Oggi mi è capitato infatti di dover aiutare un’amica che non riusciva più a spegnere il suo cellulare Smartphone in quanto, premendo in modo consecutivo il pulsante di accensione/spegnimento, anziché presentarsi la videata per scegliere il Riavvio o lo Spegnimento, veniva attivato Bixby!! Infatti, dopo probabilmente un aggiornamento del sistema operativo o di quell’app, Samsung ha pensato bene di modificare (magari anche chiedendo qualche conferma all’utente che ignaro ha accettato!) di modificare il comportamento di default del telefonino… 🙄
Nel seguito i passaggi da effettuare nelle Impostazioni per riportare la pressione prolungata del tasto di accensione e presentare il menù di spegnimento:
Si noti che Bixby non si può disinstallare nei telefoni Samsung essendo una app preinstallata di quel produttore, ma andando in Impostazioni -> Applicazioni, si possono comunque disabilitare /disattivare le app che riportano il nome di Bixby, rimuovendo le autorizzazioni, le notifiche le visualizzazioni in primo piano e disattivando (per quelle per cui è possibile) agendo sull’icona in basso a destra (Disattiva o, se non possibile per quella specifica app Bixby, almeno Arresto forzato): per cui, se non siete interessati a tale funzionalità, che personalmente trovo piuttosto invadente, potete operare come segue…
Questa foto mostra un’ex cabina telefonica trasformata da diversi anni, sapientemente e con poca spesa, in una mini postazione per un libero scambio di libri: certo inizialmente era anche ben altra cosa da un punto di vista artistico…
Cabina dell’arte diffusa di piazza Peyron (2023)
Non è certo una biblioteca ma è comunque un utile mezzo per poter condividere libri che diversamente magari sarebbero andati cestinati nei cassonetti della carta, dando così loro un’ulteriore possibilità di essere utilizzati e letti da qualche frequentatore di un giardinetto del quartiere come in questo caso (quella ex-cabina telefonica si trova infatti a Torino in piazza Peyron).
Era stata pensata e realizzata da Daniele D’Antonio, artista ironico e fortemente impegnato che, ho visto ora cercando su Internet, è purtroppo morto circa un anno fa.
Quando ho visto, passeggiando in quella zona, quella cabina così ripensata, mi sono chiesto come mai quell’idea non si sia diffusa, magari per dare origine ad altre iniziative analoghe sia in Torino sia in altre città: d’altra parte molte delle cabine telefoniche non servono più per lo scopo per le quali erano nate e progressiva e inevitabile è lo smantellamento anche di quelle ancora esistenti. Dismettere una cabina poi, penso costi di più di un suo riutilizzo per altri scopi come quello indicato ad esempio, e anche questo fattore economico potrebbe contribuire, convenendo anche a TIM, tanto più se le amministrazioni locali agevolano e appoggiano tale trasformazione!
Cercando u Internet, ho appreso però che D’Antonio aveva dovuto difendere a spada tratta quella Cabina dell’Arte Diffusa contro i continui vandalismi e i furti pur di non tradire la filosofia originaria del progetto. In un articolo del Quotidiano Piemontese (Distrutto l’unicorno d’oro, chi odia la Cabina dell’arte diffusa?) viene anche riportato l’atto di vandalismo avvenuto un 5 anni fa: dopo la misteriosa e affascinante apparizione dell’unicorno d’oro (ora non più presente), la situazione era diventata più grave e definita in quanto l’unicorno era stato coscientemente distrutto, un pezzetto alla volta, ed era anche apparso uno sgrammaticato cartello che accusava la Cabina di essere un corpo estraneo non voluto nella piazza.
Cabina dell’arte diffusa di piazza Peyron (2019)
Confrontando le immagini della cabina oggi e di com’era nel 2019 si può notare come molteplici siano le differenze… La componente artistica oramai si è persa “grazie” anche agli atti di vandalismo per me incomprensibili, ma la sua funzionalità primaria è ancora sopravvissuta.
Lunga vita, dunque, a questa cabina, sperando che altri riprendano questa iniziativa per dare una nuova vita a quelle ancora presenti e prossimamente probabilmente dismesse!!
Era il 2000, agli arbori della diffusione di Internet anche nella popolazione italiana. Tiscali, nata solo due anni prima, stava espandendosi seguendo il flusso tecnologico e offrendo la possibilità di pubblicare siti gratuitamente: anch’io avevo sfruttato questa possibilità per pubblicare alcuni siti con l’intento di fornire informazioni ai naviganti del nuovo Web! Ad esempio avevo creato un sito sulla telemedicina (di cui allora mi occupavo), sulle adozioni, per un’associazione di volontariato (Anapaca). Dalla collaborazione con alcuni medici delle Molinette era nato anche un sito sulla prevenzione del tumore al seno (allora collegato al dominio mammo.it): era stata una bella iniziativa a cui molti avevano collaborato con passione e impegno, ciascuno mettendo a disposizione il proprio tempo e competenze. Erano gli anni in cui esistevano nei quotidiani rubriche apposite per segnalare i siti di maggior interesse, appena nati in quella prima rete ancora neonata! Anche alcuni di quei miei siti erano stati segnalati da diverse parti (e.g. La Stampa nella rubrica di Anna Masera; “Corriere della Sera” – Corriere Salute; su “TorinoSette” de “La Stampa” nella rubrica di Salvatore Romagnolo; 15/01/2001): insomma, anche questo è un bel ricordo di cui ho già in parte lasciato traccia in questo blog.
Tuttavia i tempi evolvono e alcuni siti non hanno più ragione di esistere almeno così come erano stati costruiti e pensati allora, quando le tecnologie e le problematiche erano sicuramente differenti. Inoltre alcune informazioni pubblicate, magari con il consenso di altre persone, possono o non essere più valide o addirittura non rispondere più ai desideri di diffusione da parte dell’autore. Infatti già anni fa una persona che mi aveva fornito una storia di adozione mi aveva richiesto di non renderla più pubblica: ovviamente avevo subito oscuratola pagina sulla versione nuova del sito pubblicata altrove su un’altra piattaforma, ma sul vecchio sito Tiscali era rimasta ancora visibile effettuando una ricerca con un motore di ricerca (benché nella homepage fosse detto che si trattava di un sito non più supportato e si rimandasse automaticamente al nuovo server): il web non dimentica facilmente le pagine pubblicate, come ho già avuto modo di evidenziare in un altro mio post (Parco Michelotti e la sua vegetazione: alias quando il web non dimentica)!!!
Nonostante l’homepage del vecchio sito su Tiscali rimandasse al nuovo sito pubblicato altrove, ricercando con un motore di ricerca si continuano a vedere delle sue pagine
Ora che ho rimesso a posto cassetti che contenevano vecchi documenti, ho miracolosamente ritrovato i fogli relativi al contratto a Tiscalinet con indicati parametri di acceso e quant’altro:
Ho provato allora a provare ad accedere con un client FTP utilizzando quei dati indicati ma, “ovviamente” non si riesce più a raggiungere il server indicato e ad accedere per modificare/cancellare nulla di quei siti!! Ho provato quindi a scrivere al Servizio Clienti Tiscali la seguente richiesta: “Nel 2000/2001 avevo creato alcuni siti (tutt’ora visibili su http://web.tiscali.it/mammografiahttp://web.tiscalinet.it/enzocontinihttp://web.tiscalinet.it/adozionigiuste) con, rispettivamente, UserID: xxxxx e yyyyy. Per modificarlo accedevo via FTP al server web.tiscalinet.it. Come faccio ora ad accederci nuovamente per cancellare pagine di quei siti o il siti stessi? Ho provato ad accederci con un client FTP (i.e. Filezilla) ma indicando il LoginFTP che avevo e inserendo la pws che avevo ottengo: Status: Connecting to 213.205.40.153:21… Error: Connection timed out after 20 seconds of inactivity Error: Could not connect to server
In attesa di indicazioni ringrazio Enzo Contini
Nessuna risposta!
La serietà e professionalità sembra proprio che sia altrove… come d’altra parte anche si è evidenziato più volte con il blocco de loro servizio email per giorni e giorni!
Insomma, davvero un servizio clienti pessimo che non si preoccupa di rispondere sia a raccomandate sia a richieste inoltrate tramite il loro attuale form online!!
P.S. questo post è stato iniziato diversi anni fa. Sebbene non sia ancora terminato e debba essere sicuramante rivisto, penso meriti di essere comunque pubblicato anche così com’è da tempo, sperando di avere nel futuro tempo per migliorarne la forma ed anche i contenuti!
Sebbene nel seguito del post indicherò alcuni accorgimenti generici applicabili a qualsiasi smartphone qualsiasi sia il laucher utilizzato… inizio subito a suggerirne uno (Square Home) che penso rispetti diversi principi da me poi indicati! Perciò metto il riferimento a un video in cui ho spiegato come configurare il laucher Square Home che reputo quello che consente di fornire un’interfaccia utente semplice ed intuitiva per chiunque. Se non sai cos’è un Laucher vedi qui. In pratica è un’app che si può sostituire a quella di default di qualsiasi produttore di Smartphone e che modifica, anche radicalmente, l’interfccia utente della homepage. Ovviamante quando si installa un’app laucher la si può provare e poi, se uno lo desidera, tornare agevolmente ad usare quella di default del costruttore (che tra l’altro non si può disinstallare, mentre gli altri laucher che uno può scaricare dal Play Store ed installare si possono eventualmente eliminare se non piacciono)… insomma non si rischia nulla a provarne di altri diversi da quello preinstallato del costruttore!
Indice del video:
00:00:00 – Installazione e configurazione di Square Home, ‘laucher’ alternativo a quello predefinito del costruttore (quindi già presente e attivo di default nello smartphone di ciascuna marca)
00:00:08 – Qualsiasi ‘launcher’ può essere installato e provato. Poi, se si desidera, si può ritornare ad avere quello del costruttore dello smartphone che rimane comunque sempre presente (anzi, non si può disinstallare)
00:01:44 – Esempio di configurazione finale di un qualsiasi smartphone Android con impostato “Square Home” come ‘launcher’ per un uso semplificato (configurazione indicata anche per una persona anziana)
00:03:22 – Notifiche sulle piastrelle (tile) per accorgersi subito di cambiamenti di stato e/o nuove informazioni da leggere
00:05:16 – Installazione e lancio del wizard di “Square Home” per una sua iniziale configurazione
00:07:44 – Come entrare nella modalità di modifica che consente di aggiungere/configurare piastrelle (tile) e gestire anche più pagine nella Home
00:10:32 – Pagina con la lista dei contatti; Pagina con la lista delle app – Scorrimento ciclico tra le pagine della Home
00:12:23 – Inserimento delle tile più opportune per un uso facilitato delle funzionalità disponibili su un qualsiasi smartphone Android
00:14:05 – Aggiunta di una tile associata a ciascun contatto assai utilizzato (mostrando anche una sua immagine nella tile stessa); click semplice: apertura della scheda del contatto; click prolungato: chiamata a un suo numero specifico.
00:17:37 – Come inserire ora/sveglia
00:18:48 – Impostare una torcia
00:19:11 – Impostare un browser (Edge, Chrome)
00:19:41 – Visualizzazione del livello di carica della batteria
00:21:03 – Foto scorrevoli in modo random
00:21:48 – Inserimento widget di alcune app di utilità (e.g. previsioni meteo)
00:24:40 – Inserire un calendario
00:26:01 – Gestione delle etichette
00:27:20 – Come cambiare l’icona di una tile
00:30:23 – Impostare il tocco prolungato per aprire l’app associata ad un widget
Talvolta ci sono post che hanno una lunga genesi e rimangono privati per mesi o anni, in attesa di essere terminati e più compiuti: questo è uno di quei post iniziato più di un anno fa. Sebbene forse incompiuto (ma come farebbe a esserlo?) lo pubblico perché penso possa fornire comunque utili indicazioni a chi si trovi nel dilemma di comperare/configurare uno smartphone per una persona anziana o comunque con scarse attitudini verso la tecnologia. Più volte in questi anni mi sono trovato anch’io a dover scegliere un telefono per parenti anziani per cui nel seguito cercherò di fornire alcune indicazioni utili e aggiornate. Tuttavia questo post non è unicamente rivolto alle persone anziane (o meglio a chi deve provvedere a configurare appropriatamente un telefono per un uso da parte di una persona anziana) bensì anche a tutti coloro che desiderano migliorare l’usabilità dell’interfaccia del loro smartphone: io stesso, che sono un esperto del settore, ho adottato molti dei consigli che mi sono sentito di fornire nel seguito non solo nel configurare lo smartphone di familiari/conoscenti ma anche del mio personale!
Avevo già scritto i seguenti post, in cui avevo cercavo di analizzare e confrontare alcuni telefoni che nel tempo avevo avuto modo di comprare e/o provare personalmente, per un uso facilitato da parte di persone anziane:
Sono dei post di qualche anno fa, ma mi stupisce sempre il fatto che ancora oggi sono tra quelli più visitati, a dimostrazione dell’interesse che esiste per questa tipologia di telefoni, essendo la popolazione attuale composta sempre più da persone di età avanzata e generalmente con difficoltà a star dietro alle continue innovazioni tecnologiche. Queste ultime, anziché risultare loro di ausilio come dovrebbero, troppo spesso presentano novità che invece ostacolano per loro quelle poche operazioni essenziali che desidererebbero compiere quale, ad esempio, effettuare una semplice telefonata a un familiare e magari inviare un messaggio anche solo con metodologie vecchie, vale a dire come SMS! Non è quindi inusuale trovare ancora anziani che continuano a utilizzare un vecchio telefonino usurato, in quanto da anni conoscono a menadito le sue seppur obsolete procedure per accedere alle poche funzionalità di cui necessitano… e non lo cambierebbero con nessun altro modello di generazioni successive!
Vecchio Nokia ancora utilizzato quotidianamente (con la batteria originale!) nonostante i numeri dei tasti, consumati dall’usura, non si leggano neppure più!
Il mio giudizio di allora, sui modelli provati specifici per una clientela anziana, era stato piuttosto critico e questo mio personale giudizio mi sembra confermato dai diversi commenti e richieste di delucidazioni sul funzionamento/configurazione di quegli apparati allora analizzati che ancora oggi vengono venduti spesso solo con minime variazioni di modello, ma con caratteristiche sostanzialmente analoghe. Allora, non mi ero quindi sentito di raccomandare nessun modello in particolare (soprattutto quelli per telefonia fissa), in quanto tutti avevano tradito le mie aspettative: mi ero quindi limitato a riportarne non solo i pregi ma soprattutto i difetti riscontrati che ovviamente avevo comunicato via email anche ai servizi clienti dei rispettivi produttori… senza tuttavia ricevere da loro alcun riscontro! 😦
In generale, se si escludono i tasti e/o le scritte sul display magari di maggiori dimensioni, tutti risultavano davvero poco più utilizzabili da una persona anziana rispetto a un classico telefono “normale” di costo assai inferiore. Inoltre, le funzionalità specifiche presenti risultavano difficilmente configurabili da un utilizzatore di una certa età o anche da un familiare più giovane senza particolari nozioni tecniche, anche per l’assenza di un manuale utente chiaro e la presenza di procedure di configurazionecomplicate e quindi non certo alla portata di tutti. Insomma sono telefoni che promettono molto, ma poi si perdono in termini di effettiva usabilità da parte dell’utenza per i quali dovrebbero essere pensati! Inoltre, benché generalmente non troppo costosi, di fatto lo sono se si vanno a vedere sia le tecnologie utilizzate (talvolta addirittura obsolete) sia la loro qualità costruttiva!
Il mio giudizio assai critico di allora, sui diversi modelli analizzati, sarebbe confermato ancora oggi non essendo comparsi sul mercato, a mia conoscenza, modelli che si discostino di molto da quelli da me già provati qualche anno fa: aspetto eventuali commenti o suggerimenti se ne avete!!
Sempre in quei post avevo già evidenziato come i modelli per telefonia mobile(i.e. cellulare) fossero, in base alla mia esperienza, in generale più indicati a un’utenza anziana, rispetto ai modelli per la telefonia fissa. Infatti le soluzioni che utilizzano telefoni fissi/wireless, seppure spesso forniscano in dotazione un telecomando capace, se premuto, di attivare una telefonata di emergenza, si scontrano poi sia sulla portata dello stesso in presenza delle pareti di casa, sia sulla modalità di gestione dell’attivazione remota della chiamata che risulta spesso non agevole e/o consona (e.g. la base si mette a suonare così forte da provocare ancora più ansia e sconcerto nell’anziano che si trova già in difficoltà dal momento che, appunto, ha attivato quell’allarme). Inoltre, i cellulari possono essere portati anche fuori dall’ambiente domestico e perciò si possono utilizzare ovunque, anche eventualmente per chiamate di emergenza: taluni modelli poi presentano addirittura anche un apposito tasto fisico di emergenza, magari sul retro per non essere confuso con altri dedicati a una chiamata facilitata verso alcuni numeri preimpostati di maggior interesse (e.g. figlio/figlia).
Optando quindi per una soluzione che fa uso di un telefono cellulare, nel seguito cercherò di fornire alcune indicazioni utili per configurare al meglio un qualsiasi smartphone, anche di fascia bassa (ma non troppo!), affinché possa risultare più agevolmente utilizzabile anche da una persona con limitate conoscenze tecniche e magari anziana! Infatti, spesso è sufficiente usare alcuni accorgimenti per trasformare un cellulare “normale” in uno decisamente più usabile anche da una persona anziana rispetto a modelli venduti specificatamente per quella tipologia di clientela, guadagnandoci non solo in prestazioni (e.g. memoria interna, RAM, versione del Sistema Operativo, qualità costruttiva), ma anche economicamente in quanto venduti a minor prezzo essendo prodotti in maggior quantità.
Nella prossima sezione incomincio a elencare delle best practice, cioè fornirò alcune indicazioni di carattere generale per rendere uno smartphone più consono per un uso semplificato, con una particolare attenzione alle esigenze specifiche di una persona anziana: queste considerazioni valgono indifferentemente dalla marca o dal sistema operativo dello smartphone. Solo successivamente andrò nello specifico su come configurare uno smartphone Android seppur generico. Questa mia scelta è stata dettata dal fatto che quelli più economici hanno quel sistema operativo e quindi ho reputato più opportuno dettagliare meglio la configurazione per quella tipologia di cellulare probabilmente il più indicato per questa tipologia di utilizzatore. Inoltre solo il sistema operativo Android prevede di poter scegliere un’interfaccia utente di gradimento cambiandola radicalmente rispetto a quella fornita originariamente dalla ditta costruttrice del dispositivo e questo semplicemente installando un laucher di proprio gradimento e impostandolo come quello attivo al posto di quell’altro di default. La pagina home può cambiare così anche radicalmente offrendo una differente esperienza utente che può rendere il dispositivo con caratteristiche peculiari, rendendolo potenzialmente molto più usabile. Per chi non lo sa, il launcher (traducibile in italiano come lanciatore di applicazioni, sebbene sia sempre utilizzato il suo originario termine inglese) non è nient’altro che un programma per che, costruendo l’interfaccia utente della pagina Home, consente a un utente d’individuare e avviare altri programmi, fornendo scorciatoie opportune in modo che siano più facili da trovare e da lanciare con la modalità che preferisce. Di launcher disponibili sugli store tipo il Play Store di Google ce ne sono molteplici e si aggiungono a quelli sviluppati dai costruttori degli smartphone presenti quindi di default: solo ‘in Wikipedia ne vengono nominati una cinquantina sebbene sia un elenco parziale di quelli effettivamente disponibili! Alcuni di questi sicuramente risultano più facili da utilizzare per un utente anziano, anche solo perché consentono di avere pulsanti grandi, magari con immagini (e.g. la foto della persona da chiamare) che ne evidenziano bene la funzione.
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Best practice
In questa sezione trovate alcune best practice elencate in modo casuale e non per ordine d’importanza … La scelta della rilevanza di ciascuna, la lascio al lettore anche perché può essere soggettiva. Nuovamente sottolineo che quelle elencate nel seguito sono indicazioni che possono tornare utili a chiunque desideri rendere più agevole e semplice l’interazione con il proprio smartphone, indipendentemente dall’età!! 🙂
Scegliere modelli di smartphone di dimensioni medi (non troppo grandi, ma nemmeno troppo piccoli): le funzionalità richieste da un anziano sono limitate e fondamentalmente sono legate alla semplice telefonata a qualche familiare, sebbene possano essere anche utilizzate convenientemente alcune (generalmente poche) app specifiche. È vero che più grande è lo schermo più possono risultare leggibili le informazioni visualizzate, ma risulta in genere comunque inutile avere un dispositivo superiore ai 5,84″, in quanto risulterebbe solo più ingombrante/pesante e quindi meno “portatile”: la dimensione dei caratteri può comunque essere impostata a piacere in un qualsiasi modello anche uno con display medio. Inutile poi scegliere modelli troppo costosi, in quanto, per questo specifico utilizzo, non è richiesta una potenza particolare in termini di CPU e quindi andrebbero sprecate maggiori potenzialità pagate a caro prezzo. Si tenga tuttavia presente che una memoria locale nel telefono di almeno 32G è oramai opportuna soprattutto se si usano sistemi di messaggistica (e.g. WhatsApp) che notoriamente richiedono di essere installati e operare necessariamente nella memoria interna del telefono e non eventualmente su una esterna (i.e. memoria micro SD): d’altra parte si trovano anche modelli base low cost che possiedono almeno quella memoria! Diversamente, se viene fatto un uso intensivo di programmi come WhatsApp per scambiarsi foto e messaggi vocali, periodicamente risulta indispensabile cancellare tali chat (salvando eventualmente altrove le informazioni che è utile mantenere, generalmente poche!) se si desidera preservare un buon funzionamento anche solo delle funzionalità base dello smartphone. Scegliere un modello che possegga l’NFCpuò risultare conveniente in quanto questa funzionalità consente di leggere la carta d’identità elettronica e quindi utilizzarla (utilizzando il codice segreto fornito contestualmente alla sua consegna) come metodologia di autenticazione (in alternativa all’uso dello SPID o anche per richiedere quello stesso in modo agevole da casa, senza doversi recare altrove (e.g. in un ufficio postale) per farsi riconoscere.
Evitare d’inserire i PIN sia per il blocco schermo sia per l’uso della SIM. Infatti, talvolta non è il caso di complicare inutilmente l’accesso al telefono per una remota possibilità di furto (salvarsi l’IMEI semmai fosse rubato/perso è comunque buona norma!). Risulta più che sufficiente impostare lo screen saver magari con un tempo di attivazione non troppo stringente (e.g. almeno di qualche minuto), per lasciar all’utilizzatore tutto il tempo necessario per concludere con calma ciò che desidera fare prima che lo schermo diventi nero in quanto entrato in modalità di risparmio energetico. Ovviamente questo punto vale esclusivamente qualora l’utilizzo del cellulare avvenga principalmente in ambito casalingo: diversamente, se ci sono possibilità di un suo uso fraudolento o di furto, entrambi quei PIN devono essere impostati!
Inserire nella rubrica unicamente i (probabili) pochi contatti che la persona intenderà veramente chiamare. Inoltre, possibilmente associare un solo numero telefonico a ciascuna voce in modo da evitare inutile entropia e potenziali problematiche. Infatti, il numero da chiamare non solo potrà così essere individuato più agevolmente tra la lista dei contatti, ma anche a livello di riconoscimento vocale (qualora si utilizzasse poi anche questa modalità d’interazione) risulterà più agevole all’assistente vocale individuarlo, evitando così di richiedere ulteriori interazioni per riuscire a selezionare il numero desiderato (e.g. “Desideri il numero di cellulare o di casa?“). Perciò se per una persona si hanno, ad esempio, sia un numero di casa sia un numero di cellulare, molto meglio creare due contatti separati (e.g. “Mario casa” e “Mario cellulare“). L’associazione a un contatto di più numeri specificandone la tipologia, benchè sia una funzionalità presente in ogni rubrica, non la consiglio quindi a un’utenza anziana.
Tutte le funzionalità più “complesse” non devono essere rese disponibili (o risultare il più possibile nascoste), in modo da evitare che interazioni inappropriate con il dispositivo possano portarlo in condizioni inaspettate. L’interazione tramite il tocco dello schermo (touchscreen), se da un lato agevola l’interazione con l’utente, può risultare “pericolosa” se basta un tocco incauto per generare una funzionalità in quel momento indesiderata (e.g. attivare una telefonata, accendere la luce del flash). Evitare quindi di rendere disponibili troppo agevolmente azioni che possano portare a risultati indesiderati, almeno in quel momento. Comunque sia, deve essere esposta chiaramente all’utilizzatore una semplice procedura da seguire semmai quella spiacevole eventualità dovesse comunque accadere: la più conveniente e semplice è quella di riavviare il dispositivo per riportarlo alle condizioni “conosciute”. Perciò se lo smartphone non funziona come uno si aspetta, è conveniente effettuare un suo riavvio (molto meglio che solo spegnerlo e riaccenderlo, in quanto solo così il telefono parte realmente da una condizione iniziale “pulita”, analogamente a quanto avviene per un PC).
Attivare tutte quelle funzionalitàorientate a facilitare la visione di un testo sullo schermo. Infatti nei cellulari di qualsiasi marca/modello esiste la possibilità di una configurazione per un uso facilitato, sebbene ogni marca abbia le sue opzioni specifiche e relative modalità d’impostazione. Nel seguito mostro, solo a titolo di esempio, alcune di quelle presenti sul mio telefono Samsung:
Aumentare le dimensioni del carattere e delle icone;
Aumentare le dimensioni della tastiera e sceglierne una a contrasto elevato;
Rendere attivabile (e.g. con doppio tocco sul display) la modalità d’ingrandimento di ciò che è visualizzato sullo schermo: ritoccando poi analogamente, la visualizzazione ritorna normale;
Impostare sempre attiva la Modalità notte per avere lo sfondo nero con le scritte in bianco, in quanto queste risultano più visibili, gli occhi si stancano meno e inoltre (almeno nel caso di telefoni con display OLED) si consuma meno batteria;
Attivare Protezione da tocchi accidentali;
Aumentare al massimo anche le dimensioni dei pulsanti presenti nella toolbar visualizzabile in alto (visualizzabile facendo scorrere verso il basso il dito partendo dall’estremità superiore dello schermo). Nota: la Modalità facile, presente tra le impostazioni nella sezione Schermo in alcuni telefoni Samsung, sebbene sia concepita appositamente per avere elementi più grandi sullo schermo, potrebbe tuttavia modificare pesantemente tutte le componenti dell’interfaccia fino a renderla inutilizzabile in talune situazioni, per cui ne sconsiglio l’utilizzo. Quindi, meglio modificare a manina solo le cose che servono, ad esempio la dimensione dei caratteri e delle icone!
Provare ad attivare la modalità di chiamata tramite riconoscimento vocale. Questa modalità d’interazione può risultare più agevole per qualche anziano (non per tutti!), soprattutto per effettuare una chiamata a un contatto non abituale e quindi non configurato opportunamente per poter essere gestito in modo privilegiato tramite, ad esempio, un pulsante SW dedicato/icona con foto, opportunamente collocato nella pagina Home. Se sul telefono si registrano solo i pochi contatti che usa veramente la persona, il riconoscimento (e quindi la selezione del contatto desiderato) avviene in modo assai preciso, soprattutto una volta istruito opportunamente il riconoscitore vocale con la voce dell’utilizzatore (sempre che sia prevista una possibile fase iniziale di training per affinare il riconoscimento del parlato). Basterà quindi premere in modo prolungato il tasto Home (generalmente quello centrale) per attivare il riconoscitore vocale e dire<<Chiama ‘nome_contatto’>> (oppure <<Telefona a ‘nome_contatto’>>) perché la telefonata si attivi immediatamente. In alternativa, si può configurare il cellulare per attivare anche vocalmente il riconoscitore dicendo “OK, Google” (se si è scelto il riconoscitore vocale di Google, generalmente quello presente di default nei telefoni Android). A un contatto conviene associare un nome semplice oltre che ovviamente univoco (e.g. Luisa). Usare sia il nome sia il cognome per riferirsi a un contatto, può risultare inutile in questo contesto, in quanto complicherebbe inutilmente la sua identificazione per la persona anziana: conviene infatti sempre e comunque mantenere l’usuale modalità con cui l’anziano chiama abitualmente quella persona. Inoltre, come già consigliato, a ciascun contatto conviene associare un unico numero telefonico, creando eventualmente più contatti se si desidera telefonare alla medesima persona utilizzando diversi numeri: tutto questo aiuta a effettuare più agevolmente e velocemente una chiamata, evitando potenziali successive interazioni con l’assistente vocale (e.g. “Vuoi chiamare casa o cellulare?“). Così operando, basterà attivare il riconoscitore (con il tasto apposito o invocandolo a voce con “OK, Google“) e dire “Chiama Mario” per far sì che la chiamata venga subito inoltrata verso l’unico numero associato al contatto Mario. Se poi per una stessa persona si creano più contatti per ciascuna tipologia di numero nominandoli opportunamente (e.g. “Mario casa“, “Mario Cellulare“, “Mario lavoro“) si riesce agevolmente a ottenere il medesimo risultato (e.g. “Chiama Mario casa“/”Chiama Mario Cellulare“/”Chiama Mario lavoro“). In teoria anche assegnando a un medesimo contatto più tipologie di numeri, ad esempio quello di casa, il cellulare e quello del lavoro,sempre dicendo “Chiama Mario casa“/”Chiama Mario Cellulare“/”Chiama Mario lavoro” dovrebbe attivarsi subito la chiamata al numero corrispondent, ma si rischia maggiormente una ulteriore interazione qualora l’assistente non riesca ad individuare la tipologia di numero desiderato per quel contatto. Inoltre, sempre nel caso di più numeri associati ad un contatto, qualora poi si dica semplicemente “Chiama Mario“, a seconda dei sistemi verrà chiamato di default il suo cellulare, il numero impostato come predefinito o l’assistente vocale interverrà per richiedere maggiori dettagli.
Modalità di chiamata di un contatto mediante il riconoscitore vocale Assistente Google di Google
8.Creare delle shortcut nella homepage, sia per i contatti più utilizzati sia per alcune (poche) app di effettivo interesse. Ovviamente la selezione di quali app scegliere dipende da persona a persona ma nel seguito provo a elencarne alcune di esempio da valutare sebbene probabilmente una persona anziana a mala pena sa che cosa sono email, browser e file explorer … e quindi può non sapere che farne!
Telefono
SMS
Ora/Sveglia;
WhatsApp; o analoga app di messaggistica (e.g. Telegram, Signal: vedi questo post)
Album fotografico
Macchina fotografica: sebbene esista in tutti gli smartphone una shortcut per attivare la telecamera (e.g. doppia pressione del tasto fisico di accensione), risulta conveniente prevedere anche un’attivazione tramite opportuna icona sulla homepage.
Lettore musicale: si devono ovviamente poi caricare (eventualmente su una memoria SD) dei brani in MP3 d’interesse. In alternativa ci si può abbonare ad Amazon Music (eventualmente agganciando un account di Amazon Prime – anche uno di un familiare – per avere già un’ottima disponibilità di musica a costo zero).
Rai Play Radio: consente non solo di ascoltare le trasmissioni radio in onda, ma anche quelle terminate. Inoltre consente di accedere a una raccolta di diverse decine di audiolibri di ogni genere, provenienti dalla bella trasmissione radiofonica “Ad alta voce” (vedi mio post sugli audiolibri). Qualora uno sia interessato ad ascoltare audiolibri, l’app di Audiblepuò essere poi un’ottima soluzione a pagamento alternativa per ascoltare agevolmente centinaia di audiolibri di ogni tipologia (non solo romanzi) anche in lingua italiana. Gli audiolibri sono un’ottima alternativa alla lettura di libri soprattutto quando si hanno problemi alla vista ma non solo: li si può ascoltare guidando, effettuando lavori manuali o passeggiando in campagna o prendendo il sole sulla spiaggia!
Previsioni del tempo: personalmente trovo valido 3B Meteo di cui esistono anche widget già capaci di mostrare graficamente le previsioni in sintesi.
Lente d’ingrandimento: spesso è una funzionalità fornita dal costruttore (e.g. Lente); esistono comunque anche nel Play Store diverse app alternative (e.g. La lente di ingrandimento, Magnifier).
Registratore vocale: generalmente si utilizza quello fornito dal costruttore del telefono, ad esempio Registratore vocale di Samsung che fornisce poi anche la possibilità di salvare la registrazione come testo), sebbene ne esistano diverse nel Play Store.
Promemoria: esistono molteplici app che consentono di annotare promemoria anche vocali. Microsoft ToDo è una di queste particolarmente completa.
Calcolatrice base: inutile inserire calcolatrici scientifiche complicate. Va più che bene una base con solo le quattro operazioni principali! Anche questa app generalmente esiste già di default, fornita dalla ditta costruttrice stessa.
Indicatore del livello di carica della batteria: sebbene in tutti gli smartphone sia presente di default tale indicazione nella barra di stato in alto a destra, sicuramente risulta molto più visibile una indicazione della carica mostrata tramite un widget di dimensione opportuna. Io utilizzo quella integrata già nel launcher Square Home in quanto altre app analoghe provate (e.g. Battery Widget Reborn (Free) – App su Google Play) o si acquistano o introducono fastidiose pubblicità.
