Talvolta succede, se si è sbadati, di non solo non ricordarsi o aver segnato da qualche parte le credenziali di accesso a un sito, ma anche di non avere aggiornato nel tempo i dati che consentirebbero a un recupero di quelle credenziali generalmente effettuato tramite e-mail. Infatti, non è inusuale che uno abbia dismesso nel tempo delle proprie iscrizioni a servizi di e-mail (e.g. infinity, yahoo o uno aziendale e si è andati in pensione o si è cambiato lavoro!) a favore di altri più consoni alle proprie aspettative, ma abbia lasciato, in qualche app/servizio, una di quelle come e-mail nel nostro profilo (e.g. quello di Facebook), utile anche al recupero delle credenziali qualora non ce le ricordassimo.
Per fortuna spesso l’accesso al sito permane su qualche dispositivo (e.g. vecchio smartphone, PC) in quanto memorizzato, per cui da quello si può procedere a modificare l’e-mail di recupero: tuttavia, non sempre è troppo agevole trovare la sezione in cui andare a modificare la propria informazione di profilo utente! Questo è il caso di Facebook dove non è proprio immediata ed evidente la procedura da effettuare.
Con questo post fornisco quindi informazioni utili a una nipote sbadata che ha invocato il mio aiuto, … ma penso possa servire anche ad altri!🙄😁
Nel seguito inserisco quindi gli screenshot passo-passo per tutta la procedura, inizialmente utilizzando la versione web di Facebook da un qualsiasi browser, ad esempio qualora le proprie credenziali risultino ancora memorizzate da qualche browser sul proprio PC e quindi da quello uno riesca ancora ad accederci pur non ricordandocele:
Purtroppo, come troppo spesso accade, se uno opera dall’app Facebook su smartphone (e non su un browser generico, su PC o smartphone che sia) l’interfaccia utente risulta assai diversa, per cui nel seguito mostro passo-passo gli screenshot per eseguire la procedura di cambio e-mail, impostandola come quella principale (utile anche per un recupero delle credenziali), qualora le proprie credenziali risultino ancora memorizzate sul vecchio smartphone/tablet che le inserisce automaticamente (pur noi non ricordandocele!) permettendoci ancora di accederci all’app:
Per altre informazioni sul recupero credenziali, una volta impostata la giusta e-mail attuale da confermare, puoi vedere anche il post Come recuperare account Facebook.
Avendola attivata nel sito della Soris, mi è arrivata la scorsa settimana via e-mail la notifica che erano presenti nuovi documenti nel mio “estratto conto”… insomma, che c’era qualcosa da pagare in particolare veniva indicata la causale TARI SALDO ABITAZIONI: oramai dal 2021 quella tassa viene indicata con il codice tributo 3944 ed è stata disgiunta dal tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente, indicato non con un numero ma con l’acronimo TEFA… Il perché si usi per una un codice e per l’altra l’acronimo, almeno per me resta un mistero!
In compenso ho avuto diversi problemi a effettuarne il pagamento, almeno tramite la banca ING Direct! Infatti, riportando esattamente tutti i campi presenti nel modulo F24 così come scaricato dal sito della Soris, all’atto del pagamento veniva notificato dal sito della banca l’errore “Riferimento tributo non valido,Riferimento tributo non valido“.
Essendo quella indicazione di errore “Riferimento tributo non valido” ripetuta due volte, mi sembrava stese a indicare che entrambi i codici tributi inseriti (3944 e TEFA) risultassero errati.! Inutile fare inserire quei codici dal sito stesso, ricercandoli nell’apposita finestra di popup di ricerca tributo…
Ho telefonato anche al servizio clienti di quella banca (ING Direct) per segnalare l’anomalia e il consulente mi ha risposto che già altri clienti avevano segnalato il problema e che era stato già riportato il tutto a chi di dovere.: consigliava di ritelefonare loro dopo qualche giorno se il problema continuasse a ripresentarsi. Insomma, nulla di fatto.
Oggi dovevo pagare la medesima tassa per un’anziana signora tramite il sito della sua banca (BNL) con il modulo F24 cartaceo che le era arrivato per posta ordinaria e già mi aspettavo di riscontrare un problema analogo. Invece tutto liscio, ma noto che in quel suo modulo F24 cartaceo oltre ai dati relativi a codice tributo, codice ente, anno di riferimento, importi a debito versati, era valorizzata per entrambi i tributi anche la colonna relativa a rateazione/mese rif. (i.e. 0101).
Ho provato nuovamente a pagare il mio tributo con la mia banca riportando unicamente i dati che erano valorizzati nell’F24 così come scaricato dal sito Soris e mi ha fornito il medesimo errore; ho provato quindi a valorizzare anche quella colonna analogamente a quanto visto nell’altro F24 e… magicamente il pagamento è stato accettato!
Insomma, non si trattava di un errore nel riferimento codice tributo, come riportato dal sito della banca, bensì nella mancanza di valorizzazione di quella colonna sebbene non fosse valorizzata nel modulo F24 scaricato dal sito Soris stesso!!
Spero che questa indicazione risparmi tempo a qualcuno di voi che si trovi nella medesima situazione 🙂
Il problema non sussiste se si è usato un calendario salvato su un cloud accessibile tramite delle proprie credenziali (e.g. Google Calendar, Microsoft Outlook): basta configurare il nuovo smartphone per accedere al calendario presente online.
Tuttavia, talvolta cambiando smartphone ci si trova ad avere il problema di riportare nel nuovo dispositivo i dati inseriti in un’app di calendario specifica del produttore di quello vecchio, magari diverso da quello nuovo. Ad esempio, se uno ha un telefonino Huawei esiste un’app Calendario specifica di quel produttore che, per default, memorizza gli eventi creati nel telefono stesso (cioè solo localmente, a meno che uno non si sia connesso al Cloud del produttore con un proprio account specifico – cosa non obbligatoria e per questo generalmente non fatta – e abbia richiesto la sincronizzazione del salvataggio di quei dati, oltre ad altri quali le foto o le impostazioni del telefono in generale). Ovviamente quell’app, come in genere quelle di tutti i costruttori, consentono anche di collegarsi anche ad altri calendari online, in particolare quello di Google che sicuramente è uno dei più usati e versatili, accessibile da più più piattaforme (e.g. Smartphone, PC).
In generale, quindi, anche qualora uno decida di utilizzare l’app Calendario specifica del produttore del telefono conviene tuttavia agganciarsi a un calendario online. In tale modo i dati sono sempre in salvo, accessibili ovunque da qualsiasi dispositivo (anche tramite un qualsiasi browser) e non nasce alcun problema di visualizzare gli eventi programmati anche da un nuovo smartphone appena acquistato. Basta, ad esempio, inserire le proprie credenziali Google, richieste obbligatoriamente durante il processo d’inizializzazione dello smartphone e quindi utilizzare qualsivoglia app che fornisca la interfaccia utente per poter gestire un calendario, agganciandosi al backend di quello di Google (i.e. andando nella sezione di configurazione di quell’app e impostando il collegamento con il Calendario di Google, indicando le proprie credenziali Google). Analogamente se si accede al calendario di outlook, solo che ovviamante in questo caso si dovrà impostare il client di Calendario n modo da accederci con le proprie credenziali Microsoft. Consiglio quindi di non d’inserire eventi in una modalità proprietaria o, ancora peggio, salvando il tutto solo localmente. Molto meglio affidarsi a un servizio Cloud che garantisca sia la garanzia di non perdere quei dati sia l’accesso a essi da più piattaforme, anche se poi uno non usa l’app Calendario di Google che ragionevolmente può non piacere per cui uno preferisce usarne un’altra: personalmente non trovo che quell’app abbia la migliore interfaccia utente possibile e trovo assai migliore quella dell’app Calendario di Samsung o quella di Outlook. Entrambe consentono, ad esempio, di modificare la durata di ciascun evento anche graficamente senza richiedere di andare necessariamente nella pagina relativa al suo dettaglio come invece impone l’interfaccia proposta dall’app di Google.
Tuttavia, può succedere che uno non abbia fatto la scelta migliore che ho precedentemente indicato e abbia quindi nel vecchio telefonino salvato gli eventi solo localmente con un’app proprietaria, senza salvarli su in rete su un Cloud. In questo caso per poter riavere il tutto sul nuovo cellulare (soprattutto quando è di altra marca e quindi venga prevista qualche specifica funzione che agevoli la migrazione su un nuovo modello) si può procedere esportando i dati del calendario per poi importarli su uno nuovo, convenientemente uno online (e.g. Google Calendar, Microsoft Outlook). Se l’app Calendari sul vecchio telefono non prevede, tra le sue funzioni, la possibilità di esportazione in un formato compatibile (e.g. .ics), si può installare un’app specifica che sia in grado di farlo: ad esempio, io ho utilizzato l’app gratuita Calendar Import – Export (ics). Basta installare e lanciare quell’app, selezionare Export e scegliere il nome con cui si desidera salvare quel file che conterrà tutti gli eventi programmati. Mi raccomando d’impostare un nomefile univoco (e.g. MioCalendario) in modo tale che si riesca facilmente a ricercare nella memoria dello smartphone. Infatti, non è immediato sapere dove quel file venga salvato da quell’app e io, senza perdere tempo, ho semplicemente aperto una qualsiasi app che consenta di esplorare il file system (quello proprietario preinstallato sul telefonino o qualsiasi altro quale, ad esempio, File Manager) e poi ho effettuato la ricerca di quel file indicandone il nome (e.g. Mio Calendario). Una volta trovato, l’ho selezionato e ho richiesto l’opzione di condivisione (e.g. tramite email o WhatsApp). In questo modo ho potuto avere quel file con estensione .ics sul mio PC (i.e. leggendo l’email e salvandone l’allegato o salvando il messaggio arrivato con WhatsApp Web o oon l’app WhatApp su PC). Infine, ho importato quei dati nel mio calendario Google accendendo a questa sua pagina d’importazione con il mio account Google, ovviamente poi scegliendo (tramite Seleziona il file dal computer) quel file (precedentemente creato e scaricato su quel mio PC) e premendo quindi il tasto Importa:
Importazione eventi (da file .ics) su Google Calendar
Questo post prosegue la tematica iniziata in Appunti di teoria musicale (1) dal momento che i contenuti iniziavano a diventare troppo grandi per essere contenuti in un singolo post!
Ovviamente anche questo è un post in divenire, in quanto lo completerò man mano con i successivi appunti presi durante il secondo anno del percorso formativo del Centro Formazione Musicale (CFM) che comprende anche un corso di teorico di teoria musicale.
Anche questo post, come il precedente sull’ardomento, non intende essere né esaustivo né punto di riferimento: potrei anche avere capito non tutto correttamente e quindi contenere errori! Anzi… se trovate errori o imprecisioni fatemelo sapere (personalmente o nei commenti) che effettuo la dovuta correzione!! 🙄
Oltre al post Appunti di teoria musicale (1) che contiene la prima parte di teoria musicale, ne esiste anche un altro in cui puoi trovare le seguenti risorse:
In musica l’accordo è una combinazione verticale di suoni, cioè un insieme di note (che generalmente vengono suonate contemporaneamente se non arpeggiate) indifferentemente dal loro numero: per avere un accordo musicale servono almeno tre suoni in quanto la sovrapposizione di due soli suoni forma un accordo incompleto, detto bicordo. Allo stato fondamentale, nella maggior parte della musica occidentale, gli accordi sono costruiti a partire da intervalli consecutivi di una terza (e.g. sono sovrapposizioni di IIIe, cioè ogni nota di un accordo è alla distanza di un intervallo di IIIa da quella precedente/seguente). La forma più caratteristica e diffusa degli accordi è l’armonizzazione a 3 voci, detta triade o accordo perfetto:
Nascono dalle scale maggiori (o minori) costruendole per salti di terza, cioè prendendo il I°, III°e V° grado della scala maggiore (o minore) che nasce dalla tonica (e.g. accordo di DO maggiore è formato da DO+MI+SOL). In genere la nota più bassa – cioè la prima che troviamo analizzando l’accordo dal basso verso l’alto – è quella che dà il nome all’accordo, cioè la tonica dell’accordo. Si noti che, essendo costruite le triadi per salti di terza, le tre note sono tutte o sulle righe o sugli spazi del pentagramma.
In generale un accordo maggiore è formato dalla tonica (nota che da il nome all’accordo) più la IIIa maggiore e poi la Va giusta (e.g. DO MI SOL e si sigla semplicemente accordo DO / C). Se si desidera l’accordo minore, basta abbassare la IIIa di un semitono e farla diventare così IIIa minore (e.g. DO- / C- oppure DOm / Cm =>DO MIb SOL). Come vedremo un accordo può essere anche diminuito o eccedente.
Un accordo può essere poi armonizzato con ulteriori note (e.g. un accordo di 7, 9 aggiunge rispettivamente il grado 7 o 9 rispetto alla sua tonica): inoltre le tre note che formano la triade possono ripetersi più volte a ottave diverse, pur mantenendo l’accordo la forma di triade (e.g. l’accordo DO+MI+SOL+DO è sempre una triade di DO). Le note possono anche presentarsi in un ordine diverso, ad esempio MI+SOL+DO che è sempre una triade di DO maggiore, ma con un rivolto (risvolto, forma o voicing). Rivoltare un accordo significa trasportare la nota più bassa all’ottava superiore: si può trasportare non solo la “fondamentale” (i.e. ovvero il primo grado della tonalità, la tonica) ma, se ci si trova davanti un accordo già in posizione di I° rivolto, si può farlo diventare II° rivolto spostando il terzo grado cioè la nota più grave che ora non è più la tonica. Si noti che solo trasportando tutti i suoni a una stessa ottava, essi risultano posizionati in ordine di IIIe per cui per determinare la fondamentale di un accordo è necessario riportarsi alla situazione di suo stato fondamentale:
Se un accordo ha la fondamentale al basso. si dice che è in posizione fondamentale. Nel caso in cui al basso vi è un’altra nota l’accordo è in posizione di rivolto. Per cui si possono presentare le seguenti quattro differenti posizioni principali:
· Fondamentale. Fondamentale al basso. · Primo rivolto. Terza al basso. · Secondo rivolto. Quinta al basso. · Terzo rivolto. Settima al basso.
Anche se gli accordi rivoltati contengono le stesse note, cambia la loro sonorità in quanto l’orecchio attribuisce in modo naturale un particolare risalto al suono più basso. Gli accordi in posizione di rivolto non cambiano il nome, ma vengono siglati riportando la nota al basso barrata se diversa dalla fondamentale. (e.g. il secondo rivolto del DO maj7 viene siglato DO maj7/MI). In generale, se la nota barrata appartiene all’accordo si tratta di rivolto, al contrario (se essa è estranea all’accordo) si tratta di un basso alterato: nei casi in cui la linea di basso è separata (e.g. suonando con un bassista) la nota al basso specificata nella sigla è di sua competenza, non necessariamente degli altri strumenti.
Gli accordi perfetti (suono fondamentale, la sua IIIa, la sua Va) possono essere di 4 tipologie a seconda della diversa natura degli intervalli III° e V° rispetto al suono fondamentale (o, analogamente, la natura delle due IIIe in successione):
Maggiore/Major (M): nota fondamentale, IIIamaggiore, Va giusta. Può anche essere visto come costituito da due terze sovrapposte: IIIamaggiore + IIIaminore. Se nel nome di un accordo non viene scritto nulla è sottinteso che sia maggiore.
Minore/minor [m oppure –]: nota fondamentale, IIIaminore, Va giusta. Può anche essere visto come costituito da due terze sovrapposte: IIIaminore + IIIamaggiore (e.g. intervallo di III°minore [Do – Mib] e intervallo di III° maggiore [Mib – Sol]). L’intervallo tra la fondamentale e la Va è un intervallo giusto.
Diminuito/diminished [dim oppure o]: nota fondamentale, IIIaminore, Vadiminuita (nota: a differenza degli intervalli di II°, III°, VI°, VII°, l’intervallo di IVagiusta e Va giusta, quando viene abbassato di semitono non diventa minore bensì diminuito). Può anche essere visto come costituito da due terze sovrapposte: IIIa minore + IIIaminore.
Eccedente (o aumentato)/augmented [Ecc oppure Aug]: nota fondamentale, IIIa maggiore, Vaeccedente. Può anche essere visto come costituito da due terze sovrapposte: IIIamaggiore + IIIa maggiore. Poiché contiene un intervallo dissonante (V° eccedente) si può chiamare anche accordo dissonante.
Un accordo può poi anche essere Sospeso/Suspended [Sus] quando non è né minore né maggiore: solitamente dopo la scritta Sus viene specificato qual è l’intervallo che sostituisce la IIIa. A un accordo può essere poi aggiunta una nota e viene indicato con Aggiunto/Added [Add] seguito dal numero dell’intervallo proprio di quella nota in riferimento alla nota fondamentale [NF]
Il caso degli accordi di DO è il più semplice non contenendo la scala di DO alterazioni per cui è sufficiente applicare le dovute alterazioni alle note di IIIa e Va:
Accordi di DO
Esistono quatto famiglie di triadi e la tabella seguente riassume la regola per determinare la qualità di un accordo:
Eccedente
fondamentale
+
IIIa maggiore
+
Va eccedente
Maggiore
fondamentale
+
IIIa maggiore
+
Va giusta
Minore
fondamentale
+
IIIa minore
+
Va giusta
Diminuito
fondamentale
+
IIIa minore
+
Va diminuita
Qualità di un accordo (triade)
Schema riassuntivo nomenclatura delle Triadi
Ognuno degli accordi perfetti finora elencati (maggiore, minore, diminuito, aumentato) ha due rivolti: lo stato in cui si trova l’accordo (fondamentale oppure rivolto) dipende dalla nota che sta al basso. Laposizione lata degli accordi di triade consiste nel tener ferma la prima nota e invertire, in senso ascendente, la disposizione delle due note superiori: il rivolto non cambia, ovvero sarà sempre primo rivolto. Nell’esempio seguente, la seconda e la terza nota dell’accordo (rispettivamente MI e SOL) vengono invertite per cui il SOL diventa seconda nota dell’accordo mentre il MI, spostato all’ottava superiore, diventa terza nota dell’accordo.
I rivolti per la posizione stretta e lata sono i seguenti:
Nella pratica musicale gli accordi, sia per la posizione stretta che per la posizione lata, sono formati quasi sempre da quattro suoni, di cui uno raddoppiato, quasi sempre la fondamentale: questo raddoppio rende l’accordo ancora più stabile e definito dal punto di vista sonoro. Comunque, se un accordo è fatto da una triade di note (e.g. DO, MI, SOL) qualsiasi sia la loro disposizione all’interno del rigo musicale e qualsiasi siano le ripetizioni delle medesime note in ottave differenti, l’accordo rimarrà sempre lo stesso (e.g. DO maggiore) e non perderà le sue caratteristiche.
Nel seguito alcuni esempi di triade di note che formano un accordo:
MIb> ==> MIb – SOL – SIb Infatti la scala di MIb ha come alterazioni [SIb, MIb, LAb] per cui la IIIa (SOL) non ha alterazioni mentre la Va (SI) ha l’alterazione della scala -> SIb
MI dim ==> MI – SOL – SIb Infatti la scala di MI ha come triade MI SOL# SI, ma poichè gli applichiamo il diminuito devo abbassare di un semitono per renderli rispetivamante IIIa minore e Va diminuita, essendo un accordo diminuito appunto formato da fondamentale + IIIa minore + Va diminuita
SI ecc ==> SI – RE# – FA##
SOL ecc ==> SOL – SI – RE# dove il # al RE è dovuto all’eccedente dell’accordo
SIb dim ==> SIb – REb – FAb La scala di SIb ha bemolli SIb e MIb; inoltre poi il dim comporta un abbassamento sia della IIIa sia della Va (i.e. RE e FA diventano REb e FAb)
LA< ==> LA – DO – MI Dove il # del DO, proprio della scala di LA, viene tolto dal minore dell’accordo
REb dim ==> REb – FAb – LAbb dove si tiene conto dei bemolle della scala di REb (i.e. SIb, Mib, LAb, REb, SOLb) a cui si aggiungono i bemolle dovuti al dim sulla IIIa e la Va
SOLb< ==> SOLb – SIbb – REb La scala di SOLb ha SIb, MIb, LAb. REb, SOLb, DOb a cui si aggiunge un ulteriore bemolle per il minore
RE> ==> RE – FA# – LA
SOL ecc =====> SOL SI RE# Il SOL ha solo in chiave FA# per cui la sua IIIa maggiore è SI e la sua Va ecc è RE#
SOL dim =====> SOL SIb REb Il SOL ha solo in chiave FA# per cui la sua IIIa minore è SIb (il SI in chiave, diminuito di un semitono) e la sua Va dim è REb (il RE in chiave diminuito di unsemitono)
RE magg =====> RE FA# LA Il RE ha in chiave FA# DO# per cui la sua IIIa maggiore èFA# e la sua Va giusta è LA
DO# min =====> DO# MI SOL# Il DO# ha in chiave tutti # per cui la sua IIIa minore è MI (= Mi# – un semitono) e la sua Va giusta è SOL#
SIb dim =====> SIb REb FAb Il SIb ha in chiave SIb MIb per cui la sua IIIa minore è REb (=RE – un semitono) e la sua Va dim è FAb (=FA – un semitono)
SOLb dim =====> SOLb SIbb REbb Il SOLb ha in chiave SIb MIb LAb REb SOLb per cui la sua IIIa minore è SIbb (=SIb – un semitono) e la sua Va dim è REbb (=REb – un semitono)
SI magg =====> SI RE# FA# Il SI ha in chiave FA#DO# SOL#RE# LA# MI# per cui la sua IIIa maggiore è RE# e la sua Va giusta è FA#
RE ecc =====> RE FA# LA# Il RE ha in chiave FA# DO# per cui la sua IIIa maggiore èFA# e la sua Va ecc è LA# (=LA + un semitono)
Nel seguito altri esempi:
SIb> ====> SIb – RE – FA
LA ecc ====> LA – DO# – MI#
DO#< ====> DO# – MI – SOL#
FA# dim ====> FA# – LA – DO
RE ecc ====> RE – FA# – LA#
LAb< ====> LAb – DOb – MIb
MI> ====> MI – SOL# – SI
RE dim ====> RE – FA – LAb
DO ecc ====> DO – MI – SOL#
SI> ====> SI – RE# – FA#
REb> ====> REb – FA – LAb
SOL> ====> SOL – SI – RE
SOLb> ====> SOLb – SIb – REb
______
MI< ====> MI – SOL – SI Il MI ha in chiave FA# DO# SOL# RE# per cui la sua IIIa minore è SOL (cioè il SOL# della scala abbassato di un semitono) e la sua Va giusta è il SI della scala.
LAb < =====> LAb – DOb – MIb Il LAb ha in chiave SIb MIb LAb REb per cui la sua IIIa minore è DOb (DO – un semitono per via del minore) e la sua Va giusta è MIb
FA#< ==> FA# – LA – DO# La scala di FA# ha in chiave FA#, DO#, SOL#, RE# LA#, MI# per cui la sua IIIa minore è LA (avrebbe il LA# ma essendo l’accordo < devo abbassare la IIIadi mezzo tono, vale a dire togliere quel #); la Vgiusta rimane il DO#.
MI > =====> MI – SOL# – SI Il MI ha in chiave FA# DO# SOL# RE# per cui la sua IIIa maggiore è il SOL# della scala e la sua Va giusta è il SI della scala
LAb ecc =====> LAb – DO – MI Il LAb ha in chiave SIb MIb LAb REb per cui la sua IIIamaggiore è DO e la sua Va eccedente è MI (MIb + mezzotono)
DO#> ====> DO# – MI# – SOL# La scala di DO# ha in chiave tutti diesis (i.e. FA#, DO#, SOL#, RE# LA#, MI#, SI#) per cui la sua IIIa maggiore è MI# e la Vgiusta è SOL#
MIb dim =====> Mib – SOLb – SIbb Il MIb ha in chiave SIb MIb LAb per cui la sua IIIa minore è SOLb (la nota SOL in chiave abbassata di un semitono) e la sua Va dim è SIbb (la nota SIb in chiave abbassata di un semitono)
SI < =====> SI – RE – FA# Il SI ha in chiave FA# DO# SOL# RE# LA# per cui la sua IIIa minore è iRE (i.e. RE# della scala abbassato di un semitono) e la sua Va giusta è il FA# della scala
FA# ecc =====> FA# – LA# – DO## Il FA# ha in chiave FA# DO# SOL# RE# LA# MI# per cui la sua IIIa maggiore è LA# e la sua Va ecc è DO##
_____________________________ Armonizzazione di una scala
Dalla scala che dà il nome ad una tonalità si possono trovare quegli accordi che sono fondamento del modo armonico che rappresentano: concatenati tra loro suonano bene. Vengono detti accordi di Io grado, IIo grado e così via, seconda del grado della nota della scala da cui si generano. È importante non confondersi quando si parla di “gradi” in quanto questo medesimo termine viene utilizzato in due contesti differenti:
Grado come posizione di una nota all’interno di una scala (e.g. SOL è la nota di Vo grado della scala di DO maggiore) e, ad esempio, viene utilizzato per costruire un accordo in base al suo ruolo [Io grado (tonica) + IIIo grado (modale) + Vo grado (dominante)].
Grado come ruolo di un accordo all’interno di una tonalità (e.g. FA maggiore è l’accordo di IVo grado nella tonalità/scala di DO maggiore). L’accordo costruito sul quinto grado di scala, o dominante, verrà chiamato anch’esso accordo di dominante. Per convenzione anche gli accordi costruiti sopra un grado musicale vengono indicati con numeri romani.
Su ogni grado della scala, si possono formare accordi a tre o a più voci sovrapponendo a ciascun grado altre note in ordine di IIIa, come nell’esempio seguente per la scala di DO maggiore: ciascuna nota della scala diventa la tonica dell’accordo firmato. In pratica, a ciascuna nota della scala maggiore si aggiunge, come minimo, la IIIa e la Va nota di quella scala stessa, mantendone perciò le eventuali alterazioni (mai presenti solo nel caso di scala di DO).
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
RE
SOL
LA
SI
DO
RE
MI
FA
Accordi (triadi) costruiti per ognuno dei gradi della scala di DO maggioresenza ancora tener conto delle loro qualità
VII0 grado => sensibile (se dista un semitono dalla tonica dell’ottava superiore, altrimenti vienen detta sottotonica)
Nella teoria musicale, il VII grado di una scala diatonica è detto sottotonicaquando dista 1 tono dalla tonica (I grado) mentre è detto sensibilequando dista 1 semitono verso la tonica.
