Domani sarà un 25 aprile un po’ particolare, ma forse proprio per questo merita di essere maggiormente ricordato, in questi giorni affollati di pensieri, non certo di persone.
Ho visto, a tale riguardo, un post su Facebook che faceva riferimento ad una bella iniziativa promossa dalla città di Rivalta di Torino.
In quella pagina dedicata all’evento, oltre ad un file “leggere per ricordare“, contenente una bibliografia redatta dalle biblioteche rivaltesi, ho trovato di particolare interesse la sezione dedicata alla filmografia, a cura di Umberto Mosca, docente e critico cinematografico. Si tratta infatti di un’antologia ragionata di sequenze per costruire e condividere un immaginario di quel 25 aprile.
Sperando di contribuire con questo mio post a dare ancor maggior voce a questo interessante lavoro di sintesi, riporto integralmente il testo contenuto in quella sezione, abbinando i riferimenti agli spezzoni dei film indicati che possono essere così visionati direttamente leggendo il testo.
Alcuni di quei film non li conoscevo e anche solo la visione di quei brevi video presenti su YouTube mi ha stimolato il desiderio di cercarli per vederli integralmente in un prossimo futuro!
- L’UOMO CHE VERRÀ di Giorgio Diritti (2009)
- IL PARTIGIANO JOHNNY di Guido Chiesa (2000)
- L’AGNESE VA A MORIRE di Giuliano Montaldo (1976)
- NOVECENTO di Bernardo Bertolucci (1976)
- ROMA CITTÀ APERTA di Roberto Rossellini (1945)
- INTERVISTA A DON POLLAROLO (1984)
- LE PRIME BANDE di Paolo Gobetti (1984)
- 2 LUGLIO 1944 di Tatjana Callegari (2016)
- ALDO DICE 26×1 di Fernando Cerchio (1946)
- MAI TARDI: LA RESISTENZA IN VAL DI SUSA di Armando Ceste (1996)
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Prima Parte
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L’UOMO CHE VERRÀ di Giorgio Diritti (2009)
L’eccidio e le stragi della popolazione civile
Un film che ci aiuta a comprendere quella forte sinergia che si realizza tra i fatti reali che guidano un regista nella costruzione di un film sulla Storia, attraverso un accurato lavoro di documentazione, e una dimensione creativa che è costretta ad immaginare per rievocare gli eventi. È il processo secondo cui il
Cinema lavora sulle emozioni, i sentimenti e le psicologie, mentre la Storia lavora sui fatti e sui documenti.
Questa è la ragione per cui in un film è fondamentale individuare uno specifico punto di vista che accompagni lo spettatore all’interno della narrazione e che qui è rappresentato da una bimba di otto anni che alla fine dovrà prendersi cura dei sopravvissuti, provando ad immaginarsi un futuro…
In quest’opera gli avvenimenti rappresentati sono quelli della cosiddetta “strage di Marzabotto”, espressione comune per indicare l’Eccidio del Monte Sole, compiuto dai nazisti tra la fine di settembre e i primi di ottobre del 1944 ai danni di 1830 vittime civili della popolazione dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, in provincia di Bologna.
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IL PARTIGIANO JOHNNY di Guido Chiesa (2000)
L’azione e la vita militare
Le particolari caratteristiche della lotta partigiana, tipicamente incentrata su azioni di guerriglia, vengono qui rappresentate visivamente dai movimenti irregolari della macchina da presa, dalla scarsissima luminosità delle immagini e da un montaggio secco e nervoso in cui lo spettatore fa davvero difficoltà ad orientarsi.
Il film di un regista piemontese che ha sempre manifestato il proprio interesse artistico per la Resistenza, narrata indirettamente nel suo film d’esordio Il caso Martello del 1991 e nel documentario del 1998 Una questione privata dedicato alla vita e alle opere di Beppe Fenoglio, autore del romanzo Il partigiano Johnny.
Costruito sull’idea che il racconto della Resistenza, a oltre cinquant’anni di distanza, tocchi ancora i nervi scoperti del pubblico (vedi anche la curiosa sequenza dei titoli di testa, in cui la pellicola “salta” e va fuori sincrono), Il partigiano Johnny viene prodotto ritornando sui luoghi reali di Alba e delle Langhe in cui si sono svolti i fatti romanzati da Fenoglio. È un “racconto di formazione” in cui il personale apprendistato alla vita del protagonista coincide con la militanza nelle file delle diverse formazioni partigiane (in particolare i rossi delle Brigate Garibaldi e gli azzurri “badogliani”).