Torcia: anche questa è una funzionalità raggiungibile tra le icone visualizzabili aprendo la barra di stato in alto, ma può risultare comunque utile fornirla anche tramite un’apposita icona sull’homepage più agevolmente visibile. Per evitare che si accenda senza volerlo, conviene sia posizionare tale icona/tile tra le ultime in basso (in modo che si debba far scorrere in giù per visualizzarla) sia prevedere una sua attivazione solo con una pressione prolungata di quello stesso pulsante SW.
Calendario: anche qui le scelte sono molteplici da Outlook ad altri. Può essere sufficiente utilizzare anche solo quello di default sviluppato dal produttore del telefono, quindi già preinstallato in esso
Block notes: le alternative sono molteplici. Personalmente mi piacciono Quick Notee Microsoft OneNote (più completa, ma un po’ più complessa).
Lista di cose da fare: l’app Microsoft To Do può, ad esempio, tornare utile per pianificare la giornata e gestire le cose da fare o anche le molteplici app per gestire semplicemente una lista della spesa (e.g. Lista della spesa).
E-mail: diversi sono i client di posta elettronica capaci eventualmente di collegarsi anche a più email. Le migliori sono, a mio parere,Outlook e Gmail.
Browser: Chrome o Edgesono, a mio parere i browser migliori, ma possono dover essere installati in quanto ciascun produttore propone di default un proprio browser (e.g.Samsung Internet Browser; Mint Browser di Xiaomi). Personalmente preferisco non utilizzare i browser proprietari dei costruttori di smartphone sebbene tale loro app spesso non si possa comunque disinstallare.
Esplora file: consente di ricercare file nelle carte, ad esempio in quella di Download dove vengono salvati per default tutti i file scaricato da un browser. Non sempre tale app – che reputo essenziale avere – viene chiaramente resa disponibile dal costruttore, per cui può essere necessario ricercarne una nel PlayStore (e.g. Gestore File, File Manager, File Manager +, X-Explore)
Memorizzare biglietti da visita e carte varie: può tornare utile un’app per memorizzare carte (carta d’identità, carta sanitaria/codice fiscale, carta fidelizzazione di negozi). CamCard può essere una valida opzione tra le molte.
Giornali online (e.g. La Stampa, La Repubblica, Rai News).
Promemoria per assunzione medicine:sebbene uno possa impostare anche semplicemente diverse sveglie attive tutti i giorni, esistono anche specifiche app che consentono una gestione più puntuale della propria terapia con, ad esempio, possibilità di specificare le dosi, monitorare le scorte, mantenere una traccia cronologica delle assunzioni prese e magari associare anche altre informazioni fisico/sanitarie (e.g. peso, annotazioni, pressione). (e.g. Promemoria per medicine, farmaci e pillola; Pill Reminder & Medication Tracker – TakeYourPills)
App specifiche di dispositivi sanitari quali ad esempio pesa persone, misuratori di pressione, glicemia o quant’altro misurato dal dispositivo connesso via bluetooth.
App per la gestione di una smart home (e.g. accendere la luce, alzare/abbassare tapparelle motorizzate, pilotare l’apertura della porta, gestire il riscaldamento, visualizzare telecamere, gestire la musica)
Attivare la funzione di localizzazione che consente di determinare la posizione della persona anziana, utile soprattutto quando si trova fuori casa. Esistono diverse app specifiche ma è sufficiente attivare una delle funzionalità presenti in Google Maps come ho descritto nel post How to share current position among family members (especially useful for elderly people, kids, teenagers) che avevo scritto in inglese ma che puoi comunque leggere tradotto utilizzando la funzionalità intrinseca del tuo browser (vedi Come veder tradotta una pagina di un sito nella propria lingua madre) o anche utilizzando questo link che fa uso del traduttore di Google. Questa tipologia di app consentono infatti di localizzare con ottima approssimazione la posizione di alti cellulari e di conseguenza quella del suo possessore: ovviamente l’app deve essere lanciata in background e si devono fornire le dovute autorizzazioni per consentire di fornire la propria posizione a una o più persone ben definite. Qualora la persona si trovi internamente a un edificio (e quindi in assenza di segnale GPS), rimane indicata l’ultima posizione rilevata con l’ora dell’ultima rilevazione: se lo smartphone è comunque connesso a un Wi-Fi, la rilevazione della posizione può comunque avvenire nella maggior parte dei casi e fornire ottimi risultati.
Anche se la modalità di chiamata con riconoscimento vocale può essere utile all’anziano per chiamare un contatto, conviene comunque associare un pulsante/tile nella pagina di Start per quelli più utilizzati, associando a ciascuno l’immagine del volto in primo piano in modo che risulti ben riconoscibile anche da una persona presbite senza occhiali. Infatti, avere un pulsante quadrato (e.g. “tile”) con l’immagine della persona costituisce l’interfaccia utente migliore per attivare una telefonata: in questo caso, tuttavia, selezionando la tile opportuna viene aperta la pagina relativa a quel contatto e quindi è necessario effettuare un ulteriore selezione cioè quella del numero desiderato tra quelli associati al contatto. Sottolineo nuovamente che, anche per questo fatto, per un utilizzo da parte di una persona anziana risulta meglio associare un solo numero telefono a ciascun contatto, creandone eventualmente più di uno relativi alla medesima persona qualora avesse più numeri associabili (e.g. “Mario cellulare“, “Mario casa“, “Mario lavoro“).
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Considerazioni su alcuni modelli di cellulari venduti specificatamente per una utenza anziana (e.g. Brondi Amico Smartphone) e che presentano una interfaccia metro like, simile a quella di Windows 10.
All’inizio del post ho inserito il riferimento a un video in cui ho spiegato come configurare il laucher Square home: se non l’hai ancora visto, ti consiglio di vederlo!
Indice del video:
00:00:00 – Installazione e configurazione di Square Home, ‘laucher’ alternativo a quello predefinito del costruttore (quindi già presente e attivo di default nello smartphone di ciascuna marca)
00:00:08 – Qualsiasi ‘launcher’ può essere installato e provato. Poi, se si desidera, si può ritornare ad avere quello del costruttore dello smartphone che rimane comunque sempre presente (anzi, non si può disinstallare)
00:01:44 – Esempio di configurazione finale di un qualsiasi smartphone Android con impostato “Square Home” come ‘launcher’ per un uso semplificato (configurazione indicata anche per una persona anziana)
00:03:22 – Notifiche sulle piastrelle (tile) per accorgersi subito di cambiamenti di stato e/o nuove informazioni da leggere
00:05:16 – Installazione e lancio del wizard di “Square Home” per una sua iniziale configurazione
00:07:44 – Come entrare nella modalità di modifica che consente di aggiungere/configurare piastrelle (tile) e gestire anche più pagine nella Home
00:10:32 – Pagina con la lista dei contatti; Pagina con la lista delle app – Scorrimento ciclico tra le pagine della Home
00:12:23 – Inserimento delle tile più opportune per un uso facilitato delle funzionalità disponibili su un qualsiasi smartphone Android
00:14:05 – Aggiunta di una tile associata a ciascun contatto assai utilizzato (mostrando anche una sua immagine nella tile stessa); click semplice: apertura della scheda del contatto; click prolungato: chiamata a un suo numero specifico.
00:17:37 – Come inserire ora/sveglia
00:18:48 – Impostare una torcia
00:19:11 – Impostare un browser (Edge, Chrome)
00:19:41 – Visualizzazione del livello di carica della batteria
00:21:03 – Foto scorrevoli in modo random
00:21:48 – Inserimento widget di alcune app di utilità (e.g. previsioni meteo)
00:24:40 – Inserire un calendario
00:26:01 – Gestione delle etichette
00:27:20 – Come cambiare l’icona di una tile
00:30:23 – Impostare il tocco prolungato per aprire l’app associata ad un widget
Anche se gli smartphone con Windows 10 Mobile non vengono più prodotti, a tutt’oggi considero ancora l’interfaccia utente propria di quella piattaforma la più semplice e adatta anche a persone poco tecnologiche e in particolare anche quelle anziane. Infatti consente intrinsecamente d’impostare delle modalità semplificate d’interazione tramite l’approccio proprio delle “live tile” cioè “piastrelle vive”, capaci di mostrare testualmente e/o graficamente informazioni utili fornite dall’app stessa a cui si riferiscono e non solo di lanciarla. Le altre soluzioni d’interfaccia utente proposte dai diversi costruttori continuano invece a utilizzare icone molto piccole che complessivamente non sfruttano per intero lo spazio già minimale dello schermo dello smartphone rendendo l’interazione utente meno agevole. Oramai, per abitudine, spesso le persone non si rendono neppure conto di quanto quella tipologia d’interfaccia sia poco adatta e magari non pensano neppure a sperimentare nuove soluzioni: invece, anche solo provandole per qualche giorno, molto probabilmente comprenderebbero meglio gli indubbi vantaggi che ne derivano. Diverse sono state le soluzioni adottate da costruttori di smartphone pensati per un’utenza anziana che hanno ripreso infatti quel concetto metro d’interfaccia utente. Tengo a precisare che si tratta solo di una similitudine estetica, in quanto quelle di quei cellulari sono solo semplici “icone quadrate di grandi dimensioni” e non sono “live tiles” (e.g. “piastrelle vive“, capaci cioè di modificarsi nel tempo, fornendo appropriate informazioni grafiche e/o testuali) come erano quelle proprie dei cellulari Windows e dei PC Windows 10, sebbene mostrino generalmente anche loro un’indicazione visuale della presenza di una notifica (e.g. qualche messaggio nuovo da leggere). Devo dire che appena ho visto nella vetrina questi modelli ho pensato: “Che copioni!!“. Tuttavia, pensandoci poi bene, ho capito che non c’è nulla di strano che qualcun altro, con particolare attenzione all’usabilità, abbia deciso di utilizzare il medesimo approccio per offrire un’esperienza semplificata per chi è meno tecnologico: quindi è logico che abbia ripreso, almeno in parte, l’ottima idea di Microsoft di fare dei pulsanti grossi (con rappresentazioni grafiche auto esplicative senza tanti fronzoli, in stile metro) come alternativa alle classiche piccole icone, annegate in uno sfondo funzionalmente inutile. D’altra parte anche gli smartphone Xiaomi offrono un’opzione per abilitare un laucher che in parte ripropone una interfaccia simile…. Se poi anche ci fosse un brevetto di Microsoft sulle live tile, non credo che lo violino, dal momento che quelli di quel telefono sono solo dei pulsanti grossi e quindi sono solo grafica e non posseggono le funzionalità innovative specifiche invece delle live tiles di Windows 10.
Ad esempio, si pensi al cellulare Smartphone Amplicomms Powertel M9000 (*,**), che era stato commercializzato nei negozi Amplifon ma attualemtne neppure più presente nel loro sito: a parte un comfort uditivo amplificato e un bottone SOS programmabile (collocato sul retro) presentava un’evidente interfaccia utente a tile, seppure si trattassero solo di pulsanti con nessuna funzionalità “live”. Si trattava di un telefonino con un sistema operativo vecchio (Android 4.2) e la cui interfaccia utente era stata solo modificata appropriatamente per renderla maggiormente usufruibile da una persona anziana. Ne approfitto per segnalare la presenza di alcuni modelli per la telefonia fissa pubblicizzati sempre dal sito della Amplifon, anche se le informazioni tecniche fornite sono nulle per cui non posso dire molto … ma non mi sembra nulla di innovativo, anzi!
Telefonino attualmente commercializzato dalla Amplifon
Relativamente a un altro produttore, la Brondi, che da tempo propone soluzioni per persone anziane, anche qui troviamo modelli che hanno una interfaccia utente analoga, la soluzione chiamata “Brondi Amico Smartphone“:
Anche qui i pulsanti/tile sono solo relative all’aspetto grafico e non posseggono alcuna di funzionalità “live” associata. Si tratta nuovamente di uno smartphone di fascia bassa, con caratteristiche costruttive base e resistenza agli urti minime.
Si noti che alcune versioni vengono proposte con una base per la ricarica, in teoria comoda, ma che purtroppo non consente, se la si vuole utilizzare, neppure di proteggere con una qualsivoglia cover quel fragile cellulare dalle inevitabili cadute! Molto meglio sarebbe stato prevedere una conchiglia di protezione già presente perlomeno sugli ancoli.
Inoltre ci sono modelli (e.g. Amico smartphone+ nero (brondi.it)) con versioni assai datate del sistema operativo Android(addirittura con la versione 5.1, quando a oggi la più recente è la versione 11!!) e memoria di archiviazione interna di soli 4GB. Questa è una limitazione importante anche per chi, come presumibilmente è un anziano, non ha necessita d’installare molte applicazioni: infatti, diverse applicazioni, come anche solo WhatsApp, richiedono necessariamente di operare nella memoria principale del dispositivo perciò a nulla serve avere una potenziale espansione di memoria tramite MicroSD, utile semmai solo a salvare altrove le foto e video. Ne consegue che quella poca memoria interna del telefono risulta facilmente saturabile, rendendo così il cellulare inutilizzabile … anche solo per effettuare semplici telefonate: infatti in Android, l’app del telefono è un’app come un’altra, per cui se non c’è più memoria disponibile anche quella non può più funzionare!
Inoltre quel modello in oggetto si connette solo in 2G e 3G e non contempla neppure la possibilità si connessione alla rete 4G, che, oltre ad avere prestazioni di banda ben maggiori, risulta tra l’altro la più diffusa sul territorio per cui in alcune zone, seppur “coperte” dall’operatore con tecnologie più recenti, quel cellulare potrebbe già oggi non funzionare. Per di più, l’attuale progressiva installazione della rete 5G porterà a una graduale probabile dismissione della rete 3G, rendendo chiaramente inutilizzabili tutti i telefoni cellulari come questo che ancora oggi ne fanno utilizzo come unico canale trasmissivo!
Ma la cosa più sconvolgente che ho notato con mia meraviglia configurando quello smartphone per una signora a cui l’avevano regalato, è che non hanno reso disponibile uno Store di applicazioni, non dico necessariamente il Play Store di Google anche se sarebbe stato assai opportuno essendoci in quello molteplici app anche rivolte alla popolazione anziana, ma nemmeno un altro per cui è impossibile installare delle applicazioni a piacere, ma si possono unicamente utilizzare quelle poche preconfigurate (i.e. galleria immagini e foto, WhatsApp, Skype, un calendario, una radio, un meteo, una rubrica). Fornire già delle app preinstallate ad hoc va bene, ma impedire di poter installare agevolmente altre app di interesse è davvero troppo! E’ vero, operando con modalità assolutamente non agevoli, si potrebbe anche su quel dispositivo installare, tramite esecuzione del suo apk, l’app del Play Store di Google o di uno alternativo , ma questa procedura non è agevole e alla portata di chiunque, tanto meno di una persona anziana. Ad esempio, essendo un telefono orientato a una clientela anziana, assai utile sarebbe poter installare un’app per gestire gli orari di somministrazione delle medicine, una che mostri in grande lo stato della batteria o ancora app specifiche di dispositivi sanitari o per la gestione di una smart home (e.g. accendere la luce, gestire la musica, alzare/abbassare tapparelle motorizzate, pilotare l’apertura della porta, gestire il riscaldamento). Non esiste la possibilità neppure di agganciarsi a un qualsivoglia mail server per cui non si possono inviare/ricevere email, leggere documenti pdf o Word e neppure avere in rete i propri contatti che possono quindi risiedere unicamente nella SIM o sul telefono (se uno li ha nei contatti Outlook o Google non si possono agganciare)!!!
Note su alcuni cellulari vanduti per essere utilizzato da anziani (e.g. Amicodella Brondi)
Pulsante SOS
Unica funzionalità specifica è quella di “Controllo Remoto” (che non ho ancora compreso bene come funzioni e quindi non ho ancora sperimentato) e quello di poter avere 8 tile associate ciascuna a un contatto frequentemente utilizzato.
Insomma, si tratta di cellulari di relativo basso prezzo, ma tecnologicamente obsoleti e di prestazioni ridicole: la qualità costruttiva e la loro resistenza agli urti/cadute mi sembra inoltre assolutamente inadeguata per un utiizzo da parte di una persona anziana. Ben di meglio si potrebbe acquistare con il medesimo importo, ottenendo ben di più in termini anche di usabilità utilizzando alcune semplici accortezze. Ovviamante, disponibilità economica permettendo, sarebbe assai più opportuno dotare questi telefoni per anziani non di tecnologie desuete bensì delle migliori tecnologie atte a sopperire le minori prestazioni dell’utilizzatore! 🙂
Molto meglio quindi prendere un modello tecnologicamente superiore, con una spesa anche analoga, proteggendolo con un’opportuna cover e configurandolo opportunamente in modo da renderlo più agevolmente utilizzabile. Certo il tasto dedicato per l’SOS non ci sarà, ma si potrà comunque sempre inserire un apposito pulsante a video che agevolmente consenta di effettuare una chiamata ad un familiare (ad uno solo tuttavia e non forse ciclicamente anche ad altri, qualoronon si riceva una risposta, come immagino funzioni quel tasto di SOS).
Premesso che non ho provato personalmente quel cellulare Amplicomms M9000 e tutto quello che so sui suoi dati tecnici sono le poche informazioni presenti nella pagina del prodotto sul sito della Amplifon reputo sicuramente interessante la presenza di un tasto fisico sul retro del cellulare per consentire di attivare un SOS (immagino un ciclo di chiamate programmato): questa è sicuramente una funzionalità che non si ritrova in telefoni consumer generici, qualsiasi sia il sistema operativo installato. Tuttavia non posso non notare che, tra le caratteristiche, viene indicata la versione Android 4.2.2 del sistema operativo, vale a dire quella di più di quattro anni fa (novembre 2012; attualmente l’ultima versione è la 10): è vero che, per le funzionalità che deve fornire, sicuramente anche quella vecchia versione del sistema operativo è più che sufficiente, ma quella caratteristica fa intendere che si tratti di un telefono che non prevede aggiornamenti e risulti quindi ben lontano dalla flessibilità dei suoi fratelli a più ampia diffusione e che per questo prevedono un’evoluzione nel tempo ben maggiore.
Dopo questa forse troppo lunga premessa, andiamo al sodo e vediamo i passi da fare per configurare al meglio (secondo la mia personale esperienza) un qualsiasi smartphone Windows 10 Mobile anche di fascia bassa (acquistabile con costo sicuramente inferiore a 100€, e.g. Lumia 425/Lumia 435) e sicuramente di prestazioni sia HW sia SW ben superiori al modello precedentemente descritto della Amplifon. Il funzionamento base di Windows 10 Mobile segue infatti già la filosofia di estrema usabilità, richiesta a maggior ragione da un’utenza anziana: ad esempio basta effettuare il pin (cioè collocarne un quadrato associato per facilitarne l’accesso) sulla pagina di Start delle tile delle app che interessano o di contatti (impostando poi la massima dimensione quadrata) per raggiungere già il medesimo risultato funzionale visto nel Amplicomms M9000, con anzi altre ulteriori legate alla dinamicità dei contenuti di ciascuna “live tile”. Ad esempio, a ciascun contatto è possibile associare una foto: se inserito nella pagina di Start, tale immagine verrà mostrata nella “tile” associata, in modo da rendere più agevole chiamarlo. Sebbene le tile siano dimensionabili, conviene scegliere in genere la dimensione quadrata più grande che mostra in genere una grande icona auto esplicativa (e.g. Telefono, Messaggi, Calcolatrice, Fotocamera) o una immagine (e.g. per un contatto), mentre per alcune app (e.g. Foto, Notizie, Meteo) può essere conveniente scegliere la dimensione rettangolare che essendo più grande ancora consente una visualizzazione nella tile stessa di maggiori informazioni).
Pagina di Start opportunamente configurata per contenere contatti/app/siti più utilizzati (o, di fatto, i soli utilizzati dalla persona anziana)
Inoltre il 99% delle app native (e.g. posta, rubrica) supportano già la possibilità di fare il pin di scorciatoie dirette verso contenuti specifici (e.g. un contatto, un album musicale, un video, una pagina di un sito). Ciò consente, ad esempio, non solo di avere nella pagina di Start una immagine per ciascuno dei contatti che si chiamano maggiormente, ma anche una tile associata ad una pagina di un sito che si visita frequentemente (e.g. sito di un quotidiano, senza necessariamente richiedere che sia un’app): si noti infatti che diversi siti già sono stati sviluppati per avere un rendering appropriato quando usufruito da un cellulare, per cui non esiste poi una così incredibile differenza rispetto ad un’app.
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (1)
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (2)
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (3)
Quindi purtroppo, attualmente non esiste questa possibilità di configurazione agevole e semplificata in Windows 10 Mobile (così come non esiste d’altra parte per gli altri sistemi operativi, a meno di specializzazioni cablate di marca) … sebbene essendo la popolazione sempre più fatta da anziani, semplificare la modalità per avere una configurazione di default per un loro uso sarebbe, secondo me, molto utile, anche a livello di marketing. Dovremo perciò fare tutto a manina, ma la procedura da seguire risulta comunque molto agevole soprattutto per chi abbia una minima dimestichezza con Windows 10 Mobile o Windows 10 in genere 😉
Sarebbe secondo me utile avere anche la possibilità di avere una tile nella pagina di Start collegata direttamente ad un numero telefonico specifico (magari specifico di un contatto) e che di conseguenza toccandola si effettui subito la chiamata telefonica a quel numero quando premuto (e non dover passare invece necessariamente per la pagina del contatto che propone potenzialmente più numeri telefonici e l’eventuale invio di messaggi quali SMS o email). Eventualmente, per evitare di far partire delle chiamate involontariamente (non è così difficile cliccare involontariamente sulle tile), si può prevedere una possibile conferma di voler inoltrare la chiamata proprio a quel numero … ma soprattutto per una persona anziana passare dalla pagina del contatto può risultare fuorviante e comunque inutile. Se pensi anche tu che sia una funzionalità da inserire in Windows 10 Mobile, votala nel Feedback Hub: Requested feature: Make it possible to pin a telephone number in the Start page in Windows 10 Mobile device … so that, when pressed that tile, you directly make the phone call. Comunque già ora (come descritto precedentemente), con l’uso di Cortana tramite riconoscimento vocale, si può semplificare la procedura!
Può essere conveniente anche andare a modificare alcune delle impostazioni presenti nel menu di Impostazioni, soprattutto quelli relativi alla Accessibilità (in particolare Impostazioni -> Accessibilità -> Altre opzioni – Opzioni visive -> Ridimensionamento del testo che consente di rendere i caratteri più grandi [e.g. 120%]).
Rendere i caratteri più grandi [e.g. 120%]): Impostazioni -> Accessibilità -> Altre opzioni – Opzioni visive -> Ridimensionamento del testo
Relativamente al volume della voce, questo è sufficientemente alto durante la chiamata ed anche la suoneria può essere configurata in modo da essere molto forte (conviene scegliere una suoneria classica di un telefono analogico: Impostazioni -> Personalizzazione – Suoni): chi porta apparecchi acustici potrebbe comunque avere talvolta interferenze fastidiose all’orecchio a meno di regolare opportunamente l’apparecchio acustico.
Configurazione della suoneria (conviene scegliere una suoneria classica di un telefono analogico): Impostazioni -> Personalizzazione – Suoni
Esiste poi la possibilità di installare dallo Store di Microsoft delle app specifiche anche di terze parti che possono fornire ulteriori funzionalità utili: anche per ciascuna di queste è ovviamente possibile inserire l’apposito pulsante (“tile“) nella pagina di Start per un più agevole accesso ed utilizzo. Solo a titolo di esempio cito alcune di quelle che ho provato personalmente:
Battery Widget Indicatore di livello
Gauge Battery Widget
Battery Widget
Simple Battery Widget
Ci sono diversi laucher che consentono di avere una interfaccia utente a piastrelle (i.e. tile) con le carateristiche che erano proprie degli martphone Windows 10:
Stranamente invece il laucher sviluppato da Microsoft invece non presenta una simile interfaccia e si preoccupa maggiormente di fare in modo che le applicazioni chiave di quella piattaforma (e.g. Outlook, OneDrive, Office) vengano per lo meno proposte come da installare anche nello smartphone. A mio parere, quel launcher dovrebbe offrire, almeno come possibile opzione, un’interfaccia a tile in modo che gli utenti possano continuare a ottenere i vantaggi della nota interfaccia di Windows 10 Mobile: diversamente le persone (come me) a cui era piaciuta l’interfaccia di Windows 10 Mobile continueranno ad utilizzare altri launcher che la imitano egregiamente e quindi non utilizzeranno necessariamente i servizi Microsoft (benché suppongo che quello sia lo scopo principale per cui MS ha sviluppato quel suo launcher!). Ho anche scritto un commento a quell’app a tale proposito e vediamo che succederà nelle future sue release:
Perché il laucher sviluppato da Microsoft non proponga almeno come opzione, una interfaccia a tile analoga a quella che era propria di Windows 10 Mobile, rimane per me un mistero!
Perché il laucher sviluppato da Microsoft non proponga almeno come opzione, una interfaccia a tile analoga a quella che era propria di Windows 10 Mobile, rimane per me un mistero!
La protezione di almeno alcuni dei propri dati è importante.
Troppo spesso mi è capitato di trovarmi con un qualche sistema di memorizzazione che ha incominciato a dare problemi rendendo non più accessibile almeno parte dell’informazione in esso memorizzata, se non tutta! Negli anni mi è capitato un po’ con tutti i sistemi di memorizzazione esistenti: HD interni a un PC, HD esterni (anche SSD), DVD masterizzati e anche (soprattutto) chiavette USB anche di marche prestigiose. Incominciamo quindi ad affermare una grande verità: qualsiasi forma di memorizzazione digitale di dati non è eterna, anzi, c’è una buona probabilità che qualcosa “si rompa” seppure uno abbia cercato di adottare tutte le possibili precauzioni (e.g. evitando sollecitazioni meccaniche e colpi, mantenendo la temperatura di operazione nella norma).
Per fortuna, però, una qualsiasi informazione digitale può essere agevolmente essere duplicata senza nessuna perdita e questo è indubbiamente un notevole vantaggio rispetto una qualsivoglia metodologia analogica, oltre al fatto che può essere trasferita ovunque, anche qui, se uno lo desidera, anche senza alcun degrado in termini di qualità (i.e. quindi non operando alcuna compressione con perdita di qualità, qualora ad esempio su tratti di una foto/video. Si tenga invece presente che spesso il loro invio con programmi come WhatsApp o caricamento su piattaforme social come Facebook, comporta una compressione per minimizzare il tempo di trasmissione, con conseguente degrado nella qualità dell’immagine). In questo senso si può quindi dire che una informazione digitale è di per se eterna … basta assicurarsi di mantenerla intatta!! Come sempre la ridondanza è il paracadute su cui poter contare e a cui affidarsi. Come viene ben definita anche in Wikipedia, la ridondanza, nell’ingegneria dell’affidabilità, è definita come l’esistenza di più mezzi per svolgere una determinata funzione, disposti in modo tale che un guasto di un sistema possa verificarsi solo in conseguenza del guasto contemporaneo di tutti questi mezzi. Duplicare determinate funzionalità consente di garantire, ad esempio, lacontinuità di un servizio anche in caso dimalfunzionamento di un componente principale in quanto opperito da uno analogo. D’altra parte, poiché l’introduzione di ridondanze aumenta la complessità del sistema (e.g. le sue dimensioni fisiche e i costi), generalmente esse sono utilizzate solo quando i benefici derivanti sono maggiori degli svantaggi. Nel caso dei dati personali è quindi indispensabile innanzitutto distinguere quelle che sono le informazioni importanti (i.e. quelle che se le perdessimo sarebbe un dramma lavorativo e/o affettivo), da quelle che seppur di rilievo non sono poi così essenziali da giustificare spese e complessità. Quindi ci si deve preoccupare principalmente di quei dati veramente importanti anche se non sempre può essere agevole distinguerli nettamente da quelli di minor rilevanza. Sicuramente una corretta progettazione delle cartelle presenti sul proprio PC può aiutare moltissimo in questo senso, incominciando cioè a effettuare a tale livello una distinzione tra ciò che essenziale proteggere, ciò che lo è in misura minore e, infine, ciò che non ha per noi una grande importanza. Ovviamente quest’ultimo sott’insieme di dati non necessità alcun salvataggio, il penultimo è bene salvarlo ma senza grandi precauzioni, mentre solo il primo sott’insieme deve essere protetto da qualsiasi possibile situazione avversa.
La protezione dei dati importanti ma non essenziali può essere fatta anche solo semplicemente copiando periodicamente, dal proprio PC su un HD esterno, quelle cartelle identificate con quel grado di rilevanza: esistono anche SW che, in background, possono effettuare tale trasferimento/aggiornamento ma ovviamente tutto questo ha un costo in termini di prestazioni del PC, per cui è da valutare se, per tale categoria di dati, possa valere la pena una tale penalizzazione.
La protezione dei dati valutati come essenziali merita invece una maggiore attenzione. Probabilmente è bene non affidarsi nemmeno solo a uno dei metodi che elencherò ma almeno a due, tenendo conto anche del livello di privacy e security che uno desidera.
La soluzione di affidarsi a un Cloud (e.g. OneDrive, GoogleDrive, AmazonDrive, iCloud) è sicuramente una delle migliori in termini di sicurezza, in quanto tutti ngarantiscono un’integrità dei dati in essi memorizzatipraticamente pari al 100%. In pratica, si occupano loro di ridondare i salvataggi, utilizzando server spesso dislocati in aree differenti anche geograficamente per cui, anche in caso di eventi catastrofici (e.g. incendi, terremoti, atti terroristici seppur improbabili nei luoghi ad alta sorveglianza dove sono stati installati quei Data Center), viene assicurata la garanzia di poter comunque accedere ai propri dati. Da un punto di vista della privacy non sempre le garanzie fornite possono soddisfare quelle richieste da una ditta, ma sicuramante lo sono per un privato: qualora uno vi salvasse poi dei file con proprie password e quant’altro di riservato, è bene comunque sempre crittografarli per renderli comunque illeggibili ad altri, garantendo a priori la sicurezza da frodi. Alcuni Cloud forniscono comunque poi un’area a maggiore protezione (e.g. Vault Personale in OneDrive) che richiede un’ulteriore autenticazione tramite sistemi OTP (e.g. tramite app quali Microsoft Authenticator, Google Authenticator o metodi a più fattori che confermano l’identità tramite un codice di verifica inviato via e-mail/SMS).
Si noti che alcuni servizi su alcuni Cloud sono gratuiti (entro certi limiti di spazio di memoria e/o con specifiche limitazioni sulla tipologia di file caricabili/sincronizzabili), in quanto già inclusi nell’acquisto di un prodotto (e.g. computer con sistema operativo Windows/Apple, smartphone Samsung/Huawai/Xiaomi/Apple …, iscrizione ad Amazon Prime, abbonamento a Office 365). Ad esempio, se uno possiede un PC Windows, può attivare la sincronizzazione, sul Cloud Microsoft OneDrive, di tutte le cartelle che uno inserisce in una specifica cartella della memoria del proprio PC : può poi decidere se mantenere localmente ciascun file o avere solo un suo riferimento senza occupare spazio nella memoria locale del PC, scaricandolo solo all’occorrenza. Questo meccanismo consente, tra l’altro, di avere sincronizzati tutti i file importanti tra differenti PC che uno utilizza a casa e al lavoro. Se d’interesse avevo scritto molto tempo fa un post al riguardo: How to configure OneDrive in Windows 10 (tradotto). Ovviamente lo spazio a disposizione gratuitamente non è molto (attualmente 5GB), ma se uno si abbona a Office 365 (di costo annuale irrisorio soprattutto se si divide tra membri della famiglia o tra amici) ha incluso anche 1TB su OneDrive (per ciascuna delle 5 persone!), spazio generalmente più che sufficiente (vedere il mio post How to have, for only 12€/year, automatically saved your photos and videos from your smartphone to OneDrive (till 1TB) and much more! tradotto). Ovviamente se uno ha poi l’esigenza di un maggior spazio di memoria, può richiedere un’estensione ulteriore con una maggiorazione dei costi. Una volta configurate le cartelle, il loro contenuto viene sincronizzato in continuazione con il Cloud automaticamente, senza che uno nemmeno se ne accorga. Soprattutto se il PC ha buone prestazioni, non ne risente neppure un termini di velocità di elaborazione del computer stesso: comunque, ovviamente tale sincronizzazione si può sempre temporaneamente sospendere, se lo si ritiene opportuno (vedi Cosa fare quando le prestazioni di un PC Window decadono, alias come interrompere temporaneamente la sincronizzazione di OneDrive), e questo avviene in automatico qualora il PC venga connesso a Internet tramite una rete a consumo (i.e. tramite la funzionalità di Router Wi-Fi del cellulare.
Discorso pressapoco analogo vale se si preferisce utilizzare uno degli altri Cloud, con prestazioni e funzionalità simili: tuttavia, avendo io sempre optato per OneDrive, non vi saprei dire molto di più di quello che potete trovare in qualsiasi articolo, magari uno che ne confronti le prestazioni e servizi offerti!
Se uno poi desidera solo salvare le proprie foto, può utilizzare Amazon Photos, compreso nell’abbonamento a Amazon Prime e che consente appunto unospazio illimitato di archiviazione per le foto dei clienti Prime!! Attenzione che questo vale solo per le foto e non per documenti: gratuitaamnte si possono poi salvare solo pochi video, ma comunque sicuramnte questo è uno dei servizi più interessanti forniti da quell’abbonamento… Per saperne di più puoi anche vedere un mio vecchio post che mostra anche come poter condividere foto/album su quella piattaforma, ad esempio per una loro pubblicazione in un blog come questo, evitando così di “rubare” spazio dati sul proprio accont WordPress, risorsa limitata e quindi preziosa: How to share photos, videos & album with Amazon Photo included in an Amazon Prime subscription.