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
RE
SOL
LA
SI
DO
RE
MI
FA
DO
REm
MIm
FA
SOL
LAm
SIdim
M
m
m
M
M
m
dim
Accordi (triadi) costruiti per ognuno dei gradi della scala di DO maggioretenendo conto delle loro qualità
La qualità di questi 7 accordi si determina come sempre analizzando gli intervalli tra la nota fondamentale e rispettivamente la IIIae la Va. Sostanzialmente si tratta di:
accordo maggiorese non subisce alterazioni rispetto alla scala generata dalla tonica sia l’intervallo di IIIa (IIIamaggiore) [i.e. tra Io e IIIo grado dell’accordo c’è una distanza di 2 toni (T+T)] sia l’intervallo di Va (Vagiusta) (e.g. DO-MI-SOL => DO – MI: IIIa >; DO – SOL: Va giusta => accordo T >)
accordo minorese l’intervallo di IIIa è minore cioè è abbassato di 1 semitono rispetto alla scala generata dalla tonica [i.e. tra Io e IIIo grado dell’accordo c’è una distanza di 1 tono e mezzo (T+S o viceversa)] e la Va è giusta non avendo alterazioni. (e.g. RE – FA: IIIa < essendo abbassato di un semitono il FA# presente nella scala di RE; RE – LA: Vagiusta => T <)
accordo diminuitose l’intervallo di IIIa è minore e l’intervallo di Va è diminuita: questa situazione si ha per l’accordo di VIIo grado (e.g. SI – RE: IIIa <; SI – FA: Va diminuita => T dim / To)
La tipologia dell’accordo conviene calcolarlo sempre dalla fondamentale e non per terze.
Armonizzazione della scala di DO maggiore naturale
A seconda del grado dell’accordo si avrà sempre il modello che si ottiene calcolando la qualità degli accordi ottenuti armonizzando la scala di DO, quella di riferimento, e questa caratteristica vale anche poi per qualsiasi scala/tonalità):
Io grado:
Maggiore (nessuna notazione)
IIo grado:
minore (m oppure –)
IIIo grado:
minore
IVo grado:
Maggiore
Vo grado:
Maggiore
VIo grado:
minore
VIIo grado:
diminuito (dim oppureo )
Qualità degli accordi formati da una triade
Si applicano le regole degli intervalli (del circolo delle quinte) per definire per ciascuna scala le alterazioni e quindi si applica il modello visto per la scala di DOper stabilire la qualità dell’accordo di ciascun grado.
Ad esempio, nel caso della scala di RE che ha FA# e DO# come alterazioni in chiave, si ottengono le seguenti triadi che portano ad accordi che seguono lo stesso modello (MmmMMmd) già visto per l’armonizzazione della scala di DO:
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
RE
MI
FA#
SOL
LA
SI
DO#
FA#
SOL
LA
SI
DO#
RE
MI
LA
SI
DO
RE
MI
FA#
SOL
RE
MIm
FA#m
SOL
LA
SIm
DO#dim
Accordi costruiti per ognuno dei gradi della scala di RE maggiore tenendo conto delle loro qualità
Per ricordare memonicamente il modello MmmMMmd, che vale nell’armonizzazione in triadi di qualsiasi scala, si può pensare a delle corna fatte con una mano (MmmM) seguite da una decrescita (Mmd). 🙂
Nel seguito riporto il prospetto degli accordi trovati dall’armonizzazione in triadi di tutte le scale delle sette note naturali, a partire dalla scala di DO fino a quella di SI: come già indicato, si devono rispettare le alterazioni in chiave (assenti esclusivamente nella scala di DO) e mantenere gli intervalli uguali qualsiasi sia la scala:
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
DO
REm
MIm
FA
SOL
LAm
SIdim
RE
MIm
FA#m
SOL
LA
SIm
DO#dim
MI
FA#m
SOL#m
LA
SI
DO#m
RE#dim
FA
SOLm
LAm
SIb
DO
REm
MIdim
SOL
LAm
SIm
DO
RE
MIm
FA#dim
LA
SIm
DO#m
RE
MI
FA#m
SOL#dim
SI
DO#m
RE#m
MI
FA#
SOL#m
LA#dim
Armonizzazione in triadi delle scale di tutte le note naturali, con indicazione della qualità di ciascun accordo
A titolo di esempio esplicativo, nel seguito si riportano i ragionamenti per il calcolo della qualità del VIIo accordo della scala di SI (i.e. LA#dim):
La scala di SI ha le seguenti alterazioni: FA#, DO#, SOL#, RE# LA# per cui sarà SI – DO# – RE# – MI – FA# – SOL# – LA#. Il suo VIIa grado è perciò la nota di LA#.
L’accordo di settimo grado della scala di SI prende la triade LA# DO# MI che ha come fondamentale il LA#: tuttavia il LA# non è contemplato nel circolo delle quinte, per cui per determinare la qualità degli intervalli non si tiene inizialmente conto dell’alterazione della tonica e si parte dal LA, si inizia a valutare la tipologia di quegli intervalli per poi considerare anche il fatto che quella fondamentale in LA ha una alterazione in #.
Perciò, nell’intervallo LA – DO# la nota più acuta DO# appartiene alla scala di LA (nota che ha in chiave FA#, DO#, SOL#); sarebbe una IIIa maggiore, ma il # presente nella tonica LA – non ancora fino ad ora considerato – accorcia l’intervallo di un semitono per cui LA# – DO# è una IIIa minore.
La qualità dell’intervallo di Vo grado, si calcola analogamente al punto precedente e, sebbene MI risulti nella scala di LA, poi considerando il # di quella tonica, l’intervallo da giusto passa a diminuito.
La triade dell’accordo di VIIadella scala di SI risulta quindi: fondamentale (LA#) + IIIa minore (DO#) + Va diminuita (MI) => accordo diminuito.
_____________________________ Settima armonizzata sulla scala
Aggiungendo ancora una nota sopra una triade, si aggiunge la nota di settima.
La costruzione degli accordi di settima (accordi di quattro suoni) si può effettuare su tutti i gradi delle principali scale musicali (maggiori e minori). Si possono quindi prendere inconsiderazione tutte le seguenti scale per la formazione degli accordi di settima:
scala maggiore naturale
scala maggiore (artificiale)
scala minore naturale
scala minore armonica (artificiale)
scala minore melodica (artificiale)
In particolare le scale artificiali sono state inventate per fornire maggiori possibilità ai compositori. Sotto ad ogni accordo è riportata la sigla dell’accordo di settima venutosi a formare. In genere, gli esempi si riferiscono alla tonalità di DO per il modo maggiore e di LA per il modo minore (essendo LAm la relativa minore di DO).
La scala maggiore naturale è senza dubbio la scala più utilizzata per cui nel seguito si mostra la settima armonizzata sulla scala di DO> : (vedi, per esercitarti, https://moodlemusic.net/fi/course/view.php?id=102)
Armonizzazione della scala maggiore
Accordi di settima costruiti sulla scala maggiore naturale
Un accordo m7b5 (IIIa minore, Va diminuita, VIIa minore) viene detto semidiminuitoe si può anche indicare con il simbolo Ø.
Si indica dim7 se anche la VIIa è diminuita (i.e. IIIa minore, Va diminuita, VIIa diminuita).
Calcolando la tipologia degli intervallitra la fondamentale e la settima si trova che sono tutti minori tranne il Io e IVo grado:
DO – SI
=>
VIIa >
RE – DO
=>
VIIa<
MI – RE
=>
VIIa<
FA – MI
=>
VIIa >
SOL – FA
=>
VIIa<
LA – SOL
=>
VIIa<
SI – LA
=>
VIIa<
Intervalli della VIIa dall’armonizzazione sulla scala di DO maggiore
Un intervallo di VIIa si dice:
maggiore (maj7 – settima maggiore) se precede di 1 semitono dalla nota fondamentale dell’ottava superiore;
minore (7 – settima minore) se precede di 1 tono dalla nota fondamentale dell’ottava superiore;
diminuito (dim7– settima diminuita) se precede 1 tono + 1 semitono dalla nota fondamentale dell’ottava superiore.
Esempi di accordi di settima (si noti che, purtroppo, talvolta non viene usata un’unica modalità per siglarli):
Si noti che, quando la VIIaè minore, nella notazione si indica solo con il 7 (i.e. se non viene specificato nulla, vuol dire che si tratta di un intervallo di settima minore). Se si vuole indicare che la VIIaè maggiore, è necessario esplicitarlo: maj7
Grado
Armonizzazione
Triade + VIIa
Notazione
Nome accordo
Io grado (tonica)
DO MI SOL SI
T> + VIIa>
Cmaj7 (C∆ C∆7 C7+)
DO settima maggiore
IIo grado (sopratonica)
RE FA LA DO
T< + VIIa<
D-7
RE minore settima (minore)
IIIo grado (modale)
MI SOL SI RE
T> + VIIa<
E-7
MI minore settima (minore)
IVo grado (sottodominante)
FA LA DO MI
T> + VIIa>
Fmaj7 (F∆ F∆7 F7+)
FA settima maggiore
Vo grado (dominante)
SOL SI RE FA
T> + VIIa<
G7
SOL settima (minore)
VI (sopradominante)
LA DO MI SOL
T< + VIIa<
A-7
LA minore settima (minore)
VII (sensibile)
SI RE FA LA
Tdim + VIIa<
BØ (B7Ø B-7b5)
SI semidiminuito
Armonizzazione di settima per la scala di DO> (accordi di 7a nella tonalità di DO>)
Quindi, riassumendo:
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
RE
SOL
LA
SI
DO
RE
MI
FA
SI
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
Cmaj7(C∆ C∆7 C7+)
D-7
E-7
Fmaj7 (F∆ F∆7 F7+)
G7
A-7
BØ(B7Ø B-7b5)
DO settima maggiore
DO settima maggiore
MI minore settima (minore)
FA settima maggiore
SOL settima (minore)
LA minore settima (minore)
SI semidiminuito
maj7 (∆ ∆7 7+)
-7
-7
maj7 (∆ ∆7 7+)
7
-7
Ø (7Ø -7b5)
Accordi di settima (quadriadi) costruiti per ognuno dei gradi della scala di DO maggiore tenendo conto delle loro qualità
I diminuitisono armonizzati a 3 note [i.e. tonica + IIIa< + Va diminuita] (e.g. SIdim= SIO => SI RE FA; DOdim = DOO => DO MIb SOLb). I semidiminuitisono armonizzati a 4 note in cui si aggiunge una VIIa< [i.e.tonica + IIIa< + Va diminuita + VIIa<] (e.g. SIm7b5= SIØ=> SI RE FA LA; DOm7b5 = DOØ => DO MIb SOLbSIb).
Come già indicato, si indica con dim7 se l’accordo ha anche la VIIa è diminuita (i.e. IIIa minore, Va diminuita, VIIa diminuita).
Riassumendo, considerando quindi tutte le quadriadi, dall’armonizzazione della scala di DO si hanno i seguenti accordi:
Notazione
Triade + settima
Nome accordo
Cmaj7 (C∆ C∆7 C7+)
T> + 7>
DO maggiore settima
Ia (scala di DO) IVa (scala di SOL)
C7
T> + 7<
DO settima (di dominante)
Va (scala di FA)
C- maj7
T< + 7>
DO minore settima maggiore
Ia (scala di DOm)
C-7 (Cm7)
T< + 7<
DO minore settima
IIa (scala di SIb) IIIa (scala di LAb) VIa (scala di MIb)
CØ (C7o Bm7/5b)
Tdim + 7<
DO semidiminuito
VIIa (scala di REb)
Possibili quadriadi con la fondamentale DO e diverse tipologie di settima (derivati dall’armonizzazione delle scale maggiori)
Schema riassuntivo nomenclatura delle tetradi (accordi a 4 voci – quadriadi)
Negli accordi maggiori ci sono solo le seguenti specie di settime (evidenziate in blu nella figura precedente):
accordo diminuito: DO diminuito (siglato DOdim oppure DOO) ha Tonica + IIIa< + Va diminuita [1 – b3 – b5]
accordo di settimamaggiore: DO di settimamaggiore (siglato DOmaj7 oppure DO7+ oppure DO∆oppure DO∆7) ha la sua VIIamaggiore (i.e. il SI>) e la triade maggiore (T> => MI SOL) [1 3 5 7]
accordo di settima: DO settima (siglato DO7) ha la settima minore (i.e. SIb) e la triade maggiore (T>) [1 3 5 b7]; è DO minore settima (siglato DO–7) qualora abbia invece anche la triade minore (T<) [1 b3 5 b7]
accordo semidiminuito: DO semidiminuito (siglato DOØ) ha la settima minore(i.e. SIb) e la triade diminuita (Tdim). Si indica anche come accordo minore di settima (minore) con quinta diminuita [Cm7/5b = m7b5 => DO MIb SOLb SIb] [1 – b3 – b5 – b7].
Poi dalle scale minori si possono trovare anche altre specie di accordi di settima (evidenziate in rosso nella figura precedente), ad esempio:
accordo di settima diminuita: DO settima diminuita (siglato 7o) ha la settima diminuita (7dim) cioè SIbb – quindi un LA – oltre la triade diminuita (Tdim). Di solito non viene chiamato così e si usa invece indicarlo come accordo di sesta, perché alla fine è quella la nota che si va ad aggiungere. (Tdim + 7dim cioè una VIIacon bb) [1 – b3 – b5 – bb7].
Si noti che la settima eccedente è uguale all’ottava, quindi si avrebbe di nuovo l’accordo fondamentale con la tonica ripetuta all’ottava più alta.
Esistono poi accordi con la Vaeccedente (e.g. DO5+) oppure con la Va diminuita (e.g. DO5b). L’accordo sus (sospeso/suspended) è generalmente un sus4 in cui al posto della IIIa c’è la IVagiusta.
Tabella accordi nella scala (o tonalità) maggiore
Quando uno costruisce un accordo seguendo le regole viste,per verificare poi la correttezza delle note individuate, può essere utile andare sul sitowww.onlinemusicsoft.com che, per tutte le tipologie di accordo, mostra online le note che lo formano: tra l’altro, se uno suona la chitarra, fornisce anche le molteplici possibili posizioni sulla chitarra per realizzare ciascuna tipologia di accordo (Nota: si può addirittura scaricare il SW Guitar Chords v2.2 che sembra fornire funzionalità analoghe anche offline, ma attenzione che si tratta di un’applicazione di sconosciuta provenienza e che quindi potrebbe installare funzionalità non desiderate sul proprio PC: per questo ne consiglio l’installazione su una macchina virtuale di prova, ad esempio utilizzando Windows Sandbox).
Esistono comunque app gratuite anche su smartphone che forniscono analoghe informazioni, quale ad esempio AllChords che, impostando opportunamente le preferenze, oltre a fornire le molteplici posizioni degli accordi per la chitarra, mostra anche il nome delle note che li compongono:
Consiglio poi l’app Scales, Chords, Progression (che viene installata come Composer Asssitant 🙄🤔) di cui esistono diversi video tutorial su YouTube su come utilizzarla per appunto utilizzare scale, trovare accordi e progressioni, ma anche per studiarsi bene il circolo delle quinte (creabile con diverse opzioni), ascoltare le molteplici scale, attivare un metronomo/ritmo di base e molto altro ancora (quasi tutte le funzionalità sono presenti gratuitamente: non è solo possibile salvare/caricare progressioni create e accedere alla sola sezione relativa all’armonia).
Esempi:
LAb maj7 => LAb DO MIb SOL Infatti, il LAb ha in chiave SIb MIbLAb REb; la settima è poi maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
MIb<7 => MIb SOLb SIb REb Infatti, il MIb ha in chiave SIbMIb LAb; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. SOL -> SOLb); la settima è poi minore rispetto alla tonica per cui anch’essa deve essere diminuita di un semitono (i.e. RE -> REb)
RE7 ==> RE FA# LA DO Infatti, il RE ha in chiave FA#DO# ma la settima è minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. DO# -> DO).
SIb<∆ ==> SIb REb FA LA Infatti, il SIb ha in chiave SIb MIb; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. RE -> REb); la settima è poi maggiore rispetto alla tonica per cui perciò non subisce alterazioni.
SImaj7 ==> SI RE# FA# LA# Infatti, il SI ha in chiave FA# DO# SOL# RE#LA#; la settima è maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
FA#7 ==> FA# LA# DO# MI Infatti, il FA# ha in chiave FA#DO# SOL# RE# LA#MI#; la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. MI# -> MI).
MImaj7 ==> MI SOL# SI RE# Infatti, il MI ha in chiave FA# DO# SOL#RE#; la settima è maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni rispetto al valore che ha in quella scala di MI (i.e. rimane RE#).
_____
Bb7 = SIb7 ==> SIb RE FA LAb Infatti, il SIb ha in chiave SIb MIb; la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. LA -> LAb).
Ebmaj7 = MIbmaj7 ==> MIb SOL SIb RE Infatti, il MIb ha in chiave SIb MIbLAb; la settima è poi maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
Db-7b5 = REb-7b5 ==> REb FAb LAbb DOb Infatti, il REb ha in chiave SIb MIbLAb REb SOLb; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. FA -> FAb); la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. DO -> DOb); infine essendoci il b5, anche la Va deve essere ulteriormente abbassata di un semitono (LAb -> LAbb).
Gb-7 = SOLb-7 ==> SOLb SIbb REb FAb Infatti, il SOLb ha in chiave SIb MIbLAbb REb SOLb DOb; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. SIb -> SIbb); la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. FA -> FAb)
Dmaj7 = REmaj7 ==> RE FA# LA DO# Infatti, il RE ha in chiave FA# DO#; la settima è poi maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
G-∆ = SOL-∆ ==> SOL SIb RE FA# Infatti, il SOL ha in chiave FA#; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. SI -> SIb);la settima è poi maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
C-7b5 = DO-7b5 ==> DO MIb SOLb SIb Infatti, il DO non ha nessuna alterazione; l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. MI -> MIb); la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. SI -> SIb); essendoci il b5, anche la Va deve essere ulteriormente abbassata di un semitono (SOL -> SOLb). In alternativa, sebbene in questo caso non sia necessario complicarsi la vita, considerando che il DO non è contemplato nel circolo delle quinte si potrebbe ragionare consideriamo inizialmente DO# che ha in chiave tutti # (i.e. FA# DO# SOL# RE# LA# MI# SI#); l’accordo è poi < per cui la IIIa deve essere diminuita di un semitono (i.e. MI# -> MI); la settima è poi minore per cui deve essere abbassata di un semitono (i.e. SI# -> SI); essendoci il b5, anche la Va deve essere ulteriormente abbassata di un semitono (SOL# -> SOL); infine, dal momento che avevamo considerato DO# e non il DO in questione, devo abbassare tutto di un semitono (DO# MI SOL SI => DO MIb SOLb SIb). Si otterrebbe perciò il medesimo risultato e quest’ultimo è il ragionamento che si può fare qualora si cercasse un accordo per una nota che non è contemplata nel circolo delle quinte.
Fmaj7 = FAmaj7 ==> FA LA DO MI Infatti, il FA ha in chiave SIb; la settima è poi maggiore rispetto alla tonica perciò non subisce alterazioni.
___________ Appartenenza accordi a gradi costruiti su scale maggiori
Si è visto, dalla tabella dell’armonizzazione in triadi delle scale maggiori, che vale il modello MmmMMmd [per ricordarlo si può pensare a delle corna fatte con una mano (MmmM) seguite da una decrescita (Mmd) 🙂] :
accordi maggiori => Io, IVo, Vo (tonica, sottodominante e dominante)
Considerando anche le settime si ha (come già visto precedentemente nella tabella degli Accordi di settima – quadriadi – costruiti per ognuno dei gradi della scala di DO maggiore):
accordi maggiori, settima maggiore [maj7] => Io, IVo (tonica e sottodominante)
accordo maggiore, settima (minore) [7] => Vo (dominante)
Armonizzazione di settima per la scala di DO> (i.e. accordi di 7a nella tonalità di DO>)
Perciò dato un accordo di quelle tipologie, si può derivare la sua appartenenza o meno ad un grado di qualche scala.
Esempi
MIb Accordo triade maggiore => può essere un accordo di Io, IVo e Vo Può essere l’accordo di Io grado all’interno della tonalità di MIb, il IVo della tonalità di SIb (che ha, infatti, in chiave infatti SIb, MIb e ha come IVo grado il SIb) o il Vo della tonalità di LAb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb, REb).
MIbΔ = MIbmaj7 Accordo maggiore di settima maggiore => può essere un accordo di Io, IVo Può essere l’accordo di Io grado all’interno della tonalità di MIb, di IVo della tonalità di SIb (che ha, infatti, in chiave infatti SIb, MIb , e ha come IVo grado il MIb) . Nota: ora che abbiamo aggiunto la settima, non può più essere anche un accordo di Vo grado della tonalità di LAb, in quanto sarebbe una settima minore (i.e. MIb7).
SIm7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di LA (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO# SOL#, ha come II grado il SI naturale), di IIIo della tonalità di SOL (che ha, infatti, in chiave solo FA#, e ha come III grado il SI naturale) o di VIo della tonalità di RE (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO# e ha come III grado il SI naturale).
MIm7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo Può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di RE (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO# , ha come II grado il MI naturale), di IIIo della tonalità di DO (che ha, infatti, non ha in chiave nulla, e ha come III grado il MI naturale) o di VIo della tonalità di SOL (che ha, infatti, in chiave solo FA# e ha come VIo grado il MI naturale).
FA#-7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo Può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di MI (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO#, SOL#, RE# ha come IIo grado il FA#), di IIIo della tonalità di RE (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO#, e ha come IIIo grado il FA#) o di VIo della tonalità di LA (che ha, infatti, in chiave solo FA#, DO#, SOL# e ha come VIo grado il FA#).
REbΔ = REbmaj7 Accordo maggiore di settima maggiore => può essere un accordo di Io, IVo Può essere l’accordo di Io grado all’interno della tonalità di REb, di IVo della tonalità di LAb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb, REb e ha come VIo grado il REb).
REΔ = REmaj7 Accordo maggiore di settima maggiore => può essere un accordo di Io, IVo Può essere l’accordo di Io grado all’interno della tonalità di RE, di IVo della tonalità di LA (che ha, infatti, in chiave FA#, DO#, SOL# e ha come VIo grado il RE).
LA-7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo Può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di SOL (che ha, infatti, in chiave solo FA# e ha come IIo grado il LA), di IIIo della tonalità di FA (che ha, infatti, in chiave solo FAb e ha come IIIo grado il LA) o di VIo della tonalità di DO (che ha, infatti, in chiave nessuna alterazione, e ha come VIo grado il LA).
D7= RE7 Accordo maggiore di settima (minore) => può essere un accordo di Vo Può essere l’accordo di Vo grado all’interno della tonalità di SOL (che ha, infatti, in chiave solo il FA# e ha comeVogrado ilRE).
DO∅ Accordo maggiore semidiminuito => può essere un accordo di VIIo Può essere l’accordo di VIIo grado all’interno della tonalità di REb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb, REb, SOLb e ha comeVIIogrado il DO). Al medesimo risultato sarei arrivato ragionando sull’intervallo RE – DO che è minore (sarebbe VII maggiore con DO#, avendo il RE in chiave FA#, DO#) per cui, dovendo essere, nel modo maggiore, il VIIo grado maggiore, devo allargare l’intervallo di un semitono spostando ovviamante la nota RE che diventa quindi un REb.
DO#∅ Accordo maggiore semidiminuito => può essere un accordo di VIIo Può essere l’accordo di VIIo grado all’interno della tonalità di RE (che ha, infatti, in chiave FA#, DO#e ha comeVIIogrado il DO#).
MIb-7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo Può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di REb (che ha, infatti, in chiave solo SIb, MIb, LAb, REb, SOLb e ha come IIo grado il MIb), di IIIo della tonalità di DOb (che ha, infatti, in chiave tutti bemolle e ha come IIIo grado il MIb) o di VIo della tonalità di SOLb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb, REb, SOLb e ha come VIo grado il MIb). Ad un analogo risultato sarei arrivato considerando l’intervallo SOL – MIb che è minore (sarebbe VI maggiore con MI, avendo il SOL in chiave FA#) per cui, dovendo essere, nel modo maggiore, il VIo grado maggiore, devo allargare l’intervallo di un semitono spostando ovviamante la nota SOL che diventa quindi un SOLb.
LAb7 Accordo maggiore di settima (minore) => può essere un accordo di Vo Può essere l’accordo di Vo grado all’interno della tonalità di REb (che ha, infatti, in chiave solo il SIb, MIb, LAb, REb, SOLb e ha comeVogrado ilLAb).
DO-7 Accordo minore di settima (minore) => può essere un accordo di IIo, IIIo, VIo Può essere l’accordo di IIo grado all’interno della tonalità di SIb (che ha, infatti, in chiave solo SIb, MIb e ha come IIo grado il DO), di IIIo della tonalità di LAb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb, REb e ha come IIIo grado il DO) o di VIo della tonalità di MIb (che ha, infatti, in chiave SIb, MIb, LAb e ha come VIo grado il DO).
C-Δ7 = DO-maj7 Accordo minore di settima maggiore => non può essere un accordo all’interno di tonalità maggiori in quanto non esistono accordi minori di settima maggiore in alcun grado all’interno di tonalità maggiori. E’ infatti un accordo di Io grado della tonalità di DOm come si vedrà…
__________ Triadi, Settima, Nona, Undicesima e Tredicesima
Esistono molte combinazioni di accordi: triade, settima, nona, undicesima e tredicesima. A parte la triade, prendono il loro nome in base alla distanza che vi è fra la nota più in basso e quella più acuta dell’accordo e vengono numerati adoperando la tecnica del basso numerato (o basso cifrato o basso continuo):
Triadi, Settima, Nona, Undicesima e Tredicesima
Dopo la tredicesima, si ritorna ad avere la fondamantale [e.g. DO (tonica), MI (terza), SOL (quinta), SI (settima), RE (nona), FA (undicesima), LA (tredicesima), DO (ritorno alla tonica)].