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L’AGNESE VA A MORIRE di Giuliano Montaldo (1976)
L’impegno civile e la militanza partigiana
Tratto dal primo romanzo sulla Resistenza della letteratura italiana, scritto da Renata Viganò e pubblicato nel 1949, il film diretto da Giuliano Montaldo è una visione “anti spettacolare” della Resistenza, in cui prevalgono le ambientazioni e le tinte invernali, la vita quotidiana degli abitanti e una non chiara
definizione degli eventi, dove le difficoltà dello spettatore a comprendere i fatti è il prodotto delle comunicazione precarie e interrotte in un territorio occupato militarmente dai tedeschi.
Il film, che pone in primo piano il ruolo delle donne nell’ambito della Resistenza, è stato girato in quelle Valli di Comacchio dove Roberto Rossellini aveva messo in scena il sesto episodio di Paisà (1946), realizzato a pochi mesi dalla fine della guerra nei luoghi reali in cui si era combattuta.
Questa clip antologica mette in primo piano l’adesione spontanea di Agnese alla lotta partigiana a seguito della morte del marito per responsabilità degli occupanti e la sua progressiva presa di coscienza politica come staffetta partigiana.
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NOVECENTO di Bernardo Bertolucci (1976)
La guerra civile e lo scontro ideologico
Nella ricchissima produzione di Bertolucci per la 20th Century Fox, abitata da grandi attori del presente e del passato, la Storia viene narrata come uno spettacolare melodramma epico e popolare, ispirandosi alle tinte forti e ai sentimenti esasperati tipici dell’opera lirica. Il cinema come grande narrazione collettiva del nuovo secolo, che prende il posto dell’ottocentesco melodramma.
Nella rappresentazione di Bertolucci il 25 Aprile 1945 è il giorno della “resa dei conti”, dove il fascista locale Attila viene inseguito e aggredito dai contadini, che riconoscono in lui l’incarnazione del potere e della violenza fascista.
Indicativo è il fatto che il film, dedicato ai primi settant’anni del Novecento, inizi proprio con l’episodio della fine della seconda guerra mondiale, incentrandosi su una forte contrapposizione ideologica tra la sinistra e la destra, sui temi politici della lotta di classe e sull’opposizione tra il radicalismo comunista (la posizione del giovane Leonida) e la moderazione della borghesia (il personaggio di De Niro).
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ROMA CITTÀ APERTA di Roberto Rossellini (1945)
La visione del futuro
Il film sulla Resistenza girato in una Roma appena liberata: le riprese del film iniziarono nel gennaio del 1945, a pochi mesi dall’ingresso delle truppe americane (giugno 1944), realizzate nelle condizioni materiali assai difficili in cui si trovava la città e facendo fronte alla scarsa disponibilità di pellicola e di materiale
tecnico.
Incentrato sui fatti storici dell’attentato di via Rasella e dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, il film mette in primo piano, attraverso la figura di Don Pietro Pellegrini, i valori spirituale della Resistenza, i temi della dignità e della scelta. La figura di Don Pietro è una sintesi dei sacerdoti vittime dei nazifascisti Pietro Pappagallo e Luigi Morosini.
La sequenza finale del film, con l’immagine dei ragazzini che scendono verso la città esprime una prima suggestiva idea di futuro e di libertà: è iniziata la formidabile stagione del Neorealismo cinematografico, caratterizzata da un ritorno ai paesaggi della realtà quotidiana, dopo lo stile da commedia leggera e le opere di propaganda bellica dei film del lungo periodo fascista.
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Seconda Parte
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INTERVISTA A DON POLLAROLO (1984)
La questione dei documenti filmati
Tutta la Storia del Novecento è scandita dal tema della documentazione dei fatti e dal valore delle testimonianze filmate, al fine della ricostruzione degli avvenimenti e della costruzione di una memoria trasmissibile e condivisibile.
L’attività di Don Giuseppe Pollarolo (nativo della provincia di Alessandria e per diversi anni parroco nel quartiere Vallette a Torino) come “reporter” della Resistenza rappresenta una risorsa preziosa per proiettare sugli avvenimenti e le figure della Storia il valore della documentazione diretta. Proiettate nei
decenni successivi, e fino a oggi, le riprese di Don Pollarolo realizzano la magia di far riapparire le “ombre passeggere” del passato, come vengono definite dal grande studioso francese Pietre Sorlin.