Una seconda soluzione, non necessariamente alterativa bensì potenzialmente addizionale, è quella di comperare un NAS (Network Attached Storage) cioè un dispositivo collegato alla rete la cui funzione è quella di consentire agli utenti di accedere e condividere una memoria di massa, in pratica costituita da uno o più dischi rigidi, accessibili non solo all’interno della propria rete ma anche eventualmente dall’esterno. Anche qui la sincronizzazione di cartelle specifiche del PC può essere in genere impostata in modo che possa avvenire automaticamente: in generale, sia il salvataggio sia la lettura dei dati dal NAS avviene a una velocità maggiore rispetto ad un Cloud soprattutto se si opera internamente alla propria LAN e questo può rendere preferibile questa soluzione non solo come alternativa ma pure come abbinata all’uso di un Cloud. Di NAS ce ne sono molteplici tipologie, più o meno professionali, più o meno costosi in base sia alle prestazioni/funzionalità sia alla capacità di memorizzazione complessiva messa a disposizione. In genere, per un utilizzo casalingo, le esigenze di backup sono inferiori ai 4-6 TB, ma se si vuole configurare il NAS in modo sicuro (e.g. in RAID 1, con mirroring) è necessario avere a disposizione complessivamente più memoria di quella necessaria (e.g. doppia). La ridondanza a livello hardware è data infatti da una configurazione RAID (Redundant Array of Independent Disks). Si tratta di una tecnica in grado di raggruppare diversi dischi rigidi collegati a un unico computer e utilizzati da applicazioni e utenti come fossero un solo volume di memorizzazione. A seconda del livello di configurazione, i RAID mettono in atto il principio di ridondanza dei dati e parallelismo di accesso, per garantire massime prestazioni e affidabilità. Le varie configurazioni RAID sono numerate e i numeri progressivi indicano il tipo di collegamento logico e le caratteristiche operative. La ridondanza viene ottenuta con varie tecniche, più o meno complesse ed efficienti, a seconda del livello di RAID: Mirroring: duplicazione diretta dei dati da un disco all’altro in modo che vengano scritti nello stesso modo e nella stessa posizione sul secondo disco che risulta una copia esatta del primo. Duplexing utilizza due dischi e due controller gemelli ognuno dei quali è deputato alla gestione di un solo disco, aumentando così la sicurezza in quanto si è al sicuro anche da eventuali guasti del controller. Parity ottiene la ridondanza non copiando i dati da un disco all’altro, bensì calcolando la somma binaria dei dati che vengono scritti: perciò, in caso di guasto, il dato mancante può essere ricalcolato utilizzando quella somma binaria. Striping effettua una suddivisione del file in blocchi di dimensioni prestabilite e vengono scritti su differenti dischi in modo tale da migliorare i tempi di caricamento/scaricamento della memoria.
Esistono poi modalità di ridondanza proprie delle differenti case costruttrici che cercano di ottimizzare, in qualche modo proprietario, quelle classiche tecniche prima elencate.
Generalmente ciascun NAS contiene due o più HD e, a seconda del numero presente di questi, può adottare più o meno proficuamente una delle tecniche possibili analizzate.
Diverse sono le ditte che propongono box per contenere e gestire HD, chiamandoli in modo talvolta differente, pur trattandosi sempre di soluzioni NAS (e.g. DiskStation, Box Case RAID, Network Attached Storage, Cloud Storage, Docking Station per HD).
Generalmente il dispositivo di rete NAS si collega al router tramite cavo Ethernet per poter essere raggiungibile non solo internamente alla LAN ma anche esternamente da Internet (con visibilità pubblica/privata secondo le politiche di gestione desiderate, impostabili dall’utente su ciascuna cartella).
Ci sono poi anche dispositivi DAS (Direct-Attached Storage: si tratta di un dispositivo di memoria esterno che si collega direttamente al computer tramite cavo USB) quale il My Book Duo che avevo acquistato anni fa (vedi anche qui): tuttavia non essendo collegato direttamante ad un router, ha funzionalità più limitate e non consente un accesso da remoto (se non accedendo da remoto al PC al quale sono collegate). Per questo consiglio maggiormente di acquistare un NAS: io ho preso da anni la serie My Cloud sempre della Western Digital, ed in particolare My Cloud EX2 Ultra che consente un agevole accesso remoto tramite il loro sito My Cloud (non solo tramite un qualsiasi browser, ma anche su smartphone/tablet Android, usando l’app My Cloud OS 5). L’amministrazione del NAS avviene accedendo da browser a http://mycloudex2ultra. Quel NAS viene foernito già con due HD identici della serie WD Red, appositaamnte pensati per essere impiegati in NAS.
Si noti che il dispositivo, essendo pensato per essere sempre attivo, non ha un tasto di accensione/spegnimento (ma solo uno reset da premere eventualmente solo in caso di problematiche) per cui per spegnelo è necessario agire proprio da quella Console e selezionare Sospendi dal menù (in alto a destra che compare selezionando il proprio utente). Successivaamnte pere riaccenderlo sarà sufficiente staccare la spina di alimentazione e rimetterla!
Sicuramente ci sono soluzioni NAS più complete e performanti, magari con allegati SW per realizzare funzionalità specifiche (videosorveglianza), ma riusultano anche più costose (e.g. Synology) e spesso non risultano indispensabili per un uso personale orientato principalmene al backup dei propri dati importanti, pur mantenendo la possibilità di accesso ai dati (e loro eventuale condivisione) anche da remoto. Insomma, My Cloud EX2 Ultra penso sia una soluzione economica e efficace che mi sento di consigliare soprattuto ora che ho ricevuto un’ottima assistenza essendosi danneggiato uno dei due dischi. Mi è bastato comporre il numero verde si assistenza del prodotto (0080027549338)ed ho ricevuto la consulenza di un tecnico del centro greco supporto WD, che parlava fluentemente l’italiano. Ho appreso che la garanzia viene automaticamante estesa a 3 anni (avevo registrato il prodotto nel sito WD) per cui avendo appurato – eseguendo le prove richiese telefonicamante (mi ha fatto invertire gli HD per verificare che ora l’errore mi veniva segnalato dal sito di amministrazione locale http://mycloudex2ultra) – che la problematica era unicamente limitata a quell’HD, me ne sarà verrà inviato uno in sostituzione (ho dovuto inviare via email solo la fattura del prodotto e la foto dell’HD difettoso con relativo Serial Number).
La sostituzione dell’HD corrotto dall’unità è assai semplice e, se si era configurato in RAID 1 (quello che duplica esattamante tutto su secondo disco), una volta inserito l’HD vergine nuovo sarà sufficiente selezionare (sempre nel sito di amministrazione locale http://mycloudex2ultra) lo switch di ricostruzione del RAID per riavere il tutto funzionante a dovere.
Per garantire una maggiore protezione dai blackout di alimentazione, conviene poi eventualmente collegare sia il modem/router sia il NAS ad un gruppo di continuità in grado di mantenere accesa la LAN e poter operare eventualmente una sospensione del dispositivo in caso di mancanza di corrente: io ne ho preso uno (APC della Schneider ElectricBack-UPS ES BE650G2-IT Gruppo di Continuità 650 VA, 8 Uscite Protette da Sovratensioni, 1 Porta di Ricarica USB, 400 W) con un buon rapporto qualità/prezzo e che consentirà poi di agevolmente sostituire la sua batteria tampone quando tra qualche anno sarà necessario!
Link al manuale d’uso (**) del gruppo di continuità APC della Schneider Electric in cui vengono indicate le caratteristiche, come sostituire la batteria, installare il SW PowerChute per proteggere il PC (salva i file aperti e lo spegne).
________________________ Nel seguito alcuni link utili:
Di seguito inserire nuovamente i dischi non ha importanza quale disco mette.
Per configurare il RAID in un My Book Duo, attenersi alle istruzioni seguenti: Scollegare il cavo di alimentazione e il cavo USB dal My Book Duo. Una volta disconnesso il dispositivo, rimuovere entrambe le unità interne dall’alloggiamento del My Book Duo. Inserire due unità interne supportate (nuovi modelli WD Red o Green di maggiore capacità). Dopo aver posizionato le due unità interne nell’alloggiamento e aver chiuso quest’ultimo, collegare l’alimentazione e il cavo USB al dispositivo. Dopo l’avvio di My Book Duo, utilizzare WD Drive Utilities per configurare l’unità in modalità RAID 0, RAID 1 o JBOD.
Proprio qualche giorno fa, mio malgrado, ho dovuto sostituire completamente il vitone del Passo Rapido da incasso della ditta Stella in quanto non viene più venduto il set di ricambio delle guarnizioni, i soli pezzi soggetti a usura!
Sito della ditta Stella con al centro l’immagine del mio flusso rapido
Avevo scelto quel flusso rapido della Stella in quanto consigliato dall’idraulico che l’aveva decantato come “la Ferrari della rubinetteria”, per giunta made in Italy! Effettivamente in 33 anni ha sempre funzionato a dovere e solo circa un 17 anni fa avevo dovuto sostituire il set delle 3 guarnizioni che venivano fornite come ricambio per 12€, già un prezzo che avevo trovato esoso per due o-ring (facili da reperire ovunque) e un terzo invece non standard: si pensi che la seguente scatola di ben 383 guarnizioni costa meno di 8€…
Comunque con poca fatica ero riuscito a riportare il prodotto a funzionare come nuovo. Già allora avevo chiesto al venditore se mi conveniva comprare un altro set di scorta per evitare di dover poi buttare in futuro il tutto, dubitando che negli anni avvenire quella ditta sopravvivesse al mercato: il venditore stesso me lo aveva sconsigliato, dicendomi che comunque la gomma con il tempo si sarebbe deteriorata e rassicurandomi invece sulla affidabilità e solidità di quella ditta e della sua futura presenza sul mercato! Né io né il venditore ci saremmo aspettati che sarebbe poi stata quella ditta stessa a non fornire più i ricambi usurabili di quel suo prodotto!!
Ora a distanza di anni, incominciando a perdere nuovamente, sono tornato dal medesimo rivenditore ufficiale presente nella mia città, sicuro di risolvere il problema in modo analogo. E invece no! Ora, mi ha detto, la ditta Stella non fornisce più il set di guarnizioni e quindi si deve sostituire tutto il vitone… con un costo di ben 74€… Motivo ufficiale fornito dalla ditta: sembra che abbia constatato che non sempre bastava quella sostituzione per risolvere un problema di perdita in quel flusso rapido, per cui era meglio cambiare tutto! Insomma, si tratta di una Ferrari a cui, quando si consuma una guarnizione, bisogna cambiare tutto il motore!! No comment.
Incredulo e stupito, addirittura dubitando che quel venditore, avendo magari esaurito quel ricambio di guarnizioni cercasse di rifilarmi tutto il vitone, ho voluto telefonare al servizio clienti della ditta Stella che mi ha confermato quella loro politica: più nessuna vendita di guarnizioni di ricambio! Ovviamente ho fatto presente il mio disappunto come cliente, chiedendo di riportare a chi di dovere tale critica, direi assai condivisibile da chiunque. La finalità di questo post, che cerca di amplificare il mio disappunto, è ovviamente quello di incitare quella e altre ditte italiane a invertire questa loro politica dell’usa e getta che le rende assai simili ad altre ditte straniere (e.g. quelle asiatiche) con le quali non certo possono competere da un punto di vista del prezzo, ma semmai della qualità del prodotto e della sua assistenza/longevità.
Insomma, ci lamentiamo spesso della politica dell’usa e getta indotta dai prodotti asiatici privi di assistenza e pezzi di ricambio e poi prestigiose ditte italiane utilizzano la medesima politica… l’unica differenza sembra rimanga il prezzo!
Resta insomma la domanda amletica se convenga proprio comprare questo passo rapido dalle prestazioni speciali ma con guarnizioni di ricambio introvabili, oppure sceglierne uno magari meno prestigioso ma sicuramente più economico e di cui, soprattutto, sia agevole effettuare la sostituzione delle guarnizioni (sicuramente il componente più soggetto a usura)!
Nel seguito le foto delle tre guarnizioni (di cui una “nascosta”: per essere sostituita, richiede di svitare il vitone, come mostrato in figura). Per la precisione si tratta di due o-ring facilmente reperibili (da 3mm e 22mm di diametro standard di circa 2,3 – 2,5mm) e di uno di diametro esterno 21mm e interno 10mm con altezza 6mm, non standard e che non sono riuscito a trovare. Nel mio caso comunque sarebbe bastato sostituire quell’ultima introvabile guarnizione (l’unica seriamente usurata) per risolvere il problema…
La sostituzione sia delle guarnizioni sia eventualmente di tutto il vitone è un lavoretto assai semplice di pochi minuti che chiunque può fare: ovviamente prima di svitare il vitone si deve chiudere la manopola generale dell’acqua e fare defluire nei sanitari quella poca rimanente, come per qualsiasi riparazione in bagno!
Volendo comunque sostituire tutto il vitone, ora ho visto che ci sono prodotti non originali che sono del tutto identici ma a un prezzo vantaggioso: anche andando sul sito di Amazon, ad esempio, si trova quello compatibile prodotto da Acquastilla che costa circa il 30% in meno dell’originale! (vedi anche qui nel sito di quella ditta) … con il senno di poi avrei potuto vedere se quella ditta di ricambi non originali forniva quella guarnizione, dal momento che fornisce un vitone di ricambio compatibile con il prodotto Stella originale! (anche se a prima vistanon mi sembra, anche se si può sempre contattarli per chiedere! Vedi anche qui in cui vendono guarnizioni ma in confezioni da 100 pezzi!)
Se qualcuno riesce a trovare quella guarnizione inserisca un commento!
Ovviamente invio il link di questo mio post alla ditta Stella, sperando che anche questo possa contribuire a far cambiare la sua attuale politica sulla ricambistica e sull’assistenza ai suoi prodotti.
P.S. 17/7/2023 Ho ricevuto prontamente la seguente gentile email dall’ufficio commerciale, in risposta alla mia segnalazione del presente post e relativa lamentela, segnale di una loro attenta attenzione al cliente: riporto anche lo schema degli allegati forniti che possono servire per individuare esattamente il proprio modello:
Ovviamente ho non ho potuto che rispondere che assai improbabile era stata una incomprensione dei ricambi necessari, dal momento che al rivenditore avevo fatto vedere la foto del vitone smontato di cui richiedevo le guarnizioni e anche telefonicamente al servizio clienti della ditta avevo parlato espressamente di guarnizioni di ricambio di un loro flusso rapido degli anni ’90, spiegando bene che già li avevo acquistati un 17 anni addietro e ora non li trovavo più dal loro rivenditore ufficiale di Torino che mi aveva espressamente detto che non venivano più forniti per politica aziendale di quella ditta: in entrambi i casi la risposta alla mia richiesta era stata chiara e categorica, nonostante le mie rimostranze. Comunque mi ha fatto piacere apprendere che esiste ancora un modo per avere quelle guarnizioni di ricambio che ovviamente sono ancora in produzione, essendo inserite anche nel vitone di ricambio.
Io oramai il vitone l’ho cambiato e penso che per almeno più di un quinquennio non avrò più problemi di perdite in questo prodotto sicuramente ottimo, ma se anche a voi capita di dover sostituire tali guarnizioni (o farvele sostituire da un idraulico, anche se – come ho già evidenziato – è un lavoretto assai semplice che chiunque può fare) penso possano tornarvi utili le indicazioni fornite nella risposta dell’ufficio commerciale Stella, eventualmente da fare leggere anche al distributore ricambi originali locale. Come hanno potuto dedurre dalle mie foto pubblicate, il mio è uno dei modelli allegati (i.e. mod. 703 3/4″): immagino che anche per ottenere le guarnizioni di questo modello non troppo datato si debba comunque rivolgersi direttamente all’assistenza via email (commerciale@rubinetteriestella.it e tecnica@rubinetteriestella.it) e non al rivenditore locale che almeno attualmente afferma di non poter avere tale ricambio. Ho chiesto comunque ulteriori informazioni che possono tornarvi utili:
Ecco la risposta con il codice delle guarnizioni da richiedere (nel caso del mio modello 703 3/4″, ma il discorso penso sia analogo per quelle degli altri modelli):
015-404 A GUARNIZIONE DIAM. 21x10x6 PER 702 – 704 DA ¾ 1,97 € di listino cad.
A13 ‘O’RING A13 (D.IN.17.1-D.CORDA 2.65) 2,62 € di listino cad.
C24 ‘O’RING C24 (D.IN.31.4-D.CORDA 2.65) 5,91 € di listino cad.
Il metodo di pagamento online continua ad avere, nel caso di uso della carta di credito, l’assurda limitazione di 250€, mentre utilizzando l’altra possibilità (i.e. MyBank) si constata che non tutte le banche sono presenti in elenco a offrire quel servizio pubblicizzato come gratuito.
In realtà si legge poi, sulla pagina relativa alla guida di Riscotel: Il servizio di pagamento dei modelli F24 non è assoggettato a commissioni ma la banca del debitore che inoltra la somma – al Portale Online – tramite bonifico “MyBank” potrebbe richiedere una commissione per l’esecuzione del bonifico stesso (e non per il pagamento del mod. F24) sulla base dello specifico contratto di conto corrente stipulato tra la Banca e il debitore.
Nel caso di uso della carta di credito permane l’assurda limitazione di importo inferire a 250€
Insomma, sembra che molto probabilmente la mia banca (attualmente comunque non presente nell’elenco delle banche aderenti) richiederebbe di pagare una commissione comunque sia! Mi chiedo davvero il perché di quella limitazione dell’importo pagabile tramite carta di credito…
Da tempo ho, in formato draft, un post intitolato “Speech-to-Text: come trascrivere automaticamente una registrazione audio in un documento Word” che appunto cercherà di spiegare come riuscire ad avere una trascrizione del testo di un audio generico.
Tuttavia, in questo post mi limito invece a indicare la strada (più breve e spesso con risultati analoghi) con cui poter avere la trascrizione di un video (e.g. una lezione, congresso) pubblicato su YouTube. In quel caso, infatti, si può sfruttare la funzionalità (generalmente attivata da chi ha pubblicato il video) che consente di avere una sottotitolazione del parlato. Questa generalmente viene inserita automaticamente da YouTube stesso, sebbene l’autore potrebbe decidere di inserirne una creata manualmente e quindi probabilmente più precisa. Comunque anche quella generata automaticamente è generalmente più che accettabile e può per questo essere considerata come punto di partenza per eventualmente apportare a mano dei miglioramenti da parre dell’autore del video.
Infatti, talvolta può tornare comodo avere salvati su un file i sottotitoli di un video trovato su YouTube. Si noti che i sottotitoli di un video possono o essere stati caricati dall’autore del video stesso oppure essere stati generati automaticamente da YouTube stesso. In questo secondo caso, ovviamente ci possono essere nel testo diversi errori d’interpretazione dell’audio che si dovranno poi correggere… ma è comunque sempre meglio di effettuare la trascrizione a mano di tutto ciò che viene detto nel video!!
Non molto tempo fa avevo scritto un post relativo al degrado e pericolosità di alcune pietre del lastricato pedonale di fronte alla Mole Antonelliana, simbolo della città e meta di molti turisti anche stranieri anche per via del prestigioso Museo del Cinema ospitato nell’edificio da anni (Quel pericoloso lastricato di pietra presente davanti alla Mole Antonelliana, simbolo di Torino e attrattiva per molti turisti): dopo avere segnalato la situazione all’URP di Torino, questa ha prontamente preso in carico la segnalazione diramandola all’ente più consono che ha svolto il dovuto lavoro di ripristino.
Probabilmente a pari merito con la Mole, uno dei punti di maggior interesse e transito turistico è Piazza Castello, resa fortunatamente pedonale non da molti decenni, acquistandone in bellezza e praticità. Da Wikipedia si legge: “Nel 1997 la Piazza fu parzialmente chiusa al traffico automobilistico, che fino ad allora girava, in senso antiorario, intorno al Palazzo-Castello: furono quindi pedonalizzati i lati occidentale e settentrionale. Nel 1999 la zona pedonale antistante al Palazzo fu completamente lastricata in pietra di Luserna (poi quasi completamente sostituita da sienite nel 2014), corredata di quattro piccole fontane quadrate a getto d’acqua, dette a scomparsa, cioè a raso suolo, azionate solo in determinati orari, su ordine del Comune“.
Piazza Castello quando ancora non era area pedonale: un brutto ricordo!
Si apprende quindi che inizialmente quella zona pedonale è stata lastricata nel 1999 con pietra di Luserna che poi nel 2014 è stata quasi completamente sostituita con pietre in sienite. Non sono un esperto del settore e quindi non so dire quale di quelle due tipologie di pietra sia più resistente: tuttavia, cercando su Internet, ho visto che entrambe vengono proposte come lastre per pavimentazione stradale, anche carrabile con traffico intenso se di spessore adeguato e collocate a dovere.
Sorgono allora alcune domande.
Come è quindi possibile che, a distanza di meno di un decennio, una percentuale non irrisoria (diciamo un 10%) di quelle pietre posizionate in piazza Castello a Torino si siano rotte? Erano state collocate a regola d’arte e con spessore adeguato? Se la risposta è no, qualcuno penso ne debba rispondere… È stato permesso il transito in quella piazza, usualmente pedonale, a veicoli con peso superiore a quello idoneo sopportabile da quelle lastre? Pur essendo pensate per una pavimentazione stradale carrabile con traffico intenso, avranno anche loro una portata massima: anche qui, se la risposta è no, qualcuno penso ne debba rispondere…
Come è possibile che la Sovraintendenza alle Belle Arti non sia intervenuta da tempo per bloccare le “riparazioni” con asfalto che periodicamente vengono effettuate ogni qual volta una nuova di quelle pietre si rompe definitivamente e deve essere tolta? È sicuramente vero che un intervento di asfaltatura può avere un costo inferiore a quello di una sostituzione della lastra di pietra (principalmente per il costo della materia prima, non penso relativamente a quello della manodopera che comunque generalmente incide molto), ma il risultato è decisamente differente e non dovrebbe quindi essere proponibile in quella piazza d’interesse storico!!
Attualmente, come mostrano le foto, la pavimentazione è cosparsa da blocchi grigio scuro di asfalto, talvolta addirittura steso sopra la pietra quando non del tutto frantumata, rendendo la piazza non solo esteticamente brutta, ma (come era nel caso del lastricato di fronte alla Mole Antonelliana), in diversi casi anche pericolosa per pedoni/turisti che camminano comprensibilmente distratti dalle bellezze da ammirare tutto intorno e si aspettano una pavimentazione degna di un’area pedonale!
La situazione penso sia sotto gli occhi di tutti da tempo, cittadini e turisti, Sovraintendenza alle Belle Arti e amministratori del bene pubblico. Proprio in questi mesi si sta provvedendo a restaurare la facciata di Palazzo Madama, lavoro sicuramente utile e opportuno ma, personalmente non so quanto prioritario (anche solo pensando alla sicurezza dei pedoni) rispetto a ripristinare degnamente il lastricato della piazza antistante (tra l’altro intervento sicuramente più veloce e meno costoso). Invece, mi sembra che le “riparazioni” con asfalto proseguano imperterrite, diventando oramai da tempo la metodologia standard con cui effettuare gli interventi su quel lastricato che continua “stranamente” a deteriorarsi sempre più, sebbene sia stato posato da meno di un decennio e si tratti di una piazza pedonale!
Se, come penso, il motivo di queste rotture è dovuto al passaggio di mezzi pesanti durante le manifestazioni, allora si devono usare mezzi più leggeri oppure si mettano in conto i costi per le riparazioni immediate del caso. Credo comunque che ci sia anche un discorso dinon idonea installazione(e.g. pietra non collocata su una base uniforme, ben livellata e realizzata con materiale idoneo)che contribuisce alla rottura della pietra quando passa un mezzo pesante.
Ho inoltrato una segnalazione all’URP di Torino per segnalare comunque anch’io tale situazione e chiedendo come cittadino un intervento: invito anche voi a fare altrettanto. Vediamo se questo può contribuire a modificare il corso degli eventi! Per il momento l’URP mi ha dato notifica dell’inoltro a segnalazioni1@comune.torino.it: vediamo se da costoro giungerà qualche segnale positivo!
P.S. 1/6/2023
Ecco la risposta della Circoscrizione 1 e la mia seguente replica… : restiamo quindi in attesa (da anni) di avere le risorse per questo manutenzione “straordinaria” quando, a mio parere, dovrebbero cambiare le procedure.
Come ho scritto loro, dal momento che il numero delle riparazioni “urgenti” con bitume a freddo sono, nel tempo, aumentate, mi sembra che siano attualmente inadeguati i tempi compatibili con le risorse disponibili per un ripristino di manutenzione straordinaria. Non mi starò a ripetere, ma personalmente penso che se il motivo di queste rotture in questa piazza pedonale è verosimilmente dovuto al passaggio di mezzi pesanti durante le manifestazioni, allora si devono usare mezzi più leggeri oppure si mettano già in conto i costi per le riparazioni immediate del caso, da eseguire subito dopo l’evento e a spese del medesimo. Credo comunque che ci sia anche un discorso di non idonea installazione (pietra non collocata su una base uniforme, ben livellata e realizzata con materiale idoneo) che contribuisce alla rottura della pietra quando passa un mezzo pesante. Inoltre, le riparazioni “urgenti” con bitume a freddo comunque penso abbiano un costo di manodopera similare alla sostituzione della pietra per cui, complessivamente, non mi sembra si provveda a minimizzare la spesa pubblica per avere una riparazione adeguata (che non dovrebbe, a mio parere aspettare che si effettui un intervento “straordinario”).
Ieri sera, avendo posteggiato la macchina nella piazza Carlo Felice, ritornando a riprenderla dopo mezzanotte ho visto decine e decine di ratti che scorrazzavano nel bel giardino centrale, talvolta rincorrendosi in quell’area recintata e a quell’ora deserta in quanto chiusa al pubblico durante la notte.
Essendo impossibile non notarli, dato il loro numero, pensavo che il Comune fosse già a conoscenza della situazione, ma ho voluto comunque segnalare anch’io quella situazione non certo salubre del centro cittadino, essendo i ratti portatori di diverse malattie, oltre a non essere un bel biglietto da visita per i turisti che giungono in città la sera dalla vicina stazione ferroviaria.
La presenza di immondizia, non tolta a fine giornata o gettata dall’esterno della cancellata da cittadini senza un minimo senso civico, non favorisce poi il tutto.
Evidentemente durante il giorno i ratti stanno per lo più rintanati nelle tane per poi uscire la sera quando il giardino viene chiuso al pubblico, penso per impedire atti vandalici, essere un punto di ritrovo per la malavita e un stazionamento di senzatetto con conseguente potenziale aumento del suo degrado anche da un punto di vista igienico: attualmente sembra tuttavia che quella cancellata serva anche a far sì che quei ratti possano scorrazzare senza alcun timore, incuranti addirittura dei passanti che transitano sul marciapiede esterno al giardino! Comunque i buchi delle loro tane risultano sempre visibili: ad esempio, molteplici ed enormi fori nel terreno si possono ben vedere (a destra) subito dopo l’ingresso in corrispondenza di via Roma di quella cancellata che racchiude il giardino: ieri sera li ho notati in quanto, vicino a essi, stazionavano alcuni di quei ratti.
Nel giro di meno di un’ora ho ricevuto una risposta anche dalla Unità Operativa Igiene Urbana e Ciclo dei rifiuti: “Presso l’area indicata, ormai da tempo, sono in corso periodiche derattizzazioni. La prossima avrà luogo il mese corrente, precisamente a partire dal giorno 16/05, salvo condizioni metereologiche avverse. Proprio nel tentativo di debellare la problematica, seguiranno ulteriori interventi con cadenza mensile. A titolo collaborativo, le chiediamo cortesemente, di inviarci ulteriori segnalazioni qualora dovesse continuare a riscontrare la presenza di tale problematica. Nel rimanere a disposizione, porgiamo cordiali saluti. ACI“
Non ho potuto che rispondere come segue, nel ringraziare e sperando che vengano intraprese le dovute operazioni di bonifica: “Vista la permanente diffusione del fenomeno, pur non essendo del mestiere oserei dire che la cadenza degli interventi dovrebbe essere intensificata: la derattizzazione, che mi dite essere effettuata mensilmente, non sembra proprio dare i risultati desiderati e almeno ora è del tutto insufficiente. Infatti, ho letto che i ratti si riproducono principalmente in primavera per cui direi che gli interventi dovrebbero essere effettuati con cadenza ravvicinata soprattutto in questo periodo. In tutta la mia vita, in nessun luogo cittadino (ma forse nemmeno in campagna) non ho mai visto una densità di ratti così elevata come quella da me personalmente riscontrata ieri sera!“
Invito quindi tutti voi, se passate la sera in piazza Carlo Felice a Torino, di buttare un occhio all’interno del suo centrale giardino (chiuso la sera) attraverso le sbarre che lo circondano: se, come è successo a me ieri sera, vedrete molteplici ratti, segnalatelo anche voi all’Ufficio Relazioni con il Pubblico di Torino, magari allegando qualche foto scattata con il telefonino: ce ne saranno probabilmente talmente tanti che non sarà difficile riprenderne alcuni! Forse solo ricevendo molteplici segnalazioni/lamentele dai cittadini, le autorità competenti saranno più stimolate a intervenire con tempestività e adeguata frequenza.
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Non sembra sia un fenomeno isolato e neppure solo recente. Si trovano, infatti, diversi articoli al riguardo e anche altri relativi al degrado del bel giardino di piazza Carlo Felice:
Esiste una sezione apposita nel sito del Comune di Torino relativa a dell’operato di AMIAT, laddove venga segnalata la presenza di topi, scarafaggi, blatte, nidi di vespe o calabroni presso aree pubbliche e aree verdi della Città di Torino. Qui si legge: “Ricevuta la segnalazione, il Servizio Ciclo dei Rifiuti provvede tempestivamente ad inoltrare la richiesta di accertamento all’AMIAT. Il servizio di derattizzazione/deblattizzazione si può dire concluso dopo 45 giorni lavorativi: le esche vengono infatti posizionate ogni 15 giorni, per tre volte. Nel caso invece della rimozione di un nido di vespe/calabroni, l’iter è, ovviamente, più breve!
Dove non si interviene? Nelle aree private e nei cantieri. Per quanto riguarda le aree private (abitazioni, cortili, aree verdi condominiali…) la Città non ha titolo per intervenire. Bisogna quindi contattare direttamente una ditta privata. Per aree di cantiere, aree dismesse, abitazioni abbandonate… è necessario fare la segnalazione al Corpo di Polizia Municipale (per l’accertamento della proprietà e il conseguente inoltro delle risultanze al Settore Regolamentazione Sanzioni Contenzioso Sanità che può emanare specifica ordinanza a carico del proprietario/titolare dell’area).“
P.S. 15/5/2023 – Ricevuta email in cui mi viene notificato che, a seguito di diverse segnalazioni, hanno attivato una derattizzazione straordinaria caratterizzata da tre interventi consecutivi (16/5/2023; 1/6/2023; 16/6/2023). Quindi segnalare serve!!!
Avevo già anni fa scritto un post relativamente all’applicazione Microsoft Assistenza rapida [ENG: Quick assistance] che consente assai agevolmente di ricevere/dare assistenza da remoto da un PC con Windows 10/11. Da un po’ di tempo questa applicazione, che era presente nella cartella Accessori Windows [ENG: Windows accessories], è stata pubblicata come app scaricabile dal Microsoft Store e vi invito quindi a scaricarla/aggiornarla. Il suo funzionamento non si era inizialmente modificato da un punto di vista dell’interfaccia utente, anche se probabilmente era già stata ottimizzata nel tempo: quindi inizialmente le procedure descritte in quel vecchio post continuavano a valere ma da qualche mese si sono modificate.
Questo post intende quindi mostrare la nuova interfaccia e la procedura ora da seguire: sebbene risulti intuitiva, essendosi modificata, potrebbe inizialmente portare a una qualche confusione!
Sia per chi fornisce assistenza sia per chi la riceve, l’app da lanciare è sempre Assistenza rapida:
Chi intende fornire assistenza, deve premere il pulsante Aiuta qualcuno, inserire la propria email del proprio account Microsoft e attendere un codice da comunicare alla persona assistita che dovrà inserirlo sul proprio PC nella sezione Ottieni assistenza: premendo il link Fornisci istruzioni si può giungere eventualmente a una pagina utile per fornire all’assistito istruzioni utili per potersi far aiutare!
Fino a qui, a parte la grafica, la procedura è molto simile a quella pregressa. Tuttavia dopo che l’assistito ha inserito il codice fornitogli dall’aiutante e accetta di richiedere l’aiuto, inizialmente viene solo condiviso il suo schermo: l’aiutante deve premere il pulsante Richiedi controllo (ora collocato in alto) e l’assistito premere il pulsante Consenti che viene mostrato sempre in alto sul suo schermo (o in alternativa quello Nega): in ogni momento una qualsiasi delle parti può decidere di abbandonare tale condivisione premendo il pulsante Abbandona.