Il formato generico di una sigla di accordo è quello mostrato nella seguente figura di esempio (e.g. contiene i seguenti gradi: 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª#, con la 5ª al basso. Denominazione completa: DO diesis, settima, nona aumentata, basso in SOL).
Esempio di accordo che contiene i seguenti gradi: 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª#, con la 5ª al basso. DO diesis, settima, nona aumentata, basso in Sol.
Nella prima parte è riportata la fondamentale dell’accordo, nella seconda una abbreviazione che indica il tipo di accordo, nella terza parte possono essere indicate eventuali note da aggiungere o alterare. Infine, se la nota al basso è diversa dalla fondamentale, può essere indicata dopo una barra: se essa fa parte dell’accordo si tratta di un rivolto, al contrario si tratta di un basso alterato. Il SOL al basso indicato nell’esempio in figura è la Va del DO, l’accordo è perciò in posizione di secondo rivolto.
Nel seguito le principali convenzioni per quanto riguarda la sigla del tipo di accordo:
Accordi basati sui gradi della scala maggiore (1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ª). La sigla inizia con maj seguita dal grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio DO maj9 indica un accordo di nona basato sui gradi della scala maggiore.
Accordi basati sui gradi del modo misolidio (o modo di dominante). L’unica differenza con la scala maggiore è che contiene la settima minore (1ª,.2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ªb). Nella sigla viene riportato solo il grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio DO 9 indica un accordo di nona di dominante basato sui gradi della scala maggiore ma con la settima minore.
Accordi basati sulla scala minore naturale (1ª, 2ª, 3ªb, 4ª, 5ª, 6ªb, 7ªb). La sigla inizia con m seguita dal grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio DOm9 indica un accordo minore basato sui gradi della scala minore naturale.
Le sigle sus4 e sus2 indicano che l’accordo è sospeso. Al posto della IIIa l’accordo contiene la IVa (sus4) o la IIa maggiore (sus2).
La sigla add indicata dopo il grado di estensione indica che tale grado va aggiunto sulla triade di base saltando i gradi intermedi. Ad esempio, DO9add indica un accordo maggiore con la nona senza la settima.
La sigla dim indica che l’accordo contiene la Va diminuita.
La sigla aug indica che l’accordo contiene la Va aumentata.
Oltre al tipo di accordo è possibile indicare nella sigla anche altri gradi da aggiungere o alterare. Ad esempio, nel caso riportato nella figura precedente, la sigla +9 indica che occorre aggiungere una nona aumentata (il segno + equivale in questo caso al diesis). Se il grado è già presente nell’accordo, esso si riferisce ad una alterazione. Ad esempio, DO 7-5 indica un accordo di settima di dominante con la quinta diminuita (-5 indica l’alterazione).
Nelle sigle degli accordi vengono tuttavia utilizzate diverse terminologiele tabelle seguenti elencano le sigle più utilizzate. La prima tabella si riferisce ai tipi di accordi, la seconda alle note aggiunte o alterate.
I gradi indicati fra parentesi sono opzionali. Per quanto riguarda gli accordi estesi sono riportati solo quelli maggiori: per ottenere la versione minore è sufficiente aggiungere una m all’inizio della sigla.
Descrizione accordo
Elenco sigle utilizzate
gc.
Triade maggiore
<non specificata>
1ª, 3ª, 5ª
Triade minore
m, minor, min, –
1ª, 3ªb, 5ª
Triade diminuita
dim
1ª, 3ªb, 5ªb
Triade aumentata
+5, #5, +, aug
1ª, 3ª, 5ª#
Settima maggiore
maj7, maj, major, ?, M
1ª, 3ª, 5ª, 7ª
Settima di dominante
7
1ª, 3ª, 5ª, 7ªb
Settima semidiminuito
ø7, 7-5, 7b5
1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªb
Settima diminuito
º7, dim, dim7
1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªbb
Nona aggiunta
9add
1ª, 3ª, 5ª, 9ª
Nona
9
1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª
Undicesima
11
1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, 11ª
Tredicesima
13
1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, (11ª), 13ª
Quarta sospesa
sus4, 4
1ª, 4ª, 5ª
Seconda sospesa
sus2, 2
1ª, 2ª, 5ª
Terminologia dei tipi di accordi
Descrizione grado
Elenco sigle utilizzate
Grado intervallo
Quinta diminuita
-5, b5
5ªb
Quinta aumentata
+5, #5
5ª#
Sesta maggiore
6
6ª
Settima maggiore
+7, maj7
7ª
Settima minore
7, -7, b7
7ªb
Nona minore
-9, b9
9ªb
Nona maggiore
9
9ª
Nona aumentata
+9, #9
9ª#
Undicesima
11
11ª
Undicesima aumentata
+11, #11
11ª#
Tredicesima
13
13ª
Terminologia note aggiunte o alterate
Una volta compreso il meccanismo con cui vengono attribuite le sigle agli accordi, è possibile ricavare la composizione di qualsiasi accordo: comunque, nella tabella seguente vengono elencati gli accordi più comuni:
Elenco degli accordi più comuni (i gradi riportati fra parentesi sono opzionali)
_________ Nona armonizzata sulla scala
Aggiungendo ancora una nota sopra una quadriade, si aggiunge la nota di nona
Si è visto che se si indica solo con il 7 (i.e. non viene specificato nulla nel 7), vuol dire che si tratta di un intervallo di settima minore: se si vuole indicare che la VIIaè maggiore, è necessario esplicitarlo: maj7.
Diversamente dalla 7a, se non viene specificato nulla la 9a è maggiore. Se minore (b9) o eccedente (#9) deve essere specificato nella notazione.
In nessun accordo generalmente si usa la 9aminore in quanto è in dissonanza con la tonica.
Se non specificato diversamente, un accordo di 9a ha anche implicitamante la 7aminore (e.g. DO 9 ha anche la 7aminore ed è equivalente a scrivere DO 79). Diversamante si deve indicare esplicitamente (e.g. DO maj79)
Grado
Armonizzazione
Triade + VIIa
Notazione
Nome accordo
I (tonica)
DO MI SOL SI RE
T> + VIIa> + IXa>
Cmaj79(C∆9 C∆79 C7+9)
DO settima maggiore nona
II (sopratonica)
RE FA LA DO MI
T< + VIIa< + IXa>
D-79
RE minore settima (minore) nona
III (modale)
MI SOL SI REFA
T> + VIIa< + IXa<
E-7b9
MI minore settima (minore)nona
IV (sottodominante)
FA LA DOMI SOL
T> + VIIa> + IXa>
Fmaj79 (F∆9 F∆79 F7+9)
FA settima maggiorenona
V (dominante)
SOL SI RE FA LA
T> + VIIa< + IXa>
G79
SOL settima (minore)nona
VI (sopradominante)
LA DO MI SOL SI
T< + VIIa<
A-79
LA minore settima (minore)nona
VII (sensibile)
SI REFALADO
Tdim + VIIa< + IXa<
BØb9 (B7Ø B-7b5b9)
SI semidiminuitonona
Armonizzazione di nona per la scala di DO> (accordi di 9a nella tonalità di DO>)
_________
Le funzioni
Ci sono attrazioni importanti tra i gradi degli accordi derivati dall’armonizzazione di una scala. C’è infatti una gerarchia d’importanza dei gradi. Ad esempio, gli accordi più rappresentativi per ciascun modo sono il Io e il Vo.
Il concatenamento più importante è quello dal Vo grado al Io grado => cadenza perfetta. Questo concatenamento ha il potere di risoluzione sia sulla tonalità maggiore sia su quella minore (e.g. sia sul DO> sia sul DO<). Se trovo un passaggio Vo -> Io, ho la conferma al mio orecchio che il brano è in quella tonalità. Se è un V grado è di un’altra tonalità, vuol dire che il brano stà andando verso quell’altra tonalità. In particolare, nel periodo barocco e classico, i I gradi si risolvono sempre in V gradi. Nella musica successiva (e.g. Debussy, Stravinsky) non più necessariamente.
Il IVo grado ha la funzione di preparazione alla dominante: la cadenza perfetta viene meglio se è preceduta dal IVo (e.g. IVo -> Vo -> Io): sottodominante -> dominante -> tonica
Lo stesso vale per il IIo (e.g. IIo -> Vo -> Io): sopratonica -> dominante -> tonica
Cambio solo una nota, le altre non cambiano.
Altre cadenze:
IVo -> Io => cadenza plagale (e.g. FA -> DO oppure FAm -> DO)
VIo -> Io => cadenza d’inganno
________ Scale minori
Mentre una scala maggiore rispetta la progressione TTSTTTS, la sua relativa minore inizia dal suo VIo grado (mantenendone ovviamante la sua eventuale l’alterazione) per cui segue il modello TSTTSTT. Ogni scala definisce un mondo tonale e due tonalità che distano di 1 solo semitono sono le più diverse mentre le più simili sono quelle che differiscono di un Vo/IVo grado (dove c’è solo una sola alterazione di differenza nel circolo delle quinte).
Si ricorda che le scale diatoniche devono avere, per definizione le note che la formano tutte consecutive e di nome diverso. La scala assoluta è invece quella che comprende tutti i semitoni (i.e. dodecafonica in cui tutti i suoni hanno la stessa importanza).
Associata a ogni scala maggiore, esiste quindi una scalaminore relativa che parte dal suo VIo grado e risulta formata esattamente dalle stesse note di quella (i.e. le sue note hanno le medesime alterazioni della scala maggiore). Per individuarla basta quindi considerare la nota che sta al VI° grado della scala maggiore, ponendola come tonica della nuova scala. Per trovarla ancora più velocemente basta scendere di un tono e mezzo(i.e. Tono + Semitono)rispetto alla tonale della scala maggiore, sebbene sia sempre meglio ragionare per gradi/intervalli e non per toni/semitoni per non rischiare di sbagliare. Ad esempio, alla scala di DO maggiore è associata la scala di LA minore per cui anch’essa non avrà alcuna alterazione nelle note: al VI° grado della scala di DO maggiore si trova infatti la nota LA (si ha anche: DO maggiore – (Tono + Semitono) = LAminore )
Dire che una canzone è in DO maggiore o in LA minore è sostanzialmente la stessa cosa.
Analogamente, alla scala di RE maggiore è associata la scala di SI minore per cui anch’essa avrà le stesse alterazioni nelle note proprie della scala di RE maggiore (i.e. FA#, DO#): infatti, al VI° grado della scala di RE maggiore si trova la nota SI (si ha anche: RE – (Tono + Semitono) = SI ).
Dire che una canzone è in RE maggiore o in SI minore è sostanzialmente la stessa cosa.
Alla scala di RE maggiore è associata la scala di SI minore: ha le stesse alterazioni nelle note, sebbene risulti abbassata di 1 tono e mezzo.
A parte la diversa successioni di intervalli tonali (maggiore: TTSTTTS; minore: TSTTSTT) la qualità maggiore o minore di una scala è specificata dal suo III° grado: se abbiamo un intervallo di IIIa maggiore con la tonica (i.e. 2 toni tra Io e IIIogrado) la scala è maggiore, mentre se c’è un intervallo di IIIa minore con la tonica (i.e. 1 tono e mezzo tra Io e IIIogrado) si tratta di una scala minore.
Nel seguito l’elenco delle 12 tonalità minori, così come deducibili anche dal circolo delle quinte. Come per le scale maggiori, ci sono 15 tonalità di cui 3 omologhe: le altre tonalità non sono state considerate da Bach in quanto sarebbero anche quelle omologhe di altre ed inoltre avrebbero più di 7 diesis o bemolli, rendendo inumtilmente complicata la lettura dello spartito
DO maggiore/ LA minore
SOL maggiore / MI minore
RE maggiore / SI minore
LA maggiore / FA# minore
MI maggiore / DO# minore
SI (DOb) maggiore / SOL# (LAb) minore
FA# (SOLb) maggiore / RE# (MIb) minore
DO# (REb) maggiore / LA# (SIb) minore
LAb maggiore / FA minore
MIb maggiore / DO minore
SIb maggiore / SOL minore
FA maggiore / RE minore
Nella scala maggiore le omologie erano: SI/DOb, FA#/SOLb; DO#/REb Nella scala minore diventano (abbassando tutto di una IIIa minore): SOL#m/LAbm, RE#m/MIbm, LA#m/SIbm
Si noti che l’eventuale alterazione della tonica della tonalità minore è pari a quella della rispettiva nota nella scala della tonalità maggiore, se presente (e.g. la scala di SI maggiore ha cinque diesis in chiave tra cui il SOL#, per cui la sua relativa minore – che parte dal suo VIo grado – sarà SOL# minore, cioè avrà la tonale con il #).
Si noti che esistono alcuni casi in cui c’è una doppia denominazione della tonalità: stesse note ma notazione musicale differente.
Rispettando le distanze delle strutture viste per le scale maggiore e minore, si possono ad esempio derivare le seguenti scale (e tonalità) di RE maggiore e di RE minore naturale:
Scala di RE maggiore
Scala di RE minore (la cui relativa maggiore è il FA che ha SIb come alterazione)
Una scala minore naturale mantiene, sia ascendendo si discendendo, solo le alterazioni di impianto della relativa maggiore.
Poi della scala minore ci sono anche le varianti armonica e melodica che aggiungerebbero un # rispettivamente solo al VIIo grado (i.e. per la scala di REm il DO#) o anche al VIo grado, (i.e. per la scala di REm, il SI diventa naturale e non più SIb): queste alterazioni in alcuni punti sarebbero, nell’ambito della tonalità, delle alterazioni provvisorie che potrebbero comparire in un brano in RE minore, ma che non vanno comunque indicate nell’armatura di chiave.
Ogni tonalità ha una sua sonorità: ad esempio, la tonalità di DO# minore è più drammatica.
Il DO maggiore ha come relativa minore il suo VIo grado, cioè il LAm. Analogamante il MI maggiore ha come relativa minore il DO#m (essendo il suo VIIo grado appunto il DO#) e il SOLmaggiore ha come relativa minore il MIm.
Da un modo minore si può trovare la relativa maggiore salendo di una IIIa minore (T+S) per cui, ad esempio, FA#m ha come relativa maggiore il LA (avendo il FA# come il IIIo grado il LA#, il cui minore è appunto un LA).
Nella teoria musicale, il VIIo grado di una scala diatonica è detto sottotonicaquando dista 1 tono dalla tonica (Iogrado) mentre è detto sensibilequando dista 1 semitono dalla tonica. Si noti che costruendo l’accordo sul Vo grado di una scala minore naturale (e.g. per il LAm, l’accordo di MI maggiore: MI SOL SI; essendo la relativa maggiore di MI il SOL – sua IIIa minore – che ha come alterazione solo il FA#) non si ha una risoluzione di tipo stabile passando al Io grado (i.e. LAm) proprio perchè nell’accordo di Vo grado non c’è la sensibile (ho un SOL naturale): se ci fosse un SOL# sarebbe sensibile e tenderebbe a risolvere passando al Io grado ed è quanto succede con la scala minore armonica in cui viene appunto alzato di un semitono il VIIo grado.
Nella scala minore naturale nel nostro sistema musicale corrisponde all’antico modo eolio che ha struttura: I – II – bIII – IV – V –bVI –bVII e sequenza intervallare (T = tono, S = semitono) TSTTSTT. Si costruisce quindi aggiungendo un bemolle al IIIo, VIo e VIIo grado alla scala diatonica maggiore. Oltre a seguire quel metodo (inserimento di bemolle al IIIo, VIo e VIIo grado della scala diatonica), si può ricercare la tonalità della “relativa maggiore” ed ereditare le sue alterazioni in chiave. Ad esempio, applicando la regola, la scala diatonica maggiore di DO:
si trasforma nella minore abbassando di un semitono o ponendo un bemolle su IIIo, VIo e VIIogrado (i.e. MI, LA, SI): infatti la scala minore naturale di DO è la relativa minore della scala maggiore del suo IIIo grado minore, cioè di MIb maggiore (che ha come alterazioni SIb MIb LAb).
In pratica, la scala di DO minore naturale non è nient’altro che la scala di MIb, sua relativa maggiore, suonata dal suo VIo grado:
La scala minore armonica equivale poi alla scala minore naturale con la VIIa alzata di 1 semitono in modo da farla diventare una sensibile (dista 1 tono dalla tonica). Possiede una una sonorità orientaleggiante.
La scala minore melodica invece nella fase ascendente ha sia VIasia laVIIa alzate di 1 semitono rispetto alla scala minore naturale, mentre nella fase discendente sia VIasia laVIIatornano allo stato naturale (i.e uguale alla minore naturale). Questo riporta la sonorità dei quella scala più vicina ai canoni occidentali.
Schema riassuntivo di tutte le alterazioni delle scale maggiori/minori
Alterazioni per la scala maggiore
Per la scala minore il numero di diesis e bemolli è riassunto nella seguente tabella (e.g. la relativa maggiore di REm è la sua IIIaminore, cioè il FA, per cui ha in chiave solo SIb, ecc…)
Alterazioni per la scala minore
Un intervallsi calcola sempre secondo la nomenclatura vista per la scala maggiore: nel seguito vengono indicate le ripologie di intervallo anche per la scala minore (naturale, armonica e melodica)
Intervalli per scala maggiore e scala minore (naturale; armonica; melodica)
_____________ Esercizi
Se ci sono 5b in chiave, in quale modalità minore siamo? Nel modo maggiore sarebbe un REb, per cui la sua VIa è SIbm
Se ci sono 5# in chiave, in che modalità minore siamo? Nel modo maggiore sarebbe un SI, per cui la sua VIa è SOL#m.
Qual è la relativa minore della tonalità di DO# maggiore ? La sua VIa è il LA# per cui la relativa minore è LA#m.
Qual è la relativa maggiore di RE#m? La IIIadi RE# è FA## (infatti di RE è FA#, avendo in chiave FA#, DO#) per cui la sua relativa maggiore (IIIa minore) è FA# che è dunque la sua relativa maggiore.
Qual è la relativa minore di SIb maggiore? La VIadi SIb è SOL (avendo in chiave solo SIb, MIb) per cui la relativa minore (VIa maggiore) è SOLm.
Qual è la relativa maggiore di DO# minore? La IIIa di DO# è MI# per cui la sua IIIa maggiore è un MI
_________ Costruire i seguenti accordi:
E-7b59MI SOL SIb RE FA# Infatti, MI ha in chiave FA#, DO# SOL# RE#, per cui l’accordo sarebbe MI SOL# SI RE# FA#, ma è minore per cui la IIIa va abbassata di un semitono (diventa SOL), la VIIa è minore per cui anch’essa va abbassata di 1 semitono (diventa RE), la 5 è bemolle (diventa SIb) e la nona è maggiore per cui rimane inalterata rispetto alla scala maggiore di MI.
Db79REb FA LAb DOb MIb Infatti, REb ha in chiave SIb, MIb, LAb, REb SOLb per cui l’accordo sarebbe REb FA LAb DO MIb, ma la VIIa è minore (diventa DOb) mentre la nona è maggiore per cui rimane come nella tonalità.
C#-7b59DO# MI SOL SI RE# Infatti, DO# ha tuttè le note in # per cui l’accordo sarebbe DO# MI# SOL# SI# RE#, ma è minore per cui la IIIa va abbassata di 1 semitono (diventa MI), Va è bemolle per cui deve essere abbassata anche lei di 1 semitono (diventa SOL), la VII è minore quindi da abbassare (diventa SI) e la 9 è maggiore per cui rimane come per quella scala.
MIb-maj79 (maj7 può essere anche indicato con un delta) MIb SOLb SIb RE FA Infatti, MIb ha in chiave SIb MIb LAb per cui l’accordo sarebbe MIb SOL SIb RE FA, ma è minore per cui la IIIa va abbassata di 1 semitono (diventa SOLb) e il resto resta come in quella scala.
A-79LA DO MI SOL SI Infatti LA ha in chiave FA#, DO#, SOL#, e l’accordo sarebbe LA DO# MI SOL# SI, ma è minore per cui la IIIa deve essere abbassata di 1 semitono (diventa DO), la VIIa è minore (diventa SOL).
Ab-79 == LAb-9 LAb DOb MIb SOLb SIb Infatti LAb ha in chiave SIb, MIb, LAb, REb, e l’accordo sarebbe LAb DO MIb SOL SIb, ma è minore per cui la IIIa deve essere abbassata di 1 semitono (diventa DOb), la VIIa è minore (diventa SOLb). Nota: anche se viene indicata solo la nona, la settima minore risulta implicita.
FA#7b9FA# LA# DO# MI SOL Infatti, FA# ha in chiave FA# DO# SOL# RE# LA# MI# e l’accordo sarebbe FA# LA# DO# MI# SOL#, ma la VIIa è minore (MI) diventa e la nona è bemolle (diventa SOL).
G79SOL SI RE FA LA Infatti SOL ha in chiave FA# per cui l’accordo sarebbe SOL SI RE FA# LA, ma la VIIa è minore (diventa FA) mentre la nona maggiore non porta variazioni.
_______ Calcolare i seguenti intervalli:
REb – SI#VI più che ecc Infatti, REb ha in chiave SIb MIb LAb REb SOLb per cui il SI sarebbe bemolle mentre qui è # cioè più che eccedente di un semitono.
SIb – LAbbVII dim Infatti il SIb ha in chiave SIb MIb per cui il LA sarebbe naturale e, essendo un intervallo maggiore, abbassato di 2 semitoni diventa diminuito.
MIb – SOLIII > Infatti, MIb ha in hiave SIb MIb LAb e il SOL quindi è naturale
SOL – RE# V ecc Infatti SOL ha in chiave FA# e quindi il RE sarebbe naturale, ma essendo # diventa un intervallo eccedente.
Un intervallo si calcola sempre sulla scala maggiore.
La sensibile (i.e. VIIogrado) di SOL# è FA##: infatti non essendo SOL# nel circolo delle V, si considera dapprima il SOL, si identificano per quello le alterazioni in chiave e poi si agginge il # a tutte le note della scala, volendo considerare anche le alterazioni del SOL#. ==> SOL# LA# SI# DO# RE# MI# FA##
Si può osservare la presenza di triadi maggiori, minori e diminuite nelle scala maggiore e in quella minore naturale, invece l’accordo eccedente (IIIo grado) è presente solo nella scala minore armonica e melodica ascendente.
Sono considerati consonanti gli accordi maggiore e minore, dissonanti gli accordi diminuiti ed eccedenti.
Qualità degli accordi costruiti sulla scala di DO maggiore e la sua relativa minore LAm (minoire nauturale, armonica e melodica ascendente):
___________ Armonizzazione di una scala minore
Si è visto che la tonalità minore naturale si ottiene partendo dal VIo grado di quella maggiore ottenendo una struttura TSTTSTT in termini di toni e semitoni. Dato che una scala minore (naturale) relativa è composta dalle stesse note della sua maggiore, ne consegue che la sua armonizzazione genera i medesimi accordi seppur su gradi differenti rispetto alla tonica.
Nella versione armonica, la presenza di un semitono in più sul VIIo grado determina le diversità (indicate in rosso) nel valor degli intervalli.
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
LA
SI
DO
RE
MI
FA
SOL#
DO
RE
MI
FA
SOL#
LA
SI
MI
FA
SOL#
LA
SI
DO
RE
LAm
SIdim
DO DO#5
REm
MIm MI
FA
SOL SOLdim
m
dim
M Ecc
m
m M
M
M dim
Accordi (triadi) costruiti per ognuno dei gradi della scala di LA minorenaturale e armonicatenendo conto delle loro qualità
Si nota che il modello degli accordi triade che ne esce è differente, seppur trattandosi dei medesimi accordi (sono spostati dalla VI del relativo maggiore):
tonalità minore naturale: m dim M m m M M
tonalità minore armonica: m dim Ecc m M M dim
Se andiamo ora ad amonizzare considerando anche le settime, gli accordi che ne derivano sono:
Io grado
IIo grado
IIIo grado
IVo grado
Vo grado
VIo grado
VIIo grado
LA
SI
DO
RE
MI
FA
SOL#
DO
RE
MI
FA
SOL#
LA
SI
MI
FA
SOL#
LA
SI
DO
RE
SOL#
LA
SI
DO
RE
MI
FA
LA-7 LA-∆
SIØ(SI-7b5)
DO∆ DO∆#5
RE-7
MI-7 Mi7
FA∆
SOL7 SOL#dim7
–7 -∆
Ø
∆ ∆#5
-7
-7 7
∆
7 dim7
Accordi (quatriadi) costruiti per ognuno dei gradi della scala di LA minorenaturale e armonicatenendo conto delle loro qualità
∆ = maj7=> VIIa> Ø = -7b5 => IIIa <, Va dim, VIIa < dim7 => IIIa <, Va dim, VIIa dim
Si noti che si indica con dim7un accordo che abbia IIIa minore (-S), Va dim (-S) e VIIa dim (-T), ricordando che gli intervalli giusti (IVo, Vo, VIIIo) sono i soli a diventare subito “diminuiti” abbassando di un S, mentre gli intervalli maggiori diventano “minori” (-S) e poi “diminuiti” (-T), solo operando un ulteriore abbassamento.
Armonizzazione scala minore naturale
Armonizzazione scala minore armonica
Io
IIo
IIIo
IVo
Vo
VIo
VIIo
Maggiore
∆
-7
-7
∆
7
-7
Ø
minore
naturale armonico
–7 -∆
Ø
∆ ∆#5
-7
-7 7
∆
7 dim7
Tabella riassuntiva degli accordi derivanti dall’armonizzazione di settima di scala maggiore e minore (naturale/armonica)
∆ = maj7=> VIIa> Ø = -7b5 => IIIa <, Va dim, VIIa < dim7 => IIIa <, Va dim, VIIa dim
Si è visto che per una scala Maggiore gli intervalli con la tonica sono del seguente tipo:
IIo M
IIIo M
IVo P
Vo P
VIo M
VIIo M
VIIIo P
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
FA
(DO)
Intervalli con la tonica per il modo Maggiore
Invece, per una scala minore naturale/armonica/melodica gli intervalli con la tonica sono del seguente tipo:
IIo M
IIIo m
IVo P
Vo P
VIo m/m/M
VIIo m/M/M
VIIIo P
LA
SI
DO
RE
MI
FA/FA/FA#
SOL/SOL#/SOL#
(LA)
Intervalli con la tonica per il modo minore naturale/armonico/melodico
P = Giusto (Perfect) M = Maggiore m = minore
Si noti che il calcolo di un intervallo serve solo per determinare la distanza tra le due note e la nomenclatura utilizzata è sempre quella già definita per il modo maggiore: perciò si calcola sulla nota fondamentale e secondo quelle medesime regole. Ad esempio, l’intervallo di IIIadella scala minore (i.e. LA – DO) risulta essere minore (T+ S; sarebbe maggiore se fosse DO#, essendo la scala di LA alterata in FA#, DO#, SOL#).