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LE PRIME BANDE di Paolo Gobetti (1984)
Le testimonianze
Nel 1966 nasce a Torino l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza (ANCR), fondato da Paolo Gobetti, che ha l’obiettivo di rivitalizzare, attraverso la forza emozionale e la complessità di discorso delle immagini filmiche, l’esperienza della Resistenza, sottraendola alle narrazioni celebrative delle istituzioni.
Ex partigiano dall’età di diciassette anni in Val di Susa, Paolo è figlio di Piero Gobetti, intellettuale, giornalista e scrittore morto in seguito alle violenze squadriste. Nei documentari prodotti dall’ANCR l’obiettivo di Gobetti e dei suoi collaboratori è di creare un forte legame tra il passato e il presente, riportando i protagonisti della Resistenza sui luoghi degli avvenimenti per ritrovarne le emozioni, i valori e le contraddizioni.
In questa sequenza Paolo Gobetti intervista Sergio Bellone, già antifascista prima dello scoppio della guerra e successivamente partigiano in Val di Susa e poi a Torino.
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2 LUGLIO 1944 di Tatjana Callegari (2016)
La memoria e le nuove generazioni
Questo cortometraggio è ispirato ai fatti dell’eccido del Colle del Lys, la strage compiuta dai tedeschi contro una brigata partigiana operante nei comuni di Rivoli, Grugliasco e Avigliana. Catturati nel corso di un rastrellamento, ventisei prigionieri vennero dapprima seviziati e torturati per ottenere informazioni e infine fucilati sul colle. A partire da quei fatti, la regia di Tatjana Callegari utilizza le nuove tecniche di ripresa, con
la macchina che si muove liberamente per cogliere il “respiro” dei luoghi attraverso la messa in scena e per realizzare quella forte “immersività” che caratterizza l’immagine audiovisiva contemporanea. Con l’obiettivo di costruire una “rievocazione filmica” che tocchi le corde dell’emozione e dell’interesse delle
generazioni più giovani. Il corto è un “teaser”realizzato in vista della produzione di un lungometraggio che racconti gli avvenimenti del Col del Lys nella doppia prospettiva del passato e del presente.
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ALDO DICE 26×1 di Fernando Cerchio (1946)
Realtà e rappresentazione
Ispirato al celebre messaggio in codice che lanciava l’insurrezione generale di tutte le formazioni antifasciste, il film firmato da Fernando Cerchio “documenta” e “mette in scena” al contempo i giorni della liberazione di Torino, con l’arrivo in città delle formazioni partigiane e la fuga dei tedeschi e l’insediamento del Comitato di Liberazione Nazionale, mentre stanno per celebrarsi i funerali delle vittime dell’occupazione
nazista.
La caratteristica saliente di quest’opera, che costituisce il primo lavoro di ricostruzione dei giorni dell’insurrezione attraverso le immagini filmate, è quella di essere formata da riprese che sono state tutte realizzate nei giorni della liberazione, in un periodo in cui il regista stava girando un film di finzione presso gli studi FERT di corso Lombardia. E di finzione sono alcune scene che mostrano le camionette dei partigiani che scendono in città dalla collina, a quanto pare interpretate il giorno successivo dagli studenti torinesi che si sono calati con entusiasmo nella parte dei combattenti.
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MAI TARDI: LA RESISTENZA IN VAL DI SUSA di Armando Ceste (1996)
I valori a cinquant’anni di distanza
A metà degli anni Novanta un gruppo di partigiani della valle di Susa si ritrova nella stessa osteria da cui, giovanissimi, gli stessi erano saliti in montagna per formare le prime bande della Resistenza.
Il titolo del film è preso in prestito dal diario della spedizione in Russia scritto dal partigiano e scrittore Nuto Revelli e unisce strategicamente due obiettivi: da un lato il lavoro sulla Memoria e la sua conservazione attraverso le testimonianza diretta dei protagonisti della Storia e, in parallelo, una riflessione in chiave
attuale sugli ideali e le idee sociali che nutrivano la lotta partigiana.
Armando Ceste, già fondatore del collettivo torinese Cinema Militante e direttore del Valsusa Filmfest, ha prodotto il film con il contributo prezioso dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico di Roma.
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Per finire, eccovi il video realizzato, per la rassegna “Aspettando il 25 aprile”, dal Gruppo teatro ragazzi de L’Iniziativa Musicale che interpreta la poesia di Pietro Tajetti “Vecchio Partigiano“:
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Grazie infinite Enzo, buona Festa della Libertà!
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Buona festa a te e a tutti gli italiani. 🇮🇪
Oggi, e solo oggi, vale la pena di esporre la bandiera sul balcone … 🙃
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