Si noti che sono poi presenti, sempre nella barra in alto, alcuni pulsanti che consentono di avere a disposizione e attivare ulteriori funzionalità:
Puntatore laser: proietta sul monitor dell’assistito un puntino rosso (simulando l’effetto di un laser)
Annotazione: consente di tracciare linee e disegnare
Chat: apre lateralmente una chat con la quale potersi scambiare messaggi
Seleziona schermo: qualora il computer dell’assistito sia collegato a più schermi, consente di selezionare quello su cui si desidera operare da remoto
Riavvia e riconnetti: consente un riavvio del computer remoto con la successiva riconnessione tra assistito e assistente
Sospendi: consente di sospendere temporaneamente il collegamento, evitando temporaneamente la condivisione e la conseguente trasmissione di dati, con la possibilità poi di riprendere il collegamento quando si desidera senza più la necessita di effettuare tutta la procedura di scambio del codice dell’assistente
Gestione attività: consente direttamente di aprire nel PC dell’assistito la finestra di Gestione attività
Sebbene venga proposto a chiunque dalla pubblicità di Amazon anche via email di iscriversi ad Amazon Business, per poterlo fare è indispensabile possedere una partita IVA, e questo può risultare logico ed evidente ai più. Quello che può non essere subito chiaro sono i vantaggi, ma soprattutto i potenziali svantaggi, questi ultimi forse non dovutamente pubblicizzati e che quindi si vengono poi a scoprire man mano utilizzandolo: d’altra parte difficilmente uno va a leggersi tutte le condizioni nel dettaglio (Ulteriori informazioni su Amazon Business) e probabilmente ci si limita a guardare quelle evidenziate che, ovviamente, pongono in risalto i seguenti vantaggi:
Fatturazione semplificata: filtraggio dei prodotti e venditori per ricevere le fatture dei tuoi ordini in automatico e direttamente nel tuo account
Sconti sulle quantità: approfittare degli sconti, a partire da sole due unità, su oltre 3 milioni di prodotti dei marchi più affidabili.
Business Prime: spedizione GRATUITA e illimitata per gli ordini idonei per tutti gli utenti del tuo business account, oltre a ulteriori vantaggi aziendali.
Questo post intende invece sia evidenziare gli svantaggi “scoperti” utilizzando poi concretamente Amazon Business da parte di una piccola azienda a conduzione familiare sia indicare come poter agevolmente ritornare, senza alcun problema e penalizzazione, al precedente account personale con abbonamento ad Amazon Prime. Infatti, talvolta gli indubbi vantaggi derivati nel passare a un account Amazon Business (probabilmente decisivi per una media/grande azienda), nel caso di una piccola realtà commerciale, non si rivelano poi tali da superare alcuni svantaggi: per questo, magari dopo qualche mese, si può poi decidere di tornare alla versione “personale” di abbonamento ad Amazon Prime.
Innanzitutto, se uno aveva un abbonamento Prime sul proprio account personale, nel convertirlo in uno Business, quello viene convertito in BusinessPrime sul nuovo account business: le condizioni del BusimessPrime sono tuttavia differenti dal Prime e sono specificate in questa pagina. Infatti, se uno visita quella pagina, dovrebbe notare che, sebbene venga mantenuta la consegna rapida gratuita e vengano aggiunte altre funzionalità specificatamente utili per un account aziendale (e.g. gestione di più utenti abilitati all’acquisto), mancano altri vantaggi invece presenti nell’abbonamento Prime di un account personalequali, ad esempio, PrimeVideo (film in streaming, accessibili anche su una smart TV),AmazonMusic (musica e podcast in streaming di un migliaia di brani, sottoinsieme – che per molti è più che sufficiente! – dell’abbonamento Amazon Music Unlimited), Amazon Photos (spazio illimitato per salvare le proprie foto), AmazonFresh (consegna di generi alimentari). Inoltre per tutti gli acquisti che uno effettua con un account Business viene generata una fattura intestata alla ditta e questo complica poi la loro gestione da parte del commercialista: per questo è assai conveniente effettuare con un account Business solo gli acquisti aziendali, escludendo quelli personali. Ne consegue che, soprattutto se uno desidera mantenere i vantaggi presenti solo in un abbonamento Prime di un account personale, anche se si ha un account Business è opportuno mantenerne anche uno personale… e questo ovviamente comporta il pagamento per entrambi di un abbonamento Prime dal costo annuale non indifferente (oltre a essere in progressivo aumento, pur aumentando i vantaggi associati: ultimamente si è passati da 36€ a 49,90€).
Come sempre, contattando l’efficiente servizio clienti Amazon vengono fornite tutte le indicazioni su come agevolmente ritornare a riavere un account “personale” dopo essere passati ad averne uno “Business“, informazione tuttavia non del tutto agevole da trovare navigando sul sito Amazon e perciò da me riportata nel seguito: si può riconvertire, in qualsiasi momento, un proprio account Business in un account personale andando nella seguente pagina del sito Amazon:
Questo non comporta alcuna penalizzazione e il proprio abbonamento Prime viene nuovamente riconvertito da quello BusinessPrime: perciò, uno può decidere comunque di provare a convertire il proprio account personale in uno Business per sperimentare personalmente vantaggi/svantaggi, ben sapendo di poter comunque cambiar idea in ogni momento senza subire penalizzazioni!
Oramai ci siamo quasi assuefatti a trovare sia strade sia marciapiedi dissestati e cosparsi di buche anche pericolose per la propria incolumità, per cui è d’obbligo stare molto attenti, soprattutto se si è di una certa età… ma non solo! Sarebbero opportuni maggiori interventi ovunque da parte delle amministrazioni, ma una maggiore attenzione dovrebbe essere spesa soprattutto per le condizioni dei marciapiedi molto frequentati, soprattutto quelli nei pressi di attrazioni turistiche di una città e quindi anche utilizzati da turisti stranieri, forse meno avvezzi rispetto a noi a porre sempre molta attenzione alle condizioni del selciato anche quando non dovrebbe essere necessario dato il luogo.
Quasi un anno fa, precisamente il 13/4/2022, avevo segnalato all’URP di Torino la presenza, nei pressi dell’ingresso del Museo del cinema e di fronte alla Mole Antonelliana, di una pietra completamente mobile e quindi assai pericolosa.
Avevo da poco assistito in diretta a una rovinosa caduta una turista straniera che si era inciampata battendo la faccia e facendosi quindi molto male. Io, come altri, l’avevamo soccorsa proponendole di chiamare un’autoambulanza. Dopo essersi ripresa sedendosi su una sedia, gentilmente offerta dal bar di fronte, aveva optato di non recarsi a un pronto soccorso e ci aveva solo chiesto di chiamarle un taxi per essere riportata in un camping nei pressi di Moncalieri: infatti, si trattava di una turista austriaca che, con il marito, era venuta a visitare Torino con un camper. Comunque, quando avevo detto loro che intendevo scrivere all’URP del Comune per lamentare delle condizioni pericolose di quel marciapiede, avevano acconsentito a farsi fotografare con i loro documenti: pur sperando di non avere successive conseguenze da quella caduta, in tal modo quella sarebbe stata documentata. Quel giorno, i due turisti erano già reduci da una brutta esperienza poiché, dopo avere visitato il Museo del cinema, non avevano più ritrovato una delle loro due biciclette, sebbene le avessero fissate entrambe con catena nei pressi della Mole, per cui stavano appena tornando dalla denuncia di quel furto.
Insomma, furto e rovinosa caduta (imputabile a un selciato molto sconnesso e con lastre instabili), sono certamente eventi che certo non lasciano in un turista un buon ricordo della città! Tra l’altro, il personale sempre di quel bar di fronte alla Mole che era intervenuto gentilmente a soccorrere l’infortunata, ci aveva detto che era quasi all’ordine del giorno per loro vedere persone che si inciampavano non solo in quella lastra instabile, ma anche in altre sconnesse e quindi comunque pericolose.
Il giorno dopo avevo quindi mantenuto la promessa e scritto all’URP allegando le foto scattate sia alla turista e all’evento sia al selciato sconnesso, sperando che tempestivamente si provvedesse alle dovute riparazioni:
Come ho sempre constatato, anche in quella occasione l’URP di Torino ha prontamente preso in carico la segnalazione diramandola all’ente più consono e rendendomelo noto via email. Certo quindi che si fosse provveduto, non mi sono più preoccupato di passare in quella zona che non frequento abitualmente, se non appunto per vedere qualche esibizione estemporanea al Museo del cinema.
Quattro mesi più tardi, precisamente l’8/7/2022 mi era poi giunta una successiva email che, scusandosi del ritardo di quella loro comunicazione, mi informava che “erano stati effettuati gli interventi di ripristino puntuali dei masselli smossi presenti nell’area pedonale a cura della squadretta di pronto intervento“. Sebbene assai stupito dei tempi di intervento della squadretta (tanto più quando definita di pronto intervento!), per un lavoro che personalmente avrei considerato assai urgente e dai tempi/costi non penso rilevanti, non avevo potuto che rispondere come segue, nel comunque ringraziare della loro gentile comunicazione: “Sebbene l’intervento non sia stato certo tempestivo come forse sarebbe dovuto essere vista la pericolosità dei masselli smossi e la loro specifica collocazione in area alteramente turistica, sicuramente apprezzo che, con le risorse a vostra disposizione (probabilmente non idonee a una maggiore tempestività degli interventi), abbiate comunque risolto la problematica in oggetto. Così agendo invoglierete sicuramente sia me sia altri cittadini a segnalare problematiche riscontrate nel nostro Comune, certi che siano prese in carico e risolte, migliorando conseguentemente il nostro territorio. Colgo l’occasione per manifestare il mio apprezzamento per il lavoro svolto dall’URP del Comune, da me contattata nel tempo in più circostanze e che ha saputo sempre veicolare le problematiche verso le istituzioni idonee a risolverle, con un esito positivo nella maggioranza dei casi“.
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Fino a questo punto il pregresso.
La scorsa settimana, dopo appunto circa un anno, sono ritornato al Museo del cinema per accompagnare dei bambini e farli salire in cima alla Mole, per loro sicuramente una prima bellissima esperienza.
Come ho già avuto modo di dire, non ero mai più passato in quel tratto di via e solo ora quindi non ho potuto che notare nuovamente il degrado di quella pavimentazione che, sinceramente, non mi sembra tanto differente da quella che ricordavo di avere visto lo scorso anno. Quella pietra instabile ora effettivamente non si muove più ma, come testimoniano anche solo gli scatti seguenti, lo stato del selciato non è sicuramente quello idoneo a quell’area pedonale di fronte al monumento simbolo di Torino e nei pressi dell’ingresso di uno dei musei più frequentati della città!
Ora non so dire né se l’intervento pregresso si fosse limitato a “fissare” quella singola lastra di pietra mobile (nella comunicazione, che mi era giunta in risposta al ticket, si parla di interventi di ripristino puntuali dei masselli smossi presenti nell’area pedonale, per cui mi sembrerebbe intendere che si era intervenuto su tutto quel tratto di selciato) e tanto meno se fosse stato eseguito a regola d’arte: sta di fatto che la situazione attuale mi sembra rimanere (o essere ritornata?) pericolosa e degna di attenzione da parte dell’amministrazione, come testimoniano anche solo i seguenti miei scatti:
La turista che un anno fa era caduta rovinosamente, forse perché già sconvolta dal furto della bici oltre che dalla caduta, aveva preferito non farsi portare in ospedale e magari tornare a fare un’altra denuncia, ma avrebbe benissimo potuto. Basta effettuare una semplice ricerca su Internet e si apprende, infatti, che in diversi casi questo è avvenuto in altre analoghe circostanze: ad esempio, nel Gazzettino – relativamente al Comune di Venezia – e nella Gazzetta di Mantova si leggono articoli (Buche nel selciato, Comune condannato a risarcire 70mila euro alle persone cadute; Ferita sui ciotoli sconnessi: il Comune la risarcisce) relativi a condanne subite da Comuni che quindi hanno dovuto risarcire le persone cadute. In verità, si trovano anche articoli in cui si fa riferimento a esclusioni di responsabilità in caso di mancata diligenza da parte del pedone, situazione che comunque mi sembra esuli dalla situazione in oggetto.
Ho avvertito nuovamente sia l’URP sia chi mi aveva notificato l’esecuzione del passato intervento, sperando che si intervenga nuovamente… possibilmente con maggiore tempestività se non si desidera aspettare che qualche altra persona, magari nuovamente un turista straniero, si faccia male e riporti a casa un brutto ricordo della nostra pur bella città!
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P.S. 17/4/2023
Devo ammettere che, dal momento che non avevo ricevuto alcuna notifica di ricezione della mia segnalazione dopo più di una settimana, incominciavo a temere che non avrebbe avuto alcun seguito. Invece, ho piacevolmente ricevuto oggi la seguente gentile email che mi rende noto che gli interventi di ripristino masselli e lastre nel tratto di area pedonale di via Montebello sono stati eseguiti a cura della squadretta di pronto intervento nelle giornate del 13 e 14/04/2023: tale sollecitudine dell’amministrazione deve invogliare ciascuno di noi a segnalare problematiche ed eventuali mancanze!!
Amici mi hanno avvertito di avere ricevuto notifica di una mia presunta condivisione di un post altrui di contenuto e provenienza dubbi ma sicuramente non appropriati!! 😣 Ovviamente non ero stato io a farlo e non riesco a comprendere come possano avere potuto se non rubando la mie credenziali in qualche modo: è vero che non la modifico da anni, ma non si tratta certo di una delle password che in teoria richiedono maggiore attenzione, anche se in verità veder mandare ai tuoi amici delle condivisioni di post altrui a nome tuo non è comunque piacevole!! 🤔 Resta in me il dubbio che il furto di credenziali sia stato fatto sui dati gestiti da Facebook stessa: infatti, io non ho salvato/condiviso la mia non banale password con alcuno e immagino che provando molte volte ad accedere a un account con tentativi errati, presumo che in automatico questo venga bloccato!!
Semmai potesse in futuro servire a qualcuno, nel seguito fornisco alcune indicazioni passo-passo su come agire per bloccare queste persone che impropriamente stanno utilizzando la tua utente Facebook per inviare condivisioni ai tuoi amici di Fb. Io stesso, infatti, mi sono scoperto impreparato quando, con mio stupore, il primo amico mi ha avvertito che aveva ricevuto una condivisione sospetta a nome mio, in cui tra l’altro risultava taggato: inserire infatti il tag di propri amici contribuisce a diffondere meglio quel loro contenuto!
1) Cambiare la propria password di Facebook. Con l’attuale interfaccia utente di Facebook, ho tribolato a trovare subito come cambiare la password, che è sicuramente la prima cosa da fare per arginare possibili e probabili ulteriori danni! L’interfaccia di fb cambia sempre e anche ora viene detto che presto il Centro gestione account verrà presto nuovamente modificato e realizzato sulle tecnologie Meta: https://www.meta.com/it-it/help/accounts-center/accounts-center-settings/. 🙄 Comunque, almeno fino a oggi, i passi da fare per modificare la propria password sono quelli mostrati nel seguito:
2) Sconnettere tutti i dispositivi che si autenticano in automatico sul proprio account Facebook, a esclusione di quelli che sicuramente riconosci come tuoi. Nel mio caso ho trovato elencati diversi dispositivi (troppi), alcuni dei quali con nomi strampalati (sequenza casuale di lettere!) e/o localizzati in posti strani da me non frequentati: io ho acceduto a Fb sempre solo con il mio smartphone Galaxy note 10+ e, raramente, dal il mio Surface solo da casa, a Torino! È vero che il nome della città indicato (su dove si troverebbe il terminale quando si è collegato al proprio Facebook) viene desunta dall’indirizzo IP e perciò talvolta potrebbe indicare una località anche assai distante, in base alla collocazione di dispositivi di rete del proprio provider Internet (e.g. Roma, Milano), ma alcuni luoghi indicati nel mio caso erano comunque perlomeno bizzarri! Conviene quindi sconnettere (quasi) tutti i dispositivi soprattutto quelli su cui si nutre qualche possibile dubbio, tanto eventualmente uno si può comunque poi riconnettere con la nuova password con quelli realmente propri. Sempre nella sezione Sicurezza e accesso, indicata al punto precedente, viene presentato l’elenco dei Dispositivi da cui hai effettuato l’accesso: cliccando sui tre puntini verticali presenti per ciascuno si può forzare la disconnessione del dispositivo relativo.
Scollegare tutti i dispositivi sospetti che si sono autenticati con il proprio account
Se poi si esegue il punto successivo che consiglierò, vale a dire l’attivazione della autenticazione a due fattori, verrà comunque richiesto in automatico se uno desidera disconnettersi dagli altri dispositivi: anche in quel caso, sempre cliccando sui tre puntini, si può effettuare la disconnessione di tutti quelli sospetti… o ancor meglio di tutti (Esci da tutte le sessioni).
3) Introdurre la verifica a 2 fattori per rendere più sicuro ogni futuro accesso da qualsiasi nuovo terminale. L’autenticazione a due fattori si basa sull’utilizzo congiunto di due metodi di autenticazione individuali: ad esempio prevede l’invio di un codice OTP sul proprio cellulare che assicura che il nuovo dispositivo sia uno su cui si desidera effettivamente autenticarsi su Fb. Nota che esistono comunque metodi di riserva per poter accedere anche se il metodo di sicurezza attualmente scelto non fosse disponibile, pur mantenendo non sufficiente l’utilizzo della sola password:
Le volte successive che ti dovrai autenticare su Facebook da un nuovo tuo dispositivo dovrai fornire la doppia autenticazione: ad esempio, se si accede da un PC verrà mostrata la prima schermata seguente e si dovrà approvare l’accesso da uno dei dispositivi già approvati, quale il proprio smartphone, agendo dall’app Facebook e andando a vedere nelle notifiche (icona del campanello, in alto a destra). Potrai poi decidere se memorizzare tale volontà per quel nuovo dispositivo/browser o meno.
4) Eliminare tutti i post/condivisioni che sono state fatti a nome tuo e a tua insaputa. Selezionare da I tuoi post tutti quelli non inviati da te e spostarli nel cestino (da svuotare successivamente).
Già che uno c’è, conviene verificare che sia attivato il controllo di essere avvertito quando vengono inseriti nuovi post in cui si sia taggati da qualcuno, per verificare che sia appropriato:
Non sempre le infrastrutture e le innovazioni in esse presenti tengono conto dei requisiti che gli utilizzatori desidererebbero… soprattutto quando si tratta di una minoranza che ha qualche disabilità.
In passato (i.e. Le nuove piste ciclabili di c.so Principe Oddone (Torino): ben 69 tombini per ciascun verso di percorrenza!) avevo evidenziato come in una modernissima pista ciclabile della mia città (con addirittura dei suoi semafori dedicati!), costruita ex nuovo su un ampio corso completamente rifatto, non si sia pensato che collocare più di un centinaio di tombini nel bel mezzo della stessa non sia stata certo una scelta opportuna e apprezzabile dai futuri ciclisti, soprattutto da quelli che utilizzano una bici da corsa!
Tre degli innumerevoli tombini collocati nella recente nuova pista ciclabile in corso Principe Oddone a Torino
Mi è capitato proprio oggi di notare un’altra assurdità relativamente a un nuovo innovativo sistema per richiedere l’attivazione a verde per ciascun semaforo pedonale, da poco installato in c.so Grosseto a Torino: anche in questo caso si tratta di un’infrastruttura da poco completata, rifatta dopo lavori durati anni. Come si può notare dalle immagini seguenti, il sistema è sicuramente assai innovativo rispetto ai classici pulsanti generalmente presenti per inoltrare la richiesta di attivazione del verde in un passaggio pedonale: ciascun dispositivo presenta non solo un display (che mostra l’opportuno messaggio a seconda dello stato della richiesta), ma addirittura un sistema touch per l’attivazione per cui, per inoltrare la richiesta di verde, basta sfiorare con la mano dove indicato: sull’icona a forma di mano o sul display? 🤔 A voi scoprirlo… anche se forse sarebbe stato più opportuno mettere anche una scritta, per togliere ogni dubbio a ogni nuovo utilizzatore di questo dispositivo dall’usabilità discutibile!! 🙄
Nel seguito la foto del nuovo sistema innovativo… paragonato a quello classico che utilizza un “semplice” pulsante, talvolta abbinato a un segnalatore acustico, secondo me assai più utile di un display:
A parte l’usabilità del sistema, questo presenta una grave mancanza di cui forse non mi sarei accorto subito se non fossi stato attratto dal seguente autoadesivo collocato da qualcuno su un palo adiacente: “Qua manca il segnalatore acustico, come ca**o fanno ciechi e ipovedenti?!”
Effettivamente, soprattutto in questo caso in cui si è fatto uso di tutto quel pò pò di innovazione, ci si è scordati che esistono anche persone ipovedenti: inserire in quel sistema anche un segnalatore acustico (irrilevante in termini di costi complessivi) avrebbe davvero fatto la differenza! 🤨 Un semplice economico pulsante per richiedere il verde, sarebbe stato poi addirittura più consono! Meno male che questo adesivo rosso lo ricorda a tutti e, in particolar modo a chi progetta le infrastrutture pubbliche…
La prima domanda che mi sono posto vedendo quell’adesivo è stata: da chi ha origine tale campagna? Forse da una qualche associazione di ciechi/ipovedenti? Leggendo il QRcode in esso presente, si è rediretti al sito www.allacieca.com da cui si scopre che il tutto nasce da un’iniziativa di un privato, emalloru, un videomaker che sogna di diventare autore e regista di una serie continuando a far roba su YouTube.
Sempre da quel semplice sito costituito da un’unica pagina, scorrendo la medesima verso in basso, è possibile non solo vedere un bel video su YouTube associato all’iniziativa (che riporto anche nel seguito), ma anche scaricare il pdf dell’adesivo: soprattutto se stampato su carta adesiva può essere proficuamente utilizzato (“fai ciò che ritieni opportuno“).
Probabilmente è stata anche una forma per pubblicizzare le capacità professionali di quella persona… ma ben vengano comunque queste iniziative! Avendola apprezzata (seppur venendone a conoscenza solo ora), nel mio piccolo con questo post desidero cercare di contribuire anch’io a diffonderla maggiormente: comunque il seguente suo video (a essa associato) ha comunque già diverse migliaia di like, indice dell’apprezzamento già di molte persone! 🙂 Ecco il suo bel video che ha collegato a tale pregevole iniziativa: da vedere!
Purtroppo questo non è uno degli esempi in cui chi progetta strutture pubbliche non sembra avere le competenze opportune per tener conto anche delle esigenze di componenti deboli della popolazione. Ad esempio, nella seguente foto (che mi ha condiviso un amico, scattata in via Andreis, nei pressi del Sermig) viene mostrato un altro caso: chi prevede un parcheggio per i disabili con il ciottolato, sicuramente non ha tenuto conto delle difficoltà di movimento di una persona su sedia a rotelle!!
L’assurdità di prevedere un parcheggio per disabili in cui ci sia il ciottolato
Oramai è all’ordine del giorno scoprire, anche per caso, che esiste un qualche “bonus” a cui magari si avrebbe anche diritto. Ad esempio, ho scoperto per caso proprio oggi che, se possiedi un autoveicolo che ha fatto la revisione lo scorso anno (2022), puoi richiedere un rimborso di ben quasi 10€. Ho letto che dovrebbe compensare l’aumento delle tariffe di revisione, pari alla stessa cifra (da cui forse il rimborso preciso di 9,95€ e non di 10€!! 🙄)… anche se poi in realtà non mi tornano i conti se è vero quanto ho letto altrove (i.e. Il contributo si riferisce alla revisione auto obbligatoria – all’art. 80, comma 8, del Codice della strada – che attualmente costerebbe 54,95€ ma, effettuandolo in un centro privato, si devono aggiungere sia l’IVA al 22% sia la tariffa della motorizzazione – 10,20€ – sia le spese postali – 1,78€ – per un costo complessivo ben maggiore cioè 79,02€).
Ho letto anche che, sebbene la piattaforma per richiedere tale “bonus” sia stata resa disponibile da gennaio 2022, non tutti (o poche persone? 🤔) ne sono a conoscenza, per cui il governo ha deciso di prorogarlo anche per il 2023 con le stesse modalità.
Lo so, siamo al limite del ridicolo, e questo buono minimale ne è la più lampante prova: si tratta di un rimborso non solo irrisorio – usufruibile una sola volta e su un solo veicolo posseduto – ma, soprattutto, non per tuttiin quanto verrà datofino a esaurimento delle risorse disponibili. Vedere poi che un sito apposito è stato sviluppato solo a tale scopo mi fa personalmente rabbrividire. Si tratta, è vero, di un sito minimale ma, comunque, non banale. Infatti, oltre a consentire l’inoltro della domanda da parte del cittadino che si autentica con modalità sicure, ricava in automatico i dati relativi all’ultima revisione effettata sul veicolo di sua proprietà di cui è stata fornita la targa (con quindi verifica del proprietario del veicolo e data della revisione), consente di controllare lo stato di avanzamento della pratica, fornendo la possibilità di ottenere assistenza in caso di bisogno, utilizzando eventualmente il codice fornito al momento della domanda. Viene anche invuata una mail quando viene poi versato il contributo sul proprio conto corrente indicato:
😳 🤭 Un’idea dei costi di sviluppo di quel sito me li posso immaginare…
Sono poi riuscito a trovare quanto ammonta lo stanziamento deciso per questo “bonus”: 4 milionidi euro per il triennio 2021-2023 per cui a beneficiarne potranno solo essere circa 402 mila persone… le più veloci a presentare domanda!!! … ma sembra che non molti lo sappiano dal momento che le risorse stanziate non sono ancora state terminate!!
Viene da chiedersi: ma i soldi stanziati per questo buono, non potevano essere meglio impiegati in modo più equo e altri ambiti, magari per le spese della Sanità o dell’Istruzione??
Comunque, anche solo per verificarne la procedura adottata, ho voluto provare a richiedere tale rimborso e questo post mostra come, assai agevolmente, sia riuscito a inserire tale domanda.
Cliccare di aver preso visione delle condizioni generali, file di due paginette che si può scaricare e leggere agevolmente. In particolare da quello si deduce che “Per l’erogazione del contributo si fa riferimento alle istruzioni fornite nel documento “Manuale Utente” disponibile nell’apposita pagina del sito web https://www.bonusveicolisicuri.it Il contributo richiesto attraverso le apposite funzionalità è destinato all’utenza che ha effettuato la revisione del proprio veicolo secondo quanto previsto nel suddetto decreto. Il contributo è riconosciuto per un solo veicolo e per una sola volta. I contributi sono assegnati secondo l’ordine temporale di ricezione delle richieste fino a esaurimento delle risorse disponibili“. Quindi, se uno desidera ottenere tale bonus, seppur minimale, conviene che lo richieda al più presto, prima che le risorse rese disponibili si esauriscano!
Dalla homepage del sito Bonus Veicoli Sicuri si apprende poi che dalle ore 9:00 del 3 aprile sarà possibile richiedere esclusivamente il contributo per revisioni effettuate nel corso del 2023 e non più del 2022: motivo? 🤔😶
Si noti poi che, anche se uno è in possesso di uno o più autoveicoli, non è detto che nel 2022 abbia effettuato una revisione, dal momento che questa è obbligatoria ogni 2 anni (a parte il caso particolare in cui uno abbia un’auto nuova appena immatricolata, nel qual caso si deve fare dopo 4 anni).
Dopo essersi autenticato e avere confermato di aver letto le condizioni generali, si deve selezionare la tipologia del proprio veicolo e indicarne il numero di targa (per le minicar 50cc è necessario inserire il CIC riportato sulla carta di circolazione e selezionare la categoria Ciclomotore). Se nel 2022 non si è effettuato per quel veicolo alcuna revisione, viene notificato che non si ha attualmente il diritto al rimborso. Invece, qualora uno inserisca la targa di un veicolo per cui è stata effettuata la revisione nel 2022, si presenta una pagina che, oltre a indicare la data precisa in cui si era effettuata tale revisione, consente di indicare il proprio IBANsu cui verrà effettuato l’accredito del “bonus”… sempre che, come indicato nelle condizioni generali, non siano esaurite prima le risorse disponibili, essendo tali contributi assegnati secondo l’ordine temporale di ricezione delle richieste. Mi verrebbe da dire che, trattandosi di un importo predefinito, così come lo stanziamento, dovrebbe essere bloccato l’inserimento di tale richiesta se già si è raggiunto il tetto massimo di copertura previsto… 🙄
Ricercando in rete ho trovato anche queste ulteriori precisazioni: “l’intestatario o cointestatario del conto deve coincidere con il richiedente o con la denominazione sociale in caso di incaricato di società. In caso di veicolo cointestato, il rimborso deve essere richiesto dal primo co-intestatario presente sulla carta di circolazione. In caso di errori, è possibile eliminare la richiesta entro 3 giorni dall’inserimento e inserire successivamente una nuova domanda corretta.“
Come d’altra parte specificato sempre nelle condizioni generali, risulta impossibile inoltrare una medesima richiesta per un altro eventuale veicolo in proprio possesso (seppure anche per quello si fosse effettuata la revisione nel 2022) in quanto si tratta di un contributo riconosciuto per un solo veicolo e per una sola volta.
Una volta confermato di voler procedere all’inserimento della richiesta, si può poi andare a visualizzare tale richiesta con tutti i suoi dettagli. Eventualmente si può anche eliminare, sebbene non mi sia chiaro perché uno a questo punto dovrebbe volerlo!
Ora non mi resta, sembra, che attendere che mi venga effettuato il bonifico di quel “bonus” sul mio conto… per poi potermi andare a prendere, con quell’importo, forse una pizza da asporto e una bibita!
That’s all, folks!!
P.S. Ho da poco effettuato la revisione alla seconda macchina e ho verificato che non è effettivamente possibile chiedere nuovamente il bonus avendolo già richiesto per l’altra: d’altra parte le indicazioni fornite nel sito dedicato erano chiare. Tuttavia, dal momento che il personale del Centro Revisioni in cui mi sono recato mi aveva assicurato che quel bonus potevo richiederlo (già dal giorno seguente) per tutte le mie macchine revisionate, ho voluto comunque provare!
Molto spesso oggetti, anche elettrodomestici, di uso comune hanno componenti in plastica che generalmente sono i primi a rompersi anche solo in caso di una caduta o per usura. Anche in questo caso, spesso è arduo se non impossibile trovare quel pezzo rotto di ricambio, e si deve buttare via un oggetto magari solo per quella rottura di quel piccolo componente comunque indispensabile. Vale dunque la pena cercare di rimediare in qualche modo e provare a ripristinare quel componente di plastica. Generalmente l’utilizzo di una semplice colla risulta non adeguato, sebbene uno provi a usare anche colle più che resistenti quali Loctite Super Attak Power Gel Control (di cui consiglio di acquistare quella indicata nel link che presenta un meccanismo a pressione laterale che consente un miglior utilizzo e garantisce di poterla riutilizzare anche in successive occasioni, cosa che difficilmente si può fare con la versione in tubetto).
Chi ha praticato, magari in gioventù come me, il modellismo, probabilmente sa che esiste un altro modo per incollare in modo permanente pezzi di plastica: si tratta di un liquido in grado di sciogliere un po’ la plastica di entrambi i bordi dei pezzi da attaccare insieme che quindi si “fondono” poi insieme diventando un tutt’uno indivisibile. Se si va in un negozio di modellismo o si cerca su Internet “colla plastica per modellismo” si trovano diversi prodotti a tale scopo. Anche in questo caso, consiglio di scegliere non quelli in tubetto, bensì uno di quelli dentro un contenitore comprimibile e che presenta un beccuccio (i.e. ago di metallo bucato) idoneo a rilasciare adeguatamente il prodotto senza per di più rischiare poi di incorrere a problematiche per un futuro suo riutilizzo. Il beccuccio (i.e. ago bucato) ha un coperchietto che si svita e che poi deve essere riavviato il prima possibile. Sebbene vengano chiamate “colle”, in realtà penso siano più liquidi che agiscono su alcune plastiche portandole temporaneamente ad uno stato “gommoso”.
L’utilizzo di questa tipologia di prodotto differisce un po’ da quello di una generica colla, ma risulta comunque assai semplice. Si sparge un po’ del liquido gelatinoso su entrambe le parti di plastica che si desidera unire, dopo ovviamente averle ben pulite e asciugate. Si attende qualche minuto (e.g. 3 min) per dare tempo alla plastica di sciogliersi un po’ per azione di quel componente. Una volta unite le due parti, si deve tenerle opportunamente pressate con le mani per qualche minuto fino al successivo indurimento del materiale. Conviene poi lasciare il tutto per qualche tempo (e.g. almeno un’ora) per assicurarsi che la “fusione” si sia ultimata e il tutto sia indurito completamente.
Da sottolineare che non tutte le tipologie di plastica reagiscono a quel prodotto e quindi si sciolgono un po’ quando vengono al suo contatto, consentendo quindi una loro successiva “fusione”: generalmente vanno bene plastiche dure, come appunto quelle utilizzate nei modellini da comporre. Generalmente il metodo più conveniente da utilizzare per sapere se la plastica del proprio oggetto sia tra quelle compatibili o meno, è quello empirico, vale a dire provare!!