______
L’analisi dei brani da un punto di vista armonico serve per poi permetterci di improvvisare sull’armonia del brano stesso.
Esempi:
Dove trovo costruiti i seguenti accordi e in quali tonalità?
DO#-7
Essendo un un -7 , può essere il II, III e VI grado di scale maggiori o anche un IV grado per una scala minore.
modo maggiore DO# è il IIo grado della scala di => SI DO# è il IIIo della scala di => LA DO# è il VIo della scala di => MI
modo minore DO# è il IVo grado della scala di => SOL#m (infatti l’intervallo SOL – DO# sarebbe eccedente per cui, per renderlo Giusto come richiesto dalla scala minore, devo diminuirlo di un semitono mettendo il # alla tonica)
_________ LAb-7
Può essere il II, III e VI grado di scale maggiori o anche un IV grado per una scala minore. Vediamo di calcolare la tonica di queste scale, ragionando a ritroso, cioè posso cambiare la tipologia di intervallo spostando opportunatamante la tonica (ovviamente, l’accordo di cui si sta eseguendo l’analisi è fisso):
modo maggiore LAb è il IIogrado della scala di => SOLb LAb è il IIIo della scala di => FAb LAb è il VIo della scala di => DOb
modo minore LAb è il IVo grado della scala di => MIbm (infatti, l’intervallo MI – LAb è minore mentre nella scala minore armonica il IVo grado deve essere Giusto => devo allargare l’intervallo mettendo un bemolle alla tonica)
_________ MI-7
Può essere il II, III e VI grado di scale maggiori o anche un IV grado per una scala minore.
modo maggiore MI è il IIogrado della scala di => RE MI è il IIIo della scala di => DO MI è il VIo della scala di => SOL
modo minore MI è il IVo grado della scala di => SIm (infatti, l’intervallo di IV grado della scala minore è Giusto e il SI, non ha il MI alterato)
_________ LA-7
Può essere il II, III e VI grado di scale maggiori o anche un IV grado per una scala minore.
modo maggiore LA è il IIogrado della scala di => SOL LA è il IIIo della scala di => FA LA è il VIo della scala di => DO
modo minore LA è il IVo grado della scala di => MI< (infatti, l’intervallo di IV grado della scala minore è Giusto e il MI, non ha il LA alterato)
_________ SIb∆
modo maggiore SIb è il Iogrado della scala di => SIb SIb è il IVo della scala di => FA
modo minore SIb è il VIo grado della scala di => REm (infatti, nella scala minore l’intervallo di VI grado è minore e la scala di RE, non ha il SI alterato)
_________ SOLb∆
modo maggiore SOLb è il Iogrado della scala di => SOLb SOLb è il IVo della scala di => REb
modo minore SOLb è il VIo grado della scala di => SIbm (infatti, nella scala minore l’intervallo di VI grado è minore e la scala di SI, avrebbe SOL# per essere maggiore e quindi SOL per essere minore; ma io ho SOLb per cui devo abbasare la tonica di un S )
_________ RE∆
modo maggiore RE è il Iogrado della scala di => RE RE è il IVo della scala di => LA
modo minore RE è il VIo grado della scala di => FA#m (infatti, nella scala minore l’intervallo di VI grado è minore e la scala di FA, non ha il RE alterato e per lìrendere l’intervallo minore devo accorciarlo di un S)
_________ DO∆
modo maggiore DO è il Iogrado della scala di => DO DO è il IVo della scala di => SOL
modo minore DO è il VIo grado della scala di => MIm (infatti, nella scala minore l’intervallo di VI grado è minore e la scala di MI, ha DO# per VIo maggiore, quindi DO per VIo minore)
_________ FA#7
modo maggiore FA# è il Vogrado della scala di => SI (intervallo giusto, e la scala di SI ha FA#)
modo minore FA# è il Vo grado della scala di => SIm (anche per la scala minore è un intervallo giusto, e analogamante la scala di SI ha FA#)
_________ RE7
modo maggiore RE è il Vogrado della scala di => SOL (intervallo giusto, e la scala di SOL ha RE)
modo minore RE è il Vo grado della scala di => SOLm (anche per la scala minore è un intervallo giusto, e analogamante la scala di SOL ha RE)
_________ REdim7
modo minore RE è il VIIo grado della scala di => MIbm (essendo la minore armonica, la sensibile RE si trova a un S dalla tonica MIb)
_________ MIb∆#5
modo minore MIb è il IIIo grado della scala di => DOm (nella scala minore il IIIo grado è minore – DO MI sarebbe un intervallo maggiore che deve essere ridotto di un S)
Schema di ausilio a trovare la tonalità di un brano (vedi video tutorial)
Talvolta può risultare pericoloso consentire di effettuare acquisti vocalmente tramite un qualsiasi dispositivo Alexa. Infatti, non solo chiunque abbia accesso a inviare comandi a un dispositivo che supposti Alexa (e.g. Echo-Dot) può inviare un ordine di acquisto di un oggetto venduto su Amazon, ma può attivare uno dei molteplici servizi a pagamento forniti tramite quella Piattaforma (e.g. Amazon Music Unlimited, Audible o altri comandi per attivare applicazioni Alexa a pagamento): basta rispondere SI alla richiesta di Alexa di attivare un servizio a pagamento a cui non si è ancora abbonati e si rischia di avere inoltrato un suo ordine di acquisto. Per esempio, se uno non ha Amazon Music Unlimited, basta richiedere a un dispositivo Alexa di riprodurre un brano che non sia compreso tra quelli gratuiti o di quelli inclusi nel proprio abbonamento Prime, che viene proposto di abbonarsi a quel servizio per poter procedere all’ascolto di quel brano. Analogamente, se si cerca i riprodurre musica su un proprio dispositivo Alexa quando già si sta ascoltando qualcosa in streaming su di un altro, viene proposto di acquistare la versione family di Amazon Music che consente appunto l’utilizzo contemporaneo di più dispositivi Alexa per l’ascolto di musica in streaming!
Insomma, anche per sbaglio non è impossibile che parta una richiesta di acquisto non desiderata!” Ovviamente viene subito nidificato da Amazon via email quell’acquisto che può sempre essere revocato contattando l’efficiente servizio clienti online (mentre per un ordine di un oggetto la revoca può essere fatta semplicemente andando nel proprio elenco ordini, nel caso si tratti di abbonamento a un servizio digitale annullarlo nella pagina che elenca i servizi digitali a cui uno è abbonato non risolve completamente il problema, in quanto non lo rinnova più ma comunque il primo mese rimane pagato e utilizzabile!).
Insomma, direi proprio che conviene o disattivare la possibilità di eseguire vocalmente acquisti (digitali o meno) o perlomeno richiedere che sia indicato (sempre vocalmente) un PIN. Il tutto può essere fatto tramite l’app Alexa che uno ha installato sul proprio smartphone. Vediamo quindi, passo-passo i semplici passaggi che consentono tali configurazioni:
Apri l’App
Seleziona la voce Altro… dal menù (in basso a destra)
Seleziona Impostazioni
Seleziona Impostazioni account
Seleziona Acquisti tramite comando vocale
Una prima possibilità è quella di disattivare lo switch a lato dell’opzione Acquisti tramite comando vocale: impostandolo a OFF, non esiste più la possibilità di effettuare acquisti tramite interazione vocale. Tuttavia, oltre a poter risultare talvolta comoda in talune circostanze, se uno è abbonato ad esempio ad Audible, la disattivazione di quella possibilità può creare problematiche nell’ascolto di un nuovo libro richiedendolo vocalmente (vedi il mio post Audible: problematiche nella lettura di un nuovo libro che evidenziava questo comportamento non desiderato da un abbonato a quel servizio, problematica che non so quanto sia stata risolta dal momento che, come vedremo, l’inserimento del PIN risulta ancora a oggi difficoltoso!). In alternativa si può quindi lasciare attiva l’opzione Acquisti tramite comando vocale impostandola a ON ma inserire un PIN che verrà richiesto sempre interagendo vocalmente quando si cercherà di effettuare un acquisto:
Premi Gestisci nella sezione Conferma acquisto.
Inserisci 4 numeri per il PIN e premere infine il link Salva (in alto a destra): nota che l’inserimento di ciascun numero non è agevole per via di un bug che persiste da tempo su quella pagina e non ancora risolto per cui si deve premere per decine di volte ciascun numero prima di vederlo riconosciuto e indicato in alto al posto di uno dei quattro puntini!!🙄 L’importante è non disperare e ripetere i tentativi d’inserimento per diverse volte…
Premi il link Salva in alto a destra. Questo riporta alla pagina precedente relativa ad ACQUISTI TRAMITE COMANDO VOCALE e può succedere (come è avvenuto a me) che permanga attivato (segno di spunta blu sulla destra) la opzione Disabilita conferma acquisto a indicare che la protezione tramite PIN non risulta attiva! Si tratta tuttavia di un altro bug che persiste da tempo e che non effettua evidentemente il refresh di quella pagina: basta tornare indietro nella pagina Home dell’app e poi ritornare in quella sezione per vedere quindi le effettive impostazioni vale a dire il segno di spunta blu presente sulla voce Codice di conferma vocale:
______________________
Creare poi un profilo vocale Alexa per fare in modo che Alexa riconosca la tua voce e crei un’esperienza personale.
Talvolta può essere conveniente utilizzare Telegram per creare gruppi capaci di accettare un gran numero di membri. Telegram può quindi essere un valido canale di comunicazione per la un’azienda per pubblicizzare suoi prodotti e iniziative promozionali.
Sebbene non esista una vera e propria app dedicata a Telegram for Business, è possibile sfruttare canali, gruppi e chatbot anche a tale scopo avendo tuttavia opportune accortezze.
I gruppi Telegram funzionano più o meno come i gruppi WhatsApp, con la differenza che quest’ultimo consente gruppi da massimo 256 partecipanti, mentre su Telegram i gruppi possono essere fino a ben 200.000!
È vero che WhatsApp propone anche una sua versione Business, app anch’essa gratuita, con alcune funzionalità aggiuntive rispetto alla versione classica, ma presenta diverse limitazioni, definite nella Normativa di WhatsApp Business (e.g. divieto nell’invio di messaggi pubblicitari, promozionali o comunicazioni di marketing), in quanto è principalmente pensata per consentire di rispondere a un cliente a seguito di una pubblicità posizionata al di fuori di una chat su WhatsApp. In pratica fornisce in più, rispetto al WhatsApp solito, solo le seguenti funzioni specifiche:
Profilo dell’attività: oltre all’immagine profilo si può inserire anche indirizzo, e-mail, sito web
Messaggio d’assenza: possibilità di rispondere automaticamente con un messaggio quando non si è disponibili.
Messaggio di benvenuto: benvenuto in automatico ai nuovi clienti quando scrivono per la prima volta (o dopo 14 giorni d’inattività).
Risposte rapide: consente di salvare e riutilizzare i messaggi che uno invia di frequente in modo da poter rispondere velocemente alle domande più comuni.
Link diretto: consente di creare un link che consente alle persone d’inviare messaggi ad un account aziendale di WhatsApp.
Etichette: consente di organizzare i contatti o chat in “categorie” (e.g. nuovo cliente, ordine completato, pagato).
Catalogo prodotti: in un account di WhatsApp Business si può caricare un catalogo di prodotti, con descrizione, prezzi e foto.
Quindi Telegram risulta, in diversi casi, più idoneo per pubblicizzare iniziative promozionali, a patto di rendere unidirezionale la possibilità d’inviare messaggi: diversamente si crea un gruppo “normale” in cui tutti possono inviare messaggi a tutti, determinando così la ricezione di messaggi non desiderati a tutti i membri/clienti registrati al gruppo… oltre alla possibilità d’invio di messaggi oltre più indesiderati (e.g. pornografici o intesi a pubblicizzare attività illecite).
Come fare quindi a creare (o modificare) un gruppo Telegram in modo da impedire ai suoi membri d’inviare messaggi (ed effettuare modifiche al gruppo stesso), lasciando ai soli amministratori questo diritto? Bastano pochi semplici passaggi:
Nella pagina che elenca i propri contatti/gruppi Telegram, si seleziona il gruppo desiderato (e.g. Prova);
Si tocca la barra superiore che indica il nome del gruppo;
Si tocca l’icona di matita in modo da entrare nella sezione che consente di modificare le proprietà relative a quel gruppo;
Si disabilitano i permessi assegnati ai membri del gruppo: di default sono tutti attivi per cui, se lo si desidera, è necessario disabilitare quelli indesiderati (e.g. invio messaggi, aggiungere utenti, cambiare le info chat).
Dal 1° settembre 2022, la richiesta di riscatto della posizione, aperta presso il Fondo Telemaco, potrà avvenire solo tramite richiesta on line.
Ciò significa che non si dovrà più compilare il precedente modulo cartaceo, ma si dovrà, invece, accedere al sito del Fondo e inserire nello stesso la richiesta.
Coloro che sono in ISOPENSIONE/ESODO INCENTIVATO, possono scegliere di: riscattare soltanto il 50% della posizione con fiscalità agevolata, il 75% o il totale della posizione con soltanto il 50% di fiscalità agevolata, oppure non riscattare nulla e attendere il momento del pensionamento finale (fiscalità agevolata su tutta la posizione) oppure richiedere una rendita (R.I.T.A.), per la durata dell’isopensione, con fiscalità agevolata rateizzata, sino al totale della posizione da Voi accumulata.
Da settembre 2022 coloro che vogliono richiedere riscatti al Fondo Telemaco dovranno farlo, come sopra indicato, tramite l’apposito sito, nell’area ADERENTI (vedere mappa seguente). La richiesta di riscatto dovrà essere inserita dal giorno successivo alla cessazione dal servizio. Il fondo procederà al pagamento di quanto richiesto entro 90 gg circa.
Si può dialogare con il Fondo, tramite la casella di posta mail info@fondotelemaco.it o tramite call center 04221745964. Il sito da consultare è http://www.fondotelemaco.it/. Alla richiesta di riscatto tramite sito, dovrete inserire: fotocopia della carta d’identità, del codice fiscale, copia del verbale sottoscritto al momento della cessazione e attestazione delle Vostre coordinate bancarie. Coloro che intendono riscattare successivamente al momento del pensionamento definitivo, dovranno inserire anche la lettera Inps che attesta l’accesso alla prestazione pensionistica.
Accedere alla pagina “Aderenti” in alto a destra; le credenziali per l’accesso sono il Codice Fiscale e la psw che si è a suo tempo individuata:
Nel menù che compare in alto selezionare “Altre prestazioni”
Prima di procedere, leggere con attenzione l’introduzione e le “Istruzioni e avvertenze per presentare la richiesta” dove sono indicati i documenti da allegare alle richieste e indicati precedentemente.
Cliccare sull’icona “Iniziamo” in basso a destra e compilare i campi man mano indicati, esprimendo la propria scelta, ad esempio: NON PERCEPISCO ANCORA LA PENSIONE
ATTENZIONE: tale operazione potrà essere eseguita soltanto a partire dal giorno successivo alla cessazione (e.g. se la cessazione dal servizio avviene il 30 settembre, l’operazione può essere eseguita a partire dal 1 ottobre).
Cliccare su “Altre situazioni” e scegliere la tipologia di riscatto
Quando si cerca di far ordine nei propri computer capita spesso d’imbattersi in vecchi file che neppure ci ricordavamo di avere… e questo non certo per il loro poco interesse. Anzi, talvolta si riscoprono informazioni interessanti che il tempo ha forse fatto dimenticare e di cui, invece, è bene tenere memoria.
Questa è stata la volta di alcune presentazioni frutto di lavori svolti in una scuola media, dal Laboratorio Ambientale dell’Istituto Comprensivo di Villanova Mondovì. Dalla data di creazione del contenuto, informazione presente nei metadati associati a quei file, si tratta probabilmente di attività svolte nel non troppo lontano 2008/2009. In particolare, si intitolavano:
“Mi prendo a cuore… la cappella di San Bernardo“,
“Monte Calvario, San Bernardo e la sua storia“,
“La cava e lo strano caso di San Bernardo“,
“Intervista sulla cava ad alcuni anziani della zona“,
“Intervista a un dipendente della cava“.
Non ricordo bene come avevo ricevuto tali file, probabilmente da amici che, vedendomi interessato a quel territorio, avevano pensato giustamente che contenessero informazioni di mio interesse! Ho già scritto, infatti, diversi post su Villanova Mondovì che vi invito a visitare: in questo post, invece, mi limito a riportare buona parte dei contenuti presenti in quei bei lavori svolti in classe, credendo che siano informazioni che è bene non vadano perdute nell’oblio! Viene naturale domandarsi se anche successivamente, e soprattutto in questi ultimi anni, ci siano stati insegnanti altrettanto stimolanti, che abbiano svolto analoghe attività in classe per affrontare, insieme ai ragazzi, problematiche specifiche di quel territorio: spero che il materiale qui riportato, sebbene datato, possa servire di stimolo per riprendere un discorso forse abbandonato da troppo tempo.
Come indicato nella bibliografia di una delle presentazioni, alcune delle informazioni riportate erano state tratte dai seguenti libri:
Chiriotti Ezio, Raineri Giovanni, Rulfi Giovanni Battista, Gente di Villanova, Mondovì, edito a cura della Cassa Rurale e Artigiana di Pianfei, 1994.
Memorie Storiche di Villanova Mondovì, a cura di Chiriotti E., Rulfi G. B., Savigliano, 1983.
Rulfi G. B., Novecento Villanovese, un secolo di lavoro, a cura della Parrocchia di San Lorenzo e della B. C. C. di Pianfei e Rocca de’ Baldi, 2002
Nelle slide vengono ringraziati inoltre Paolo Ambrogio, esperto di storia locale, che aveva fornito materiale e consulenza, Anna Mossio e gli altri abitanti di Villavecchia che si erano resi disponibili alle interviste e a reperire notizie sulla cappella di San Bernardo.
Nel seguito riporto così com’era stato scritto, buona parte del testo contenuto in quei documenti.
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San Bernardo, monte Calvario e la loro storia (2008/2009)
Quando si passava dalla collina di San Bernardo per andare a Roccaforte Villanova antica è stata fondata dai Romani e si trovava vicino al torrente Ellero, lungo la strada per Roccaforte, presso la collina ai cui piedi sorgeva la cappella San Niccolao. Oggi non ci sono più resti di quella cappella perchè il fiume ha cambiato il suo letto. Rimane tuttavia una stradina, detta”dla funtana dla fam“, che da Villavecchia scende alla cava: un tempo risaliva alla collina di San Bernardo per collegarsi proprio a San Nicolao. Era l’antica via Morozzenga, chiamata così dal nome del paese di Morozzo, i cui signori nel medioevo dominavano su questo territorio.
Tra vigne e casette oggi scomparse Il monte Calvario allora era coltivato e “ricco d’ogni sorta di frutta”. Gli abitanti erano i più giocondi perché su di esso “si respira un’aria delle più salubri“. Proprio sulla collina, dove sarebbe sorta la cappella di San Bernardo, i villanovesi avevano costruito case di campagna e casotti per le vigne.
Nasce Villavecchia Attorno al 1300, sullo stesso colle, i villanovesi costruirono sia una chiesa, l’antica parrocchia di Santa Caterina, sia un castello. La presenza di un castello in posizione sopraelevata rappresentava una grande ricchezza, per cui gli abitanti si strasferirono in quel territorio, fondando Villavecchia. Attorno al 1390 Villanova antica fu abbandonata.
San Bernardo La cappella è citata per la prima volta nella visita eseguita da mons. Scarampi nel 1583 (A.C.V.M. -Archivio della Curia vescovile di Mondovì – carta 164 sul verso) “V.t. Capillam S.ti Bernardini sine redditibus et sine onere operam” (nel testo è indicato erroneamente san Bernardino invece di san Bernardo).
La cappella si trovava sulla strada per un Santuario, quello di Santa Lucia, sul versante est del monte Calvario, non lontano da Villavecchia ed era attorniata da vigne. Il nucleo più antico della cappella ha pianta quadrangolare: misura circa 3,5 m di larghezza per 4,0 di lunghezza, con copertura a volta a botte unghiata in corrispondenza di due finestre, delle quali quella rivolta a nord risulta murata. Il porticato posto sulla facciata è più recente: copre a capanna con coppi ed è ingentilito da un timpano triangolare. Al centro del timpano una lapide in pietra reca la data 1836, ricordo dell’anno di costruzione del porticato stesso e di altri lavori di ristrutturazione della cappella. La muratura del nucleo più antico è in pietra e mattoni, rivestito da un intonaco che pare recente. All’interno le decorazioni sono molto semplici: si tratta di scene angolari ed un cornicione rettilineo. Sulla parete di fondo è posto l’altare, la cui mensa è in muratura e sopraelevata di un gradino. Sul fianco destro della mensa è presente una data (1660) e uno stemma con un pozzo e due stellette, mentre alla sinistra si legge “I Francesco Bogioano Depinsit”. L’ancona dell’altare, datata 1657, è fatta a stucco: raffigura la Vergine con il bambino incoronati con di fronte a San Bernardo (che tiene incatenato e calpesta il demonio) e San Eligio.
Interno della cappella di San Bernardo
San Bernardo di Mentone, è patrono di tutti i viandanti della montagna: visse all’epoca di Enrico IV e morì a Novara il 12 giugno 1081. San Bernardo è molto conosciuto come il fondatore dell’ospizio del Gran San Bernardo, probabilmente restauratore di un vecchio convento dell’VIII secolo preesistente e distrutto dai Saraceni nel X secolo. La regina Ermengarda di Borgogna, signora del luogo, lo avrebbe donato a Bernardo che edificò poco distante, proprio sul valico alpino, un ospizio cui assegnò le entrate del vecchio convento. Nella cappella, il santo viene raffiguratosia con la torre con una sola finestra, che rievoca la fuga di Bernardo dalla torre in cui era stato rinchiuso dal fratello, sia con il demonio incatenato, posto a simboleggiare la sua vittoria sui malvagi spiriti delle cime alpine.
Le vie devozionali Dal 1700 abbiamo le testimonianze di un’intensa vita religiosa nella zona del monte Calvario, alle spalle del borgo: la Via Crucis con i suoi 14 piloni affrescati, la Chiesa in cima al monte, la cappella di San Bernardo e il Santuario di Santa Lucia. Questi monumenti erano collegati tra loro da un unico sentiero che permetteva, nei momenti di festa, di visitarli tutti insieme in una giornata.
Merenda di Pasquetta presso la cappella di San Bernardo (1912)
Merenda del lunedì di Pasqua presso la cappella di San Bernardo (1931)
Cosa rimane Oggi, chi visita Villanova può salire ad ammirare i resti di antiche case, muri e porte. Può vistare la vecchia parrocchiale, con mirabili affreschi medioevali, percorrere la strada che porta a Monte Calvario. Sulla sinistra vedrà i resti della collina sulla quale sorgeva la cappella di San Bernardo: ora seminascosta e inaccessibile, resta in attesa del sospirato ripristino. Immediatamente sotto… la visione della cava.
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Discutere sui luoghi feriti (2008/2009)
In questo progetto, noi del laboratorio ambientale per prima cosa abbiamo discusso sui problemi che affliggono molti luoghi feriti. Questo obbiettivo ha portato via molto tempo, perché è stato molto impegnativo spiegare il motivo della ferita dei nostri luoghi, a partire dalla scarsa attenzione di noi cittadini ai vandalismi di cui spesso rimaniamo vittime anche noi ragazzi, nel senso che non possiamo più usufruire di spazi per il gioco e il divertimento. Esaminando poi i pro e i contro del vivere in un ambiente incontaminato o urbanizzato (il nostro territorio si trova proprio a metà) e discutendo su come vorremmo che fosse il luogo in cui viviamo, è emerso che spesso l’adulto privilegia interessi pratici come costruire parcheggi, case, strade e… cave per l’attività economica, piuttosto che salvaguardare la natura, i giardini, i monumenti storici e artistici. Così il territorio è cambiato nel tempo… ma per fortuna libri e fotografie ci ricordano come era, ed è un viaggio molto interessante.
Il nostro secondo obiettivo era quello di andare a esplorare i luoghi feriti che ci stavano a cuore. Lo abbiamo fatto individualmente (abitando in comuni diversi) e ognuno di noi ha riportato agli altri le proprie impressioni.
Dove poteva ricadere però la scelta? È bastato guardare fuori dalla finestra della nostra classe per decidere che non dovevamo andare molto lontano: il nostro paese è a ridosso di una cava che si vede benissimo da ogni punto di vista e che è ai lati dell’unico luogo “incontaminato” raggiungibile a piedi, il monte Calvario. Abbiamo quindi organizzato un’uscita che si è rivelata molto utile e interessante.
Risalendo la strada che va verso il monte, si entra nella parte antica del nostro paese, un borgo medievale (Villavecchia) così suggestivo da attirare l’attenzione dell’Università di Architettura di Mondovì che sta cercando di rivalutarlo attraverso delle ricerche. Avevamo appuntamento con un professore che ci ha spiegato i lavori fatti dai suoi studenti e ci ha illustrato le bellezze della Chiesa Antica di Santa Caterina, risalente al ‘300 e ricca di affreschi medievali. Ma ci è venuto un dubbio: quegli studenti universitari sapevano che alle spalle di questa piazza antica si staglia non solo un paesaggio inquietante, fatto di roccia e macchinari, ma anche boschi e bellezze artistiche minori? Usciti dalla Chiesa siamo andati a esplorare quel paesaggio e abbiamo deciso che potevamo fare anche noi qualcosa, perché non ci sono solo chiese imponenti ma anche chiesette modeste che pochi ricordano e di cui nessuno si occupa: è il caso del nostro luogo ferito, che non ha la maestosità delle grandi chiese e che forse per questo rischia… la vita! San Bernardo, abbi fiducia in noi.
Nel seguito alcune foto della presentazione. Si noti che la prima foto del 1938 era stata scattata proprio dalle finestre di quella medesima scuola media!
