in genere dovute ad eventi storici o a incapacità del reggente: la lotta per il potere ha portato poi addirittura un figlio reggente a imprigionare il proprio padre che aveva abdicato e che si era poi pentito vedendo il figlio regnare in modo contrario alle sue decisioni (e.g. Vittorio Amedeo II fu fatto arrestare dal figlio Carlo Emanuele III: richiuso nel castello di Moncalieri, dove ci restò fino alla morte).
Diversi Savoia hanno avuto un numero notevole di secondi nomi, spesso più di cinque (7 Carlo Alberto: Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio; 7 Vittorio Emanuele II: Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso; 9 Umberto I: Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio; 12 il Vittorio Emanuele attualmente vivente: Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria)
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Umberto I Biancamano di Savoia, detto altrimenti dalle Bianche Mani (in francese Humbert I aux Blanches Mains) (970/980 – Hermillon, 1047 o 1048), fu Conte di Moriana tra il 1000 e il 1047. È considerato il capostipite della dinastia dei Savoia.
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Amedeo VI di Savoia, soprannominato il Conte Verde (Chambéry, 1334 – Santo Stefano di Campobasso, 1383), fu Conte di Savoia e Conte d’Aosta e Moriana dal 1343 al 1383. È stato il fondatore della più alta onorificenza sabauda, tra le più prestigiose e antiche al mondo: l’Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Inizialmente era chiamato Ordine del Collare, istituito nel 1364, in occasione di una giostra a ricordo della vittoria su Federico II di Saluzzo: fece realizzare per sé e per altri 14 cavalieri un collare, descritto dalle cronache del tempo come simile a quello dei levrieri. Il suo scopo era di “indurre unione e fraternità tra i potenti sicché si evitassero le guerre private” ed era riservato ai nobili più illustri e fedeli: la regola statutaria prevedeva che tutti gli insigniti fossero considerati pari e si chiamassero tra loro “fratelli”.
L’origine del blu Savoia, colore nazionale italiano, sembra sia legato a Amedeo VI di Savoia. Il 20 giugno 1366, prima di partire per una crociata voluta da papa Urbano V e organizzata per prestare aiuto all’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, cugino di parte materna del conte sabaudo, Amedeo VI volle che sulla nave ammiraglia della flotta di 17 navi e 2000 uomini, una galea veneziana, sventolasse una bandiera azzurra, accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia.
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Amedeo VII di Savoia detto il Conte Rosso (Castello di Avigliana 1360 – Castello di Ripaglia, 1391) fu conte di Savoia, d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391. Detto conte Rosso a causa del colore dei suoi capelli, mentre secondo altri, si prese a soprannominarlo Conte Rosso poiché nel 1383, impegnato nelle Fiandre in una campagna militare in difesa del duca di Borgogna, alla notizia della nascita del proprio primogenito, abbandonò il lutto per la morte del padre, a favore di abiti rossi per festeggiare.
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Emanuele Filiberto di Savoia, detto Testa ‘d Fer (“Testa di ferro”) in piemontese (Chambéry, 1528 – Torino, 1580), è stato conte di Asti (dal 1538), duca di Savoia, principe di Piemonte, conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1553 al 1580, nonché re titolare di Cipro e Gerusalemme.
Era il terzogenito maschio di Carlo II di Savoia e di Beatrice del Portogallo. Morì di cirrosi epatica, conseguenza diretta dell’abuso di vino in cui era solito indulgere.
Spostò nel 1563 la capitale da Chambery a Torino. Monumento equestre a Emanuele Filiberto in piazza San Carlo a Torino, opera dello scultore Carlo Marochetti: Caval ëd bronz (cavallo di bronzo) in piazza San Carlo, voluto dal discendente Carlo Alberto.
Moglie: Caterina Michela di Spagna (1585-1597) da cui ebbe 10 figli (4 maschi e 6 femmine). Carlo Emanuele I suggerì questa unione come un modo per ottenere il sostegno spagnolo per i suoi piani di espansione della Savoia sulla costa dell’allora indebolita Francia. Era figlia di re Filippo II di Spagna e della sua terza moglie Elisabetta di Valois: rimase orfana di madre ad appena un anno (la madre morì nel 1568 a seguito di complicazioni seguite a un aborto).
Soprannominato dai sudditi Testa di Fuoco, proprio per le manifeste attitudini militari, fu uno dei principi più abili e colti della storia di Casa Savoia. Ebbe come figli il primogenito Vittorio Amedeo (suo successore), Emanuele Filiberto (avviato alla carriera ecclesiastica, a 12 anni entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, in cui divenne priore di Castiglia e León; morì a Palermo durante un’epidemia di peste nel 1624, all’età di 36 anni), Maurizio (nominato da Luigi XIIIcardinale protettore di Francia), Tommaso Francesco (principe di Carignano; capostipite del ramo Savoia-Carignano). A 68 anni, colto da violenta febbre per la peste, muore in Savigliano. Luogo di sepoltura: Santuario di Vicoforte
[ Maurizio di Savoia (Torino, 1593 – Torino, 1657): avviato giovanissimo alla carriera ecclesiastica per motivi puramente politici, al punto che non prese mai i voti benché venisse nominato cardinale all’età di 13 anni. Fu educato presso la corte spagnola di suo zio Filippo III di Spagna e iniziato alla vita militare con i fratelli in alcune spedizioni nelle Fiandre e a Genova. Nominato da Luigi XIIIcardinale protettore di Francia; nel 1611 divenne abate commendatario della Sacra di San Michele – affidamento temporaneo dei redditi di un ente ecclesiastico ad un “commendatario” che non possedeva la carica che comportava il beneficio, ma solo il beneficio stesso: poteva essere un ecclesiastico o anche un laico).
Il suo corpo fu inizialmente sepolto nel Duomo di Torino e, nel 1836, traslato nella Sacra di San Michele insieme a quello di altri illustri membri di Casa Savoia (tra cu