Ultimamente ho utilizzato questo metodo per aggiustare un frullatore a immersione dove il pezzo di plastica su cui regge l’asta della lama, si era staccato: per ora sta reggendo bene alle sollecitazioni della lama sebbene siano notevoli. In passato l’ho proficuamente utilizzato questa metodologia per aggiustare diversi oggetti di plastica, principalmente giochi ma non solo!
Qualora l’oggetto di plastica sia spesso e non di piccole dimensioni (e.g. paraurti di un’auto), si può anche prendere in considerazione l’utilizzo di saldatori per plastica. Questi scaldano dei perni metallici che, fondendo la plastica, si innestano nell’oggetto da riparare/rinforzare.
Relativamente allo SPID ho già scritto diversi post anni fa e penso sia esperienza comune che non sempre si tratti di una procedura agevole di autenticazione, sia per ottenerlo sia per utilizzarlo: anche avendo compreso bene la procedura necessaria (tra l’altro diversa a seconda del provider utilizzato per quel servizio) non di rado ci si imbatte in problemi che rendono impossibile l’autenticazione senza prima effettuare alcuni accorgimenti (e.g. aggiornamento di app, sua completa installazione e configurazione da zero, nel caso di PosteID). Tra l’altro, mentre inizialmente, anni fa, la richiesta di uno SPID risultava gratuita (veniva pagata dallo Stato??), attualmente ha un costo, sebbene minimo (e.g. per PosteID, il costo del servizio d’identificazione in ufficio postale è pari a 12€, iva inclusa). Vedi questi miei articoli per saperne di più. Si noti poi che, se la carta di identità (e.g. magari ancora una cartacea) fornita nella registrazione del proprio SPID sta per scadere, si dovrebbe ricevere una email che sollecita di indicare i dati relativi a un documento d’identità valido, da sostituire quello precedentemente fornito che sta per scadere: diversamente l’utilizzo di quello SPID verrà sospeso alla scadenza di validità del documento fornito!! Insomma, se uno si è affidato unicamente allo SPID per accedere ai siti istituzionali, si può trovare da un momento all’altro nell’impossibilità di potersi autenticare e quindi di poter usufruire di servizi assai importanti non solo per un comune un cittadino (e.g. dichiarazione dei redditi, INPS), ma anche per un professionista (e.g. geometra, avvocato) che ne faccia un uso anche per accedere a informazioni utili per la sua attività lavorativa. Si noti che per fortuna viene accettato come documento d’identità, oltre alla Carta d’Identità (cartacea o elettronica), anche il passaporto o la patente… sebbene ovviamente non è scontato che uno ne possegga uno (mentre il possesso della Carta d’identità è obbligatorio).
Ho già detto precedentemente che l’utilizzo della Carta d’Identità Elettronica (CIE) è, a mio parere, il metodo di autenticazione più agevole… ma resta il problema che, oltre a possederla (molti hanno ancora una Carta di Identità cartacea che magari scadrà anche tra più di due anni!), è necessario possedere almeno uno smartphone dotato della funzionalità NFC (comunque ora sempre più presente anche nei modelli economici), che deve ovviamente essere abilitata quando si desidera effettuare la lettura contactless di quella carta avvicinandola al telefonino: esiste anche la possibilità di utilizzare la una modalità desktop con mobile in cui l’accesso al servizio avviene da computer, utilizzando il proprio smartphone (dotato d’interfaccia NFC) per la sola lettura della CIE utilizzando l’app CieID. In alternativa, si può sempre collegare a una porta USB del proprio PC un lettore NFC (di costo non indifferente) … ma quest’ultima mi sembra proprio l’ultima alternativa, sebbene ora esistano lettori sia NFC sia per chip (quindi utili per leggere sia la Carta d’Identità Elettronica sia la Carta Nazionale dei Servizi) che costano poco di più di un solo lettore NFC.
Infine, ma non irrilevante, è importante considerare i lunghi tempi di rilascio della CIE che attualmente sono, a mio parere, senza senso: anzi, almeno per le anagrafi di Torino, risulta praticamente quasi impossibile prenotare online per averla, dal momento che per tutte le anagrafi non risulta alcuna disponibilità di posti, per qualsiasi giorno/ora!!
Si legge nella pagina apposita del sito del Comune di Torino: “La CIE può essere richiesta: 1) per urgenze motivate e documentabili, senza appuntamento, presso l’Anagrafe Centrale di via della Consolata 23, presentandosi a partire dalle ore 11,30; 2) su appuntamento (da prenotare con le modalità sotto indicate) presso tutte le sedi anagrafiche.La prenotazione può essere effettuata tramite il portale ministeriale Agenda CIE. E’ possibile accedere al portale tramite credenziali SPID livello 1 o previa semplice registrazione. Tramite il proprio account è possibile prenotare fino a cinque appuntamenti, anche per altre persone, ad esempio i figli minorenni. Sia nel caso di persona minorenne che maggiorenne, è sempre necessaria la sua presenza allo sportello, munita di fotografia in formato cartaceo conforme agli standard ICAO corrispondente all’aspetto attuale“. Quali siano le urgenze motivate e documentabili non è del tutto chiaro anche se, sempre nella stessa pagina del sito del Comune di Torino c’è anche scritto: “Solo nel caso in cui la partenza sia prevista entro i successivi 10 giorni, la carta d’identità verrà emessa in formato cartaceo. Occorrono quindi 3 fotografie uguali conformi agli standard ICAO e corrispondenti all’aspetto (oltre alla documentazione indicata nei paragrafi precedenti)“.
Andando nel sito centralizzato a livello nazionale per cercare di effettuare la prenotazione online del rinnovo della Carta d’Identità (i.e. portale ministeriale Agenda CIE.), autenticandosi con SPID ed inserendo i propri dati (i.e. nome/cognome, codice fiscale, città di residenza), vengono mostrate le sedi dell’anagangfe della propria città in cui prenotare, già ordinate per default in base alla disponibilità di posti:
Una prima possibile problematica, che può nascere, è l’inserimento del Comune di residenza di chi richiede il documento, dal momento che questo deve essere necessariamente selezionato da un pannello di scelta a tendina che compare quando si inseriscono nel campo delle lettere che compongono il nome del proprio Comune, selezione che viene generalmente nascosta da una finestra di aiuto alla compilazione automatica di campi, funzionalità generalmente attiva di default in un generico browser. Perciò, anche scrivendo correttamente il nome del proprio Comune (e.g. Torino) o scegliendo da quei suggerimenti proposti dal browser il nome corretto, questo comunque non rimane presente nel campo (che richiede necessariamente di effettuare una scelta tra i nomi proposti nella finestra a tendina nascosta!): non essendo valorizzato quel campo obbligatorio, non viene consentito di proseguire nella richiesta (i.e. il tasto Continua rimane disabilitato)! La soluzione per ovviare a questo inconveniente, è quella di premere il tasto Esc(generalmente posizionato in alto a sinistra in una tastiera), che fa scomparire la finestra di suggerimento del browser, permettendo di vedere la finestra a tendina per la scelta del proprio Comune (elenco filtrato in base ai caratteri che uno ha inserito nel campo), consentendo quindi finalmente di selezionare il proprio Comune:
Tuttavia, inoltrando quindi tale richiesta, non si trovano quasi mai posti disponibili in nessuna delle anagrafi elencate! Infatti, nonostante i molteplici tentativi a diverse ore di qualsiasi giorno della settimana, la situazione da me sperimentata (e quindi penso analoga a qualsiasi cittadino) è quella mostrata nel seguito, in cui per tutte le sedi viene indicata un’icona di lucchetto chiuso e la dicitura “La sede non offre al momento disponibilità per prenotare un appuntamento. Si prega di riprovare in un secondo momento, altri cittadini potrebbero cancellare nel frattempo il loro appuntamento. Per ulteriori informazioni inerenti alla mancanza di disponibilità si prega di far riferimento direttamente alla sede“:
Tutte le sedi (ordinate già di default in base alle disponibilità di data) praticamente quasi sempre non offrono possibilità di prenotazione
Si noti che le sedi sono già ordinate di default in base alle disponibilità per data, per cui risulta inutile andare a vedere nelle pagine seguenti la prima, se già quella non presenta alcuna data idonea per una possibile prenotazione!!
Se poi si sceglie non il proprio Comune di residenza (e.g. Torino), bensì Comuni vicino a (e.g. Torino) si legge, per ciascuno: “La sede non offre al momento disponibilità alla prenotazione di appuntamenti per il rilascio della CIE mediante questo sistema“.
Da quella dicitura non risulta chiarose uno può recarsi senza appuntamento (dal momento che il sistema non lo consente), se questo deve essere effettuato mediante diversa modalità (e.g. recandosi personalmente in una di quelle anagrafi)… o se quell’anagrafe non è ancora attualmente in grado di rilasciare carte d’identità!! Mi sembrerebbe più verosimile la prima ipotesi, ma dubito che una persona residente a Torino possa andare in uno di quei Comuni (seppur appartenenti al medesimo Comune di Torino) per richiedere la propria CIE senza alcuna prenotazione e venga subito accolto senza problemi!🤔🙄 Si noti che, in questo caso in cui si è selezionato l’elenco delle anagrafi di Comuni vicini a…, è conveniente premere sopra la scritta Distanza (presente in cima alla relativa colonna), in modo da vedere elencati i Comuni appunto in base alla distanza dalla propria città di residenza, per eventualmente conoscere quelli più vicini, qualora si voglia tentare anche questa strada di recarsi personalmente in uno di quelli.
Insomma, mentre un tempo per rinnovare la carta d’identità cartacea bastava andare in una qualsiasi anagrafe della città di residenza con tre fotografie, il vecchio documento scaduto o in via di scadenza e in pochi minuti si otteneva il suo rinnovo (soprattutto se uno si recava in una delle anagrafi decentrate nel territorio, generalmente meno affollate), ora l’impresa è assai ardua, se non quasi impossibile.
Si noti che la CIE esiste da diversi anni e quindi direi che è trascorso da tempo quel possibile iniziale periodo transitorio, magari utile per risolvere problematiche evidenziabili soprattutto con la messa in campo di ogni nuovo sistema!! Si legge infatti da Wikipedia: “Il progetto della carta d’identità elettronica era previsto già dalle leggi Bassanini nel 1997, all’avanguardia rispetto agli altri stati europei. La prima fase venne avviata nel 2001 con l’emissione in 83 comuni di un primo modello sperimentale della CIE, per individuare problemi tecnici, legati al software e all’hardware, relativi all’emissione e all’utilizzo delle carte. Nel 2004 fu introdotto un secondo modello sperimentale della CIE (2.0), che ha fatto da versione pilota, in vista dell’allargamento su scala nazionale. Ma solo dal 1º gennaio 2006 la carta d’identità cartacea iniziò a essere sostituita, in alcuni comuni, da quella elettronica (articolo 7-vicies ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito della Legge 31 marzo 2005 n. 43)“.
Insomma, la centralizzazione nel rilascio della CIE sembra avere comportato decisivi disservizi che invece non si sono verificati nellanalogo sistema di rilascio centralizzato delle patenti. Infatti, quest’ultimo processo, iniziato da più tempo, si è rivelato fin da subito assai vantaggioso in termini sia di agevolezza nella richiesta sia di tempi di attesa. L’enorme differenza di qualità di servizio percepita dal cittadino nei due casi (i.e. rinnovo patente e rinnovo Carta di Identità) potrebbe verosimilmente essere dovuta al fatto che, nel caso del rinnovo patente, tutti i dati vengono inseriti da una delle molteplici autoscuole (o altro ufficio idoneo a tali pratiche automobilistiche), mentre nel caso della CIE il tutto è demandato alle poche anagrafi del territorio! Comunque, resta per me un mistero come mai il rinnovo cartaceo della Carta d’Identità, di un tempo, era assai meno problematico, seppur comportasse non solo l’inserimento di dati, ma anche una sua realizzazione fisica da parte dell’operatore dell’anagrafe! 🤔
Può capitare di dover ritrovare una vecchia email, magari inviata o ricevuta diversi anni fa: questo è quanto è successo a una mia amica che cercherò di aiutare con questo post che potrebbe comunque essere di utilità anche ad altre persone!
Innanzitutto è necessario tener presente che se uno utilizza per leggere la propria posta un’app o un client generico (e.g. Outlook), molto probabilmente quello ha una limitazione temporale nella ricerca (anche operando da PC) per cui, se si desidera trovare una email vecchia di anni, è necessario accedere al sistema di posta da un meccanismo direttamente fornito dal provider: sicuramente ne esiste uno accedendo da un qualsiasi browser a un indirizzo specifico del provider di posta. In particolare, nel caso di Gmail, l’indirizzo è https://mail.google.com/mail.
Accedendo quindi a quel sito e autenticandosi, si potrà procedere come indicato nelle seguenti figure effettuando i filtraggi più opportuni (e.g. per data – con relativo intervallo – , presenza di parole chiave, indicando il mittente, in quale cartella ricercare – e.g. se tra quelle inviate o ricevute) in modo da ottenere una lista di email sufficientemente esigua da poter poi individuare quella/quelle desiderate:
Ho già scritto in passato post in cui ho mostrato come sia possibile, con semplici ed economici accorgimenti, evitare di buttare via elettrodomestici o altri oggetti di comune uso (e.g. KRUPS ROTARY 500: come fare se i rivetti della lama per tritare si rompono alias come evitare di buttare via un ottimo tritatutto solo perché non esistono più i pezzi di ricambio!). Purtroppo spesso accade che se uno cerca di farsi riparare qualcosa, il costo e il risultato ottenuto non siano convenienti rispetto a buttarlo e ricomprarlo nuovo. A tale proposito, mi era servito di lezione quando, anni fa, avevo fatto riparare un frigo a cui non funzionava più il comparto refrigerante: avevo speso più della metà rispetto a comprarlo nuovo e, senza mi fosse stato specificato precedentemente, lo spazio già esiguo del reparto congelatore si era ridotto ulteriormente in quando nuove serpentine erano state installate al suo interno!! Conclusione: meglio cercare di provare a riparare personalmente un oggetto… magari con l’aiuto di un amico 😉
Questa volta si è trattato di un tipico asse da stiro a cui si erano dissaldati entrambi i tubi che rendono stabile il supporto: questo è un problema tipico di questo prodotto, indifferentemente dalla marca e dal prezzo. Infatti, si tratta sempre di tubi assai sottili che vengono saldati in automatico e che è impossibile risaldate successivamente, in quanto sarebbe inevitabile fondere quel poco di metallo di cui sono costituiti!
Che fare dunque, per evitare di buttare un asse da stiro ancora più che efficiente, se non fosse per quel piccolo problema, tuttavia essenziale per la sua stabilita?
Semplice: basta forare con un trapano i tubi laterali per far passare, all’interno del tubo dissaldato, un pezzo di asta filettata in acciaio inox (di diametro di 5mm va più che bene), opportunamente poi segata della lunghezza opportuna e fissata con dadi autobloccanti da ambo i lati (con opportuno uso di rondelle). Con un trapano, usando una punta da ferro, risulta assai agevole bucare i tubi laterali essendo assai sottili, così come tagliare l’asta della lunghezza giusta utilizzando una sega da ferro (dopo averla segata può convenire levigare un po’ li bordi per rendere poi agevole avvitare i dadi).
Penso che le figure seguenti (soprattutto quella in cui mostro, in semitrasparenza, l’asta filettata fatta passare all’interno) rendano bene l’idea di come fare, meglio di tante parole: le frecce rose indicano i punti in cui i due tubi di distanziamento si erano dissaldati.
Avevo scritto anni fa l’articolo Come crearsi gratuitamente online il proprio curriculum nel formato standard europeo in cui descrivevo come semplicemente fosse possibile crearsi un proprio curriculum vitae in un formato standard europeo, aggiornabile nel tempo e potenzialmente reso visibile online. L’autenticazione richiesta per accedere al sito in oggetto (https://europa.eu/europass/it) predisposto dall’Unione Europea, era tramite una semplice username _(la propria email) e una password che doveva essere modificata periodicamente: insomma un meccanismo di autenticazione standard!
Oggi ho cercato di accedere al medesimo sito per apportare delle modifiche al curriculum che avevo realizzato tempo fa e ho avuto la brutta sorpresa che, in nome di una presunta necessaria maggior sicurezza, è stata resa obbligatoria un’autenticazione a due fattori (2FA), vale a dire una gestione degli accessi e delle identità che richiede due forme di identificazione per accedere al sito per la creazione/gestione del proprio curriculum. Perciò anche qualora uno avesse già attivato un account [con con solo username (la propria email) e un password], ora se cerca di accedere al proprio curriculum magari per modificarlo, gli viene richiesto di attivare l’autenticazione a due fattori come descritto nella pagina apposita in quel sito, mostrata quando, cercando di autenticarsi normalmente con username/password) uno risponde (alla finestra di popup che compare) che non ha ancora attivato la 2FA:
Richiesta di attivare l’autenticazione a 2 fattori (2FA)
Se si risponde No alla precedente finestra di popup (indicando così di non avere eseguito l’autenticazione a 2 fattori), si viene riportati alla pagina in cui impostarla e non viene di fatto consentito l’accesso con la “vecchia” modalità con sola username/password!
Un video (unicamente in lingua inglese e con eventualmente attivabili i sottotitoli solo in francese!! 🤔🙄) spiega quella che definisce come una “semplice” procedura per attivare questo “più sicuro” metodo di accesso: si tratta di un video pubblicato con un sistema proprietario (THEOplayer), tra l’altro ho visto di costo non indifferente (perché non pubblicarlo gratuitamente sul più conosciuto e flessibile YouTube dove i sottotitoli in diverse lingue si sarebbero potuti creare assai agevolmente? 🤔).
Per chi ha già utilizzato metodi analoghi di autenticazione a due fattori (con un utilizzo di un’app apposita dal proprio cellulare con cui leggere un opportuno QR code mostrato a video) la procedura richiesta è effettivamente quella usuale, ma sicuramente per chi non è avvezzo a tali metodi informatici non penso sia un qualcosa di banale e privo di difficoltà. Mi chiedo quindi: ma era proprio necessario introdurre tale complicazione per l’accesso a un sito che sostanzialmente ti consente di realizzare/gestire il tuo curriculum in un formato conforme a uno standard accettato a livello europeo? La mia personale risposta (non solo come utilizzatore ma anche come professionista) è no.
Nel seguito fornisco alcune indicazioni utili per comunque riuscire ad attivare questo 2FA e finalmente magari poter accedere nuovamente al proprio curriculum non molti mesi fa, sperando possano tornare utili a chi come me è risultato un po’ spiazzato nel non riuscire subito ad accedere nuovamente al proprio curriculum realizzato online tramite quel sito istituzionale: si noti che probabilmente ti verrà anche richiesto di modificare la password in quanto è trascorso il tempo massimo per cui il sito considera valida quella inizialmente inserita… procedura noiosa, ma comunque semplice e usuale e che (a mio parere) garantiva già una più che opportuna sicurezza per l’accesso di quel sito, vista la tipologia di funzionalità da quello offerte.
Vediamo ora passo-passo come procedere ad attivare sta benedetta autenticazione a due fattori… 😶
Come indicato in una pagina del sito stesso, è innanzitutto necessario:
Scaricare l’app EU Login sul tuo telefono o tablet (IOS o Android).
App EU Login
Aggiungere un secondo dispositivo (smartphone o tablet) al tuo account EU LOGIN indicando quindi il numero del proprio cellulare con il prefisso internazionale (+39) e indicando un PIN di 4 cifre che dovrà essere inserito sia quando si leggerà con l’app EU Login il QR code che viene mostrato dopo aver confermato l’inserimento di tale numero sia tutte le volte che in futuro ci si vorrà autenticare per accedere a quel sito tramite quell’app EU Login. Io ho operato da PC per l’inserimento di tale numero per cui non ho avuto problemi a “certificarlo” facendo leggere (all’app EU Login sullo smartphone) quel QR code che viene mostrato sul sito acceduto da PC, ma tale validazione non saprei bene come potrebbe essere effettuata se uno volesse operare solo da uno smartphone (non si può certo leggere quel QR code mostrato in un browser sul display del medesimo smartphone in cui ho quell’app che dovrebbe leggerlo utilizzando la telecamera 🤔🙄!!).
Quando quindi si cercherà di accedere al sito https://europa.eu/europass/it si dovrà scegliere quel metodo di verifica tramite l’app EU Login. Lanciando quindi sullo smartphone l’app EU Login, comparirà sul telefonino una finestra che indica la presenza di una richiesta di autenticazione in corso e quindi, accettando di proseguire, comparirà una finestra di quell’app che richiede l’inserimento del PIN (o, in alternativa se uno lo aveva impostato, una autenticazione biometrica se attivata sul cellulare).
Nuovamente, si noti dalle figure seguenti come, nonostante uno abbia indicato di volere una interfaccia in lingua italiana, tutti gli avvertimenti continuano a venir mostrati solo in lingua inglese… 🙄 … magari sarebbe stato meglio che, anziché complicare inutilmente la procedura di accesso, avessero utilizzato del tempo di sviluppo per rendere effettivamente completamente multilingua questo sito finanziato dall’unione europea!
Comunque ora, finalmente, potrai riuscire nuovamente ad accedere al tuo curriculum se lo avevi già creato, o comunque entrare nella sezione che ti consentirà di crearne uno!!
______________________ P.S. 24/10/2023 Ho acceduto proprio oggi nuovamente al sito Europass: a parte il fatto che mi ha fatto cambiare la password in quanto scaduta, ho appreso con piacere che hanno tolto l’obbligo di quella autenticazione a due fattori che avevo incontrato tempo fa quando scrissi questo post: le lamentele di molti hanno quindi fatto il loro giusto effetto!
Search for “Device Manager” in your task bar search field.
Click on Windows Device Manager.
Scroll down to “System Devices,” and click the right-facing arrow to open the menu.
Scroll down in that menu until you find “Microsoft IR Camera Front.”
Right-click on “Microsoft IR Camera Front.”
Click to select Disable device.
Click Yes in the pop-up box to confirm your decision to disable the camera. You should see a small downward-arrow icon to designate that the device is disabled.
Ero a conoscenza già da tempo della presenza di piccole biblioteche in alcuni ospedali, ma è la prima volta che vedo sul sito di un ospedale, la possibilità di scaricare dei libri sul proprio dispositivo, semplicemente cliccando su un link di un elenco di titoli tra i più vari! Davvero una bella iniziativa che, tra l’altro, penso non costi più di tanto e sappia fornire un servizio davvero agevole da usufruire per i degenti che abbiano anche solo uno smartphone… insomma, tutti!
Già nei seguenti precedenti miei post avevo indicato alcuni modalità per ottenere e usufruire gratuitamente di libri e audiolibri e questo post aggiunge un’ulteriore possibilità:
Infatti, i libri in elenco nel sito ASL dell’Ospedale Martini di Torino, risultano comunque scaricabili e leggibili da chiunque acceda a quel sito, indipendentemente dal fatto che sia un degente o meno. Inizialmente pensavo ci fosse una qualche forma di controllo in base alla geolocalizzazione, ma poi ho verificato, operando da casa, che questa forma di controllo (almeno attualmente) non è applicata. Si noti, tuttavia, che quella sezione relativa ai libri non è presente nel classico sito istituzionale dell’ospedale (che presenta un’assai differente interfaccia utente), ma esistesolo nella sua versione per dispositivi mobili, vale a dire accedendoci con la URL associata al QR code che pubblicizza internamente all’ospedale tale iniziativa. Avevo poi anche pensato che ci fosse un controllo relativo alla tipologia di dispositivo su cui il browser utilizzato gira (nota: quando un browser accede a un sito, lo informa sempre sulla sua tipologia e versione, in modo tale che lato server, ad esempio, venga specializzata la pagina nel miglior modo in base alle sue caratteristiche e peculiarità), dal momento che, pur sempre utilizzando quella versione mobile del sito (https://mobile.ospedalemartiniqr.com), accedendoci dal mio tablet a cui ho collegato un monitor esterno di elevata definizione (3240 x 2160), la sua finestra principale si presentava completamente bianca, quindi priva di sezioni tra cui quella relativa ai libri: in realtà, si tratta solo di una non appropriata programmazione della pagina che non contempla un adeguato dimensionamento automatico dei suoi componenti in base alla dimensione/definizione del monitor su cui deve essere mostrata 🙄! Infatti, anche solo modificando opportunamente lo zoom della visualizzazione sul browser, vengono poi mostrati quei pulsanti desiderati anche sul mio display esterno ad alta risoluzione: utilizzando un normale monitor di un PC comunque non dovrebbero esserci problemi…
A parte questa potenziale problematica da me riscontrata dovuta a una non adeguata programmazione che contempli qualsiasi definizione di schermo, eccovi l’attuale elenco completo dei libri scaricabili gratuitamente. Si noti, tra l’altro, che esiste la possibilità di scegliere, per ciascuno, il formato desiderato (pdf, ebpub, mobi): qualora si disponga di un lettore Kindle (o anche solo dell’app Kindle, installabile gratuitamente non solo su smartphone ma anche su PC/tablet), la scelta più appropriata è sicuramente quella di scaricarne la versione mobi che consente una migliore interazione.
Ecco come si presenta, a titolo d’esempio, la pagina per poter scaricare il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, “Il Piccolo Principe“:
Un programma potenzialmente indesiderato o PUP è un tipo di software che è stato installato senza il consenso dell’utente, vale a dire senza averlo esplicitamente concordato. Sebbene i PUP e le applicazioni potenzialmente indesiderate (PUA) siano meno gravi di altri tipi di attacchi, sono comunque un tipo di malware che spesso includono funzionalità che compromettono la privacy, compresa l’installazione di motori di ricerca e applicazioni, nonché la disabilitazione delle misure di sicurezza sui computer. I PUP includono qualsiasi tipo di software che visualizza pubblicità intrusiva (adware), inietta il proprio contenuto pubblicitario sulle pagine Web visitate dall’utente o monitora le abitudini di Internet dell’utente per vendere informazioni agli inserzionisti (spyware).
Purtroppo alcuni SW pubblicizzati su Internet, soprattutto quelli proposti come gratuiti ma non solo, possono essere fonte di questa tipologia d’infezione. Perciò, prima d’installare un programma da fonti sconosciute è bene sospettare e affidarsi a siti ufficiali del fornitore. È opportuno anche leggere l’informativa sulla privacy dei programmi/app che si installano per verificare le autorizzazioni necessarie per installarli, verificando che rispettino la propria privacy.
Mi è capitato ultimamente di avere il seguente avvertimento dall’antivirus Windows Defender presente di default in Windows: rilevato PUAAdvertisisng:Win 32/Conduit . In particolare, anche cercando più volte di attivare le possibili azioni proposte (Metti in quarantena, Rimuovi), la situazione non cambiava e continuava inoltre a essere segnalata l’anomalia nell’o’iconcina a forma di scudo sempre presente nella toolbar in basso che presentava il cerchietto giallo con il punto esclamativo per evidenziare la presenza di un problema relativo alla sicurezza:
Segnalazione
Il file indicato come responsabile dell’infezione è uno che da tempo avevo su un HD esterno e che avevo scaricato come freeware da qualche sito (i.e. screenhunterfree.exe, probabilmente un “vecchio” tool per catturare porzioni di schermate video, sicuramente oggigiorno superato da molteplici funzionalità presenti di default in Windows): ovviamente ho subito cancellato tale file (che non avevo eseguito esplicitamente) e rifatto una analisi accurata di tutto il PC con Windows Defender… senza tuttavia vedere mutata la situazione. Ho provato anche a vedere se altri tool antivirus potessero risolvere il problema scansionando il PC con la versione gratuita di Malewarebytes, senza che però rivelasse nulla!
Probabilmente la minaccia non era più presente ma continuava ad essere segnalato un problema anche a livello di icona nella toolbar, e questo sicuramente era fastidioso anche perché poteva “nascondere” ulteriori nuove segnalazioni future. Come quindi risolvere? Ho finalmente trovato questo thread nel forum della Community Microsoft che consigliava di modificare, via linea di comando una impostazione di Windows Defender in modo da non solo rilevare un PUP ma anche gestirlo.
Basta aprire una Windows PowerShell (come amministratore) e lanciare il comando
Set-MpPreference -PuaProtection 1
Infine riavviare il PC: veniva detto che, così facendo, la prossima volta che Windows Defender individuerà un PUP, lo gestirà.
Effettivamente, la segnalazione di attenzione a livello d’icona nella toolbar era sparita e andando nella pagina di Sicurezza di Windows quella anomalia non risultava più evidenziata, sebbene fosse ancora specificato “Questa minaccia o app potrebbe non essere completamente risolta“. Dopo aver cancellato quell’eseguibile segnalato (i.e. screenhunter.exe) e controllato sia i servizi attivi sia i programmi installati (per verificare potenziali anomalie), penso che il problema sia stato risolto ed è quindi giusto che non continui a essere più segnalato da Windows Defender!
Anche dopo effettuando ricerche su Internet soprattutto nei forum specifichi di supporto di Microsoft, penso proprio di non essere il solo che sta avendo problemi nell’aggiornamento a Windows 11 di un PC, nonostante sia stato sollecitato a effettuare quell’upgrade in diverse occasioni, sia nella pagina di Windows Update sia addirittura ultimamente dopo averlo riacceso! Il problema comune riscontrato consiste nel fatto che l’installazione si blocca a una certa percentuale (e.g. 31%, 61%) e non riprende neppure aspettando per ore… Addirittura una volta mi è capitato (dopo avere applicato non so più quale dei workaround che elencherò nel seguito) che fosse arrivato a indicare la percentuale del 100% … ma poi comunque non terminasse completamente l”instsllazione anche dopo ore e neppure dopo un riavvio (che aveva invece riportato Windows Update a ripartire da zero, cioè a riscaricare nuovamente l’aggiornamento a Windows 11!!).
Nel seguente post cercherò di elencare una serie di operazioni che potrebbero risolvere il problema anche se, dico subito, nessuno degli interventi che suggerirò sono stati risolutivi nel mio caso specifico… per cui attualmente ho rinunciato a tale aggiornamento nonostante mi sia impegnato non poco e abbia interessanto per ben due volte il supporto tecnico Microsoft fornendo loro la possibilità d’intervenire da remoto sul mio Surface 6 Pro tramite l’app di Assistenza rapida. Il mio dispositivo è infatti, tra l’altro, un Surface 6 Pro, quindi un tablet realizzato da Microsoft stessa e questo rende il tutto ancor più incredibile. Anche dopo l’intervento da remoto dei tecnici di supporto, nonostante mi siano sembrate entrambe persone competenti che si sono spese per diverso tempo (ciascuno più di un’ora) nel cercare una soluzione alla problematica, l’unico suggerimento che hanno potuto darmi alla fine è stato quello d’inserire su una chiavetta USB il programma d’installazione di Windows 11 ed effettuare una “installazione pulita” da zero di quel sistema operativo. In questo caso, accedendo alla pagina UEFI del Surface, si deve modificare la sequenza di avvio, in modo da anteporre l’opzione di utilizzare il contenuto eventualmente presente in una chiavetta USB. [Nota – per accedere alla pagina UEFI di un Surface si deve prima spegnere il dispositivo per poi riaccenderlo dopo aver premuto contemporaneamente i pulsanti di accensione e aumento del volume: vedere questa pagina]. Ovviamente, il problema di utilizzare questa metodologia d’installazione consiste nel fatto che il sistema operativo viene completamente reinstallato da zero, con quindi la perdita sia di tutti i dati sia delle impostazioni pregresse. Come già detto, non avendo attualmente voglia di salvarmi tutti i dati e di riconfigurare il tablet (con relative connessioni NAS e quant’altro), per ora ho desistito, sperando che i prossimi pacchetti d’installazione risolvano questa problematica, tanto più fastidiosa in quanto non viene fornita neppure alcuna indicazione sul motivo del blocco tra l’altro a percentuali differenti a seconda se si cerca di effettuare l’upgrade da Windows Update o se si utilizza il pacchetto d’installazione scaricato dal sito ufficiale Microsoft.
Ecco le procedure che ho sperimentato e che anche voi potete provare, alcune suggerite dai tecnici Microsoft stessi o da MVP del forum della Community: magari nel vostro caso potrebbero essere risolutive!
Una cosa opportuna quando si cancellano file di sistema anche con i diritti di amministratore è sicuramente quella di creare un punto di ripristino a cui poter eventualmente ritornare se, involontariamente, si compromette il corretto funzionamento del sistema operativo:
Creare un punto di ripristino
Seconda cosa, dal momento che l’installazione risulta bloccata, è indispensabile in qualche interromperla: diversamente, anche dopo aver effettuato un riavvio, in Windows Update permane in corso benché continui ad essere indicata la medesima percentuale, così bloccando in attesa qualsiasi altro update eventualmente disponibile, anche uno relativo alla sicurezza (e.g. update dell’antivirus WindowsDefender). Per fare ciò è necessario fermare i processi di Windows Update e cancellare i dati relativi all’installazione in corso. Innanzitutto si devono fermare temporaneamente, andando in Servizi [cercare l’app Servizi con lente d’ingrandimento presente nella barra in basso – ed eseguirla cliccandoci sopra], i servizi Windows Update Medic Service, Windows Update, Windows Installer. Per fermarli (e per poi in seguito farli ripartire) basta cliccare con il tasto destro e premere dal menù Arresta (poi Avvia/Riavvia) o anche andare nella finestra di Proprietà e premere il tasto Interrompi (poi Avvia/Riavvia). Si può in alternativa lanciare dei comandi da Prompt dei comandi/PowerShell come amministratore:
Prompt dei comandi per far ripartire i processi di Windows Update
Andare quindi nella cartella dei file temporanei [e.g. C:\Users\nomeutente\AppData\Local\Temp] per cancellare tutti i file presenti: per aprirla velocemente basta premere con il tasto destro l’icona della bandierina in basso a sinistra, scegliere Esegui [EMG: Run], scrivere %temp% ed eseguire il comando. Dopo che si apre quella directory, selezionare tutti i file [e.g. ctrl+a] e cancellarli [e.g. shift+canc]. Analogamente eseguire sempre dalla finestra di Esegui il comando softwaredistribution che aprirà la directory C:\Windows\SoftwareDistribution dove di dovranno cancellare tutti i file con i diritti di amministratore. Riavviare tutti quei Servizi che si erano temporaneamente arrestati [Avvia/Riavvia].