La cava e lo strano caso di San Bernardo (2008/2009)
Da molto tempo i Villanovesi hanno estratto roccia calcarea dalle colline attorno a Monte Calvario per la produzione di calce. Fin dall ‘800 iniziarono a estrarre dalla Rocchetta, una collina ai piedi di Villavecchia e a fianco del versante nord orientale di Monte Calvario. Qui la ghiaia è molto rinomata ed è una delle migliori del Piemonte: per questo è stata utilizzata soprattutto dagli anni ’50 per il pavimento stradale, garantendo un buon reddito alle imprese che ci lavorano. Negli anni, queste imprese sono cresciute ed hanno ampliato i lavori, grazie anche ai nuovi macchinari sempre più efficienti. La cava è attualmente più che mai in attività ed è un’importante risorsa economica del luogo, ma numerosi sono i problemi causati alle zone limitrofe come Villavecchia: rumore, smog, puzza, danni alle abitazioni (per via dell’utilizzo di esplosivi).
L’espansione della cava ha causato cambiamenti enormi nella fisionomia del territorio e persino la chiusura di un bene architettonico (la cappella di San Bernardo) di uso popolare, che non è stato ancora ricollocato in un luogo stabile e che quindi da molti anni non è accessibile al pubblico. La cappella è stata spostata dal sito originario, per permettere alla cava di completare i lavori di scavo.
Le foto mostrano come si è riusciti, dopo aver smontato il porticato in mattoni, a imbragarla e a farla scivolare in un sito provvisorio. La cappella non è stata ancora portata al luogo prestabilito per il ripristino. Inoltre sono state avanzate richieste per un ulteriore spostamento in altro luogo ma la Sovrintendenza ai beni architettonici ha espresso parere sfavorevole e ribadito la necessità di limitare i rischi di un nuovo spostamento, consigliando di mantenere almeno una posizione della cappella coerente dal punto di vista paesaggistico e storico, ripristinando per esempio il sentiero devozionale che univa la chiesa Santa Caterina alla cappella di San Bernardo e quindi al santuario di Santa Lucia. Le ultime notizie danno per certo il suo ripristino.
La cava ai tempi del lavoro scolastico (2008/2009)
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Le feste popolari e i percorsi devozionali a monte Calvario
50 anni fa a San Bernardo Il mattino del lunedì di Pasquetta tutti sono pronti di prima mattina per “la merenda” nei prati di San Bernardo. Dal piano giungono a Villanova gruppi di “gitanti”: chi è a piedi e chi è in bicicletta. Insieme alla banda si parte verso San Bernardo. Lungo la strada alcuni si fermano per pregare: infatti, la Via Crucis che porta a monte Calvario accompagna per un tratto di strada il percorso. All’altezza del “VI pilone” votivo il gruppo gira a sinistra e prosegue il cammino lungo il sentiero che porta a San Bernardo, il medesimo che, volendo proseguire, porta fino al santuario di Santa Lucia. Essi vanno alla conquista del posto per fare merenda, sdraiati all’ombra di qualche albero, non prima di aver ascoltato la Santa Messa celebrata nella cappella. Verso sera si riprende la via del ritorno, con in tasca qualche caramella comprata per tre soldi da “Rainè dle caramele”. Ed ecco finire così la giornata della merenda di Pasquetta. Un tempo il paesaggio era un’immensa distesa di prati, meli, peri, peschi, susini: un mare di colori e profumi si stendeva sulle nostre colline. Volete sapere se anche oggi è così?
M. Calvario oggi… Un lunedì, alle 5:00, nessuno ha bisogno della sveglia perché la cava avverte i suoi dipendenti dell’imminente giornata di lavoro. Dalle loro abitazioni, ecco giungere al posto di lavoro i lavoratori con i loro diversi mezzi di trasporto: macchina, motorino o a piedi. Iniziano la loro giornata di lavoro andando dal geometra, che assegna loro i compiti. Terminata la mattinata, vanno a pranzo, la maggior parte da soli e solo pochi fortunati con le loro famiglie. Ritornati al lavoro proseguono la giornata nel rumore e nella polvere, fino a che, alle 17 tutto si calma. Ecco com’è oggi una magnifica giornata di lavoro a monte Calvario.
Le processioni delle rogazioni Nel mondo contadino era importante il momento della benedizione per ottenere la protezione del raccolto dalla grandine e dai parassiti. Tutti partecipavano alle tre processioni che precedevano la festa dell’Ascensione. La terza ed ultima mattina era la volta della cappella di San Bernardo, il tragitto più lungo dei tre, ma il più piacevole per il paesaggio ricco allora di vigneti di “neiretto”: tra le tante persone c’era anche chi portava a benedire i bachi da seta che costituivano una fonte di guadagno per il paese.
La Banban-a di Pentecoste: una pianta che non c’è più La festa di Pentecoste (fine maggio) era un’altra occasione per recarsi alla cappella di San Bernardo e, di lì, al santuario di Santa Lucia: a quell’epoca cresceva nei prati dei dintorni in abbondanza la “bamban-a”, o “lino delle fate” (stipa pennata) e tutti ne compravano i mazzolini posti in vendita per cinque soldi dai ragazzini del posto. Alcuni giorni prima l’avevano raccolta e colorata con il verderame sciolto in acqua, che aveva dato un bel colore verde-blu ai suoi soffici pennacchi.
La festa di San Bernardo Finchè è stato possibile, cava permettendo, ogni anno si svolgeva a San Bernardo la processione per festeggiare la ricorrenza. Essendo il 20 agosto, la partecipazione era numerosa per la presenza dei villeggianti. Guidati dal Parroco, ci si recava alla cappella percorrendo la “strada dla fam”, un sentiero in gran parte scomparso, risalendo sul versante ormai reso inagibile dagli scavi, costeggiando il “Bersaglio” anch’esso sparito e giungendo finalmente alla cappella. I prati verdi, gli alberi carichi di frutti erano di stimolo ai bambini per partecipare numerosi; tra quei bambini c’era anche la nostra professoressa, che ricorda con nostalgia quell’occasione di festa per correre nei prati che non avrebbe rivisto per un anno intero, abitando nella grigia Torino.
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Intervista ad un dipendente della cava (2008/2009)
Che genere di lavoro svolgi? Io guido le macchine che ci sono in cava, ma non i camion: sono un operaio.
Che tipo di macchinari usi? E’ difficile usare quei mezzi? Tutti gli escavatori e tutte le pale meccaniche. Richiede un po’ di pratica nel memorizzare tutti i comandi e nel manovrare i mezzi per il loro ingombro.
Che tipo di lavorazione si svolge nella cava? Si estrae un primo materiale che si chiama “tout-venant” con gli escavatori, mentre per la roccia si usa l’esplosivo. Poi con diverse fasi di frantumazione e di lavaggio si ottengono diversi tipi di sabbia e di ghiaia. Infine si vende all’ ingrosso, o si usa per l’ impianto dell’ asfalto e del cemento.
E’ un lavoro faticoso? Perché? Più che faticoso direi stressante; l’ uso dei macchinari facilita il lavoro, ma la guida dal mattino alla sera provoca una fatica psicologica.
E’ un lavoro pericoloso? Perché? Sì, per chi usa l’ esplosivo e per chi guida i mezzi la tensione è molto alta: c’è il pericolo di far male a qualcuno, di ribaltarsi col mezzo e di provocare danni materiali.
Se piove o nevica il lavoro di scavo il lavoro continua normalmente o vi sono delle complicazioni? Sì, se piove o nevica, certe volte il lavoro si può continuare, a seconda dell’ intensità della precipitazione e della qualità del materiale estratto: un materiale terroso si infanga e rende quasi impossibile la frantumazione.
Quali sono i materiali estratti dalla cava? Sono tout-venant e roccia.
Quante persone lavorano nella cava? In piena produzione, un minimo di 6 persone.
Qual è il rapporto fra te ed il tuo datore di lavoro? Ottimo, perché c’ è dialogo fra il datore di lavoro e l’ operaio.
Hai tanti giorni di ferie in casi di festività o vacanze estive? Ho quattro settimane di ferie all’anno, ma è sempre difficoltoso trovare un accordo per le ferie estive, perché in quel periodo la cava è nel pieno della produzione.
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L’intervista sulla cava agli anziani della zona (2008/2009)
Cosa ne pensate della cava su monte Calvario? E’ un’ importante attività economica.
Causava e causa ancora dei disturbi, o nel tempo i macchinari sono diventati più silenziosi? Quali disturbi? Sono più silenziosi ma il turno del primo mattino è molto fastidioso (il bruciatore che scalda il catrame viene acceso alle cinque del mattino).
Avevate mai pensato ad una possibile soluzione per eliminare i problemi causati dalla cava? Cambiare i macchinari.
Andavate a monte Calvario? Per quale motivo? A Pasqua, Pasquetta e per Pentecoste; inoltre per tutta l’ estate tutti i venerdì si saliva con il parroco in processione; alla festa della Croce (in Settembre) si chiudeva il ciclo.Nei primi decenni del novecento si festeggiava la “festa dell’ albero” e gli scolari piantavano i pini. Durante la guerra si andava a far legna: il comune segnava gli alberi che si potevano tagliare.
Ora ci andate per lo stesso motivo? Adesso si va solo il Venerdì Santo per la Via Crucis e la messa. Noi andiamo a fare ancora passeggiate, ma non la sera perché potrebbe essere pericoloso.
Conoscete la cappella di San Bernardo? Certamente, ci andavamo per la festa del Santo (il 20 agosto) e per le rogazioni; c’ erano delle casette e gli abitanti offrivano ospitalità al parroco. Ci si passava anche per andare a Santa Lucia: ci si fermava sempre per il panorama( la vista su Villanova Mondovì) e per la bellezza dei prati.
Come vorreste che tornasse a essere utilizzata? Vorremmo che realizzassero il progetto reclamizzato ma non ancora attuato, con luce, acqua e panchine.
Poiché non l’abbiamo mai vista, perché è chiusa, potreste descrivercela? È una piccola cappella con un bel porticato.
Come raggiungete Santa Lucia ora che la strada per andare a San Bernardo è chiusa? Non si può più andare a piedi.
Se vuoi saperne di più puoi andare sul sito dell’RPO dove si legge: Il Registro pubblico delle opposizioni,esteso a tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e cellulari, consente al CITTADINO di opporsi alle chiamate di telemarketing indesiderate. L’iscrizione annulla anche i consensi precedentemente rilasciati, tranne quelli con i gestori delle utenze e quelli che saranno autorizzati dopo l’iscrizione. Con il nuovo servizio l’OPERATORE deve consultare mensilmente il RPO e comunque prima di svolgere le campagne pubblicitarie tramite telefono. L’opposizione può riferirsi anche alla pubblicità cartacea, nel caso l’indirizzo sia presente negli elenchi telefonici pubblici.
Si legge anche, nella pagina di spiegazione: Con il Registro pubblico delle opposizioni puoi richiedere quattro funzioni differenti: “Iscrizione”, “Rinnovo”, “Revoca selettiva” e “Cancellazione”. Tutte le richieste vengono gestite entro un giorno lavorativo, sebbene la loro efficacia diventi effettiva entro 15 giorni.
Si legge inoltre che dopo l’iscrizione al servizio è possibile ricevere solo chiamate autorizzate dai gestrori delle tue utenze – nell’ambito di contratti attivi o cessati da non più di 30 giorni (per esempio del settore telefonico ed energetico) – e quelle per cui hai rilasciato un apposito consenso successivamente alla data di iscrizione nel RPO. L’errore di battitura che ho evidenziato in grassetto non è mio, ma è presente nel sito stesso (il correttore automatico del browser me lo ha subito individuato non appena ho incollato il testo copiato così com’è scritto su quella pagina del sito) e questo non è certo stato per me un buon indice iniziale sull’accuratezza con cui tale sistema sia stato sviluppato!
Pagina che elenca le funzionalità dell’RPO… con un errore di battitura: certamente non un bel segnale per un sito istituzionale!
Tuttavia, poi utilizzandolo, almeno da un punto di vista informatico non ho rilevato malfunzionamenti e anche l’interfaccia utente mi è sembrata adeguata e sufficientemente chiara. Quindi, rispetto al sistema che avevo utilizzato anni fa, sicuramente i progressi sono evidenti… almeno da un punto di vista della realizzazione informatica: si tratta ora di sperimentare se rimane solo un qualcosa di facciata o abbia un’effettiva ricaduta nel mondo reale! Per il momento non ho potuto che constatare che, accedendo inizialmente come utente già iscritto al registro, non mi risultava registrato alcun numero telefonico, quindi nemmeno il quello mio fisso che invece anni fa avevo già inserito con metodi meno sofisticati, senza quindi un utilizzo di SPID! Ne deduco che probabilmente il nuovo sistema informatico non abbia importato i dati pregressi e che quindi sia necessario effettuare una nuova iscrizione, tanto più opportuna ora che è possibile indicare non solo il numero telefonico del fisso (come era un tempo), ma anche quello di cellulare! Si trova infatti che la registrazione riguarda non solo tutti i numeri fissi italiani ma, dal 27 luglio 2022, anche i cellulari e i fissi non presenti negli elenchi telefonici pubblici.
L’iscrizione/gestione può ora essere fatta sia da Web sia da telefono (numero verde 800957766 in caso di utenze fisseo il numero 0642986411in caso di cellulari) sia addirittura via email, sebbene quest’ultima modalità richieda l’inoltro via email di un modulo scaricabile e quindi sia, a mio parere, la meno agevole da utilizzare!
Nel seguito i semplici passi che consentono di registrare gratuitamente i propri numeri telefonici in quel registro. Dopo essersi autenticato, ad esempio con lo SPID, si possono inserire i propri numeri telefonici (premere su + Aggiungi numero se si desidera inserirne un’ulteriore) che dovranno poi in un successivo passaggio essere verificati telefonando (dalla medesima linea fissa se si tratta di un numero fisso, dal medesimo cellulare se si tratta di un numero di cellulare) al numero indicato (i.e. 0642986415): effettuando la chiamata a quel numero non viene fornita alcuna risposta ma poi, andando a vedere la pagina sul sito, senza neppure la necessità di ricaricarla, si nota immediatamente che quel numero passa dallo stato Da verificare a quello di Verificato! Infine viene mostrata una pagina riassuntiva in cui viene addirittura indicato il codice registro assegnato a ciascuno dei numeri inseriti… anche se non vedo cosa possa servire al cittadino. Ovviamente il tutto può essere compilato tramite sia un PC/tablet sia uno smartphone accedendo con un qualsiasi browser al sito dell’RPO:
Sempre nella stessa pagina del sito si legge: La violazione del diritto di opposizione dei contraenti telefonici – ovvero la mancata osservanza del RPO da parte degli operatori di telemarketing – è disciplinata dal Codice in materia di protezione dei dati personali e dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), che prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie fino a 20 milioni di euro o per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.
Insomma, il Ministero dello sviluppo economico ha previsto sanzioni più che adeguate, ma penso che il vero problema sia come un cittadino possa agevolmente dimostrare che tale violazione del diritto sia stato violato e come segnalarlo per fare rispettare nella realtà tale legge!
Stranamente sul sito dell’RPO in verità non ho trovato nulla che indicasse come procedere in tale evenienza! 😦
Tuttavia, ricercando su Internet ho visto che l’utente vittima di telemarketing e teleselling, iscritto all RPO, può compilare un apposito modulo da inviare via email al Garante della Privacy agli indirizzi protocollo@gpdp.it (per tutti gli utenti) o protocollo@pec.gpdp.it (per chi ha un indirizzo di posta certificata) o tramite fax al numero 06-696773785. In alternativa, poi, si può sempre inviare il tutto tramite una raccomandata (intestata a: Garante per la protezione dei dati personali, Piazza Venezia, 11 – 00187 Roma)… ma questa mi sembra proprio l’ultima spiaggia!
Solo così operando, i Call Center che non rispettano il Registro delle Opposizioni (in vigore dal 27 luglio 2022) potranno essere sanzionati con multe previste… e magari inizieranno davvero a rispettare la privacy delle persone andando prima a verificare se, prima di utilizzarlo, quel il numero telefonico sia presente nel RPO!!
Per cui penso sia importante, se si desidera davvero che tale legge abbia un seguito, che il cittadino stesso effettui le segnalazioni per ciascuna violazione,anche se ovviamente questo comporta un’ulteriore perdita di tempo. Si noti che il modulo da compilare e inviare richiede d’indicare le seguenti informazioni, per cui è bene segnarsi subito il tutto per compilarlo correttamente:
data/ore
società/ditta che effettua la telefonata pubblicitaria (Indicare il nome/ragione sociale della ditta/società, indirizzo o città della sede).
prodotto/offerta/promozione oggetto della telefonata
n. telef. chiamante/anonimo (se il proprio telefono non consente di visualizzare il numero chiamante barrare lo spazio. Se invece è attivo il servizio di visualizzazione della linea chiamante indicare il numero oppure se non compare indicare “privato”/”anonimo”).
Apposito modulo da compilare e inviare via email al Garante della Privacy per segnalare violazioni della privacy da parte di call center
Insomma, su tutto questo le leggi sulla privacy sembrano proteggerci davvero poco… direi praticamente nulla!! Non ci rimane che adottare le poche accortezze che ci rimangono per limitare il disturbo indotto da tali telefonate e al limite non sprecare una parola nella risposta, attaccando subito ed avendo l’accortezza di inserire quel numero tra quelli bloccati… altrimenti è molto probabile che richiamino!! 🙄
E su Internet? Qui le cose, a mio parere, solo in apparenza sono diverse!! Ora ci sono le direttive GDPR, la Cookie Law, o Direttiva ePrivacy… Insomma un sacco di acronimi e termini inglesi di cui, in verità, non ne so più di tanto e lungi da me interessarmi nel dettaglio di questa burocrazia e di fatto apparente protezione della nostra libertà e privacy! Probabilmente ben poche persone, prima di allora, sapevano neppure dell’esistenza di questi cosiddetti cookie e io stesso, pur conoscendone bene le loro caratteristiche come programmatore, non avevo mai approfondito le implicazioni da un punto di vista della privacy! Per chi quindi desiderasse approfondire l’argomento, mi limito a consigliare innanzitutto di visitare la pagina di wikipedia i cookie che fornisce una sintetica spiegazione di cosa siano: ho trovato impressionante l’elenco delle loro diverse tipologie dal punto di vista dell’utilizzo (o finalità), alcune delle quali neppure io ne ero a conoscenza (i.e. tecnici, statistici, funzionali per la memorizzazione delle preferenze, di marketing e profilazione pubblicitaria, di social network, Secure cookie, HttpOnly cookie, SameSite cookie, SuperCookie, Zombie cookie). Inoltre un approfondimento delle suddette leggi può essere fatto consultando il sito del garante della privacy dove immagino tutto sia spiegato in dettaglio! 🤔 In particolare, penso di interesse la sezione Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento – 10 giugno 2021… – Garante Privacy relativa appunto alla recente normativa di adeguamento di tutti i siti, piccoli o grandi, personali o business.
Possiamo dunque ora stare tranquilli in quanto, almeno su Internet, la nostra privacy è garantita? Direi proprio di no. Il risultato reale di tale legge è stato, a mio parere, devastante e questo risulta sempre più evidente a chiunque navighi abitualmente su Internet: prima di riuscire a leggere l’informazione desiderata da un sito d’interesse, ora si deve sia premere – su fastidiose finestre sovrimpresse alla pagina – uno o più pulsanti per accettare o meno l’utilizzo d’informazioni derivate sia dalla propria navigazione (eventualmente negando alcuni consensi in pagine successive) sia ricordarsi di cliccare su checkbox in cui si consente uno o più utilizzi dei dati che uno ha inserito, ad esempio, compilando moduli online. In quest’ultimo caso non è raro che, pur avendo compilato correttamente tutti i campi obbligatori, dimenticandosi di cliccare qualcuna di quelle checkbox sulla privacy, l’inoltro del modulo venga negato… e uno non comprenda neppure subito il motivo di tale rifiuto!😣).
Relativamente ai cookies, poi, per proteggersi un po’ da tutto, in teoria si dovrebbe ogni volta entrare nella pagina di dettaglio della gestione delle informazioni ottenute tramite quelli (i.e. salvate automaticamente durante le navigazioni utilizzando le apposite funzionalità dei browser) e scegliere di accettare solo quelli strettamente necessari per poter finalmente proseguire. Insomma una perdita di tempo incredibile… Di fatto, quindi, quasi sempre si finisce poi per scegliere la via più veloce, vale a dire accettando tutto, riuscendo solo in tal modo a non sprecare tempo nel navigare nelle pagine di dettaglio, le sole che consentirebbero di effetture un’analisi e selezione più rispettosa delle proprie effettive volontà!!! Insomma, questa legge è stata pensata senza tener conto delle implicazioni in termini di usabilità del Web e del conseguente comportamento del suo generico utilizzatore, rendendo di fatto non rispettata la sua privacy… pur rimanendo tutto “a norma di legge” essendo stato lui stesso ad accettare qualsivoglia condizioni(seppur lo faccia unicamante per non sprecare tempo e leggere subito le informazioni che ricercava sul Web)!
Mi chiedo: non sarebbe stato meglio allora impedire di default l’utilizzo dei cookies per tali scopi di profilazione e semmai obbligare, chi ne volesse fare anche un tale uso, a realizzare siti in cui sia il navigatore stesso ad acconsentire esplicitamente (e.g. premendo un tasto o una opzione di menù specifica) e non, come è attualmente, ad accettarle di default e subire comunque una fastidiosa finestra di popup che compare non desiderata sovraimpressa alla pagina ricercata? Ma chi chi vorrebbe richiedere esplicitamente di essere profilato senza essere insistentemente sollecitato o portato a farlo? 🤔… le leggi del marketing sono state dunque ampiamente accontentate!!🙄
È un po’ come quando uno firma un contratto di assicurazione/bancario/di servizio in cui ci sono pagine e pagine di condizioni (generalmente scritte piccolissime) per cui ci vorrebbero diversi minuti per leggerle e comprenderle… per cui è la norma firmare senza nemmeno leggere nulla, sebbene così operando uno di fatto accetta tutte quelle condizioni rese illeggibili!! Insomma, un qualcosa fatto unicamente per confondere il cliente e fargli comunque accettare condizioni che, nel migliore dei casi, proteggono il venditore da eventuali situazioni non desiderate! Anche in questo caso, non sarebbe stato meglio imporre che le condizioni vengano elencate in ordine d’importanza (relativamente alla pericolosità per l’utente finale), in modo tale che almeno le condizioni principali possano effettivamente essere lette e comprese prima di apporre una firma di accetazione? … oltre al fatto che dovrebbero essere mostrate con caratteri adeguati per agevolare a tutti una loro lettura!
Insomma, sembra proprio che queste leggi sia state fatte preoccupandosi di non ostacolare le esigenze del marketing e che i principali effetti riscontrabili siano stati non solo una navigazione su Internet più complicata e rallentata(in nome di un’apparente protezione della nostra privacy), ma abbia portato anche la necessità di adeguare tutti i siti, per non rischiare di incorrere in sanzioni per violazione di tali leggi! … e poi, come sempre avviene, creata una legge, nascono consulenti specifici che “ti aiutano” a rispettarla. Per cui ora, se si ricerca “normativa sui cookies“/”come adeguare un sito al GDPR“, innumerevoli sono i professionisti pronti ad offrire il loro supporto! Insomma, un business non da poco, secondo me legato alla burocrazia e non tanto alla sostanza… 🙄 Non certo da giurista, ma unicamente da tecnico e da persona che pensa di avere un senso etico e civico del vivere, mi limito a dire che, qualora un sito raccogliesse dati sensibili, è ovvio che debba rendere conto di come li utilizzerà e garantire una loro protezione (sempre che questa poi sia tecnicamente attuabile: lo sanno tutti che persino dei ben protetti dossier di servizi segreti sono stati violati!). Ma per informazioni raccolte relative a semplice navigazione per scopo pubblicitari direi che, oramai, ci sia ben di peggio a infastidirci e a violare la nostra privacy! Da decenni colossi dell’informatica, Google in primis, hanno basato il loro business proprio nell’offrire, anche gratuitamente, servizi per raccogliere dati principalmente utili a conoscere gli interessi/abitudini degli utenti e offrire quindi proposte di acquisto mirate da parte di venditori. Oramai da decenni chiunque utilizzi piattaforme social (e.g. Facebook), programmi/app, email… insomma, un po’ tutto ciò che viaggia su Internet, o è uno sprovveduto o sa bene che quelle informazioni possono essere sfruttate (legalmente o illegalmente) da diversi attori, e non solo forse per fornire offerte commerciali mirate! Per limitare almeno un po’ questa deriva di Internet, il Garante della privacy non ha potuto sicuramente che intervenire: tuttavia, come purtroppo troppo spesso accade, le regole imposte per non essere “fuori legge” di fatto hanno principalmente complicato le cose senza apportare una reale utilità e concreta protezione della nostra libertà. Insomma, una goccia in un mare magnum, lasciata cadere più per apparenza che per sostanza. Formalmente ora si può affermare che la nostra privacy è protetta, quando invece di fatto tutti i giorni sperimentiamo evidenti violazioni in tal senso, anche pur rimanendo “a norma di legge“, ovunque e non solo navigando su Internet.
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Fin qui ho espresso solo alcune considerazioni personali. Veniamo ora all’oggetto specifico del post, vale a dire come si deve comportare chi ha un blog/sito su WordPress.com e ovviamente non desideri incorrrere in sanzioni dovute a quelle normative: si deve preoccupare di non essere più in regola? Diciamo subito che, per quanto ho inteso, se un sito NON raccoglie dati dei visitatori attraverso dei form (e.g. blog, sito vetrina di un’attività commerciale), la piattaforma WordPress.com stessa fornisce già di default (anche per utenti con piano gratuito o Personal) una gestione automatica dei cookies che è conforme alle richieste di legge.