A questo punto, soprattutto dopo un riavvio del PC [NOTA: non Arresta il sistema, bensì è bene sempre effettuare un Riavvia il sistema], il processo d’installazione in Windows Update non sarà più presente e si possono quindi installare nuovi aggiornamenti di Windows 10. Se non si intende proseguire in altri tentativi d’installazione dell’upgrade a Windows 11, può magari convenire selezionare l’opzione che si intende rimanere per il momento a Windows 10, in modo da far scomparire nella finestra di Windows Update la sezione che continua a invitare di passare a Windows 11!
Si può poi provare i seguenti altri tentativi:
Lanciare il servizio di risoluzione dei problemi di Windows Update. Non tutti sanno, non risultando particolarmente visibile, che esiste questa possibilità andando in Impostazioni -> Risoluzione problemi -> Strumenti di risoluzione dei problemi aggiuntivi -> Rendi operativo Windows Update
Si può anche provare a fare un avvio pulito di Windows fermando tutti i servizi che non sono di Microsoft bensì di terze parti e che potrebbero influenzare il corretto andamento dell’aggiornamento a Windows 11: effettuare il riavvio dopo avere disabilitato temporaneamente l’avvio di tutte le attività non necessarie (e.g antiviruus, stampanti, servizi cloud ecc…): questi si dovranno ovviamente riattivare dopo il tentativo se non va a buon fine! Vedi anche Come eseguire un avvio pulito in Windows.
Si può poi scaricare, sempre dal sito ufficiale Microsoft, il programma d’installazione di Windows 11 e cercare di effetture l’aggiornamento non da Windows Update bensì lanciando il suo Setup.exe: si aprirà una finestra azzurra per iniziare il processo d’installazione: nel mio caso specifico, sebbene avessi fermato tutti i processi non Microsoft di cui sopra, non ha purtroppo portato al risultato sperato… anzi l’installazione si è fermata ancor prima che operando con Windows Update, vale a dire già al 31%!!
Per contattare poi il supporto Microsoft gratuito e far operare loro da remoto (sperando sempre che l’esito sia migliore di quanto sia avvenuto per il mio caso) si può procedere, nel caso di un tablet Surface, dall’app omonima: un’attesa minima e un massimo supporto!
Se si ha un PC/tablet non Microsoft, si può comunque attivare l’aiuto di un loro tecnico dal sito di supporto di Microsoft sebbene, in questo caso, non abbia personalmente sperimentato l’efficienza di tale procedura:
Avevo già scritto il post Correttore ortografico e grammaticale per l’italiano in cui avevo mostrato come avere un correttore non solo ortografico ma anche grammaticale quando si scrive iin italiano sia in un editor sia in un browser. In particolare, in quel post avevo descritto le seguenti possibilità:
In questo nuovo post aggiungo, come possibile alternativa scoperta proprio oggi, la possibilità di utilizzare un’altra estensione del browser Edge, realizzata da Microsoft stessa e che può tornare utile per effettuare la correzione di scrittura in qualsiasi lingua quando si utilizza quel browser: Editor Microsoft: il correttore ortografico e grammaticale.
Si noti che, se già si era installato un altro correttore come estensione di Edge, questo può entrare in conflitto, per cui è opportuno lasciarne attivo solo uno: conviene quindi disabilitare l’altro e lasciare attivo quello che si considera migliore per il proprio utilizzo, dopo avere ovviamente provato entrambi in momenti differenti!
È opportuno lasciare attivo una sola estensione che effettua il controllo ortografico e grammaticale
Lasciare abilitata solo una delle estensioni che effettuano una correzione del testo inserito
Come tutte le estensioni, anche questa può essere personalizzata scegliendo, ad esempio, su quali lingue si desidera operi: opzioni, proprietà.
Posizionando il cursore sopra la parola sottolineata in rosso, viene suggerito dall’Editor Microsoft, le possibili correzioni, fornendo anche una descrizione del significato della parola suggerita, caratteristica interessante non presente generalmente nei correttori.
Possono essere impostate più lingue e la correzione viene suggerita considerando entrambe: questa è un’altra sua caratteristica peculiare.
Parole suggerite come correzione, con descrizione del loro significato. Se impostate più lingue, le correzioni vengono suggerite considerandole tutte (e.g. IT
In conclusione, come correttore ortografico e grammaticale su Edge, meglio l’estensione Editor Microsoft o Language Tool? Direi che sono da provare entrambi, per poi effettuare una propria scelta personale: infatti, ciascuno ha peculiarità differenti!
Essenziale, a mio parere, è comunque avere un correttore attivo anche quando si scrive su un browser…
Ho da poco acquistato il bel libro di Paolo Anessi su Teoria e Armonia per tutti che mi è sembrato assai valido già dopo aver ascoltato la presentazione fatta online dall’autore stesso: uno dei suoi punti di forza sono sicuramente gli innumerevoli audio/video resi disponibili online. Tuttavia, una volta ricevuto il libro, ho notato che veniva fornito solo il questo link che rimanda a una playlist su YouTube di ben 207 elementi, tra audio e video… scaricabili solo singolarmente! È vero che si possono ascoltare/vedere in streaming, ma è sicuramente meglio averli in locale non solo perché non si spreca banda e li si può avere a disposizione sempre anche quando non c’è una connessione a Internet, ma anche perché non viene garantito che rimarranno disponibili per sempre (viene esplicitamente detto “fino a quando il libro sarà disponibile a catalogo“, quindi molto probabilmente per anni, ma non è detto per sempre!). Esistono poi su YouTube, del medesimo autore, anche gli altri video relativi alla teoria e armonia, che si aggiungono a quelli specificatamente indicati dal link presente all’inizio del libro, relativi principalmente a file audio: anche queste videolezioni conviene scaricarle in locale per poterle meglio ascoltare ovunque… senza avere le innumerevoli interruzioni pubblicitarie periodicamente inserite da YouTube!
Ovviamente YouTube non consente di scaricare in locale una playlist, anzi neppure un singolo video se non abbonandosi alla sua offerta Premium: inizialmente viene presentata la possibilità di usufruire di un periodo di prova gratuito, senza rendere evidente quanto duri e quale sia poi il costo applicato successivamente, qualora uno non disdica: solo facendo un’opportuna ricerca si scopre poi che il periodo di prova è di un solo mese e, successivamente, il costo di tale abbonamento è di ben 11,99 €/mese, insomma non irrisorio.
L’opzione Scarica, presente su un singolo video di Youtube, risulta funzionante solo se si attiva un abbonamento Premium
Esempio di programma con notevoli limitazioni nella sua versione gratuita
Dopo un po’ d’installazioni/disinstallazioni di programmi, sono finalmente giunto a un programma che ha soddisfatto le mie aspettative, non avendo alcuna limitazione relativamente al numero di file della playlist e con un costo più che accettabile qualora uno desideri proprio scaricare la versione Full HD dei video: il programma è ByClick e nel seguito ne descrivo sinteticamente l’interfaccia assai intuitiva. Probabilmente non è il solo programma disponibile su Internet che fornisce tali funzionalità anche gratuitamente: avendo infatti raggiunto il mio obiettivo, non ho proseguito nella mia ricerca e qui mi limito a sconsigliare alcuni di quei programmi precedentemente da me testati in quanto o non hanno funzionato a dovere (almeno indicando l’URL specifica della playlist di mio interesse) [https://ddownr.com/] o si sono rilevati con troppe limitazioni nella loro versione base gratuita [4K Video Downloader].
Download di un singolo video/audio
La procedura per utilizzare ByClick per scaricare un singolo video (come MP4 o MP3) l’ho descritta già in How to locally download mp4 video and mp3 audio (from YouTube or other sites): Se ByClick è in esecuzione, se vai su un video di YouTube, apparirà una finestra popup che ti chiede se vuoi scaricare quel video (MP4) o solo il suo audio (MP3): in ogni modo puoi sempre copiare l’URL del video (click con il tasto destro e seleziona Copia URL video) per poi incollarlo nel campo appropriato (2) in ByClick e quindi premere il pulsante Scarica:
Download di un’intera playlist
Nel seguito mostro anche la semplice procedura per effettuare il download di un’intera playlist di cui si è copiata l’URL nella clipboard (cntl + c). In particolare, conviene impostare sia il formato mp4 se la playlist contiene sia audio sia video (vengono così scaricati entrambi i formati, sebbene gli audio risultino poi con estensione mp4) sia come qualitàla migliore. La URL la si può anche inserire a mano premendo il pulsante Incolla URL, ma (come già evidenziato) spesso il programma stesso rivela il video YouTube di interesse se lo si sta visualizzando su di un browser:
Analogamente per un’altra playlist pubblica di video associati a un altro libro, ricercando la sua URL e indicandola in ByClick (anche se generalmente la individua già lui e chiede semplicemente conferma d’iniziarne il download):
Nel seguito le funzionalità aggiuntive che uno eventualmente ottiene spendendo una cifra ragionevole:
P.S. 19/2/2023 – Per effettuare successivamente il download di playlist da una zona privata (sempre relativa a video associati a libri di corsi di musica che ho acquistato ma che prevederebbero un loro utilizzo in streaming), per riuscire nell’intento ho dovuto passare alla versione premium… con un costo per la versione senza limiti temporali giustificabile e assai inferiore agli abbonamenti visti per altri SW o di YouTube stessa (sebbene quest’ultima fornisca ulteriori servizi, e.g. play in background)! Anche questo SW consente perciò tutte le funzionalità gratuitamente solo per un certo periodo (e.g. 1 giorno), ad esempio quelle di download di playlist private!
Avvertimento dopo un mio tentativo di download playlist private dopo qualche giorno: con meno di 10€ ho comunque acquistato la registrazione senza limiti temporali
Talvolta può tornar utile aggiunge a un documento di Microsoft Word delle semplici notazioni musicali senza necessariamente dover ricorrere all’aggiunta di immagini grafiche, bensì utilizzando semplicemente dei font specifici.
La dimensione del simbolo inserito dipende ovviamente dal tipo di carattere originale ma, se si desidera ingrandirlo, come sempre è sufficiente selezionarlo e modificare la dimensione del carattere dall’apposito menu a discesa (e.g. 16 punti).
Alcuni simboli (semiminima singola/doppia, croma singola/doppia, bemolle, diesis, bequadro) sono già presenti andando nella sezione Inserisci del menù in alto, nella sottosezione a destra relativa ai Simboli: in questa troviamo due possibili tendine (Equazione e Simboli) da aprire e che mostrano gli ultimi utilizzati. Se non c’è ancora quello che interessa, si seleziona Altri simboli… per poi scegliere il simbolo desiderato presente in un particolare font. Nello specifico, quei simboli musicali si trovano nel font MS Gothic e per trovarli più velocemente si può selezionare Simboli vari nella sezione Sottoinsieme a destra:
Altri simboli utilizzati nelle notazioni musicali, quali Δ (utilizzato per indicare gli accordi maj7) e il Ø (utilizzato per indicare accordi semidiminuiti, i.e. -7b5) si possono trovare sempre nel font MS Gothic rispettivamente nel sottoinsieme degli Operatori matematici e in Supplemento latino 1:
Se si desiderano poi altri simboli o addirittura scrivere una sequenza di note su un pentagramma, si può poi ricorrere ad installare altri font specificatamente pensati per la musica, generalmente non presenti di default. Ad esempio, per avere il simbolo della chiave di violino/basso ecc… si può installare il font Symusic-Regular:
Si può anche scaricare gratuitamente e installare il font Lassus pensato per scrivere note su un pentagramma: certo scrivere un brano non è così semplice come utilizzando editor anche gratuiti come TuxGuitar o MuseScore, ma può essere comunque una soluzione alternativa per inserire in un documento Word un breve fraseggio musicale senza inserire un’immagine catturata da pentagramma in cui le note sono state inserite con un editor musicale!
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Il modo più semplice per inserire un simbolo musicale è comunque quello di copiare e incollare quello che ti serve dall’elenco presente nel sito Codes for Music Symbols. Se si utilizza un programma di Microsoft Office (ad esempio, Word o PowerPoint), è anche possibile utilizzare il metodo “Codice alternativo” (Alt code) disponendo di una tastiera con un tastierino numerico: basta tenere premuto il tasto Alt e digitare il numero relativo al simbolo d’interesse (nota: solo quando sollevate il tasto Alt, verrà visualizzato il simbolo associato al codice inserito!). Nel tastierino numerico il “Bloc Num” ovviamente deve essere acceso.
Non è inusuale che le coordinate bancarie su cui uno vuole farsi accreditare la pensione cambino, magari anche solo perché la propria filiale viene chiusa ed è la stessa banca a imporre tale cambiamento.
Risulta quindi necessario (o almeno conveniente in quanto non risulta così chiaro se qualche comunicazione/operazione venga fatta in automatico dalla banca) procedere a modificare nel sito dell’INPOS le proprie coordinate bancarie. Una volta effettuato l’accesso al sito INPS, la sezione che consente di effettuare tale modifica si trova attualmente a questo link. Tuttavia il sito potrebbe modificarsi con il tempo e il precedente link indicato non essere più valido. Qualora succeda, la procedura più semplice per trovare comunque quella sezione, è quella di effettuare in quel sito (utilizzando la sezione Cerca in alto con la lente d’ingrandimento) la ricerca di “cambiare le coordinate di accredito della pensione“.
Sezione del sito INPS che consente di modificare l’IBAN su cui avviene l’accredito della pensione
Nel seguito la procedura passo-passo.
Alcune precisazioni importanti:
Per ragioni di sicurezza (almeno così viene detto 🤔), durante la procedura viene innanzitutto chiesto di scrivere le coordinate bancarie attualmente in vigore, e solo successivamente viene presentato il form per inserire le coordinate nuove che uno desidera sostituire alle precedenti.
È indispensabile scrivere non solo l’IBAN nuovo, ma si deve anche indicare se tale conto è cointestato o meno.
Dopo avere inserito il nuovo IBAN, conviene premere il tasto Valida, che consente di validarlo e di avere elencati tutti i dettagli di quel conto, evitando così di commettere errori.
ATTENZIONE – Anche dopo avere indicato il nuovo IBAN e premuto il tasto Salva e prosegui, la procedura non è ancora terminata! È indispensabile proseguire ancora, indicando la sede (nel mio caso era già predefinita a Torino) a cui inviare la richiesta di variazione, premere Prosegui; poi, nella successiva videata, selezionare di avere letto l’informativa e finalmente premere il tasto Invia Domanda!! Solo se si fanno tutti questi (innumerevoli) passaggi la domanda viene effettivamente inoltrata e compare la videata che assicura (in verde) che la richiesta si è conclusa correttamente. Si deve ricevere anche una conferma via email (i.e. “Gentile utente, confermiamo che in data xx/xx/xxxx abbiamo preso in carico la domanda di Variazione Ufficio Pagatore numero yyyyyyyy“). Quando poi tale richiesta verrà effettivamente evasa, non viene indicato, ma si spera sia a breve, cioè nel giro di pochi giorni!
Insomma, anche in questo caso la procedura per un semplice cambio del proprio IBAN dove si vuole far recapitare la propria pensione non è così immediato e prono a errori… soprattutto per una persona verosimilmente di una certa età! Mettere tutto quanto [conferma di lettura d’informativa compresa (ma chi è che la leggerà mai?? )] in una medesima videata senza richiedere il passaggio in ben 5 videate per una semplice richiesta di variazione di un IBAN, mi sembra davvero troppo! Da un punto di vista tecnico si sarebbe potuto fare sicuramente di meglio…
Per accedere con sicurezza a siti istituzionali (e.g. INPS, Agenzia delle Entrate) da qualche anno è richiesta l’autenticazione tramite una delle tre modalità proposte:
Insomma costituiscono tutte uno strumento di autenticazione previsto dal Codice dell’amministrazione digitale per l’accesso ai servizi web erogati dalla pubblica amministrazione italiana: si tratta di metodi alternativi sebbene, a mio parere, il livello di sicurezza garantito da ciascuno risulti ben differente. Non per nulla, se si accede ad esempio con la CNS nel sito dell’INPS, almeno la prima volta (o in modo random?) viene comunque anche inviato un SMS con un codice di sicurezza da inserire per verificare che la persona che si sta autenticando nella tua area privata sei proprio tu!
SMS con un codice di sicurezza (da inserire per confermare la propria identità) richiesto talvolta dal sito dell’INSP quando si accede tramite CNS
Relativamente allo SPID ho già scritto diversi post anni fa e penso sia esperienza comune che non sempre si tratti di una procedura agevole di autenticazione, sia per ottenerlo sia per utilizzarlo: anche avendo compreso bene la procedura necessaria (tra l’altro diversa a seconda del provider utilizzato per quel servizio) non di rado ci si imbatte in problemi che rendono impossibile l’autenticazione senza prima effettuare alcuni accorgimenti (e.g. aggiornamento di app, sua completa installazione e configurazione da zero, nel caso di PosteID). Tra l’altro, mentre inizialmente, anni fa, la richiesta di uno SPID risultava gratuita (veniva pagata dallo Stato??), attualmente ha un costo, sebbene minimo (e.g. per PosteID, il costo del servizio d’identificazione in ufficio postale è pari a 12€, iva inclusa). Vedi questi miei articoli per saperne di più.
Si noti che, se la carta di identità (e.g. magari ancora una cartacea) fornita nella registrazione del proprio SPID sta per scadere, si dovrebbe ricevere una email che sollecita di indicare i dati (e caricare le immagini) relativi alla nuova CIE, da sostituire a quelli di quella che sta per scadere: diversamente l’utilizzo di quello SPID verrà sospeso alla scadenza di validità del documento fornito!! Insomma, se uno si è affidato unicamente allo SPID per accedere ai siti istituzionali, si può trovare da un momento all’altro nell’impossibilità di potersi autenticare in quelli e di poter usufruire di servizi anche assai importanti per un cittadino (e.g. dichiarazione dei redditi, INPS). Per fortuna almeno le Poste Italiane prevedono come documento di identificazione non solo la Carta d’Identità ma anche il passaporto o la patente (sebbene non è detto che un cittadino le possegga!)
L’utilizzo della Carta d’Identità Elettronica (CIE) è senza ombra di dubbio, a mio parere, la metodologia più agevole… ma resta il problema che, oltre a possederla (molti hanno ancora una Carta di Identità cartacea che magari scadrà anche tra più di due anni!) è necessario possedere almeno uno smartphone dotato della funzionalità NFC (funzionalità comunque ora sempre più presente anche nei modelli economici), che deve ovviamente essere abilitata quando si desidera effettuare la lettura contactless di quella carta avvicinandola al telefonino: esiste anche la possibilità di utilizzare la una modalità desktop con mobile in cui l’accesso al servizio avviene da computer, utilizzando il proprio smartphone (sempre ovviamente dotato d’interfaccia NFC) per la sola lettura della CIE utilizzando l’app CieID. In alternativa, si può sempre collegare a una porta USB del proprio PC un lettore NFC (di costo non indifferente) … ma quest’ultima mi sembra proprio l’ultima alternativa, sebbene ora esistano lettori sia NFC sia per chip (quindi utili per leggere sia la Carta d’Identità Elettronica sia la Carta Nazionale dei Servizi) che costano poco di più di un solo lettore NFC.
Inoltre sono da considerare i tempi di rilascio della CIE che attualmente sono, a mio parere, senza senso: almeno per le anagrafi di Torino, risulta praticamente quasi impossibile prenotare online per averla, risultando tutto occupato per qualsiasi ora delle date rese disponibili!! Insomma, mentre un tempo per rinnovare la carta d’identità cartacea bastava recarsi in una qualsiasi anagrafe della città di residenza con tre fotografie, il vecchio documento scaduto o in via di scadenza e in pochi minuti si otteneva il suo rinnovo (soprattutto se uno si recava nelle anagrafi decentrate nel territorio, generalmente meno affollate), ora l’impresa è diventata assai ardua e quasi impossibile. (Vedi al riguardo il post: Carta d’Identità Elettronica (CIE): dopo anni dalla sua introduzione, risulta ancora oggi quasi impossibile riuscire a prenotare in un’anagrafe per ottenerla agevolmente).
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Ma vediamo come utilizzare la Carta Nazionale dei Servizi e scopriamone i vantaggi… e le difficoltà!
Da un punto di vista del costo del lettore, sicuramente l’uso dell’attuale Carta Nazionale dei Servizi è da preferire: il costo del lettore di carte con chip infatti è basso (io ho preso il lettore Internavigare uTrust 2700R per poco; con Windows 10/11 viene riconosciuto automaticamente ma, in caso di problemi, si può sempre andare alla pagina di istallazione del driver di quel prodotto) e poi tutti i cittadini posseggono quella carta, trattandosi della Tessera Sanitaria abilitata a diventare gratuitamente anche Carta Nazionale dei Servizi semplicemente recandosi in uno dei molteplici sportelli. Ogni Regione fornisce, nel suo sito, l’elenco degli sportelli per la gestione Tessera Sanitaria – CNS: ad esempio, per la Regione Piemonte si trova su questa pagina del loro sito dove attualmente è scaricabile il file Sportelli ASL per la gestione di TS – CNS (il link che potrebbe cambiare nel tempo) che fornisce tutte le indicazioni, indirizzi, orari e relativi numeri telefonici. Nella città di Torino gli uffici sono aperti dalle 8:00 – 14:30 in via Pacchiotti 4, via del Ridotto 3, c.so Toscana 108, via Montanaro 60, Lungo Dora Savona 24. Insomma basta recarsi personalmente in uno di quegli sportelli con la propria tessera sanitaria e carta d’identità e verrà fornito un foglio contenente una prima parte di un PIN e di un PUK (quest’ultimo, come al solito, utile solo in casi particolari in cui sia necessario un ripristino delle credenziali), mentre la loro seconda parte viene inviata via email: insomma lo stesso metodo già utilizzato da anni per fornire le credenziali di siti istituzionali (e.g. INPS, TorinoFacile) e che poi erano stati abbandonati in nome di una teorica maggiore sicurezza di altre metodologie (e.g. SPID)! 🤔
Si noti che la CNS può essere un agevole modo che consente di operare per conto di una persona anziana o comunque incapace ad utilizzare servizi offerti online. Infatti uno può richiedere l’abilitazione della CNS anche andando allo sportello con delega e documenti (Carta Sanitaria e Carta d’Identità) di un parente (e.g. genitore anziano).
Acquistando un qualsiasi economico piccolo lettore di carte con chip (e.g. Internavigare uTrust 2700R), non appena lo si collega ad un PC Windows 10, si installano automaticamente i suoi driver opportuni per renderlo subito operativo: tuttavia questo non è sufficiente in quanto manca ancora è il SW specifico per leggere e interpretare quella Tessera Sanitaria. … e questa procedura, che descriverò nel seguito, sebbene non sia particolarmente complicata, non è purtroppo certo alla portata di tutti! 😒🙄
Nella mail ricevuta da GestioneCMS@sogei.it contenente la seconda parte del PIN/PUK, sono indicati le seguenti informazioni utili per sapere su come procedere, e già da subito si intuisce che non si tratta di una procedura agevole per qualsiasi cittadino:
Cliccando quindi sul primo link si arriva alla seguente pagina che ha già alcuni campi precompilati in base alla tipologia del proprio computer: resta solo da indicare la sigla del produttore della propria carta sanitaria! … e sì, perché evidentemente il SW da installare cambia a seconda di questo parametro! 🙄😮 Questa indicazione si trova, in piccolo e in verticale, nella parte frontale della Carta Sanitaria, in alto a sinistra: nel mio caso è indicato ST2021 ma le sigle possibili attualmente sono ben 10! Se per caso nella selezione uno sceglie l’opzione Non presente, compare un ulteriore campo da specificare, relativo alla propria Regione di appartenenza: comunque è bene indicare la sigla del modello specifico che dovrebbe essere indicato come mostrato in figura, sebbene poco visibile:
Premendo il punto interrogativo al lato destro del campo Sigla Produttore Carta, viene mostrato il posizionamento di tale valore specifico della propria carta che si desidera poter leggere
Si noti che la sigla poterebbe essere differente in carte sanitarie rilasciate a persone residenti in un medesimo Comune anche per carte con data di scadenza vicina di pochi mesi: ad esempio la mia che scade il 7/2027 ha come sigla produttore indicato ST2021, mentre ad un amico residente sempre a Torino ne ha una con indicato ACx2021 che scade il 9/2027, cioè pochi mesi dopo!!! Se uno volesse leggere carte con sigle di produttori diversi, è verosimile che debba installarsi i driver relativi a tutti quanti… assurdo ma verosimile, sebbene personalmente io non abbia ancora provato, per il timore che non mi legga più la mia Carta che è principalmente quello che mi interessa!! Sicuramente c’era un modo migliore di gestire il tutto, semplificando una procedura alquanto anomala e sicuramente non alla portata di qualsiasi cittadino 😦
Sempre nel sito del Sistema Tessera Sanitaria, nella sezione Modalità di accesso TS-CNS, si legge: I driver sono disponibili per il download alla pagina “Elenco driver” in alternativa si può procedere all’installazione dei driver sulla propria postazione di lavoro utilizzando l’applicazione “Download driver”.
Driver disponibili per il download alla pagina “Elenco driver”
Per ulteriori informazioni consultare la Guida all’Accesso con TS-CNS in cui si legge che sui siti delle Regioni sono disponibili:
manuale operativo concernente gli aspetti organizzativo e funzionale del ciclo di vita della TS-CNS;
elenco degli sportelli regionali abilitati per l’attivazione delle CNS;
i requisiti tecnici minimi necessari per l’utilizzo della TS-CNS;
il pacchetto software di gestione della TS-CNS e le relative istruzioni per l’installazione;
manuale utente per l’utilizzo della carta.
Attenzione che in questo AVVISO del 23/08/2022 c’è scritto 😲😳😳🙄: “Non buttare la tua TS-CNS (Tessera Sanitaria – Carta Nazionale dei Servizi) in scadenza con i relativi codici PIN/PUK. A partire dal primo giugno, infatti, potresti ricevere una Tessera Sanitaria (TS) senza la componente elettronica (microchip). In questo caso è possibile estendere la validità, fino al 31 dicembre 2023,delle funzionalità CNS della tua TS-CNS in scadenza attraverso il Software di estensione che è reso disponibile sul sito Elenco driver – Sistema Tessera Sanitaria“. Sembra che la distribuzione di Carte Sanitarie prive di chip sia stata dovuta ad una temporanea non disponibilità di quei chip.
No comment!
AVVISO del 23/08/2022 😲😳😳🙄: “Non buttare la tua TS-CNS (Tessera Sanitaria – Carta Nazionale dei Servizi) in scadenza con i relativi codici PIN/PUK. A partire dal primo giugno, infatti, potresti ricevere una Tessera Sanitaria (TS) senza la componente elettronica (microchip)
Una volta installato quel programma, lanciando il file .exe scaricato, ci si trova installata (almeno nel mio caso in cui la carta è del tipo ST2021) l’app SafeDive2022: questa compare infatti nell’elenco delle applicazioni, in una cartella STMicroelectronics. Un collegamento a quell’app viene inserito anche sul desktop.
Lanciando l’app SafeDive 2022 si ottengono le informazioni relative alla carta, quando inserita nel lettore: sono presenti voci che consentono di operare sulla stessa (e.g. Sblocco PIN, Cambio PIN che tuttavia personalmente non ho utilizzato… non si da mai!):
Insomma, quanto detto consente di essere sicuri che il lettore funziona correttamente e che la carta viene letta come previsto.
Si noti che tale SW consente anche di cambiare il PIN in modo da inserirne uno che risulti per la persona più facile da ricordare rispetto a quello assegnato automaticamente tramite la procedura attivata agli sporteli dell’ASL: la procedura è assai semplice e, come al solito, richiede di inserire il vecchio PIN e quindi di inserire quello nuovo (due volte per verifica). Anche se il SW installato nel tuo caso risulta diverso (essendo magari quello relativo ad un differente produttore del Chip presente nella Carta Sanitaria), si dovrebbero ritrovare le medesime funzionalità.
Ora però si tratta di vedere come utilizzarla per accedere a un sito che consenta questa modalità di autenticazione: nel seguito indico la procedura passo-passo… fornendo anche alcuni suggerimenti in caso si riceva una qualche segnalazione di errore.
1) Innanzitutto è necessario selezionare il tab CNS tra i possibili metodi di autenticazione proposti. Quindi, dopo avere inserito la carta nel lettore collegato via USB al proprio PC, premere il pulsante (in basso) Prosegui:
2) A questo punto dovrebbe comparire una finestra di popup con un elenco di certificati (probabilmente ne viene elencato solo uno, quello relativo alla carta inserita nel lettore). Graficamente tale finestra differisce un po’ a seconda del browser utilizzato (e.g. Chrome, Edge, Firefox, …) ma non dovrebbe comportare grossi problemi riconoscerla: è importante tuttavia notare che è indispensabile selezionare dalla lista il certificato con il proprio codice fiscale (qualora non sia già automaticamente selezionato, come avviene in alcuni browser, essendo il solo elencato) prima di premere il tastoOK: prima di premere OK è bene avere prima ben presente il PIN che si dovrà inserire a breve (abbastanza velocemente), vale a dire quel numero di 6 cifre che è stato fornito in parte su foglio e in parte via email quando si è fatta abilitare la Carta Sanitaria per farla diventare Carta Nazionale dei Servizi. Nel seguito due esempi della finestra di selezione del certificato da usare per l’autenticazione (i.e. Edge, Chrome):
3) Non appena si preme OK, scompare quella finestra e ne compare una nuova che richiede l’inserimento del PIN associato alla propria CNS: si noti che per evitare problematiche, è opportuno inserirlo entro breve tempo (inferiore al minuto), cioè prima che possa scadere qualche timeout presente nella pagina. Qualora accada, conviene comunque inserire il PIN e autenticarsi, per poi andare indietro nella navigazione del browser e ricaricare la pagina (cnrt + F5): l’autenticazione dovrebbe comunque essere stata presa e l’accesso all’area riservata del sito risultare ora disponibile.
Come uscire dalla propria area privata dopo essersi autenticato nel sito dell’INPS
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Quella fino ad ora descritta è la “semplice” procedura che consente l’autenticazione tramite la CNS. Tuttavia possono avvenire spiacevoli problematiche imputabili, penso, ad una non adeguata gestione del processo di autenticazione e delle tempistiche/richieste che non sono proprio compatibili per un servizio che dovrebbe risultare agevolmente fruibile da tutta la cittadinanza.
Nel seguito mostro alcune segnalazioni di errore che mi sono comparse, pur operando con competenza: alcune le ho ricevute semplicemente perchè, ad esempio, non avevo subito sottomano il PIN quando mi è stato richiesto di inserirlo, o in altre situazioni tutt’altro che rare. Qualora si verifichino tali segnalazioni il mio consiglio è, dopo avere riprovato magari una seconda volta e avendo ricevuto il medesimo errore, di accedere al medesimo sito utilizzando un altro browser, utilizzando quello ora per ripetere il processo di autenticazione con la CNS: anche se uno non ha già più browser installati nel proprio PC, in pochi minuti se ne può installare un altro (e.g. Chrome, Edge, Firefox). Sottolineo che il problema che uno può aver riscontrato non è dovuto al browser utilizzato (tali errori io li ho infatti sperimentati in tutti i 3 browser da me usati) bensì ad errori avvenuti durante il processo di autenticazione con lettura della carta e del PIN inserito, insomma sono relativi al processo di verifica dei certificati, con i relativi timeout e collegamenti a server remoti non sempre funzionanti a dovere! 🙄
È vero che si può anche provare a riavviare il browser già utilizzato (come talvolta suggerito nel messaggio di errore) e magari a provare a cancellare nel medesimo memoria di quanto accaduto (e.g. eliminazione della cache e dei dati di navigazione) o addirittura effettuare un riavvio del PC, sebbene possa sembrare eccessivo e assurdo (ma è il modo più agevole per fermare tutti i processi in background e ravviare le applicazioni)! Nel caso si acceda con Chrome il problema può risolversi effettuando il logout del proprio utente Google da quel browser (icona in alto a destra) o accedendoci con altro utente Google. Comunque, utilizzando un altro browser per accedere al medesimo sito, come da me suggerito, si risolve più velocemente il problema… sperando che la problematica non permanga poi troppo a lungo nel tempo, qualora poi si ritorni a usare il proprio browser preferito!
Nel seguito alcuni esempi di segnalazione di errore che ho ricevuto durante le poche prove di accesso a alcuni siti che propongono la CNS come possibile modalità.
La seguente segnalazione di errore l’ho risolta ricaricando la pagina con il medesimo browser:
Questi sono altri errori segnalati, che ho “risolto” utilizzando un diverso browser 🙄:
Insomma, riassumendo, non è sufficiente acquistare un lettore di carte con chip (d’altra parte di costo assai ridotto), ma è necessario seguire una procedura di installazione non certo banale che richiedere tra l’altro di ricercare il driver specifico del produttore della propria carta. Inoltre, anche una volta installato tale SW, l’utilizzo non è immediato (la scelta del certificato per l’autentificazione viene presentato differentemente a seconda del browser che uno stà utilizzando per accedere al un sito in modo autenticato) e, come mostrato, non privo di segnalazioni di errori seppur, per fortuna, spesso risolvibili ricaricando il browser o utilizzandone momentaneamente un altro.
Insomma un altro metodo di autenticazione non certo alla portata di tutti i cittadini (come d’altra parte anche gli altri… ), ma che può tornare utile anche solo come soluzione di backup!
Ho appena aiutato un’amica a risolvere il seguente problema sul suo nuovo smartphone: quando forniva una connessione Wi-Fi al proprio PC tramite l’impostazione di tethering (Hotspot Wi-Fi) sul telefonino, su questo si perdeva la connessione a Internet che rimaneva utilizzabile sul solo PC. Questo rendeva inutilizzabile il cellulare per qualsiasi funzionalità che richiede la connessione dati (e.g. WhatApp, navigazione con il browser, ma probabilmente anche il semplice effettuare/ricevere telefonate, essendo oramai anche quello un servizio dati come un altro!)
Questo comportamento indesiderato non si verificava invece con il precedente smartphone. La SIM, e quindi l’offerta dell’operatore, non era cambiata per cui erano da escludere possibili restrizioni da parte della connessione pubblica, magari dovute a offerte commerciali specifiche (infatti un tempo, con alcune tariffe, esistevano restrizioni sulla possibilità di realizzare il tethering verso altri dispositivi, anche se ora probabilmente non esistono più). Anche la presenza di restrizioni intrinseche del dispositivo mi suonava strano, sebbene si trattasse di uno smartphone di marca cinese, non particolarmente conosciuta.
Mi sono poi ricordato che, diversi anni fa, avevo avuto una problematica simile con uno smartphone collegato a una APN aziendale. Mi sono, quindi, andato a rivedere alcuni post che avevo scritto al riguardo (i.e. Still problems in doing tethering with a manually configured APN (e.g. an employee one) using a Windows 10 Mobile device; How to be sure that the tethering is done using the proper APN (e.g. a private employee APN)): la soluzione che avevo trovato consisteva, nel caso degli smartphone Android, nell’inserire specifici parametri nella configurazione del Tipo APN impostata nel profilo attivo della rete mobile dell’operatore (i.e. Tipo APN = default,supl,dun). Sono quindi andato in Impostazioni -> Connessioni -> Reti Mobili -> Profili e già mi sono stupito nel vedere che esistevano due profili (i.e. Iliad e Iliad(1)) relativi al medesimo operatore sebbene ovviamente uno solo fosse quello attivo. Vedendo il dettaglio di quel profilo attivo, ho visto che non aveva le impostazioni del Tipo APN con tutti quei tre parametri che ho precedentemente indicato: cercando di modificarli, mi veniva impedito, segnalando che ciò non era possibile in quanto non consentito dall’operatore.
Andando invece a vedere la configurazione dell’altro profilo, ho visto invece che il Tipo APN era quello che mi aspettavo (i.e. Tipo APN = default,supl,dun) per cui ho reso attivo quel profilo cancellando l’altro. Con questa modica delle impostazioni, dopo un sempre opportuno Riavvio dello smartphone per avere applicate quelle nuove impostazioni, la connessione a Internet si e mantenuta sullo smartphone anche quando forniva una connessione dati al PC.
Avevo già anni fa scritto un post relativamente all’applicazione Microsoft Assistenza rapida [ENG: Quick assistance] che consente assai agevolmente di ricevere/dare assistenza da remoto da un PC con Windows 10/11. Da un po’ di tempo questa applicazione, che era presente nella cartella Accessori Windows [ENG: Windows accessories], è stata pubblicata come app scaricabile dal Microsoft Store e vi invito quindi a scaricarla/aggiornarla. Il suo funzionamento non si è modificato da un punto di vista dell’interfaccia utente, anche se probabilmente è stata ottimizzata nel tempo: perciò, le procedure descritte in quel vecchio post valgono tutt’oggi e non mi andrò a ripetere.
Questo post, invece, descrive come ho risolto il problema che ho avuto con un nuovo PC con Windows 11 che ho appena configurato per un’amica e per il quale quell’app andava in crash pochi secondi dopo essere stata lanciata. Dalle ricerche in rete che ho fatto devo dedurre che non si tratta di un caso raro e nel seguito lascio quindi alcune informazioni che potrebbero risultare utili a qualcuno che riscontrasse lo stesso problema. Penso infatti che sia importante verificare fin da subito, come ho fatto io, che quest’app funzioni, prima di effettuare la configurazione del PC riversando magari tutti i dati del vecchio PC! Infatti, almeno nel mio caso, non riuscendo a risolvere il problema con nessuna delle procedure che ho trovato descritte, ho dovuto procedere con il ripristino del PC alle impostazioni di fabbrica (vedi: Reset this PC lets you restore Windows 11/10 to factory settings without losing files). Il PC, infatti, benché acquistato nuovo da Media World, aveva già Windows 11 installato e configurato: io mi ero limitato a configurarne l’utente Microsoft. Dopodiché avevo provato a lanciare l’app Assistenza Rapida che, come detto, andava in crash dopo pochi secondi!
Reinstallando il sistema operativo (effettuando le scelte Windows Update -> Recovery -> Remove everything e scegliendo di non scaricarlo da Internet ma di usare la versione già presente nel PC) e configurando l’utente Microsoft durante la procedura guidata, sono finalmente riuscito ad avere quell’app Assistenza rapida funzionante correttamente!
Quindi è importante verificare, al più presto, se l’app Assistenza rapida funziona e, qualora non lo fosse, è importante cercare di risolvere fin da subito il problema per non dover poi rinunciare a questa funzionalità che reputo assai importante e indispensabile (sia per chiedere un aiuto sia per aiutare da remoto).
Nel seguito lascio comunque i link delle soluzioni provate, che sicuramente in altre situazioni possono risultare risolutive. Sostanzialmente suggeriscono di effettuare i seguenti passi:
Verificare di avere l’ultima versione dell’app, ricercandola nello Store di Microsoft ed eventualmente aggiornandola.
Verificare che Edge sia aggiornato in quanto quell’app sfrutta funzionalità proprie di quel browser (edge://settings/help e poi Informazioni su Microsoft Edge):
Verificare che il browser Edge sia aggiornato
Effettuare il reset e reimpostare l’app, dopo averla eventualmente disinstallata e installata nuovamente.
Effettuare il reset delle impostazioni di Internet relative al PC.
Verificare che gli aggiornamenti di Windows siano stati fatti (da Windows Update).
Disattivare momentaneamente il programma di antivirus, per verificare che non sia lui a bloccare l’esecuzione di quella app: qualora lo fosse, sarà necessario impostare in quell’antivirus qualche opzione in modo che non interferisca con quella specifica app, per poi ovviamente riattivare l’antivirus.
Provare a configurare un altro utente come amministratore e vedere se, accedendo con quell’altro, e lanciando quell’app come amministratore il problema si risolve: questo starebbe a indicare che si trattava di una problematica relativa ai permessi o alle impostazioni specifiche di quel primo utente.
Registrare nuovamente quell’app per l’utente corrente, utilizzando un’apposita linea di comando da PowerShell.
Tutte procedure da me tentate… senza esito positivo nel mio caso specifico! 😦
Talvolta succede di andare a vedere un film un po’ a scatola chiusa, senza avere neppure sentito un’opinione di qualcuno, magari autorevole essendo un critico cinematografico, sebbene ovviamente sia soggettiva.
Ho scoperto da poco l’esistenza di ottimi podcast di Giorgio Viaro, giornalista e critico cinematografico, relativi ad alcuni film (i.e. quelli proiettati nelle sale di The Space): ne ho ascoltati diversi e li ho trovati decisamente interessanti ed esaustivi nell’evidenziare i lati salienti dell’opera, senza ovviamente togliere la sorpresa relativa alla sua trama. Insomma, in una ventina di minuti si riescono a ottenere piacevolmente molte informazioni utili a comprendere se quel film può soddisfare o meno le proprie aspettative.
Dal momento che mi sono proposto come guida volontaria per far visitare il Palazzo Civico di Torino e le sue sale istituzionali, ho necessariamente dovuto studiare un po’ la genealogia della casa Savoia.
Infatti, la storia di questa dinastia è assai legata da secoli alla città di Torino soprattutto da quando, nel 1563,Emanuele Filiberto I decise di spostare qui la capitale del suo regno dalla sua sede originaria, Chambery. Aveva sagacemente compreso che il destino dei Savoia non poteva essere al di là delle Alpi, con i francesi sempre a minacciare i confini e la pace del piccolo stato. Il ‘Caval ëd Brons‘, voluto da Carlo Alberto e inaugurato il 4 novembre 1838 a Torino nella sua piazza San Carlo, è diventato nel corso degli anni uno dei simboli della città accanto alla Mole Antonelliana: esalta le imprese epiche proprio di questo lontano antenato dei Savoia, soprannominato Testa ‘d Fer (testa di ferro) per la sua caparbietà e cocciutaggine. I due bassorilievi presenti nella base di quel monumento, raffigurano due eventi in cui Emanuele Filiberto I si distinse: la Battaglia di San Quintino e la successiva pace di Cateau-Cambrésis. Per l’Italia le conseguenze più importanti di questa battaglia e di quel trattato di pace furono il riconoscimento e il consolidamento del predominio spagnolo sul territorio italiano, che durò fino agli inizi del ‘700, nonché la restituzione ai Savoia dei loro territori, come premio per la vittoria ottenuta da Emanuele Filiberto che, in quel frangente, era stato al comando dell’esercito spagnolo.
Le seguenti tabelle, che avevo fotografato nella Reggia di Venaria, penso forniscano dati oggettivi assai autoesplicativi: la popolazione di Torino nel 1560, cioè poco prima di diventare la capitale del Regno dei Savoia, era circa di sole 20000 persone: la sua successiva cresciuta esponenziale è sicuramante dovuta allo spostamento degli interessi politici ed economici in questa città. Successivi periodi di decrescita si sono avuti solo a causa eventi storici quali assedi e pandemie.
La popolazione di Torino tra ‘500 e ‘800
Prima dell’Unità d’Italia, le fonti sulla popolazione di Torino non sono così precise e continue. Tuttavia, nell’archivio storico di Torino, esiste un annuario statistico del 1946 che riporta, in una tabella, il numero degli abitanti di Torino a partire dal ‘400: il primo dato storico risale infatti a quel periodo e all’epoca i torinesi sembra fossero appena 4.000.
Nel 1560, secondo anno riportato in quel documento dell’archivio storico, gli abitanti erano già quintuplicati a quota 20.000. Il terzo censimento riportato è del 1631 e, da quella data in poi, i dati iniziano a essere precisi: 36.649 abitanti, che diventano 43.866 a inizio ‘700, salvo poi scendere a causa dei morti nell’assedio di Torino nel 1705.
Da questo periodo i dati cominciano a non coincidere più esattamente con quelli riportati nella tabella mostrata nella Reggia di Venaria (e non so quali siano i più veritieri) sebbene come si è visto dal 1712 in quella tabella i dati incomincino ad essere precisi e ripostati annualmente. Comunque, entrambe le fonti concordano che a guerra persa con i francesi e l’occupazione napoleonica portarono a un calo notevole della popolazione che ricomincerà a crescere solo dopo il 1814, quando Napoleone restituisce la città ai Savoia, fino a superare quota 100.000 nel 1824.
Sulle origini della dinastia dei Savoia esistono pochi documenti e inoltre questi sono soggetti poi a varie interpretazioni: spesso, negli anni, si sono escogitati criteri di giustificazione di tipo politico, con l’avallo di genealogisti compiacenti. L’unico punto sicuro di partenza della dinastia è il conte Umberto I Biancamano (†1048), che, già signore delle contee di Savoia (1003), di Belley, Sion e Aosta, al disgregarsi del regno di Borgogna (1032) si schierò dalla parte di Corrado II ottenendone in premio la contea di Moriana in Val d’Isère e il Chiablese (ca. 1034), zona montana francese e svizzera situata nel Nord della Savoia.
Metro delle dinastie in Italia (in alto) e in Europa (in basso)
Nonostante lo Stato Sabaudo abbia occupato un territorio geografico relativamente piccolo, i Savoia sono una delle dinastie di origine più antica e che hanno, tra l’altro, regnato più a lungo nel tempo, spesso barcamenandosi sapientemente in alleanze con le grandi potenze europee e matrimoni d’interesse.
La rappresentazione grafica seguente mostra poi come fosse il rapporto tra popolazione/militari sia nei regni di Francia e di Prussia sia nello Stato Sabaudo (nel 1740 e pochi decenni dopo, nel 1780): relativamente al Regno di Prussia si noti la notevole crescita sia della popolazione sia del suo esercito (in proporzione 29:1), tale da superare numericamante l’esercito francese, con territorio ben più vasto e popolato (proporzione 145:1 tra abitanti e militari).
Rapporto popolazione militari nel regno di Francia, nello Stato Sabaudo e nel regno di Prussia (sia, circa, nel 1740 sia nel 1780)
Albero genealogico dei Savoia-Aosta
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Il seguente post si limita a riportare nel seguito alcune informazioni che ho dedotto da wikipedia e che riassumono, principalmente a mio uso e consumo, le principali discendenze dei Savoia.
Pubblico il tutto pensando che questo bignami possa tornare utile non solo a me, ma anche a qualche altra guida volontaria o visitatore di Torino!
Da questo mio studio pur molto sommario, elenco nel seguito alcune mie personali considerazioni su questa dinastia, che d’altra parte non si discosta di molto dalle altre che sono state presenti in Europa:
I matrimoni nelle diverse famiglie reali o dinastie dovevano rispettare la legge di successione dinastica, cioè un complesso di norme in merito alla successione al trono e all’appartenenza alla dinastia stessa, dalla quale deriva il diritto a uno specifico rango, titolo e trattamento, e, conseguentemente, l’idoneità a ricoprire determinate cariche dello Stato, come nel caso della reggenza. Il principe che sta per sposarsi, inoltre, deve obbligatoriamente ricevere l’assenso al matrimonio dal Capo della Casa, pena la perdita di tutti i diritti di successione. Nel caso di nozze fra principi che non siano state autorizzate, il Capo della Casa potrà decidere le sanzioni caso per caso, mentre nel caso di mancato assenso a un matrimonio diseguale (ad esempio, un principe e una persona non di sangue reale o di casa sovrana) è prevista la decadenza automatica del principe contraente matrimonio e l’esclusione da qualsiasi titolo e diritto di successione per sé e per la sua discendenza. In questo contesto anche i matrimoni dei principi di Casa Savoia avvenivano rigorosamente tra pari: questo uso, vera e propria legge consuetudinaria, era sancito dalle leggi suddette. Nulla importava invece se la sposa era parente stretta del regnante, ad esempio cugina prima (nota: sebbene sia oggigiorno assai inconsueto, comunque ho visto che, ancora oggi è possibile contrarre un matrimonio tra cugini sebbene la chiesa cattolica richieda un’apposita dispensa!). Anzi, questi matrimoni d’interesse politico erano quasi sempre voluti proprio per creare alleanze ed espandere l’egemonia di un casato/ducato/regno: era quindi usuale avere sposalizi con una figlia di un sovrano di Francia, Spagna o Austria. Non di rado le consorti erano giovanissime (13-15 anni), date in moglie talvolta ad un sovrano anche molto più anziano. Diverse hanno dato alla luce, fin da giovanissime, un numero impressionante di figli (anche 10/12): la morte per parto non è stata poi rara, così come, un secondo matrimonio del sovrano a breve distanza dal decesso, magari per riuscire ad avere un erede al trono. Sicuramente lo stretto legame genetico tra gli sposi non ha poi certo favorito la robustezza della progenie: diversi sono stati i figli morti a pochi anni o con malattie/difetti fisici. Ad esempio, la scelta di far sposare Elena di Montenegro a Vittorio Emanuele III può essere anche vista come il tentativo di arginare gli effetti delle nozze fra consanguinei che affliggevano grande parte della nobiltà europea dell’epoca, favorendo il diffondersi di difetti genetici e di malattie come l’emofilia. Infatti, Vittorio Emanuele III, figlio di cugini primi (Umberto I e Margherita), non avrebbe potuto generare un erede sano con una sposa troppo vicina a lui per albero genealogico. Grazie al matrimonio con Elena, invece, ebbe come erede Umberto II, niente affatto simile al padre per quanto riguardava sia la salute sia la statura (il padre Vittorio Emanuele III era alto 153 cm). Da quanto detto, si comprende bene come la maggior parte di questi matrimoni non siano certo scaturiti dall’amore: spesso i sovrani avevano relazioni extra coniugali che talvolta hanno addirittura portato a matrimoni morganatici (e.g. come nel caso di Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, meglio nota in piemontese come la Bela Rosin).
Sebbene alcuni duchi/sovrani (Savoia e non solo) avessero doti guerriere e/o sensibilità artistiche non indifferenti, quasi sempre (se non sempre), le loro decisioni sono state principalmente dettate dalla volontà di mantenere e aumentare il proprio potere/prestigio e quello della propria casata. Anche quelle che potrebbero sembrare benemerite decisioni a favore della popolazione suddita (e.g. Statuto Albertino di Carlo Alberto) sono state dettate principalmente per preservare l’ordine pubblico, temendo il peggio in periodi storici in cui rivoluzioni determinavano la fine di poteri forti. Anche le grandi opere architettoniche e artistiche erano dettate soprattutto dalla volontà di rendere il proprio regno più bello agli occhi delle altre potenze, più che per un amore per l’arte di per sè stessa.
La religione è stata spesso sfruttata per giustificare il proprio ruolo di regnante e per meglio assoggettare la popolazione, pur nella bigotteria di alcuni regnanti dettata da pregiudizi e paure assai diffuse un tempo a livello di tutti i ceti sociali. La proliferazione di miracoli e supposti voti esauditi, sono stati poi sapientemente utilizzati per accrescere sia la notorietà, prestigio e autorevolezza di membri della famiglia sia quella del loro regno.
Diverse mogli hanno dato una loro impronta al regno del marito e talvolta (e.g. le tre madame reali) hanno saputo mantenere il comando e il potere per diversi anni dopo la morte del marito, essendo ancora molto giovane il figlio ereditario del titolo: talvolta si sono dovute opporre a tentativi di parenti, vicini in linea di successione, che ambivano a detenere il titolo (e.g. Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I, una volta vedova ha dovuto fronteggiare le ambizioni dei fratelli minori del marito, il Principe Tommaso e il Cardinal Maurizio). Alcune nobildonne hanno avuto omaggi popolari e addirittura poetici (e.g. regina Margherita, sposa di Umberto I, suo cugino, essendo lei figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, fratello di Vittorio Emanuele II, padre appunto anche di Umberto I), altre ancora si sono dedicate a opere benefiche (e.g. Elena del Montenegro, moglie di re Vittorio Emanuele III di Savoia – Regina consorte d’Italia fino al 9 maggio 1946 – viene addirittura considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica)
Le alte cariche ecclesiastiche erano spesso assegnate a cadetti, cioè a figli non primogeniti di regnanti, anche in giovanissima età seppur privi di qualsiasi vocazione. Invece le figlie spesso finivano in conventi se non promesse spose di altri nobili e regnanti.
Alcune successioni sono avvenute per abdicazione – alcune delle quali presentano ancora dei lati non chiari – in genere dovute ad eventi storici o a incapacità del reggente: la lotta per il potere ha portato poi addirittura un figlio reggente a imprigionare il proprio padre che aveva abdicato e che si era poi pentito vedendo il figlio regnare in modo contrario alle sue decisioni (e.g. Vittorio Amedeo II fu fatto arrestare dal figlio Carlo Emanuele III: richiuso nel castello di Moncalieri, dove ci restò fino alla morte).
Diversi Savoia hanno avuto un numero notevole di secondi nomi, spesso più di cinque (7 Carlo Alberto: Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio; 7 Vittorio Emanuele II: Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso; 9 Umberto I: Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio; 12 il Vittorio Emanuele attualmente vivente: Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria)
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Umberto I Biancamano di Savoia, detto altrimenti dalle Bianche Mani (in francese Humbert I aux Blanches Mains) (970/980 – Hermillon, 1047 o 1048), fu Conte di Moriana tra il 1000 e il 1047. È considerato il capostipite della dinastia dei Savoia.
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Amedeo VI di Savoia, soprannominato il Conte Verde (Chambéry, 1334 – Santo Stefano di Campobasso, 1383), fu Conte di Savoia e Conte d’Aosta e Moriana dal 1343 al 1383. È stato il fondatore della più alta onorificenza sabauda, tra le più prestigiose e antiche al mondo: l’Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Inizialmente era chiamato Ordine del Collare, istituito nel 1364, in occasione di una giostra a ricordo della vittoria su Federico II di Saluzzo: fece realizzare per sé e per altri 14 cavalieri un collare, descritto dalle cronache del tempo come simile a quello dei levrieri. Il suo scopo era di “indurre unione e fraternità tra i potenti sicché si evitassero le guerre private” ed era riservato ai nobili più illustri e fedeli: la regola statutaria prevedeva che tutti gli insigniti fossero considerati pari e si chiamassero tra loro “fratelli”.
L’origine del blu Savoia, colore nazionale italiano, sembra sia legato a Amedeo VI di Savoia. Il 20 giugno 1366, prima di partire per una crociata voluta da papa Urbano V e organizzata per prestare aiuto all’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo, cugino di parte materna del conte sabaudo, Amedeo VI volle che sulla nave ammiraglia della flotta di 17 navi e 2000 uomini, una galea veneziana, sventolasse una bandiera azzurra, accanto allo stendardo rosso-crociato in argento dei Savoia.
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Amedeo VII di Savoia detto il Conte Rosso (Castello di Avigliana 1360 – Castello di Ripaglia, 1391) fu conte di Savoia, d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1383 al 1391. Detto conte Rosso a causa del colore dei suoi capelli, mentre secondo altri, si prese a soprannominarlo Conte Rosso poiché nel 1383, impegnato nelle Fiandre in una campagna militare in difesa del duca di Borgogna, alla notizia della nascita del proprio primogenito, abbandonò il lutto per la morte del padre, a favore di abiti rossi per festeggiare.
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Emanuele Filiberto di Savoia, detto Testa ‘d Fer (“Testa di ferro”) in piemontese (Chambéry, 1528 – Torino, 1580), è stato conte di Asti (dal 1538), duca di Savoia, principe di Piemonte, conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1553 al 1580, nonché re titolare di Cipro e Gerusalemme.
Era il terzogenito maschio di Carlo II di Savoia e di Beatrice del Portogallo. Morì di cirrosi epatica, conseguenza diretta dell’abuso di vino in cui era solito indulgere.
Spostò nel 1563 la capitale da Chambery a Torino. Monumento equestre a Emanuele Filiberto in piazza San Carlo a Torino, opera dello scultore Carlo Marochetti: Caval ëd bronz (cavallo di bronzo) in piazza San Carlo, voluto dal discendente Carlo Alberto.
Moglie: Caterina Michela di Spagna (1585-1597) da cui ebbe 10 figli (4 maschi e 6 femmine). Carlo Emanuele I suggerì questa unione come un modo per ottenere il sostegno spagnolo per i suoi piani di espansione della Savoia sulla costa dell’allora indebolita Francia. Era figlia di re Filippo II di Spagna e della sua terza moglie Elisabetta di Valois: rimase orfana di madre ad appena un anno (la madre morì nel 1568 a seguito di complicazioni seguite a un aborto).
Soprannominato dai sudditi Testa di Fuoco, proprio per le manifeste attitudini militari, fu uno dei principi più abili e colti della storia di Casa Savoia. Ebbe come figli il primogenito Vittorio Amedeo (suo successore), Emanuele Filiberto (avviato alla carriera ecclesiastica, a 12 anni entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, in cui divenne priore di Castiglia e León; morì a Palermo durante un’epidemia di peste nel 1624, all’età di 36 anni), Maurizio (nominato da Luigi XIIIcardinale protettore di Francia), Tommaso Francesco (principe di Carignano; capostipite del ramo Savoia-Carignano). A 68 anni, colto da violenta febbre per la peste, muore in Savigliano. Luogo di sepoltura: Santuario di Vicoforte
[ Maurizio di Savoia (Torino, 1593 – Torino, 1657): avviato giovanissimo alla carriera ecclesiastica per motivi puramente politici, al punto che non prese mai i voti benché venisse nominato cardinale all’età di 13 anni. Fu educato presso la corte spagnola di suo zio Filippo III di Spagna e iniziato alla vita militare con i fratelli in alcune spedizioni nelle Fiandre e a Genova. Nominato da Luigi XIIIcardinale protettore di Francia; nel 1611 divenne abate commendatario della Sacra di San Michele – affidamento temporaneo dei redditi di un ente ecclesiastico ad un “commendatario” che non possedeva la carica che comportava il beneficio, ma solo il beneficio stesso: poteva essere un ecclesiastico o anche un laico).
Il suo corpo fu inizialmente sepolto nel Duomo di Torino e, nel 1836, traslato nella Sacra di San Michele insieme a quello di altri illustri membri di Casa Savoia (tra cui il duca bambino Francesco Giacinto) per volontà del re Carlo Alberto di Savoia.
Vittorio Amedeo I di Savoia (Torino, 1587 –Vercelli, 1637) fu duca di Savoia, principe di Piemonte, marchese di Saluzzo e conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1630 al 1637. Fu anche re titolare di Cipro e Gerusalemme. Morì per intossicazione alimentare a 50 anni.
Consorte: Cristina Maria di Francia (figlia del re Enrico IV di Francia e sorella di Luigi XIII; 1a Madama Reale) che sposa nel 1610, quando lei aveva solo 13 anni. Alla morte del marito, il 7 ottobre 1637, divenne reggente in nome prima del figlio Francesco Giacinto e successivamente, deceduto quest’ultimo, dell’altro figlio Carlo Emanuele, che nel 1648 salirà al trono col nome di Carlo Emanuele II di Savoia. In questo periodo dovette fronteggiare sia gli attacchi dei cognati Tommaso Francesco di Savoia, principe di Carignano, che del cardinale Maurizio, entrambi filo-spagnoli, che miravano alla reggenza, sia le mire del cardinale Richelieu, il quale cercava di annettere alla corona di Francia il Ducato di Savoia. Il regno si divise in “madamisti” e “principisti“. Cristina fu costretta a rifugiarsi in Savoia, sotto la protezione francese, per sfuggire ai cognati che occupavano Torino. Successivamente però lo stesso Richelieu fece arrestare il fedele conte d’Agliè, colpevole di opporsi al protettorato francese. Cristina resistette indomitamente, sfruttando abilmente le rivalità tra francesi e spagnoli e la sua origine regale.
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Francesco Giacinto di Savoia (Torino, 1632 –Torino 1638) muore a 6 anni colto da un improvviso attacco di febbre, per cui non ebbe mai veramente l’opportunità di regnare: la madre, Maria Cristina di Borbone-Francia, manteneva infatti la reggenza sul Piemonte data la giovane età del duca (quando il padre si spense, Francesco Giacinto aveva solo 5 anni. Avevano già avuto un altro figlio primogenito, Luigi Amedeo di Savoia – 1622-1628 -, che morì anche lui a 6 anni prima della morte del padre). Dal 1836 la salma è tumulata alla Sacra di San Michele, dove oggi riposa in un sarcofago in pietra al centro del Coro vecchio della Chiesa.
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Carlo Emanuele II di Savoia (Torino, 1634 – Torino, 1675), detto Carlina (p.zza Carlina è intitolata a lui), fu duca di Savoia, principe di Piemonte, marchese di Saluzzo, conte d’Aosta, conte di Moriana e conte di Nizza dal 1638 al 1675. Si fregiò anche dei titoli di re di Cipro e re di Gerusalemme.
Sposa le cugine Francesca d’Orléans (morta senza avere dato figli) e poi Giovanna Battista di Savoia-Nemours che sarà la 2a Madama Reale in quanto mantenne la reggenza dello stato sul giovane principe Vittorio Amedeo II. Il suo desiderio di potere non si fermò al compimento da parte del figlio dell’età stabilita affinché quest’ultimo potesse salire al trono: ella cercò di far sposare al giovane Vittorio Amedeo la cugina Isabella Luisa di Braganza, figlia del re del Portogallo Pietro II e di sua sorella Maria Francesca di Savoia-Nemours, con la speranza di farlo diventare re a Lisbona. Se il figlio si fosse trasferito in terra portoghese, lei avrebbe potuto governare ancora a lungo in Piemonte. Ma Vittorio Amedeo II, intuendo il piano della madre e spinto dai suoi ministri, con una specie di colpo di Stato la dichiarò decaduta e priva di ogni autorità politica e Giovanna dovette piegarsi alla volontà del figlio. Lasciata in disparte dalla politica, Maria Giovanna Battista decise di dedicarsi all’arte: per suo esplicito ordine molte vie di Torino vennero ampliate, furono costruite chiese e, in particolare, fu ammodernato il Palazzo Madama, per opera dello Juvarra.
Morì improvvisamente a 38 anni: oggi la salma è tumulata alla Sacra di San Michele, in un sarcofago in pietra nella navata sinistra della Chiesa.
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Vittorio Amedeo II di Savoia, (Vittorio Amedeo Francesco di Savoia), detto la Volpe Savoiarda (Torino, 1666 – Moncalieri, 1732), è stato re di Sicilia dal 1713 al 1720, in seguito re di Sardegna; duca di Savoia, marchese di Saluzzo e duca del Monferrato, principe di Piemonte e conte d’Aosta, Moriana e Nizza dal 1675 al 1720.
Col suo lungo governo trasformò radicalmente la politica sabauda, fino ad allora influenzata dalle potenze straniere quali Francia o Spagna, rivendicando orgogliosamente l’indipendenza del piccolo stato dalle vicine nazioni (si pensi, ad esempio, all’episodio dell’assedio di Torino 1706).
Lentamente, con il passare degli anni, i trionfi politici e militari avevano infastidito e stancato il re. Non presenziava quasi più alle feste e ai ricevimenti, anzi tendeva ad evitare la vita di corte. Amante della semplicità, l’unico lusso che si concedeva era l’elegantissima parrucca stile Luigi XIV. A peggiorare il suo carattere schivo ed introverso, fu la vera e propria crisi che lo colpì in seguito alla morte per vaiolo del figlio primogenito a soli 15 anni, il prediletto Vittorio Amedeo Filippo. A corte si temette che il re fosse sul punto di impazzire. Verso il 1728 la sua salute peggiorò e decise di abdicare in favore del figlio Carlo Emanuele III di Savoia, pur continuando a controllare gli affari di governo dando consigli perentori e non allontanandosi dalla vita di corte. La ferrea mano del padre pressava non poco Carlo Emanuele III: tra le proibizioni impostegli, il divieto di andare a caccia ogni giorno e di convivere negli stessi appartamenti della moglie. L’abdicazione divenne ufficiale solo nel 1730, quando l’ex re sposò morganaticamente Anna Canalis di Cumiana e si ritirò a vita privata in Savoia. Presto riprese a influenzare il governo del figlio. Sotto l’influenza della seconda moglie, la marchesa di Spigno, Vittorio Amedeo II tentò di riprendersi il trono. Dichiarato nullo il suo atto di abdicazione, dunque, minacciò anche di far intervenire gli imperiali nelle contese con il figlio. Carlo Emanuele si vide dunque obbligato a usare la forza e, con l’approvazione unanime del Consiglio dei Ministri, Vittorio Amedeo II venne arrestato a Moncalieri e imprigionato.
Il 5 febbraio 1731 Vittorio Amedeo II fu colpito da un ictus e la sua salute peggiorò drasticamente fino alla morte a 66 anni. La salma di Vittorio Amedeo II venne tumulata nella Basilica di Superga, dove tutt’oggi riposa.
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Eugenio di Savoia, noto come Principe Eugenio (Parigi, 1663 – Vienna, 1736), cugino di Vittorio Amedeo II, lo aiutò a liberare Torino dall’assedio dei Francesi nel 1706. È stato un nobile e generale italiano al servizio dell’Esercito del Sacro Romano Impero. Membro di Casa Savoia (era diretto bisnipote del duca Carlo Emanuele I), apparteneva al ramo cadetto dei Savoia-Carignano e, in particolare, alla linea dei Savoia-Soissons. Iniziò la sua carriera al servizio della Francia, passando poi a quello dell’Impero, divenendo ben presto comandante dell’esercito imperiale.
Morì a 57 anni nel sonno, dopo aver passato la giornata in consiglio coi ministri e la serata giocando a carte con la contessa Eleonore Batthyány, figlia del suo vecchio amico consigliere von Strattmann, da cui abitò gli ultimi anni della sua vita. I funerali viennesi, su richiesta della famiglia imperiale asburgica, vennero celebrati con gli onori di stato e la partecipazione di tutte le cancellerie europee, equiparandolo di fatto ai familiari dell’Imperatore. Carlo VI vi presenziò di persona e definì la sua dipartita una grave perdita per l’Impero. Anche i Savoia, memori del grande aiuto avuto da Eugenio durante l’assedio francese di Torino, tributarono i giusti onori all’illustre membro della loro casata. l suo corpo fu tumulato nella cattedrale viennese di Santo Stefano, ed il cuore, per volere dei Savoia, nella cripta della Basilica di Superga. Riguardo appunto al cuore, c’è tuttora un mistero, in quanto si ritiene che sia stato riportato a Vienna, o addirittura che non sia mai stato portato via dall’Austria.