D’altra parte, questo mi sembrava dovesse essere abbastanza ovvio, essendo molteplici i siti sviluppati su quella piattaforma per cui quella medesima doveva lei stessa provvedere in qualche modo ad aggiornarsi per rendere legale il tutto, almeno per la stragrandemaggioranza dei siti personali. Tuttavia ho voluto indagare in quanto, una delle persone che avevo aiutato a sviluppare un sito, mi ha fatto pervenire richieste puntuali – relative alla non conformità a tale legge di quel sito stesso – indicate da un consulente sulla privacy. In pratica, sebbene si trattasse di un sito vetrina che non raccoglie alcun dato dal visitatore, ho dovuto aggiungere un link a una questa pagina relativa al trattamento dei dati in cui ho inserito quanto mi era stato indicato da quel consulente… sebbene personalmente penso si tratti di una sbrodolata di informazioni inutili o ovvie! 🙄
Inoltre aveva sollevato anche il seguente problema relativamente al banner e ai cookies presenti nel sito WordPress:
L’attuale banner dei cookie consente all’utente di gestire le preferenze per la gestione dei cookie. Tuttavia, pur consentendo ciò, risulta perennemente attiva la spunta del legittimo interesse, costringendo l’utente a dover manualmente disattivarle per ogni tipologia dei cookie.
Questo aspetto, oltre a non rispondere alle linee guida del Garante Privacy in materia di cookie (https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9677876), risulta errato con riferimento a quanto prescritto dal GDPR.
Infatti, il titolare del trattamento è tenuto ad individuare la specifica base giuridica per il trattamento dei dati personali che rende lecita una determinata attività.
Pertanto, se un trattamento è lecito in virtù del consenso della persona interessata, non può essere al tempo stesso lecito anche in virtù del legittimo interesse del titolare.
In conclusione, occorre rimuovere dal banner dei cookie la spunta del legittimo interesse e fare in modo che se l’utente non presta il consenso all’utilizzo di uno o più cookie, questi non vengano attivati.
Si segnala, infine, di inserire un collegamento al banner nel footer del sito, in modo da consentire agli utenti di poter gestire le preferenze sull’utilizzo dei cookie in qualsiasi moemento.
Avevo già notato che, la prima volta che si visita un sito ospitato su WordPress.com, veniva mostrato un popup relativo a Privacy e Coookie:
Esempio di popup relativo a Privacy e Coookie che compare la prima volta che uno visita un sito ospitato su WordPress.com
Inoltre, non premendo il tasto Accetta bensì quello Ulteriori informazioni, vengono mostrate le seguenti pagine in automatico:
Tuttavia, effettuando delle ricerche, avevo anche visto che esistevano plug-in specifici per supportare una gestione personalizzata della sezione relativa alla privacy del sito… ma questi risultavano disponibili solo se uno aderiva ad un piano business, di costo non indifferente! Per avere un’assicurazione che la gestione realizzata in automatico da WordPress fosse comunque sufficiante, ho allora contattato (tramite la chat) il suo sistema di supporto: ho quindi ricevuto assicurazioni che comunque, anche per i siti con piano gratuito, la loro gestione è conforme al GDPR (“we have insured that GDPR cookies consents banner we provide is compliant with GDPR for now“): mi hanno anche fornito un link dove veniva specificato in dettaglio il tutto:
Dopo avere quindi contattato in tal modo il servizio clienti di WordPress per capire meglio il problema sollevato dal consulente, mi sono solo limitato ad aggiungere in fondo alla sezione relativa al trattamento dei dati, la seguente informativa su come WordPress.com gestisce la policy relativamente ai cookies:
INFORMAZIONI RELATIVE A WORDPRESS.COM
Il sito è ospitato da WordPress.com che ha le seguenti policy relativamente ai cookies: WordPress.comcookies policy, Cookie Policy – Automattic.
In particolare, quando si naviga per la prima volta (o dopo un certo intervallo di tempo) in uno specifico sito ospitato su WordPress.com, compare un banner sulla privacy nella parte inferiore dello schermo. Il banner si collega a una pagina con dettagli sulle informazioni che WordPress.com raccoglie e può memorizzare, inclusa una spiegazione relativa ad annunci pubblicitari personalizzati. Per i visitatori dell’Unione Europea, non verranno mostrati annunci personalizzati in base agli interessi (come determinato da un singolo cookie) se, agendo in quel banner, il navigatore non acconsente esplicitamente facendo click su “Chiudi e accetta”.
Eventuali richieste relative ai dati, inerente a questo trattamento, possono essere rivolte al Titolare (WordPress/Automattic).
https://wordpress.com/support/your-site-and-the-gdpr/
Insomma, se hai un blog pubblicato su WordPress.com direi che non hai da preoccuparti relativamante alla conformità rispetto alle leggi sulla privacy e, se proprio vuoi, puoi anche tu inserire esplicitamente un riferimento all’informativa su come WordPress.com gestisce la policy relativamente ai cookies, analogamente a quanto ho fatto io per questo mio blog nella pagina di About!
Ho già scritto in passato diversi post sull’argomento ma anche in questo ambito ci sono sempre evoluzioni e anche le interfacce possono variare nel tempo per cui, avendo rifatto la procedura d’indicizzazione per i due motori di ricerca più utilizzati (Google e Bing di Microsoft) ho pensato bene di catturare alcune videate e di riproporre brevemente le relative procedure. Vi invito comunque a visionare i miei post precedenti sull’argomento, forse non del tutto aggiornati ma che contengono comunque informazioni utili che non andrò qui a ripetere volendo rimanere molto sintetico:
Il motore di ricerca di Google fornisce agli amministratori di siti la piattaforma Google Search Console. Nel seguito gli screenshot su come procedere per registrare all’indicizzazione un sito aggiuntivo:
Se poi (per assurdo) uno non volesse che i motori di ricerca non indicizzassero un proprio sito (o almeno non siano agevolati a farlo), in WordPress esiste anche la possibilità d’indicarlo come opzione:
Opzione in WordPress che consente d’indicare di non voler che i motori di ricerca indicizzino quel proprio sito (o almeno non siano agevolati a farlo): opzione da mai impostare ovviamente!
Esiste poi la possibilità d’indicare la sitemap, vale a dire la mappa del sito generalmente contenuta in un file xml: nel caso dei siti realizzati su WordPress.com si trova appunto in https://nomesito/sitemap.xml.
Relativamente poi al motore di ricerca Bing della Microsoft, la piattaforma di riferimento è ora il Bing Webmaster Tools: ora infatti è stata dismessa la possibilità a chiunque in modo anonimo di proporre l’indicizzazione di URL tramite il Bing’s URL submission tool. Nel seguito gli screenshot della procedura: si noti che è ora possibile autenticarsi in quella console non solo con il proprio account Microsoft, ma anche con il proprio di Google o di Facebook.
Dopo avere scelto + Aggiungi sito dalla tendina in alto a sinistra, vengono presentate due alternative: aggiungere la URL di un sito manualmente ed effettuare la procedura di verifica o importare subito il tutto da Google Search Console se già si è già effettuata tale verifica in quel sistema. Nel secondo caso la procedura si semplifica e risulta più veloce il tutto per cui conviene effettuare quella scelta (avendo l’accortezza ovviamente di avere prima effettuato la registrazione del sito nel sistema di Google!).
Esiste inoltre la possibilità d’inviare URL specifiche, fino a un massimo consentito (e.g. 100) al giorno:
Esiste anche per Bing la possibilità d’indicare la sitemap:
Infine è possibile richiedere un’analisi del sito:
Un cliente Amazon per effettuare una nuova iscrizione o confermare una precedente, deve andare sul solito sito dedicato all’iniziativa Un click per la scuola, ovviamente autenticandosi con il proprio account Amazon: si noti che ora, invece di poter scegliere una scuola è ora possibile anche optare in alternativa per una donazione alla onlus Save the Children.
Anche quest’anno ho aderito nuovamente a quell’iniziativa, sollecitato da una loro e-mail e, come avevo già scoperto lo scorso anno (un po’ con stupore), mi è stato notificato che, confermando la scuola già precedentemente scelta, questa non era ancora aderente all’iniziativa.
Mail di sollecito ad aderire all’iniziativa per l’anno 2022/2023
Mail di conferma di adesione, con eventuale indicazione che la scuola non ha ancora aderito (nuovamente) all’iniziativa
Infatti, anche le scuole già iscritte lo scorso anno devono comunque registrarsi nuovamente ogni anno per poter beneficiare delle prossime donazioni … e penso che non tutte siano a conoscenza di questa regola o comunque non se la ricordino per cui è bene avvertirle se il caso!
Se la scuola non ha ancora rinnovato l’iscrizione all’iniziativa, continuando a richiedere di supportarla fornirà l’indicazione seguente: è quindi opportuno avvertire quella scuola!
Indicazione fornita se la scuola scelta non ha ancora rinnovato l’iscrizione all’iniziativa
Sebbene forse la richiesta di una nuova adesione, almeno quella da parte delle scuole, si poteva davvero evitare, forse ci sono particolari motivi che mi sfuggono e che hanno portato Amazon a optare per questa scelta: la procedura richiesta sembra tuttavia essere assai agevole sia per il cliente sia per la scuola, per cui penso sia un’opportunità da non lasciarsi scappare dal momento che non ci costa nulla! Infatti, la procedura guidata per l’adesione (o conferma di adesione per il nuovo anno se già iscritti gli anni scorsi) sia per una scuola sia per un cliente Amazon richiede davvero meno di un minuto, per cui non costa davvero nulla farlo e il vantaggio per la scuola non è irrilevante se almeno le famiglie dei suoi studenti (o ex studenti) aderiscono!
Google mette a disposizione diversi servizi gratuiti di visualizzazione del territorio geografico (Google Maps, Street View e Google Earth) e in questo campo la fa un po’ da padrone sebbene non sia il solo attore nel settore! Sicuramente il suo servizio Google Maps è il più conosciuto e utilizzato, anche perché fornisce una funzionalità di navigazione sempre a portata di mano, tra l’altro configurabile non solo per un uso in auto, con mezzi pubblici (fornendo l’utilissima indicazione dei gli orari generalmente forniti in tempo reale agganciandosi a sistemi informatici dei gestori locali dei trasporti) ma anche a piedi e – da qualche anno – pure in bicicletta. Inoltre Street View deve la sua popolarità anche al fatto che le sue funzionalità sono state sapientemente integrate in Google Maps, sebbene esista anche un’app Street View apposita. Si noti che Street View consente anche di vedere come un luogo si sia modificato nel tempo qualora, come spesso avviene soprattutto nei grandi centri abitati, i passaggi di registrazione da parte dei veicoli Google sono stati molteplici negli anni (vedi Come vedere le modifiche avvenute in un territorio negli anni e nelle diverse stagioni, grazie a Street View). Nella versione web di Google Maps basta spostare nel posto d’interesse l’omino giallo (in basso a destra) sulla mappa per vedere a 360 gradi quel luogo, con possibilità poi eventualmente di spostarsi usando le apposite frecce:
Versione web di Google Maps: basta spostare nel posto d’interesse l’omino giallo sulla mappa per vedere a 360 gradi quel luogo
Nella versione app di Google Maps invece basta tener premuto con il dito (per qualche secondo) sulla mappa nel punto d’interesse (creando in tal modo una puntina), quindi premere sulla immagine (quadratino in basso a sinistra) che lancia una visione del luogo sempre a 360 gradi, visione anche allargabile a tutto lo schermo (selezionare l’apposito cerchietto con le doppie frecce in basso a destra nell’immagine):
Meno conosciuto, ma non per questo meno utile, è forse Google Earth che ha la potenzialità di fornire una visione in 3D oltre che in 2D, sebbene fornisca una visione principalmente geografica e sia privo di tutte quelle funzionalità di navigazione presenti in Google Maps. La visione in 3D è notevole soprattutto in quei territori cittadini dove evidentemente le riprese e le elaborazioni sono state effettuate con maggiori risorse e definizione. Nel seguito la visione 3D di piazza Castello a Torino: soprattutto se uno ha un touch screen, la rotazione orizzontale/verticale delle immagini (utilizzando due dita) risulta assai agevole e consente una visione completa del posto, permettendo ad esempio di girare intorno a un edificio:
Comunque anche lui, oltre la visione in 3D, fornisce utili informazioni immediate, quali l’altezza (dal livello del mare) del punto selezionato, informazione talvolta utile che non mi sembra sia ricavabile utilizzando gli altri ambienti Google: sebbene non venga fornito direttamente un modo per conoscere la differenza di altezza tra due punti (e.g. dislivello tra un paese e la cima di un monte), questa informazione può ovviamente essere agevolmente ricavata vedendo l’altezza dal mare di ciascuno dei due punti e quindi effettuando una differenza! In Maps, invece, vengono fornite solo le coordinate GPS e non mi risulta (stranamente) ci sia la possibilità di richiedere l’altitudine di un punto desiderato. Tuttavia, non so bene l’affidabilità di tale informazione dal momento che anche solo usando la versione app e quella web di Earth, per un medesimo punto (e.g. Piazza Castello a Torino) vengono fornite indicazioni di altezza non uguali, seppur simili (i.e. 236m E 259m rispettivamente)! Da questo articolo di mole24.it sembrerebbe che l’altezza precisa di Piazza Castello sia 239m… insomma, una via di mezzo delle indicazioni fornitemi da Google Earth nelle sue due versioni!
Quest’ultima versione è, come indicato, professionale per certi versi in quanto possiede molteplici voci di menù che consentono, ad esempio, anche di creare tracciati in formati standard importandoli eventualmente da file contenenti informazioni GPS, oppure abilitazioni (Visualizza -> Immagini storiche) per poter visualizzare la situazione storica… insomma potendo vedere lo stato del pianeta, così come si vede via satellite, andando anche dietro nel tempo fino anche al 12/1930. Stranamente la elaborazione più recente invece risale al 12/2020 pur essendo l’attuale versione 7.3.4.8642 del programma del 4/2022: evidentemente i dati utilizzati sono al massimo di due anni fa e le registrazioni effettuate via satellite successivamente non sono ancora rese pubblicamente disponibili online! 🤔
Pur essendo possibile visualizzare la situazione storica fino al 12/1930, ila visione più recente risale a 12/2020, circa 2 anni fa
Nel seguito mostro l’evoluzione di una cava dal 1985 fino al 2020 (ultima data di pubblicazione delle immagini registrate via satellite, per cui è necessario aspettare ancora un po’ per vedere pubblicata la situazione attuale, ovviamemente ancora peggiore!). Si noti come la definizione delle immagini via satellite sia progressivamente aumentata, soprattutto a partire dal nuovo secolo: soprattutto quella del 1985 è decisamente a bassa risoluzione, ma consente comunque di rilevare le dimensioni di allora della cava, tenendo presente che ora il margine ha quasi raggiunto il punto dove viene indicata la Cappella di San Bernardo (evidenziata in rosso). [In realtà, dove viene indicata quella Cappella è la posizione attuale e non quella che aveva nel 1985: infatti era stata spostata nel 2004 dalla sua bella posizione panoramica – ben differente dall’angusta posizione attuale – per lasciar spazio appunto all’espandersi della cava: vedi Monte Calvario a Villanova Mondovì (chiesa di Santa Caterina, santuario di Santa Lucia e cappella di San Bernardo): rifugio faunistico o sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali?].
Sovrapponendo le immagini da satellite del 31/12/1985 e del 28/10/2020 ho evidenziato la parte di montagna erosa da quella cava in 45 anni (per un’altezza di più di 100m!!):
Sovrapposizione delle immagini da satellite del 31/12/1985 e del 28/10/2020, evidenziando la parte di montagna erosa dalla cava in 45 anni (per un’alterzza di più di 100 metri!!)
Nel seguito le immagini da satellite disponibili su Google Earth Pro per quel territorio: 28/10/2020; 3/8/2017; 24/9/2015; 13/9/2012; 31/12/1985
Ripresa da satellite del 28/10/2020
Ripresa da satellite del 3/8/2017
Ripresa da satellite del 24/9/2015
Ripresa da satellite del 13/9/2012
Ripresa da satellite del 31/12/1985
Le immagini da satellite consentono anche di evidenziare bene come questa cava di Villanova Mondovì, sia in linea d’aria non molto più distanterispetto a quella di Roccaforte adiacente: nel tempo la sua distanza in linea d’aria si è poi dimezzata nel corso di pochi decenni. Comunque agisce sulla medesima montagna per cui l’effetto delle mine che vengono fatte brillare settimanalmente si ripercuotono nel tempo sicuramente sulle case di Villavecchia (diverse crepe si allargano sui muri di quelle case) e probabilmente anche più distante: varrebbe sicuramente la pena mettere qualche sensore (quelli che si mettono per i terremoti) nel Santuario per registrare e tracciare il loro impatto anche sul tratto di montagna in cui sorge. Nelle grotte di Bossea ci sono questi semplici sensori collocati in modo permanente e non penso ci voglia molto – anche in termini economici – per piazzarne qualcuno nel Santuario, magari anche solo per un certo periodo opportuno!
Una funzionalità di riprese storiche, questa volta però a livello strada, è poi presente anche su StreetView come già avevo mostrato nel mio post Come vedere le modifiche avvenute in un territorio negli anni e nelle diverse stagioni, grazie a Street View: ad esempio, in quel caso avevo potuto documentare come era stato distrutto un bosco urbano con un abbattimento indiscriminato di alberi decennali… e come poi, nel giro di un anno e mezzo, la Natura pian piano sia riuscita a rimediare parzialmente al danno ed affornto subito!
La versione 3D del territorio, quando abilitata in questa versione di applicazione Earth Pro, tuttavia fornisce un rendering non certo paragonabile a quella della versione web a cui comunque si può passare andando su File -> Visualizza in Google Earth per il Web.
Rendering con edifici in 3D effettuata con l’applicazione Google Earth Pro
In questa versione Pro manca anche una diretta integrazione con Street View, presente invece nella versione Web: quest’ultima presenta, infatti, in basso a destra il classico omino giallo da spostare nel punto in cui si vuole avere una visione dalla strada.
Visione Street View integrata in Google Earth Web
Le mappe di Google forniscono inoltre molteplici altre funzionalità che si scoprono man mano utilizzandolo, talune non sempre conosciute da tutti e non sempre utilizzano una procedura d’immediata comprensione… seppur poi la funzione sia agevole da utilizzare una volta che si è compreso come fare! È questo il caso del servizio che consente di tracciare e conoscere la distanza in linea d’aria tra due punti (o più) sulla mappa (vedere il post apposito Come fare a calcolare la distanza in linea d’aria tra due punti su Google Maps e su Google Earth).
Sebbene i programmi di Google siano penso i più utilizzati, non sono certo gli unici del settore, come già specificato all’inizio. Anzi, per certi aspetti altre soluzioni presentano caratteristiche particolari che in talune situazioni possono renderli preferibili.
Ad esempio, se hai un PC Windows avrai notato la presenza si un’app Mappe di Microsoft che per molti veri è analoga a Google Maps: consente di trovare il percorso più adatto tramite la navigazione vocale e ottenere indicazioni per tragitti a piedi, in auto o con mezzi pubblici; cerca i luoghi d’interesse per ottenere indicazioni stradali, informazioni aziendali e recensioni; scaricare le mappe da usare anche offline; fare un giro del mondo virtuale grazie a viste aeree mozzafiato e viste al livello della strada a 360 gradi. La visione 3D dall’alto indicata come bird eyes view la trovo spettacolare e direi migliore di quella 3D di Google: unico difetto, non certo irrilevante, è che (soprattutto al di fuori dagli Stati Uniti) copre solo pochi luoghi ad alta densità di popolazione e/o particolarmente d’interesse. Già nel 2015 avevo mostrato in un mio post (Maps app: the embedded turn-by-turn navigator feature in Windows 10 Mobile / Windows 10. A comparison with HERE Drive+) le seguenti figure che evidenziavano come già allora fossero le potenzialità della metodologia di Microsoft anche relativamente alle mappe:
Maps: examples of 3D maps (2015)
Maps: example of street view (2015)
Purtroppo sembra che Microsoft successivamente non abbia investito più di tanto in quel settore e ad oggi la situazione non è cambiata molto, se si esclude la visione in 3D per un numero maggiore di luoghi (ad esempio, ora c’è anche Torino mentre allora no). Penso avessero investito molto ai tempi degli smartphone Windows Mobile con la loro collaborazione con Nokia/Here: poi le leggi del mercato hanno determinato una cambio di rotta nei loro obiettivi principali… 🤔
Per l’Italia le immagini in 3D continuano ad essere solo disponibili per poche città principali: per vedere quali sono basta andare nei tre puntini in alto a destra e scegliere Città in 3D. Filtrando sull’Italia, vengono elencate solo 10 città sebbene, in realtà, ora il mapping in 3D è sicuramente maggiore: ad esempio, Torino non è presente in quell’elenco sebbene sia ora mappata in 3D come mostrato nel seguito!
Anche Maps di Microsoft ha la sua versione web e app nello store di Microsoft e quindi installabile su PC Windows: putroppo non ne esiste una sua versione Android per cui sugli smartphone attualmente è solo utilizzabile nella sua versione web. e si può richiedere una visione aerea o stradale, attivare streetside, visualizzazione del traffico (anche con visione di eventuali telecamere e segnalazione di incidenti stradali):
Opzioni di visualizzazione della mappa in Maps di Microsoft
Anche in questo caso, come già evidenziato parlando delle mappe di Google, è assai conveniente interagire con un touch screen (rispetto a un uso di un semplice mouse) in quanto in questo modo si possono variare le visioni del territorio molto più agevolmente (e.g. alzando e/o ruotando a piacere la prospettiva).
Ecco come appare ora la visualizzazione StreetView di Piazza Castello a Torino: se si rende la visualizzazione più grandangolare rispetto a quella di default, si scopre che quelle riprese sono state effettuate da TomTom con la quale evidentemente Microsoft ha una collaborazione almeno qui in Europa. Nel seguito mostro la visione fornita sia con lapp sia con la versione web:
Sebbene anche Apple abbia le sue mappe, non conosco bene i suoi ambienti per cui mi limito a riportare quanto trovato su Wikipedia: Apple Maps è un servizio di web mapping sviluppato da Apple Inc. Il sistema di mappe predefinito di iOS, iPadOS, macOS e watchOS, fornisce indicazioni e orari di arrivo stimati per guidare, camminare, andare in bicicletta e navigare con i mezzi pubblici. Una modalità “Flyover” mostra alcuni centri urbani densamente popolati e altri luoghi d’interesse in un paesaggio 3D composto da modelli di edifici e strutture. Rilasciato per la prima volta nel 2012, Apple Maps ha sostituito Google Maps come sistema di mappe predefinito sui dispositivi Apple. Al momento del lancio, ha attirato critiche da parte di utenti e revisori per indicazioni errate, dati sparsi sui trasporti pubblici e vari altri bug ed errori. Da allora Apple ha ulteriormente sviluppato il software rispondendo alle critiche. Esclusivo per i dispositivi Apple, è possibile accedervi su dispositivi non Apple nei risultati di ricerca relativi alle mappe su DuckDuckGo.
Esiste poi la soluzione opensource OpenStreetMaps le cui funzionalità risultano tuttavia più limitate: vengono comunque abbastanza utilizzate dai programmatori che non vogliono pagare i diritti per poter usare altre soluzioni a pagamento.
Infine esistono anche soluzioni che consentono di agganciarsi a diverse soluzioni di mappe come quella proposta da satellites.pro, sebbene non consenta di fatto una flessibilità nel gestire la visulizzazione (e.g. il 3D) che si ha invece operando direttamente sui rispettivi sistemi!
Sito World Cleanup Day che mostra gli eventi svoltisi il 17/9/2022 in tutto il pianeta
Anche a Torino, la mia città, si è svolto questo evento grazie a sponsor, organizzazioni e società che l’hanno sostenuta senza particolari ritorni economici, se non d’immagine! Alcune catene commerciali (e.g. Leroy Merlin, Decathlon) hanno sicuramente contribuito sia a pubblicizzare sia a fornire supporto economico per l’organizzazione, ma il tutto si è potuto svolgere grazie soprattutto ad alcuni circoli e associazioni affacciati sul Po (e.g. Progetto Vie d’Acqua; circoli di canottaggio quali Società Canottieri Armidae Canoa Club Torino). Nel seguito la locandina dove sono indicati tutti gli sponsor e organizzatori: strana l’assenza delle tipiche associazioni naturalistiche (e.g. WWF, Pro natura, Lipu): forse più interessate a organizzare in proprio eventi, piuttosto che aderire anche a queste iniziative? 🤔
Andando nel sito internazionale dell’evento mi ha fatto tuttavia specie constatare che Torino non era indicata come una delle ben 56 iniziative segnalate in Italia nel 2022… pur essendo quell’iniziativa di Trash Challenge sulle sponde del fiume Po sicuramente collegata al World Cleanup Day, come anche il logo sul sacchetto fornito in dotazione (contenente guanti e altro) indica chiaramente. 🤔
Non che questo importi più di tanto, la sostanza è ben altra cosa, ma è comunque indice che forse l’organizzazione può sicuramente essere migliorata anche in termini di visibilità e non solo di gestione dei volontari e distribuzione del materiale di supporto. Una maggiore pubblicità dell’iniziativa aiuterebbe sicuramente non solo ad aumentare il numero di volontari, ma soprattutto a diffondere maggiormente nella popolazione quella sensibilità verso il rispetto della natura e il ripudio di atti indegni quali l’abbandono di materiale nell’ambiente, soprattutto quello non biodegradabile! Da alcuni articoli apparsi sui giornali cittadini, pensavo infatti che il numero dei volontari che aderivano all’evento fosse assai maggiore: il numero ipotetico di 300 volontari, apparso su alcuni rotocalchi, non è stato sicuramente raggiunto e anzi, almeno alle 9:00 ora del ritrovo, il numero di persone presenti erano poche decine…
Inoltre, ho visto davvero troppo pochi giovani, purtroppo: ho notato piuttosto famiglie con figli adolescenti e persone disabili in carrozzina! Ecco alcune fotografie che ho trovato pubblicate su Facebook (**):
Comunque si respirava aria fresca di gioventù e di sentita partecipazione anche tra i meno giovani come me e la giornata si è svolta superando le mie aspettative! All’atto dell’iscrizione avevo richiesto, se fosse stato possibile, di unirmi al gruppo che avrebbe raccolto i rifiuti sulle rive del Po dal fiume stesso, utilizzando delle canoe. Infatti, pensavo, che quel tipo di raccolta, oltre a unire l’utile al dilettevole, fosse ancora più proficua rispetto a quella che si sarebbe svolta da terra… e non mi sbagliavo: siamo riusciti a raccogliere in percentuale molti più sacchi d’immondizia rispetto al più ben nutrito numero di “colleghi” che hanno operato dalla terra! Infatti, in una decina di persone, quali eravamo, siamo riusciti a raccogliere mediamente due sacchi d’immondizia a testa in poco più di tre ore e mezza, percorrendo con canoa/kayak il Po (su entrambe le rive) dall’imbarcadero – nei pressi del castello del Valentino – fino a Moncalieri. Insomma, un bel bottino e una bella soddisfazione per aver contribuito concretamente a eliminare dal fiume rifiuti che diversamente sarebbero rimasti lì chissà per quanto tempo, magari smossi solo da un’eventuale futura piena… per poi, nella migliore delle ipotesi, finire in mare! Ricordo bene le spiagge piene di oggetti di plastica che avevo visto nel delta padano, percorrendo anni fa in bicicletta quel particolare territorio tutto da scoprire!
Poche persone, quali eravamo, sono riuscite mediamente a raccogliere quasi due sacchi d’immondizia a testa in poco più di tre ore e mezza, percorrendo con canoa/kayak ambo i lati del fiume, dal castello del Valentino fino a Moncalieri
Parte dell’immondizia arrivata poi nella piazzetta di raccolta generale
È proprio quella sul bordo del fiume la parte di rifiuti che difficilmente viene abitualmente raccolta, in quanto certo gli spazzini non la riescono raggiungere. La maggior parte di questi rifiuti raccolti era costituita da bottiglie vuote di plastica, ma si è trovato anche molto polistirolo da imballaggio e… un po’ di tutto, persino pezzi di bambole e palloncini sgonfi! Spesso si tratta d’immondizia difficile da scovare in quanto nascosta tra le fronde di alberi, ristagnante in conche, talvolta addirittura semi sommersa soprattutto quando si tratta di contenitori di vetro, tipicamente bottiglie di birra o… contenitori per flebo! 🤔🙄
Al prossimo anno, dunque!
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P.S. 21/9/2022
Proprio oggi ho ricevuto questo messaggio che inserisco in questo post in quanto decisamente appropriato:
Allarme di Greenpeace: mentre il mare soffoca per la plastica, il mercato italiano continua ad essere inondato di bottiglie. Un giro d’affari milionario alimentato anche dal falso mito del riciclo. Non è un problema solo per il mare, ma anche per il clima e la nostra salute: la plastica infatti è prodotta a partire da petrolio e gas fossile, e contribuisce al cambiamento climatico durante tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione all’incenerimento. Le alternative alle bottiglie di plastica esistono, ma le aziende non vogliono usarle. Convinciamole a cambiare! Firma la petizione di Greenpeace.
Fare annualmente il 730 non è certo un qualcosa di piacevole e rilassante. Per fortuna da un po’ di anni esiste la possibilità di almeno partire dalla versione precompilata messa a disposizione direttamente dall’Agenzia delle Entrate sulla base dei dati già in suo possesso. Infatti, soprattutto ora che esiste l’obbligo di eseguire molti dei pagamenti in modo tracciabile ed essendo poi le spese sanitarie deducibili automaticamente registrate grazie al codice della propria tessera sanitaria, molti dei dati da inserire nel 730 risultano già presenti e il lavoro da fare viene ridotto di molto nella maggior parte dei casi. Conviene comunque verificare quei dati già presenti, in quanto potrebbero essere incompleti (e.g. mentre la donazione fatta a una ONLUS mi era stata conteggiata, quella di un’altra non lo era, sebbene per entrambe il pagamento fosse stato eseguito tramite conto bancario).
L’altro ieri mi trovavo nelle condizioni psicofisiche sufficienti per affrontare l’arduo compito, per cui ho acceduto con lo SPID al sito dell’Agenzia delle Entrate, relativamente alla sezione Dichiarazione precompilata. Ci tengo a sottolineare che risulta assai più semplice accedere alla sezione del 730 precompilato utilizzando il link indicato precedentemente (i.e. https://dichiarazioneprecompilata.agenziaentrate.gov.it/PrecomWeb) rispetto a quanto si può sperimentare partendo dal sito generale dell’Agenzia delle Entrate (i.e. https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/area-riservata). Infatti, in quest’ultimo caso si deve ovviamente ricercare la sezione relativa al 730 precompilato e questo può non essere del tutto banale. Ad esempio, non aiuta andare nella sezione relativa a tutti i Servizi e ricercare in quel sito (con la sua lente di ricerca) il termine 730 precompilato, in quanto come unico risultato viene fornito un link a Richiesta 730 precompilato che porta a una sezione con funzioni riservate agli intermediari e ai CAF per il download del 730 precompilato:
Sì lo so ora che basta premere (nella homepageil pulsante in basso a destra, Dichiarazione precompilata, ma io stesso non l’ho individuato subito non facendo il testo di quel pulsante alcun riferimento esplicito al termine 730: quindi, ho pensato di trovare la sezione opportuna ricercando appunto 730 precompilato tra tutti i servizi… con esito negativo come visto!! Mi viene da pensare: chissà quante persone avranno seguito la mia stessa logica?
Accesso alla compilazione del 730 dalla homepage (in fondo al post mostro come accedere anche dalla sezione Servizi):
La sezione Dichiarazione precompilata è quella relativa alla compilazione del 730 online
Comunque, anche se non immediatamente, sono riuscito a ritornare in quella stessa sezione relativa al 730 precompilato che avevo raggiunto mesi fa per stamparmelo così com’era, per poi vedere successivamente cosa modificare. Tuttavia, ora il tasto Modifica 730 risultava disabilitato e anche la pressione del tasto Modello PDF per visualizzare il proprio 730 precompilato non portava a nessun risultato! Addirittura la pressione del tasto Calcola nella sezione Esito del calcolo del 730 precompilato forniva la strana segnalazione seguente: “Il calcolo della liquidazione è ancora in corso. Si prega di riprovare“
Il tasto Modifica 730 risultava disabilitato e sia la visualizzazione del 730 precompilato sia il calcolo risultavano non disponibili
Preoccupato e temendo che per qualche motivo la dichiarazione fosse ora considerata come già accettata e inoltrata, ho cercato dei contattare telefonicamente il numero di assistenza: ne ho trovati diversi sul sito, ma cercando di chiamare qualsiasi di loro un risponditore automatico forniva gentilmente l’indicazione di richiamare! 😦
Inutile è stato cercare di chiamare i numeri di assistenza: tutti intasati
Ho lasciato passare due giorni e poi questa mattina ho riprovato, incrociando le dita: oggi magicamente tutto nuovamente funzionava come previsto e il tasto di Modifica risultava quindi attivo… 🤔🙄
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Accesso alla compilazione del 730 dalla sezione Servizi:
Proprio in questi ultimi giorni ho rivisto il Blu-ray triplo di Avatare anche i due dischi allegati al cofanetto con i contenuti speciali e scene eliminate (quasi una mezz’ora complessivamente di scene già completamente finite e doppiate… ancor di più se si tengono presenti anche le altre ancora non elaborate!) probabilmente per rendere più usufruibile nelle sale un film che già nella sua versione commerciale durava più di 2 ore e mezza (i.e. 162 minuti). Alcune delle scene mostrate in quei dischi bonus, sono completamente elaborate con anche il doppiaggio, mentre altre mancano di doppiaggio, altre ancora sono prive di elaborazioni grafiche mostrando solo prime elaborazioni delle scene riprese realmente con gli attori.
Ben 13 anni sono trascorsi da quel film anche se mi sembra ieri quando l’ho visto in 3D sul grande schermo: un’emozione davvero unica!
Avevo letto anni fa un articolo in cui si affermava che la sceneggiatura di Cameron per tutta la saga era già pronta da tempo e addirittura molte delle riprese erano già state girare insieme a quelle utilizzate per realizzare il primo film: ovviamente si trattava solo di riprese con le persone, cioè ancora poi da elaborare digitalmente per inserire sfondi e trasformare attori in personaggi fantastici! Anche su Wikipedia si legge che già nel novembre 2018, Sigourney Weaver ha dichiarato che aveva già completato le riprese dei primi due sequel, e che era “impegnata a lavorare ad Avatar 4 e Avatar 5“, per cui diversi media hanno interpretato le sue affermazioni come una conferma che anche le riprese degli ultimi due sequel fossero già iniziate. Insomma, un sacco di lavoro se si pensa che ben 13 anni ci sono voluti a un regista come Cameron per riuscire a portare sugli schermi il secondo episodio di questa fantastica saga da lui non solo diretta ma anche immaginata già decenni prima di riuscire a iniziare a produrla: fino ad allora erano mancate le tecnologie cinematografiche e di rielaborazione SW indispensabili per realizzare un film del genere!
Trailer di Avatar: la via dell’acqua
Ora, tra poche settimane uscirà sul grande schermo il secondo episodio. Su Wikipedia si legge: Avatar – La via dell’acqua, noto anche come Avatar 2, è un film del 2022 diretto da James Cameron. Prodotto dalla 20th Century Studios, è il sequel del film Avatar del 2009. La pellicola è stata scritta da Cameron e Josh Friedman.
Si legge da un’intervista a Cameron: Il film è stato apprezzato dal pubblico quando è stato distribuito perché i protagonisti sono personaggi ultraterreni … Ci ha tolto dai nostri problemi quotidiani, dai discorsi politici e dal caos e dal disordine della vita reale: ci ha portato in un luogo dove, sì, c’e’ un conflitto e un sacco di cose importanti che accadono, ma è tutto attraverso un’interpretazione della fantasia o della fantascienza. … È questo il motivo per cui, a prescindere dalla cultura del Paese in cui il film è uscito – che si tratti di Cina, Giappone, Europa, Nord America – la gente vedeva l’universalità delle proprie vite e dei personaggi attraverso la lente della fantascienza. Poi credo che sia stato l’aspetto fisico, la finitura del film – ottenuta mescolato così tante tecniche da richiedendoci anni per svilupparle – ad aver fatto sì che, fin dai primi minuti, le persone hanno rinunciato a cercare di capire come fosse stato realizzato. Così si sono abbandonati a un senso d’immersione in un mondo e in una fantasia perché si è disposti a seguire un fantasy se ci si può immedesimare nei personaggi principali.E credo che il personaggio Jake ci abbia accompagnato in quel viaggio: è lui che ci porta in quel viaggio e ha fatto sembrare tutto razionale in un modo molto diverso, da una prospettiva molto diversa. Anche il personaggio della dottoressa Grace ha fatto da cornice, contribuendo a far sembrare tutto in qualche modo razionale. Credo che la gente abbia trovato in loro degli universali dell’esperienza umana a cui potersi riferire. Infine, c’è anche un’altra cosa: credo che da bambini amiamo innatamente la natura, amiamo gli animali, amiamo stare nella natura: man mano che le nostre vite progrediscono, invece ci allontaniamo sempre più dalla natura. Credo che la società in generale, in qualsiasi parte del mondo,soffra di un qualche tipo di disordine da deficit di natura, in una certa misura. Credo che questo film ci riporti a quella meraviglia infantile nei confronti della natura. Sulla grandezza, la complessità e la bellezza della natura.
Poi la programmazione di uscita dei successivi episodi non dovrebbe far più farci attendere così tanto: uno ogni due anni!
Sono già stati dati annunci dallo stesso regista James Cameron che è già iniziata la lavorazione di Avatar 4: attualmente è impegnato nelle riprese diAvatar 3. Il regista ha infine assicurato che i lavori su Avatar 3 continuano senza intoppi. In concomitanza con Avatar 2, Cameron ha lavorato anche al terzo film del franchise (che uscirà a dicembre 2023): sono già stati confermati poi pure il 4 e il 5.
Bella iniziativa di Decathlon: sebbene ovviamente abbia una valenza anche pubblicitaria e promozionale, ben venga!!
Iscritto!!
Il punto di ritrovo, dopo avere compilato il modulo online di iscrizione (e aver stampato e firmato la liberatoria che verrà inviata via e-mail), è la terrazza dell’Imbarchino, presso il Parco del Valentino – Viale Cagli, 37 alle ORE 9:00. Ritorno al punto di partenza ORE 13:00
Per chi decide di effettuare operazioni di pulizia delle acque del Po con imbarcazioni, deve prenotare un posto su un SUP o un kayak compilando questo MODULO per navigare in totale sicurezza e insieme togliere rifiuti dal fiume! In questo caso i punti di ritrovo sono: Canoa Club Torino – Viale Umberto Cagni, 23 – 10126 Torino Circolo Armida – Viale Virgilio, 45
Clicca qui per iscriverti anche tu (ci si può iscrivere anche all’ultimo minuto!)
Ho aiutato un’amica a trovare un documento facsimile per effettuare la domanda di messa a disposizione finalizzata alla stipula di contratti a tempo determinato, da indirizzare poi via e-mail indirizzandole al Direttore scolastico di diverse istituzioni scolastiche.
Purtroppo, non esiste un formato univoco standardizzato, reso magari disponibile online dal Ministero dell’Istruzione come avrei pensato: diversi istituti rendono invece disponibili facsimili da cui prendere spunto per presentar loro tale domanda. Guadandone alcuni si nota come i dati da fornire siano sostanzialmente sempre gli stessi. Andando poi a cercare quanto il blogger Aranzulla sull’argomento, fa specie trovare ben tre suoi post sull’argomento (Come funziona la MAD; Come inviare MAD gratis; Come compilare la MAD), indice di come si tratti di un argomento assai d’interesse e di cui non ci sia probabilmente una sufficiente strategia istituzionalizzata per rendere agevole tale richiesta da parte degli interessati. Infatti, diversi sono i “servizi” che, a pagamento (e lo scopri solo dopo avere compilato buona parte dei dati richiesti!) e in teoria, si adoperano per effettuare un invio in broadcast della medesima tipologia di domanda verso un certo numero d’istituti.
Insomma, basterebbe mettere a disposizione a livello regionale (o addirittura nazionale) un modulo online da compilare in cui, dopo avere inserito i propri dati anagrafici e le proprie qualifiche, poter indicare gli istituti d’interesse da poter selezionare da un’opportuna lista suddivisa geograficamente. Questo renderebbe non solo agevole la presentazione della domanda da parte degli interessati, ma soprattutto agevolerebbe di molto anche la capacità di scelta del miglior candidato da parte degli istituti, potendo effettuare filtraggi adeguati e magari rendendo più trasparente (e quindi più giusta) la scelta di un candidato tra i molti, seguendo regole prestabilite.
Un’altra cosa che mi ha stupito è come talvolta i moduli resi disponibili online da diversi siti (almeno da quelli da cui ho scaricato il facsimile) siano pensati per essere stampati e compilati a mano, non presentando campi attivi tali da consentire di poter effettuare delle scelte in modo elettronico e poter quindi inviare digitalmente tale modulo via e-mail (magari dopo averlo salvato in pdf in modo da renderlo non più modificabile).
Ho quindi provveduto a modificare (in uno dei documenti che mi sembrava il più completo) quei quadratini semplicemente grafici (che consentivano di poter effettuare scelte multiple solo con una biro sul modulo stampato), in caselle di controllo (checkbox) selezionabili digitalmente, in modo appunto da renderlo compilabile tutto digitalmente e poterlo inviare agevolmente senza necessità di scansionare poi il tutto compilato manualmente.
Per chi fosse interessato, ho reso scaricabile file Word del facsimile così modificato cliccando questo link anche se prima conviene verificare se gli istituti a cui uno vuole presentare domanda magari prevedano solo un inoltro della richiesta tramite il loro specifico modulo online!
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Nel seguito mostro come ho fatto a inserire tali checkbox utilizzando l’ultima versione di Microsoft Word. Si noti che il file generato risulta comunque utilizzabile anche da OpenOffice nella sua ultima versione, per cui i campi checkbox attivi risultano funzionanti anche utilizzando quel SW gratuito.
Diversi Istituti si sono rivolti a un prodotto SW privato per rendere disponibile un modulo online per inoltrare tale domanda specificatamente per il loro utilizzo. D’altra parte sono prodotti che includono diversi servizi per un Istituto, quale ad esempio il registro elettronico: principalmente questi SW permettono ai genitori di essere sempre a conoscenza di una serie d’informazioni che riguardano appunto la scuola e i propri figli. Allo stesso tempo questi tipo di programmi cloud permettono al personale ATA e ai docenti di poter comunicare con gli altri dipendenti scolastici che operano presso quell’istituto. Questi SW consentono anche di attivare la sezione MAD che permette appunto, a chi lo desidera, d’inoltrare direttamente online la sua Domanda di Messa a Disposizione! Il problema è che di questi SW per gestire il registro elettronico, MAD e quant’altro ce ne sono diversi e molteplici di queste piattaforme sono state approvate dal Ministero della Pubblica Amministrazione!!! Ovviamente ciascuno fornisce funzionalità analoghe, ma le realizza in modo differente per cui, ad esempio, anche i moduli per inoltrare il MAD risultano anche molto differenti tra loro sia come interfaccia utente sia come informazioni da inserire. Per di più spesso non sono stati aggiornati nel tempo per cui, addirittura, talvolta come scelta non compare l’anno corretto per il quale si intende fare la domanda, bensì solo gli anni precedenti!! Altre volte pio vien indicato il link di una piattaforma da utilizzare per inoltrare la domanda (e.g. http://mad.portaleargo.it) e poi su questa non si trova in elenco quella scuola da poter selezionare!! 🙄🤔
Molto meglio sarebbe stato se il Ministero della Pubblica Amministrazione avesse lui stesso fatto sviluppare un solo SW con quelle funzionalità e ne avesse mantenuto la gestione. Invece, in nome di un libero mercato e della concorrenza, ora le scuole possono scegliere tra una pletora di sistemi SW sviluppati da ditte private e tocca loro pagare un abbonamento di utilizzo penso annuale! Si tenga poi conto che è vero che un istituto potrebbe decidere nel tempo di cambiare prodotto se nel frattempo ce ne fosero di più validi, ma questo è di fatto assai improbabile in quanto gli utilizzatori rimangono sufficientemente legati negli anni al prodotto inizialmente scelto, anche solo perchè, magari a fatica, dopo tempo tutti gli insegnanti/genitori sono riusciti a comprendere come utilizzarlo: perciò, certo non si mettono a sceglierne un altro anche se fosse migliore!! Che un’interfaccia utente, da utilizzare anche da un generico genitore, non sia per tutti banale lo dimostra la presenza su Internet di molteplici tutorial. Insomma, per come si è proceduto a livello ministeriale, globalmente i costi pubblici sono probabilmente maggiori e la non uniformità d’interfaccia utente comporta necessariamente una maggiore difficoltà di utilizzo cambiando istituto (qualora non abbiano scelto per caso la medesima piattaforma!).
Se la piattaforma fosse pubblica e univoca, ovviamente ci sarebbero stati innumerevoli vantaggi, oltre ad avere un’unica interfaccia utente in tutti gli istituti pubblici. Ad esempio, il richiedente di un MAD avrebbe potuto autenticarsi con il proprio SPID/CIE, inserire una sola voltai dati e la documentazione richiesta per poi scegliere da un elenco gli istituti di suo interesse a cui inviare il tutto, dal momento che tutti quanti si sarebbero appoggiati alla medesima piattaforma!!
Inoltre, spesso gli Istituti che adottano una di quelle piattaforme private, obbligano il richiedente di MAD a compilare il modulo online predisposto da quella stessa scelta, ignorando qualsiasi altra forma di richiesta inviata via email o in forma cartacea. Ad esempio, nel seguito mostro la risposta a un invio via email della propria richiesta di MAD per un istituto di Torino che ha appunto fornito online un suo personale apposito form: Per l’invio di Messe a Disposizione a questa Istituzione Scolastica invitiamo a procedere tramite l’apposito form di compilazione reperibile al link https://nuvola.madisoft.it/mad/TOIC8AZ00C/inserisci; qualsiasi Messa a Disposizione pervenuta tramite canali diversi da quello sopra indicato non verrà presa in considerazione. La segreteria I.C. ALBERTI-SALGARI
Anche se sicuramente è per loro vantaggioso (vedi considerazioni precedenti su maggiore flessibilità nella ricerca e selezione se i dati sono inseriti in una base dati elettronica), dal momento che tale modulo viene inviato solo a uso e consumo di quell’istituto, per il richiedente le cose si complicano in quanto per ogni domanda deve ripetere nuovamente l’inserimento di tutti i suoi dati… magari con un modulo di input con un’interfaccia anche molto differente da quella precedentemente compilata!! 🙄😥
Nel seguito mostro, a titolo di esempio, l’interfaccia utente per inviare un MAD per due delle molteplici piattaforme utilizzabili dagli istituti: come è evidente, l’interfaccia utente utilizzata dalle due piattaforme è ovviamente assai differente!
Serviziweb.axioscloud.it utilizzata, ad esempio, dall’Istituto comprensivo Duchi d’Aosta di Torino (link al modulo MAD):
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Torniamo ora alla parte “tecnica” del post vale a dire come inserire delle checkbox attive in un documento Word!! … anche se abbiamo visto come ora la versione cartacea o elettronica inviata via email sia spesso rifiutata e non più tenuta in considerazione da molti Istituti… sebbene diversi siti continuino a fornire scaricabili facsimili da stampare e compilare a mano (e.g. https://www.notiziedellascuola.it)!! 🙄
Come sempre, se uno non sa come fare un qualcosa, il primo passo da fare è cercare nell’help del programma: 😉
Risultato della ricerca nella guida di Word su come inserire delle checkbox
Il primo passo da fare è stato quini quello di rendere visibile la scheda Sviluppo, per default nascosta, dove sono appunto presenti i controlli attivi. Questi risultano però solo inseribili in un documento Word nel suo formato docx per cui è necessario anche convertire il file originario se nel formato precedente doc, come d’altra parte viene suggerito dal programma stesso:
Sempre seguendo le istruzioni, ho reso visibile la scheda Sviluppo:
A questo punto dalla scheda Sviluppo, ora presente nel menù, ho potuto selezionare la checkbox e nel documento sostituirla al quadratino esclusivamente grafico:
Scheda Sviluppo che consente d’inserire elementi attivi (e.g. checkbox, list-box)
A questo punto il documento risulta avere checkbox selezionabili semplicemente cliccandoci sopra (analogamente per deselezionarle)! 😉
Google mette a disposizione diversi servizi gratuiti di visualizzazione del territorio geografico: Google Maps, Street View e Google Earth. Sicuramente il primo è il più conosciuto e utilizzato anche perché fornisce una funzionalità di navigazione sempre a portata di mano, tra l’altro configurabile non solo per un uso in auto ma anche a piedi o – da qualche anno – pure in bici. Anche Street View ha la sua popolarità anche perché le sue funzionalità sono state sapientemente anche integrate in Google Maps. Nella versione web di quest’ultimo basta spostare l’omino giallo (in basso a destra) sulla mappa nel posto d’interesse per vedere a 360 gradi quel posto con possibilità di spostarsi usando le apposite frecce. Nella versione app invece basta tener premuto un po sulla mappa il punto d’interesse per creare una puntina e poi premere sulla immagine che compare in un quadratino in basso a sinistra per lanciare una visione analoga, anche allargabile a tutto schermo selezionando il’apposito cerchietto con le doppie frecce in basso a destra nell’immagine. Meno conosciuto è forse Google Earth che ha la potenzialità di fornire una visione in 3D oltre che in 2D ma è principalmente geografico ed è privo di tutte quelle funzionalità di navigazione: anche lui tuttavia, oltre la visione in 3D, fornisce utili informazioni immediate, quali l’altezza dal mare del punto selezionato, informazione talvolta utile che non mi sembra sia presente negli altri ambienti Google.
Insomma, le mappe di Google forniscono molteplici funzionalità, talune non sempre conosciute da tutti e, seppur agevoli da utilizzare una volta conosciute, non sempre d’immediata comprensione!
È questo il caso del servizio che consente di tracciare e conoscere la distanza in linea d’aria tra due punti (o più) sulla mappa. Sebbene usando Google Maps il più delle volte serva conoscere la distanza su strada da percorre tra due o più luoghi selezionati, può talvolta tornare utile conoscere anche la distanza in linea d’aria, ovviamente minore. Nel primo caso, tutte le volte che si calcola un percorso, la distanza da percorrere compare chiaramente nel riepilogo che fornisce tempo di percorso (differente a seconda del mezzo selezionato: e.g. auto, bicicletta, a piedi) e appunto la distanza:
Google Maps – Distanza su strada da percorre tra due o più luoghi indicati nel richiedere il percorso
Nel caso in cui invece uno desideri conoscere la distanza in linea d’aria con Google Maps, la procedura risulta un po differente a seconda se lo si utilizzi da browser o dall’app omonima. Nel primo caso (accesso a Google Maps tramite browser) si deve:
Fare click con il tasto destro sul punto iniziale da cui si desidera partire per misurare la distanza rispetto a un altro punto.
Così operando compare un menù in cui è presente la voce Misura distanza, appunto da selezionare.
Scompare quindi quel menù e appare un cerchietto collocato appunto dove inizialmente si era effettuato il click con il tasto destro: se si desidera spostarlo un po’, è sufficiente cliccaci sopra con il tasto sinistro e mantenendolo premuto spostarlo dove si desidera.
Per indicare il secondo punto per conoscerne la distanza da quel primo segnalato con quel cerchietto, è sufficiente fare un click con il tasto sinistro sul secondo punto della mappa desiderato: comparirà un secondo cerchietto e in automatico un righello con la misurazione della distanza lineare tra quel due punti geografici. In alternativa si può anche premere il tasto destro nel secondo punto desiderato e selezionare la voce Distanza fino qui nel menù che compare
Se poi si desidera aggiungere ulteriori punti per avere la distanza complessiva, è sufficiente ripetere il passo precedente.
Se si desidera infine far scomparire quella indicazione di misurazione sulla mappa, è sufficiente premere con il tasto destro ovunque sulla mappa e dal menù che compare scegliere Cancella misurazione.
Negli screenshot seguenti vengono mostrati tutti i passaggi (fai click su ognuno per ingrandire): si noti che comunque vengono anche mostrati a video gli suggerimenti che possono aiutare a comprendere il passo successivo da seguire!
Nel secondo caso (utilizzo dell’app Google Maps) la procedura è la seguente:
Indicare il punto di partenza e quindi far scorrere verso l’alto la tendina (1) in modo da visualizzare tutti i dettagli del luogo nascosti in basso.
Tra questi, nella sezione Panoramica, esiste la funzione Misura distanza da selezionare. Si noti che esistono in quella sezione anche altri interessanti servizi che consentono di suggerire una modifica per quell’indirizzo, aggiungere un luogo mancante, aggiungere gratis una propria attività anche commerciale.