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Carlo Emanuele III di Savoia, detto il Laborioso e soprannominato dai piemontesi Carlin (Torino, 1701 – Torino, 1773), fu re di Sardegna, duca di Savoia, duca del Monferrato, marchese di Saluzzo, principe di Piemonte, duca d’Aosta e conte della Moriana e di Nizza dal 1730 al 1773.
Salito al trono in conflitto con il padre. Vittorio Amedeo lI aveva abdicato nel 1730 lasciando al figlio la sovranità sul Piemonte. Tuttavia, diede ordini e consigli al figlio, che tuttavia ripristinò balli, feste e lussi presso la corte torinese. Nel 1731, mentre Carlo Emanuele III si trovava a Chambéry, lo coprì d’ingiurie davanti al Consiglio dei ministri, tacciandolo di inettitudine. Vittorio Amedeo decise, quindi, di riprendersi il trono. Tornò in Piemonte e confermò i ministri ma la reazione però non fu quella che lui si aspettava: il figlio informato delle mosse del padre, convocò in seduta straordinaria il Consiglio dei Ministri, che decretò che Vittorio Amedeo II andava arrestato ed imprigionato. Una scorta di soldati venne dunque spedita ad arrestare il vecchio re, che fu chiuso nel castello di Moncalieri, dove restò fino alla morte.
Si circondò di militari a cui conferì le più alte cariche dello Stato. Sotto il suo regno, che durò quasi 43 anni, lo Stato sabaudo continuò a militare al fianco delle grandi potenze nelle guerre di successione polacca ed austriaca, ottenendo considerevoli acquisizioni territoriali, che ne spostarono il confine al Ticino.
Morì a 72 anni e la sua salma fu tumulata nella Cripta Reale della basilica di Superga, dove la sua tomba monumentale, opera dello scultore Ignazio Collino, si trova in posizione opposta a quella del padre.
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Vittorio Amedeo III di Savoia(Torino, 1726 –Moncalieri, 1796) fu re di Sardegna, duca di Savoia, principe di Piemonte e conte d’Aosta dal 1773 al 1796. Invasione di Napoleone nel 1798.
Salì al trono nel 1773 e, per quanto di spirito conservatore, portò avanti nel suo regno numerose riforme amministrative sino alla dichiarazione di guerra alla Francia rivoluzionaria nel 1792.
Isolato e condannato da tutti, anche dai suoi più fedeli sostenitori di un tempo, colpito da apoplessia, morì a 70 anni nel 1796 nel castello di Moncalieri. Lasciava un regno allo sfascio economico, con le casse completamente svuotate, mutilato di due province fondamentali – la Savoia e Nizza – e devastato dalle correnti rivoluzionarie. Il suo primogenito Carlo Emanuele, il principe di Piemonte, era debole ed incapace di mantenere la situazione sotto controllo.
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Carlo Emanuele IV di Savoia, detto l’Esiliato (Torino, 1751 – Roma, 1819), fu re di Sardegna e duca di Savoia dal 1796 al 1802. Nel 1773 il padre salì al trono di Sardegna, e da quel momento iniziò a organizzare il matrimonio di Carlo Emanuele su basi politiche. Abdica in favore del fratello.
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Vittorio Emanuele I di Savoia, detto il Tenacissimo (Torino, 1759 – Moncalieri, 1824), fu re di Sardegna, principe di Piemonte, duca di Savoia e d’Aosta dal 1802 al 1821.
Dopo la Restaurazione, nel luglio del 1814 torna a Torino, sul modello della Gendarmeria francese costituì a Torino il Corpo dei Carabinieri Reali, da cui deriva la moderna Arma dei Carabinieri, quarta forza armata italiana.
Fa costruire la chiesa della Gran Madre.
Pur avendo 5 figli, il solo maschio – Carlo Emanuele (1796–1799) – morì di vaiolo, per cui il trono passò a suo fratello minore Carlo Felice.
Nel 1824 acquistò l’abbazia di Altacomba, dove sarà sepolto e dove erano sepolti molti dei suoi antenati e ne curò il progetto di restauro che affidò all’architetto Ernesto Melano.
Sarà sempre lui poi, nello stesso anno, ad acquistare buona parte della collezione che attualmente costituisce il Museo Egizio di Torino, ricevendo i reperti direttamente dal barbaniese Bernardino Drovetti, in quegli anni Console Generale di Francia in Egitto.
Con Carlo Felice, senza eredi dal proprio matrimonio, si estingue il ramo principale dei Savoia. La corona reale passerà al ramo dei Savoia-Carignano con Carlo Alberto, suo successore. La scelta di Carlo Alberto quale suo successore fu, almeno in un primo momento, una scelta non facile per Carlo Felice, soprattutto perché il cugino si era dimostrato particolarmente incline al liberalismo e ad amicizie filo-carbonare; tuttavia detta successione al ramo dei Savoia-Carignano, oltre a essere un passaggio obbligato, smise di essere motivo di fastidio e dispiacere per il re.
«Politicamente, valeva meno di Carlo Alberto che, pur con tutte le sue ambiguità, la missione italiana della dinastia l’aveva intravista anche se per calcolo o codardia era sempre pronto a tradirla. Ma moralmente era molto al di sopra di lui. Per il trono non brigò mai, ebbe un sacro rispetto del pubblico denaro, non fece mai una promessa che poi non mantenesse e, pur vergognandosene come di debolezze, ebbe le sue generosità.»
(Indro Montanelli, L’Italia giacobina e carbonara, pp. 350-351)
Carlo Alberto di Savoia-Carignano(Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano; Torino, 1798 – Oporto, 1849) è stato Re di Sardegna dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849.
Durante il periodo napoleonico visse in Francia dove acquisì un’educazione liberale. Come principe di Carignano nel 1821 diede e poi ritirò l’appoggio ai congiurati che volevano imporre la costituzione a suo padre, re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Divenne poi conservatore e partecipò alla spedizione legittimista contro i liberali spagnoli del 1823. Non destinato al trono, diventò re dello Stato sabaudo nel 1831 alla morte dello zio Carlo Felice che non lasciava eredi.
Concede il 4 marzo 1848 lo Statuto Albertino (p.zza Statuto, piazzetta 4 marzo).
Abdica in favore del figlio primogenito Vittorio Emanuele II, sperando che possesse ottenere dall’Austria condizioni e clausole più vantaggiose dopo aber subito la sconfitta militare della battaglia di Novara (Prima guerra d’indpendenza).
Muore a 51 anni ad Oporto. Il corpo fu imbalsamato ed esposto nella cattedrale di Oporto. Il 3 settembre giunsero le navi Monzambano e Goito al comando di Eugenio di Savoia, cugino del defunto che salparono la sera stessa per Genova. I funerali, con grande partecipazione di popolo, si svolsero nel Duomo di Torino, celebrante l’arcivescovo di ChambéryAlexis Billiet assistito da cinque vescovi piemontesi. Il giorno dopo la salma venne tumulata solennemente nei sotterranei della Basilica di Superga, dove tuttora riposa.
Vittorio Emanuele II di Savoia (Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia; Torino, 1820 – Roma, 1878) è stato l’ultimo re di Sardegna (dal 1849 al 1861) e il primo re d’Italia (dal 1861 al 1878).
Per aver realizzato l’Unità d’Italia, viene indicato come Padre della Patria, così come compare nell’iscrizione nel monumento nazionale che da lui prende il nome di Vittoriano, sito a Roma, in piazza Venezia.
Le febbri che portarono alla morte Vittorio Emanuele a 58 anni, erano probabilmente febbri malariche, contratte proprio andando a caccia nelle zone paludose del Lazio. La sua tomba, come Padre della Patria, è nel Pantheon a Roma.
Rosa Vercellana (morganatica): meglio nota in piemontese come la Bela Rosin (Nizza, 1833 – Pisa, 1885), fu dapprima l’amante e in seguito la moglie morganatica del re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia, che le concesse i titoli nobiliari minori di Contessa di Mirafiori (territorio a sud di Torino) e di Fontanafredda (territorio di Serralunga d’Alba). Incontrò per la prima volta Rosa Vercellana di 14 anni nel 1847, quando con la famiglia si trasferì presso il castello di Racconigi, dove il padre dirigeva il presidio militare della tenuta di caccia: il futuro re d’Italia, ancora principe ereditario, aveva 27 anni, era sposato con l’austriaca Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena (Milano, 1822 – Torino, 1855) e aveva già quattro figli.
Vittorio Emanuele II mantenne la propria relazione con Rosa Vercellana per tutta la vita, nonostante le sue altre numerose amanti e avventure, ed ebbe da lei due figli: Vittoria (1848 – 1905) – quando la madre aveva 15 anni e un anno dopo che Vittorio Emanuele l’aveva conosciuta – ed Emanuele (Moncalieri, 1851 – Sommariva Perno, 1894).
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Umberto I di Savoia(Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio di Savoia; Torino, 1844 – Monza, 1900) è stato Re d’Italia dal 1878 al 1900.
Figlio di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e di Maria Adelaide d’Austria, regina del Regno di Sardegna, morta nel 1855, il suo regno fu contrassegnato da diversi eventi, che produssero opinioni e sentimenti opposti.
Il monarca viene ricordato positivamente da alcuni per il suo atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure come l’epidemia di colera a Napoli del 1884, prodigandosi personalmente nei soccorsi (perciò fu soprannominato “Re Buono”), e per la promulgazione del cosiddetto codice Zanardelli, che apportò alcune innovazioni nel codice penale, come l’abolizione della pena di morte.
Da altri fu duramente avversato per il suo rigido conservatorismo e le sue tendenze autoritarie (inaspritesi negli ultimi anni del regno): dagli anarchici, Umberto I ricevette il soprannome di “Re Mitraglia”.
Morì assassinato a Monza, 29 luglio 1900 (56 anni), dopo avere subito altri due attentati precedenti: la salma del defunto re venne tumulata nel Pantheon accanto a quella del padre.
Sposò Margherita di Savoia, sua cugina, figlia di Ferdinando di Savoia, secondo figlio di Carlo Alberto e fratello di Vittorio Emanuele II. Margherita essendo la consorte di re Umberto I è stata la prima regina consorte d’Italia (la moglie del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia, Maria Adelaide d’Austria, era infatti morta nel 1855, prima della proclamazione del Regno avvenuta nel 1861).
Morì nella sua villa a Bordighera il 4 gennaio 1926, a 74 anni: la sua tomba è nel Pantheon.
Vittorio Emanuele III di Savoia (Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia; Napoli, 1869 – Alessandria d’Egitto, 1947) è stato Re d’Italia (dal 1900 al 1946), Imperatore d’Etiopia (dal 1936 al 1943), Primo Maresciallo dell’Impero (dal 4 aprile 1938) e Re d’Albania (dal 1939 al 1943). Abdicò il 9 maggio 1946 e gli succedette il figlio Umberto II. Venne soprannominato Re soldato.
Figlio di Umberto I di Savoia e di Margherita di Savoia, alla nascita ricevette il titolo di Principe di Napoli, nell’evidente intento di sottolineare l’unità nazionale, raggiunta da poco. La notizia dell’assassinio del padre Umberto I di Savoia, ucciso il 29 luglio 1900 a Monza per opera dell’anarchico pratese Gaetano Bresci, giunse a Vittorio Emanuele mentre si trovava in crociera nel Mediterraneo con la moglie Elena del Montenegro: fino ad allora il Principe di Napoli aveva considerato la propria ascesa al trono ancora lontana, data l’età del padre, che al momento del regicidio aveva 56 anni.
Il suo lungo regno (46 anni) vide, oltre alle due guerre mondiali, l’introduzione del suffragio universale maschile (1912) e femminile (1945), delle prime importanti forme di protezione sociale, il declino e il crollo dello Stato liberale (1900 – 1922), la nascita e il crollo dello Stato fascista (1925 – 1943), la composizione della questione romana (1929), il raggiungimento dei massimi confini territoriali dell’Italia unita e le maggiori conquiste in ambito coloniale (Libia ed Etiopia). Morì poco più di un anno e mezzo dopo la fine del Regno d’Italia.
Studiò medicina e ne ebbe la laurea honoris causa; finanziò opere benefiche. Durante la Prima guerra mondiale Elena fece l’infermiera a tempo pieno e, con l’aiuto della Regina Madre (Margherita), trasformò in ospedali sia il Quirinale sia Villa Margherita; per reperire fondi lei stessa inventò la “fotografia autografata” che veniva venduta nei banchi di beneficenza, mentre alla fine del conflitto propose la vendita dei tesori della corona per estinguere i debiti di guerra.
Dopo esilio il 9 maggio del 1946 andò con il re ad Alessandria d’Egitto, ospite di re Farouk I d’Egitto, che ricambiò così l’ospitalità data a suo tempo dal regno italiano a suo nonno, Isma’il Pascià. Durante l’esilio i due coniugi festeggiarono il cinquantesimo anniversario di matrimonio. Elena rimase col marito in Egitto fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta il 28 dicembre 1947.
Tre anni dopo si scoprì malata di cancro e si trasferì in Francia, a Montpellier, e nel novembre 1952 si sottopose a un difficile intervento chirurgico nella clinica di Saint Cóm, dove morì il 28 novembre. Fu sepolta, com’era suo desiderio, in una comune tomba del cimitero Saint-Lazare a Montpellier.
Sessantacinque anni dopo la sua morte, il 15 dicembre 2017, la salma della regina Elena è stata rimpatriata da Montpellier e sepolta nel santuario di Vicoforte, nella cappella di San Bernardo (la stessa dov’è sepolto il duca Carlo Emanuele I), dove, due giorni dopo, sono stati tumulati anche i resti del consorte Vittorio Emanuele III, rimpatriato da Alessandria d’Egitto.
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Umberto II di Savoia(Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia; Racconigi, 1904 – Ginevra, 1983) è stato Principe di Piemonte dal 1904 al 1946, Luogotenente Generale del Regno d’Italia dal 5 giugno 1944 al 9 maggio 1946 e ultimo Re d’Italia dal 9 maggio al 18 giugno 1946.
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Vittorio Emanuele di Savoia (Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria; Napoli, 1937) è un membro di casa Savoia e imprenditore italiano naturalizzato svizzero. Figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II e di Maria José. È sposato con Marina Doria, da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto. Dal 1983 è pretendente al trono d’Italia in disputa dal 2006 con la linea dinastica di Aimone di Savoia-Aosta.
Agisce da Capo della Casa dal 1983, anno della morte di Umberto II, ma questo titolo e le prerogative ad esso spettanti (il gran magistero degli ordini dinastici sabaudi e il titolo di duca di Savoia) vennero contestati da Amedeo di Savoia-Aosta. Tale disputa nacque a seguito del matrimonio non autorizzato da Umberto II fra Vittorio Emanuele e Marina Doria, situazione che avrebbe portato, secondo la normativa dinastica di Casa Savoia, lo stesso Vittorio Emanuele e la sua discendenza al di fuori della linea di successione.
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Emanuele Filiberto di Savoia (Emanuele Filiberto Umberto Reza Ciro René Maria; Ginevra, 1972) è un membro della Casa Savoia e personaggio televisivo svizzero con cittadinanza italiana.
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Amedeo di Savoia-Aosta (Amedeo Umberto Giorgio Paolo Costantino Elena Fiorenzo Maria; Firenze, 1943 – Arezzo, 2021) è stato un membro di Casa Savoia e imprenditore italiano, fu pretendente al trono d’Italia (contestato da Vittorio Emanuele di Savoia). Era conosciuto anche con i titoli di cortesia di duca d’Aosta, principe della Cisterna e di Belriguardo, marchese di Voghera e conte di Ponderano. Era figlio di Aimone di Savoia (il quale aveva avuto come bisnonno il primo re d’Italia Vittorio Emanuele II), per un breve periodo re di Croazia, che rinunciò al titolo pochi giorni dopo la nascita di Amedeo.
Nel 2006 Amedeo rivendicò per sé il titolo di duca di Savoia e il ruolo di Capo della Real Casa, in disputa con Vittorio Emanuele di Savoia. Come discendente del re di Spagna Amedeo I, era 41º in linea di successione al trono spagnolo.
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Aimone di Savoia-Aosta (Aimone Umberto Emanuele Filiberto Luigi Amedeo Elena Maria Fiorenzo di Savoia-Aosta; Firenze, 1967) è un membro di Casa Savoia e un dirigente d’azienda italiano. Per anni direttore generale Pirelli. Dal 2017 è presidente del consiglio imprenditoriale italiano, organo di raccordo delle realtà associative imprenditoriali italiane operanti nella Federazione Russa. Da novembre 2019 è ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Federazione Russa. (Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, comunemente abbreviato in Sovrano Militare Ordine di Malta ), Ordine Gerosolimitano, o anche semplicemente Ordine di Malta, è un ordine religioso cavalleresco canonicamente dipendente dalla Santa Sede, con finalità assistenziali. Il Sovrano Militare Ordine di Malta è un Ordine religioso laicale cattolico che gode ipso iure di personalità giuridica pubblica nella Chiesa,). Il 24 novembre 2020 l’ambasciatore Aimone di Savoia Aosta ha presentato le credenziali quale rappresentante dell’Ordine di Malta presso la Federazione Russa sostituendo il diplomatico Gianfranco Facco-Bonetti.
Il ruolo della missione diplomatica dell’Ordine in Russia consiste nella promozione dei rapporti fra Cristianità orientale e Chiesa cattolica, nel sostegno alle opere caritative verso i bisognosi e nella promozione di iniziative culturali, ruolo per il quale l’Ordine è fortemente apprezzato dalle autorità civili ed ecclesiali russe. Nel 2020 l’ambasciatore Savoia-Aosta ha incontrato i rappresentati della Chiesa ortodossa al fine di mantenere alto il livello di cooperazione tra l’Ordine e la Chiesa russa.
Esponente del ramo cadetto Savoia-Aosta, dopo la morte di suo padre Amedeo di Savoia-Aosta, avvenuta il 1º giugno 2021, Aimone è divenuto il nuovo Capo di Casa Savoia, in disputa dal 2006 con la linea dinastica del suo lontano cugino Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di re Umberto II.
Talvolta può essere utile incorporare un’immagine presente in un sito esterno al nostro: ovviamente questo collegamento può nel tempo non essere più valido, qualora venga modificata la sua URL o addirittura venga non più reso disponibile su Internet: perciò quell’immagine potrebbe non più comparire nel nostro post! Se non si vuole correre questo rischio ovviamente conviene salvare localmente l’immagine (right click sull’immagine e poi Salva immagine con nome) per poi caricarla nel nostro post. Tuttavia questo non solo occupa della memoria che abbiamo a disposizione su WordPress (che non è moltissima!). In particolare per vedere quanta memoria uno ha usato nel proprio sito/blog WordPress e quanta ne ha ancora a disposizione con il proprio piano di abbonamento, si può operare come descritto in questo altro post.
Indicazione di quanta memoria uno ha ancora a disposizione con il proprio piano su WordPress
Inoltre, su certi siti importanti (e.g. Wikipedia) difficilmente delle pagine vengono cancellate e molto probabilmente anche le immagini mostrate non verranno cancellate/modificate.
Tuttavia, se uno incorpora semplicemente un’immagine dopo avere copiato la sua URL(right click sull’immagine e poi Copia collegamento immagine), questa non risulta dimensionabile nella propria pagina e questo può non essere opportuno:
Copiare il collegamento dell’immagine presente in un sito: right click sull’immagine e poi Copia collegamento immagine
Se si incorpora semplicemente l’immagine, questa non risulta dimensionabile nel nostro sito
Se si desidera invece inserirla per poi poteva eventualmente dimensionare in dimensioni, sui deve operare diversamente come segue, cioè inserendo una immagine indicandone la URL esterna. A questo punto sul contorno dell’immagine inserita compare un pallino che consente, trascinandolo di modificare le dimensioni o si può anche agire sulle proprietà del blocco operando nel la sezione a destra, ad esempio impostandone una percentuale (e.g. 50%):
Talvolta può essere conveniente applicare una colorazione, diversa da quella nera di default, a una frase o anche solo a qualche parola. In questo post mostro come questo può essere fatto editando un post su WordPress, sebbene non sia del tutto intuitivo trovare le opzioni da scegliere.
Per rendere colorato (e.g. rosso)il testo di tutta una frase, è sufficiente selezionare il/i paragrafo/i di cui si desidera cambiare il colore, andare poi nella andare nelle Impostazioni, sezione presente nella sezione a destra della pagina, impostare che si vuole cambiare il colore del Testo (o in alternativa il suo Sfondo), cliccare nel rettangolo quadrettato che comparirà per far aprire un’ulteriore finestra che consente la scelta del colore desiderato, spostando opportunamente il cerchio per meglio definirlo, dopo avere selezionato la tonalità voluta: questo può essere impostato anche tramite le barre scorrevoli presenti in basso in quella medesima finestra:
Per rendere colorato (e.g. rosso)solo qualche parola specifica, è sufficiente selezionare la/e parola/e e selezionare la scelta Evidenzia presente tra le opzioni che compaiono premendo la freccia verso il basso della barra sovrimpressa: la scelta di chiamare Evidenzia quella opzione certo non aiuta a comprenderne il significato! La selezione del colore specifico da applicare deve venir fatta con una modalità analoga a quanto visto precedentemente: scelta della colorazione da barra arcobaleno, definizione della intensità spostando il cerchietto nel quadrato colorato, modifica eventuale del codice colore scrivendolo esplicitamente nell’apposito campo # (e.g. # F20808) [nota: per vedere quel campo, a seconda della definizione dello schermo, può essere necessario scorrere verso il basso in quella finestra di popup relativa alla scelta del colore).
Purtroppo, sebbene esistano 5 pallini con alcuni colori predefiniti applicabili immediatamente, non ho trovato il modo per cambiare quelle colorazioni di default con altre scelte specificatamente, per cui se si desidera applicare la medesima colorazione a più parole, mi sembra che l’unico modo di procedere risulti copiare il codice colore e poi reinserirlo ogni volta per ciascuna parola/frase che si desidera rendere colorata 😦
Iniziamo con il dire che TorinoStoria è una bellissima rivista mensile che, in modo divulgativo e accattivante pur mantenendo un rigore storico, mensilmente pubblica articoli su Torino, i suoi monumenti e la sua lunga storia.
Oltre al numero del mese corrente, disponibile anche in edicola, è possibile da loro sito effettuare l’acquisto di numeri precedenti (in formato cartaceo o anche solo in digitale, assai più conveniente e reso subito disponibile). Se uno è interessato quindi a un tema/edificio specifico, può quindi essere conveniente ricercarlo nel catalogo generale di tutti gli articoli fino a oggi pubblicati, che si può scaricare gratuitamente e risulta sempre aggiornato con gli articoli dell’ultimo numero della rivista: Torino Storia Indice Generale.
Tutto ciò che uno ha acquistato online, risulta sempre disponibile al download anche successivamente e ovunque, autenticandosi nel loro sito… questo è un gran vantaggio! Basta infatti andare (dalla finestra che compare posizionando il mouse sul proprio nome che compare in alto a destra una volta che uno si è autenticato) su Il mio account -> Download per ritrovarsi nella pagina con l’elenco di tutte le riviste acquistate online e in Abbonamenti, relativamente ai numeri in abbonamento per sempre scaricabili:
Comunque, anche non si desidera acquistare nulla, sul quel sito si possono trovare e leggere gratuitamente molteplici articoli (suddivisi per periodo storico: antichità, medioevo, età barocca, ottocento, novecento) che erano apparsi in alcuni numeri trascorsi, seppur qui pubblicati non interamente (ciascuno fornisce comunque il link al numero che lo contiene integralmente, qualora uno poi sia interessato ad approfondire ulteriormente). Si noti che sono anche presenti spesso altri file scaricabili gratuitamente, come ad esempio, attualmente, quello dedicato alla mappa delle luci d’artista a Torino (edizione 2022/2023).
Per molte ragioni, quindi, il loro sito è sicuramente da visitare, se ti interessa conoscere Torino, i suoi monumenti e la sua storia!
La settimana scorsa, stavo cercando informazioni su Internet, relativamente al Palazzo Civico, dal momento che mi sono proposto come guida volontaria per far visitare quel monumento e le sue sale istituzionali a chi lo richiede (e.g. cittadini, turisti, classi di scuole): vedi qui per maggiori dettagli su come prenotare una visita gratuita. Ho visto, in quella mia ricerca, che c’era stato su TorinoStoria un articolo proprio dedicato a quel Palazzo, pubblicato in un numero che mi ero perso della rivista (ottobre 2021, in occasione delle elezioni municipali). Sebbene parte dell’articolo fosse reso disponibile anche online, con soli 3€ ho acquistato l’intero numero in digitale, avendolo così in forma integrale sul mio PC nel giro di pochi minuti (nella versione sia a singola sia a doppia pagina, sicuramente più consona, consentendo quest’ultima di non spezzare le immagini!).
A ciascuna rivista è associata poi una gallery con anche altre foto rispetto a quelle pubblicate negli articoli (anche se, viceversa, non tutte quelle pubblicate sono presenti nella medesima)!
Essendo anche interessato alle fotografie, soprattutto a quelle di posti che non risultano visitabili al pubblico, magari da far vedere ai visitatori del Palazzo, sono andato a cercare la gallery che era stata associata a quell’articolo. Ero interessato soprattutto alle foto di parti del Palazzo Civico che non risultano normalmente visibili al pubblico e che erano state fatte visitare eccezionalmente ai giornalisti/fotografi della rivista (e.g. la Sala dell’Orologio, le antiche casseforti della Tesoreria municipale, il caveau utilizzato fino a pochi anni fa dalla filiale della Banca Crt interna al Palazzo).
Purtroppo, sia nella sezione delle foto/video gallery sia nel suo archivio fotografico non erano più presenti le foto relative a quel vecchio numero della rivista:
Ho scritto quindi, tramite la chat Messenger abbinata al loro sito Facebook e, insperabilmente, ho ricevuto una risposta nel giro di poche ore. Mi hanno confermato che non tutte le gallery fotografiche associate ai vecchi numeri della rivista sono ancora online (probabilmente lo sono solo quelle relative agli ultimi numeri). Comunque, gentilmente e nel giro di meno di un giorno, mi hanno inviato la cartella delle foto relative a quell’articolo della rivista, dimostrando (ovviamente) che l’avevo acquistata online! Davvero gentili ed efficienti!
Quindi, se anche tu hai la medesima mia esigenza, relativamente a un qualsiasi vecchio numero acquistato, puoi anche tu effettuare la richiesta tramite il programma di messaggistica Messenger associato al loro sito Facebook o inviando la richiesta tramite la loro email.
Da tempo ho l’ottima stampante laser bianco/nero Brother HLL2375DW che ha una velocità di stampa notevole (34 ppm) e consente la stampa fronte/retro automatica, direi essenziale per risparmiare carta e tempo! Inoltre consente un collegamento sia tramite cavo Ethernet sia via Wi-Fi (sebbene ne esista una versione, poco più economica, che consente solo una connessione via Wi-Fi: Brother HLL2350DW).
La qualità di stampa è ottima e le cartucce di toner sono economiche soprattutto se si opta non per le originali ma per altre compatibili: io ho provato diverse marche pilotando la mia scelta sul prezzo/offerta in corso e mi sono sempre trovato sufficientemente bene (e.g. CSSTAR, MYCARTRIDGE, FITU WORK, ZIPRINT). Spesso può convenire optare per confezioni con 2 toner in quanto più economiche… oltre a dare la sicurezza di non rimanere mai senza toner!
In questo post mostro come impostare la stampante in modo che non interrompa di stampare quando giudica che la sua qualità di stampa non è più ottima: infatti, in genere per un uso casalingo anche un toner in esaurimento riesce ancora a stampare diverse pagine, sebbene forse non alla massima qualità (d’altra parte, almeno per un bel po’ di stampe, difficilmente uno nota la diminuzione della qualità di stampa!). Infatti per default la stampante è impostata per “rifiutarsi” di stampare qualora, appunto, la qualità di stampa non sia ottima e si rischia quindi di non riuscire a stampare nulla, anche quando sarebbe più che accettabile per noi una qualità inferiore (i.e. stampa leggermente più chiara). Ovviamente la stampante già tempo, prima di non consentire più alcuna stampa, aveva inviato segnalazioni che il toner era in esaurimento, segnalazioni tuttavia spesso non sono tenute troppo in conto dell’utilizzatore che non provvede per tempo ad acquistare una nuova cartuccia rischiando così da un momento all’altro di non poter più stampare nulla, neppure a una qualità (leggermente) inferiore!
Innanzitutto, se non lo si è ancora fatto è necessario installare il pacchetto completo di SW e driver forniti dalla Brother e scaricabili dal loro sito in questa pagina. Questo pacchetto mette a disposizione in particola due SW che si trovano elencati tra le applicazioni all’interno di una cartella Brother:
Lanciando l’app Brother iPrint&Scan si apre la seguente finestra che consente (operando come indicato) di arrivare a un link che permette di lanciare sul browser un sito locale presente sulla stampante stessa e da cui è possibile modificarne le impostazioni:
Da quel sito locale e presente nella stampate stessa (e.g. http://192.168.1.15/general/status.html), aperto in automatico sul proprio browser di default, andando nella sezione Sostituzione toner, si può impostare l’opzione Continua (alternativa a quella Interrompi di default) e quindi premere Invia per inviare alla stampante questa scelta:
Se uno aveva mandato in stampa un documento e la stampante si era interrotta a un certo punto della sua stampa, indicando che il toner era insufficiente, riprenderà subito a stampare da dove si era interrotta! 🙂
P.S. Se la stampante non è connessa in rete (con cavo Ethernet o via Wi-Fi) ma è connessa tramite cavo USB, stranamente quel link Forniture/importazioni macchina (presente a destra in basso) non è disponibile per cui non si riesce ad aprire la finestra popup che consente di andare al sito in cui nella pagina relativa alla Sostituzione toner si può impostare quella opzione! 🤔🙄
NOTA BENE: tutte le volte che si sostituisce il toner, è necessario reimpostare tale parametro in quanto di default questa impostazione viene resettata per cui ci si ritrova: Sostituire toner => Interrompi che deve nuovamente essere impostato invece a Continua.
______ P.S. Ho cercato di effettuare la medesima impostazione con una stampante identica ma collegata via USB e non via rete (e.g. nel mio caso WiFi seppure abbia anche la possibilità di collegamento via cavo Ethernet), ma pur aggiornando il firmware della stampante (vedi nel seguito il link ai SW associati al dispositivo) il link Tutte le impostazioni (indicato in rosso con 3 nelle figure precedenti) mi apriva nel browser una pagina (e.g. http://192.168.1.15/general/status.html) che non presentava tutti le voci di menù visualizzate nella mia e in particolare non risultava presente l’ultima voce relativa a Sostituire toner (e.g. http://192.168.1.15/general/replacetoner.html). Forse che si tratti solo di una peculiarità presente se la stampante +è collegata via rete o forse che non abbia aggiornato il suo firmware proprio all’ultima versione (sebbene questa ultima ipotesi mi sembra strana, avendo utilizzato gli stessi link di aggiornamento SW già trovati a suo tempo per aggiornare la mia stampante, i medesimi che ho inserito in questo post!). 🤔 ______
Consiglio inoltre di lanciare ogni tanto anche l’altra applicazione che il pacchetto installa (i.e. Brother Utilities) in modo da verificare la presenza di aggiornamenti del SW e del firmware della stampante stessa e quindi eventualmente scaricarli e installarli:
Si noti che quando si effettua un aggiornamento del firmware della stampante (magari in automatico se lo si è impostato) può essere necessario modificare nuovamente quella impostazione di default che consente di continuare a stampare anche se con qualità inferiore quando il toner non consente più una stampa ottimale.
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Se poi non riesci a stampare fronte/retro sebbene il tuo modello supporti tale funzione, sicuramente ti sei sbagliato a scegliere il modello (come è inizialmente successo a me!) scaricando il SW e in particolare il suo driver. Andando nelle sue proprietà infatti è possibile solo impostare pagine multiple fronte /retro con inserimento manuale… essendo il modello Brother HL-2290 (relativo a quel driver) solo in grado di supportare tale modalità:
Conviene quindi andare nuovamente nel sito Brother nella sezione dove si scaricano i SW e scegliere questa volta il modello giusto: conviene disinstallare prima il driver precedentemente installato (relativo a un modello differente) e solo successivamente installare quello corretto, relativo proprio a quella propria stampante.
Il link rimane il medesimo (calcolo IMU on line) così come l’inserimento dei dati degli immobili o meglio ancora la modalità di recupero eventuale dei dati degli immobili già precedentemente inseriti e salvati localmente sul proprio PC (con estensione .iuc). Se ci sono state variazioni, si possono togliere/inserire immobili i quella lista dopo averla caricata: ovviamente converrà in questo caso salvare nuovamente il tutto localmente in un nuovo file .iuc che contempli quelle nuove modifiche, in modo tale da poter caricare quello la prossima volta!