Anche in questo caso compare un cerchietto, questa volta bianco, nel punto indicato come origine della misurazione. Si deve quindi spostare la mappa, trascinando con il dito, in modo da far corrispondere al secondo punto di arrivo il cerchio vuoto che comparirà, collegato al primo tramite una linea tratteggiata. Si noti che la dimensione della mappa visualizzata può essere ingrandita/rimpicciolita a piacere effettuando appositi pinchcon due dita, in modo tale che risulta agevole indicare anche punti distanti tra loro pur mantenendo una grande precisione (i.e. prima si agisce su una mappa con bassa definizione per poi ridefinire meglio la posizione effettuando lo zoom sul punto specifico).
Anche in questo caso è possibile aggiunge uno o più ulteriori punti per conoscere la distanza complessiva in linea d’aria, cliccando sul cerchio + in basso a destra.
In basso comparirà la distanza in linea d’aria tra i due punti (o più).
Per far scomparire tale misurazione è sufficiente chiudere quella finestra Misura distanza, agendo sulla sua x in alto a destra.
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Esiste poi un’altra modalità probabilmente più intuitiva per calcolare la distanza tra uno i più punti fornita questa volta da Google Earth. In questo caso esiste esplicitamente un’icona a forma di righello nel suo menù che, selezionandola, fornisce appunto quella funzionalità.
Nella sua versione web la procedura è assai intuitiva: basta spostarsi con il cursore del mouse (che si è trasformato, dopo la pressione dell’icona righello, in un segno + come mirino) sul punto da cui si desidera far partire la misurazione, fare un normale click con il tasto sinistro del mouse e quindi spostarsi sul punto di arrivo della misurazione e fare un doppio click sempre con il tasto sinistro. Se si desiderasse fare la misurazione indicando più punti, il click da dare deve essere singolo per poi spostarsi nel punto seguente, e così via fino all’ultimo punto di misurazione su cui, per terminare, si deve fare un doppio click. Si noti che, se si effettua una misurazione nella visualizzazione 3D, la linea che unisce i punti può non risultare diritta in quanto il programma, pur effettuando una misurazione in linea d’aria, tiene conto delle alterazioni visive dovute appunto alla visione attualmente in 3D del paesaggio.
Nel caso dell’app Google Earth esiste nel menù in alto sempre quella medesima icona di righello ma la procedura, pensata per un uso con touchscreen, è un po’ meno intuitiva seppur comunque veloce. Infatti, non appena si seleziona l’icona del righello compare un cerchietto trasparente al centro dello schermo e, dopo avere fatto corrispondere la sua posizione nel punto desiderato spostando opportunamente la mappa con un dito, viene richiesto di premere il pulsante Aggiungi punto (in basso a destra): a questo punto quel cerchietto, prima trasparente, diventa bianco e ogni spostamento della mappa con il dito determina il tracciamento di una linea da quel punto iniziale a quello centrale lo schermo (evidenziato con un cerchio trasparente) con relativa indicazione della distanza. Per calcolare la distanza con più punti, basta nuovamente premere il tasto Aggiungi punto e spostarsi in modo da posizionare il nuovo punto al centro dello schermo dove è presentato un nuovo cerchio trasparente mentre il precedente si è trasformato bianco. Per terminare il processo, si deve premere il cerchietto con spunta (in alto a destra) che fa sì che anche l’ultimo punto diventi bianco e s’interrompa la misurazione totale che permane indicata in basso a sinistra. Per ricominciare una nuova misurazione si può premere nuovamente quel cerchietto in alto a destra che, da segno di spunta, si è nel frattempo trasformato in una freccia circolare. Se si desidera infine uscire dalla modalità di misurazione si deve premere, come sempre, la freccia in alto a sinistra. Si noti che, anche con l’app, la misurazione si può effettuare pure avendo impostato una visualizzazione in 3D. Insomma, una procedura veloce, ma non certo troppo intuitiva se uno non la conosce già!
Si noti che, inserendo un segnapunti sulla mappa con Earth, viene fornita non solo la sua posizione GPS ma anche la sua altezza dal livello del mare. Non viene fornito un righello per misurare l’altezza tra due punti, ma per conoscerla è ovviamente sufficiente fare una sottrazione! In Maps, invece, vengono fornite solo le coordinate GPS e non mi risulta che compaia (stranamente) da nessuna parte l’informazione dell’altitudine. Tuttavia, non so bene l’affidabilità di tale informazione dal momento che anche solo usando la versione app e quella web di Earth, per un medesimo punto vengono fornite indicazioni di altezza non uguali, seppur simili (i.e. 236m E 259m rispettivamente)! Da questo articolo di mole24.it sembrerebbe che l’altezza precisa di Piazza Castello sia 239m… insomma, una via di mezzo delle indicazioni fornitemi da Google Earth nelle sue due versioni!
Chi abita in una grande città è quasi assuefatto alla cosiddetta movida che perversa un po’ a tutte le ore soprattutto in certe zone, incurante spesso del disturbo arrecato ai residenti e quindi anche alle persone che devono andare presto al lavoro o che possono non star bene avendo quindi necessità di riposare nelle ore notturne. Per fortuna, per contrastare la mala movida sono spesso state emesse ordinanze apposite, ad esempio quella che limita il consumo di bevande alcoliche soltanto all’interno dei locali autorizzati a partire dalla mezzanotte. Certo è difficile contrastare gli schiamazzi in quelle strade se non sperando in una maggior diffusione della buona educazione delle persone: ma questa è forse un’utopia! Può quindi essere un grosso problema avere sotto casa un locale aperto di notte, soprattutto in quelle zone dove questa tipologia di locali pullulano, richiamando così persone che amano la vita notturna e che purtroppo troppo spesso sostano per strada schiamazzando, incuranti del disturbo arrecato.
Poi ci sono gli eventi culturali/musicali estivi all’aperto che si svolgono durante specifiche manifestazioni come, ad esempio a Torino, il prestigioso Evergreenfest al Parco della Tesoriera, o anche altri più “rumorosi” e rivolti specificatamente ai più giovani come, ad esempio, il famoso Kappa FuturFestival di musica elettronica dentro il Parco Dora: tutte queste esibizioni comunque terminano tassativamente alle 23:59 per rispetto della quiete pubblica durante le ore notturne.
Io stesso cerco di partecipare il più possibile a queste opportunità culturali e di divertimento che vengono proposte sia nella mia città sia nei luoghi di villeggiatura in cui soggiorno. Quindi, ben vengano manifestazioni di musica e cultura ovunque, valida alternativa all’assopimento dei programmi televisivi e stimolo alle persone per incontrarsi a parlare e divertirsi insieme…
Purtroppo, ho dovuto constatare, sia personalmente sia parlando con alcuni amici, che le regole di convivenza e buon senso che limitano gli orari di disturbo, sono sempre più spesso dimenticate nelle manifestazioni di paese in nome della quasi necessità di dover esagerare per “rendere memorabile una serata”, con la complicità delle istituzioni che dovrebbero essere preposte a contenere nei limiti opportuni il disturbo per tutta la cittadinanza.
È questo, ad esempio, stato il caso degli eventi associati alla festa Testun Birra (26-27 agosto 2022) di Branzola a Villanova Mondovì, ridente paese di campagna nel cuneese, dove ho trascorso qualche giorno di vacanza quest’estate. Generalmente si tratta di una bella festa paesana con classico tendone sotto il quale lunghe tavolate di persone possono assaporare in compagnia buon cibo locale e buona birra, allietati da musica dal vivo di bravi gruppi locali. Spesso, in anni scorsi, ho partecipato anch’io a questa manifestazione resa possibile grazie soprattutto al contributo di volontari della pro-loco, anche e soprattutto di giovani… e tutta questa partecipazione dal basso non può che far piacere!! Tuttavia, quest’anno penso che si sia esagerato nei festeggiamenti e si sia superato il limite di dovuto rispetto di convivenza con tutti i residenti della zona. Infatti, gli eventi di entrambe le due giornate sono durati fino alle 4:30 del mattino, con DJ che nelle ore notturne hanno continuato a diffondere musiche ad alto volume, cercando per di più di animare la festa con continui incitamenti al microfono, diffusi a volume addirittura maggiore e quindi ancorpiù fastidiosi. Pur trovandomi abbastanza distante dall’evento, vale a dire a più di un chilometro in linea d’aria, la musica martellante e le urla degli animatori risultavano molto ben udibili anche chiudendo completamente i serramenti a tripli vetri… che avrei, tra l’altro, volentieri tenuto aperti per il caldo! Per far comprendere meglio di che disturbo si sia trattato, ho pubblicato sul mio canale YouTube la registrazione che ho effettuato con lo smartphone uscendo sul balcone di casa (distante 1,2 Km in linea d’aria), in modo che possa essere ascoltata e valutata oggettivamente: ovviamente si tratta della registrazione originale, senza alcuna elaborazione per alterarne volume o quant’altro.
Ore 4:10 – Registrazione originale, senza alcuna elaborazione per alterarne volume o quant’altro,
La registrazione è stata effettuata a più di un chilometro di distanza dall’evento
La notte del venerdì 26/8 ho sopportato il disturbo, credendo che si trattasse di un unico evento, seppur fastidioso ancora sopportabile se limitato a una serata. Ma quando il tutto si è ripetuto anche la sera seguente, non riuscendo neppure più a riprendere sonno dopo le 4:30 del mattino, non ho potuto far altro che scrivere la seguente e-mail all’URP di Villanova Mondovì, non tanto per me, quanto per quella parte di popolazione di Villavecchia che forse non ha la possibilità di lamentarsi esplicitamente, in particolar modo quella anziana e/o malata: esistono infatti case di riposo a poche centinaia di metri da dove mi trovavo, dove il disturbo subito è stato sicuramente analogo.
Ho ricercando l’indirizzo dell’URP nell’apposita pagina del sito di quel Comune che recita: Lo sportello URP è il punto d’incontro tra l’amministrazione e i cittadini e nasce per favorire e semplificare l’accesso ai servizi e alle informazioni, far conoscere agevolazioni e opportunità, ascoltare, accogliere e rispondere a richieste e proposte, accelerare soluzioni ai bisogni della collettività. Vocazione naturale dell’URP è garantire trasparenza e partecipazione ai cittadini. Tra i servizi viene esplicitamente indicato: Servizi di ascolto – Accoglimento di proposte, richieste, reclami e suggerimenti.
Nel seguito il testo della mia e-mail spedita all’indirizzo indicato nel sito del Comune relativamente all’URP: trattandosi di un indirizzo generico di info@, ho voluto comunque specificare anche nell’oggetto a chi fosse rivolta, per assicurarmi che giungesse al servizio opportuno!
Diverse volte ho avuto modo di contattare l’URP del Comune di Torino o quello della Regione Piemonte e ho sempre apprezzato il lavoro da loro svolto, riuscendo sempre a veicolare le segnalazioni/problematiche da me evidenziate verso le istituzioni idonee a risolverle, con un esito positivo nella maggioranza dei casi. La risposta a ogni mia e-mail è sempre giunta nel giro di pochissimi giorni con spiegazioni puntuali o, in alternativa, con la richiesta inviata a chi di dovere, mettendo la mia e-mail in Cc per ricevere poi da costoro ulteriori informazioni.
Mi ha quindi assai stupito non ricevere alcuna risposta dalla URP del Comune di Villanova Mondovì (oramai sono trascorse più di due settimane e mi sembra di poter affermare ciò con sicurezza!), segnale evidente di come quella mia missiva sia stata bellamente ignorata da quel servizio pubblico. Diversamente da quanto avviene in una grossa città, in cui il processo di segnalazione di un cittadino e relativa risposta viene tracciato e potenzialmente verificato, mi viene da immaginare che nei piccoli Comuni il tutto sia affidato a una o poche persone che, a loro discrezione e sensibilità, decidono che farne di qualsiasi segnalazione/lamentela, arrogandosi il diritto anche d’ignorarla completamente, senza neppure curarsi di rispondere al mittente. Questo comportamento fa ancor più male se si pensa alla gentilezza e cortesia che generalmente un turista, che viene da una grande città, sperimenta andando a utilizzare servizi di quel Paese (e.g. l’Ufficio Postale) o anche entrando in un qualsiasi negozio: infatti l’attenzione e la cortesia ricevuta è generalmente assai maggiore in questi luoghi di campagna dove forse la disponibilità ed entropia è maggiore rispetto a quella presente nei grandi centri urbani dove l’affollamento e lo stress fanno da padrone!
Spero che questo post critico contribuisca affinché sia il servizio di URP di quel Comune migliori, sia in futurole autorizzazioni rilasciate per eventi analoghi non vengano più concesse con quelle modalità. Infatti, penso ci siano altri modi per far divertire i giovani, che siano più rispettosi delle esigenze di tutta la popolazione, soprattutto di quella anziana e/o malata!
Da qualche anno esiste una nuova opportunità per scoprire, in modo autonomo e gratuito, l’arte sacra in Piemonte e in Valle d’Aosta: Chiese a porte a perte! Si tratta di un progetto decisamente innovativo che consente, già da ora, l’accesso di quasi 50 cappelle/cattedrali che diversamente sarebbero state accessibili solo molto saltuariamente. Si tratta ovviamente di siti non comuni ma che possiedono piccoli-grandi tesori spesso restaurati di recente.
Il sito Chiese a porte aperte, descrive sinteticamente questo progetto innovativo (ideato dalla Consulta Regionale per i Beni Culturali ecclesiastici e dalla Fondazione CRT) per consentire l’accesso e visitare in autonomia beni culturali ecclesiastici del Piemonte e della Valle d’Aosta che generalmente erano quasi sempre chiusi al pubblico, nonostante le loro bellezze: il tutto con il semplice ausilio del proprio smartphone. Infatti, grazie all’utilizzo dell’apposita omonima app Chiese a porte aperte, un qualsiasi cittadino può gestire sia la prenotazione della visita sia l’apertura automatizzata della porta di accesso al luogo prescelto tramite la semplice lettura (tramite quella medesimo app) di un QR code collocato nel luogo prenotato. Una volta effettuato tale accesso, si viene guidati alla scoperta del bene al suo interno attraverso un’installazione multimediale costituita da una narrazione storico/artistico/devozionale accompagnata da un sistema di luci mobili e di micro-proiettori predisposti a illuminare specifiche parti degli interni/dipinti seguendo temporalmente la spiegazione audio.
Nel seguito mostro la homepage sia del sito sia dell’app dove vengono mostrati i numerosi luoghi già operativi sul territorio regionale:
Sebbene forse questa bella iniziativa sia stata pubblicizzata formalmente in qualche modo, io ne sono venuto a conoscenza grazie a degli amici che talvolta operano come volontari nel rendere visibili altri tesori nascosti del nostro territorio, troppo spesso chiusi al pubblico per mancanza di risorse e/o disinteresse generale delle istituzioni. Ma forse è proprio il passaparola il modo più bello per far conoscere questa possibilità a chi desidera scoprire le bellezze “nascoste” che ci circondano!
La procedura per poter usufruire personalmente di questa opportunità è semplice. Richiede innanzitutto di registrarsi tramite un modulo presente sul sito Chiese a porte aperte accessibile da qualsiasi browser, quindi anche da uno presente sul proprio smartphone oltre che ovviamente da PC. Selezionando il link Crea un account, viene presentato un modulo per inserire i propri dati anagrafici e quelli di un documento, oltre ad accettare alcune condizioni di utilizzo:
È necessario quindi attendere una e-mail di conferma (intesa a verificare la correttezza dell’indirizzo di posta elettronica che uno ha inserito nel precedente modulo) e cliccare sul link apposito in essa presente (i.e. Per confermare il tuo account clicca qui):
E-mail per confermare il proprio account, al termine dell’iniziale procedura di registrazione
Ovviamente se uno cerca di accedere al sito o all’app (con le credenziali che ha inserito nel modulo) prima di aver ricevuto tale e-mail e aver confermato il proprio account cliccando su quel link, questo viene impedito. Purtroppo, la notifica fornita non aiuta a comprenderne il motivo del rifiuto, dal momento che viene segnalato Nome utente o password errata mentre sarebbe assai più opportuno in questo caso indicare qualcosa tipo Utente ancora non confermato: attendere l’e-mail di benvenuto e confermare il proprio account. Quindi riprovare. Infatti, la ricezione di quella e-mail, pur essendo penso automatizzata, può non essere istantanea ma tardare anche qualche minuto per cui l’utenza può trovarsi un po’ confusa su come si deve procedere dal momento che non riesce ad accedere pur avendo inserito le proprie credenziali corrette! Cliccando invece su quel link di conferma presente nella e-mail ricevuta, viene aperta una pagina del sito che finalmente notifica: Utente attivato con successo. Puoi accedere al portale.
Pagina finale del processo di registrazione, aperta cliccando sul link presente nella e-mail inviata dal sistema per confermare il proprio account
A questo punto il nuovo utente può accedere sia al portale sia all’app con le credenziali che lui stesso ha indicato nel modulo di registrazione. Da entrambi si possono visionare i luoghi accessibili ordinandoli opportunamente tramite l’opzione presente nel menù in alto a destra: particolarmente utile penso sia l’ordinamento in base alla distanza per raggiungerli, che richiede ovviamente di consente all’app la propria posizione:
La prenotazione del numero desiderato di biglietti d’ingresso gratuito può essere effettuata agevolmente selezionando data e ora: le visite risultano disponibili in fasce di mezz’ora dalle 9:00 alle 18:00. Si noti che, dal momento che generalmente l’afflusso di visitatori non è eccessivo, tale prenotazione può anche essere effettuata anche solo quando si giunge sul luogo: i biglietti gratuiti per l’accesso vengono infatti emessi immediatamente! Nella sezione I tuoi biglietti si possono quindi subito trovare disponibili tutti i biglietti richiesti. Si noti che, associata alla descrizione di ciascun luogo, oltre a fotografie e una breve spiegazione, esiste la possibilità di aprire anche una mappa che ne mostra la collocazione geografica con la possibilità eventualmente di attivare la navigazione per raggiungerlo tramite il navigatore installato sullo smartphone!
Una volta che ci si trova davanti al portone d’ingresso della chiesa/cappella, basta dall’app aprire il biglietto e cliccare sull’icona di QR code (cerchio nero a quadrettini) dirigendo la telecamera dello smartphone in modo da riprendere appunto il QR code specifico di quel luogo, generalmente presente proprio sull’uscio. Al primo utilizzo, si deve consentire a quell’app di poter scattare foto o registrare video in modo che possa attivare appunto la telecamera per leggere quel QR code.
Al primo utilizzo, si devono consentire a quell’app dei diritti in modo che possa attivare appunto la telecamera per leggere quel QR code.
Ovviamente, se uno è in ritardo e cercasse di utilizzare un biglietto con data/ora scaduti, viene notificato che risulta necessario richiederne uno nuovo: anche questo risulterà gratuito! 😉
Nel seguito aggiungo alcune foto scattate in uno dei luoghi che ho recentemente visitato tramite questa metodologia. Si noti sia il foglio attaccato alla porta d’ingresso in cui è presente un foglio con il QR code specifico di quel luogo (i.e. quello da inquadrare con lo smartphone una volta aperto il biglietto e premuto sulla icona circolare di QR code ivi presente) sia la pulsantiera all’interno della cappella che consente di attivare – nella lingua desiderata – la spiegazione audio con l’ausilio di luci che vengono opportunamente direzionate. L’ultima foto, che ritrae l’altare della cappella, mostra come, durante la spiegazione audio, vengano puntualmente illuminate le sole parti d’interesse in modo da meglio focalizzare di volta in volta l’attenzione del turista e far comprendere meglio ciò che viene narrato!
Non vi rimane quindi che registrarvi in quel portale, installare l’app, vedere quali siano le chiese più vicine (e/o siano di vostro interesse) e quindi prenotare per visitarle!! 😉
Anche quest’anno, sono riuscito a rivederlo approfittando di una delle rarissime visite guidate – 7 agosto e 4 settembre 2022 – organizzate da alcuni volontari molto volenterosi e caparbi. Nel giro di 3 anni sono riusciti a moltiplicare le visite guidate al Santuario, fino a raggiungere quota 1600 presenze nel 2022: un record raggiunto pur essendo state limitate le aperture, segnale evidente che il luogo suscita assai interesse anche tra i turisti. Un volontario mi ha detto che la maggior parte di questi proviene non solo da tutto il Piemonte, ma anche dalla Liguria e dalla Lombardia: hanno anche ricevuto richieste da gruppi di tedeschi e francesi!
L’evento, abbinato anche alle visite di altri piccoli – grandi gioielli del Monregalese (Chiesa di S. Caterina, Museo delle suore della Passione), era stato pubblicizzato principalmente con il passaparola e grazie anche a un articolo comparso sul giornale cartaceo locale L’Unione Monregalese (mentre nel sito di quello stesso giornale si trova solo un articolo del 2021 o di anni ancora precedenti…):
Unico articolo (per quanto ho visto) a pubblicizzare l’evento del 2022: poca promozione sul web
Ma il problema principale non è certo la visibilità non ottimale degli eventi… tanto i visitatori, si è visto, accorrono anche da lontano: anzi, forse provengono soprattutto da altri paesi, dal momento che diversi abitanti di Villanova, pur sapendolo, non mi sembra si siano mossi più di tanto per rivedere questo luogo oramai quasi sempre inaccessibile. Pigrizia? Disinteresse nel rivedere un posto già visto in passato? Timore di rivederlo sempre più provato dal tempo e dall’incuria? Chi può dirlo!! Per troppi di loro, comunque, quel Santuario rimane solo un “rocas”, non comprendendo appieno il valore di quel gioiello d’arte anche solo come richiamo turistico nella zona e quindi anche con risvolti economici! Davvero troppo pochi i volontari che provengono proprio dal Paese e che partecipano attivamente per valorizzare quel patrimonio davvero unico di quel loro territorio!
Ma torniamo alla nuova visita che ho fatto recentemente (agosto 2022). Speravo che qualcosa si fosse mosso, che alcuni degli interventi ipotizzati l’anno precedente avessero avuto un seguito: d’altra parte, il sottotitolo dell’articolo del giornale L’Unione Monregalese recitava “In piena attività il Comitato per la valorizzazione, ultimati gli interventi di manutenzione sull’area verde e sull’edificio“! Invece, ho visto ben poco! Anzi, ci sono segnali evidenti che indicano come il degrado non si stia arrestando: anche al visitatore distratto questo risulta palpabile dalla presenza di nuove zone a cui viene vietato l’accesso in quanto divenute nel frattempo pericolose. Diverse stanze non sono più visitabili e anche il cortile di fronte al Santuario risulta ora inaccessibile: basta alzare gli occhi e vedere le condizioni anche solo di alcune grondaie, per comprendere il motivo di quel nuovo divieto! Neppure più le belle terrazze risultano percorribili per intero e, anzi, una è ora completamente inaccessibile, così come la grotta all’interno della chiesa (quest’ultima penso solo per il potenziale pericolo di scivolare…). Di lavori in corso evidenti, ho visto ben poco… 🙄 solo principalmente nuovi divieti di accesso per pericolo! Purtroppo ben a poco servono le sparute piantine fiorite poste di fronte al Santuario, proprio in quella zona ora recintata rendendola inaccessibile… sebbene possano comunque abbellire quel luogo!
Insomma, l’interesse c’è e sembra sia molto attivo anche presso l’Ente Proprietario, cioè la parrocchia di Villanova, o meglio di Santa Caterina in Villavecchia. Il “nuovo” Parroco, nominato nel novembre 2018, ha l’obiettivo di valorizzare tutti i tesori del territorio locale: per questo ha affidato ad un gruppo di Volontari – ben coordinati da un responsabile – il compito di portare più gente possibile a visitare Santa Lucia, perché forse solo così si potrà invertire il percorso di declino iniziato da lunga data… e pian piano ci stanno riuscendo, anno dopo anno! Ma tutto questo impegno di volontari non potrà certo bastare se non ci sarà anche un interesse da parte delle Istituzioni preposte a conservare i beni culturali e non arriveranno quindi gli opportuni aiuti finanziari. Un volontario mi ha detto che sono già stati effettuati diversi studi su come poter intervenire sull’edificio e si è anche recentemente cercato di prendere parte a bandi d’imminente apertura, per riuscire almeno a ripassare i tetti oramai decadenti: insomma, quello che manca sembra siano solo i finanziamenti! Purtroppo l’incuria di decenni ha reso la situazione attuale molto difficile da fronteggiare e risulta già arduo riuscire anche solo a coprire le spese ordinarie! Mi chiedo se utilizzo commerciale di parte dell’edificio (e.g. ristorante, ostello) potrebbe forse contribuire a reperire dei fondi…
Nel 2022 il Santuario di Santa Lucia ha ricevuto solo 18 voti!
Sembra proprio che solo la Parrocchia e quei pochi volontari imperterriti si preoccupino delle sorti di questo monumento di notevole valore storico e artistico oltre che religioso. Il Comune, la Sovraintendenza, i Fondi, le Banche… insomma, chi potrebbe intervenire economicamente per fermarne il degrado, sembrano disinteressarsi di questo gioiello del Monregalese, con beneplacito di buona parte della popolazione locale. Per intanto il vincolo paesaggistico sul Momburgo è decaduto per via del ricorso fatto dal Comune (8/2022 – Unione Monregalese – Villanova: il Tar accoglie il ricorso del Comune: decade il vincolo sul Momburgo): avrebbe dovuto bloccare l’erosione della montagna Momburgo – quella stessa su cui poggia il Santuario – da parte di cave che, oltre che a deturpare il paesaggio, continuano a far brillare mine a distanze sempre più ravvicinate! Come si fa a non pensare che quegli scoppi, che fanno tremare vetri e muri di diverse case del Paese, non abbiano un effetto devastante anche sulla struttura del Santuario attaccato sulla roccia di quel medesimo monte, a pochissime centinaia di metri dalle cave! La cava, subito a sinistra del Santuario, per fortuna è inattiva da qualche anno, ma è già assurdo che ci sia e abbia operato per anni: anche senza tener conto dei probabili danni alle strutture dell’edificio provocati dalle vibrazioni dovuti ai lavori di scavo sulla montagna, evidente permane il degrado paesaggistico che permarrà nel tempo a testimoniare, anche ai posteri, gli errori di una amministrazione poco accorta. La foto seguente mostra come sia ben visibile e deturpante quella cava di Roccaforte quando si guarda dalla provinciale il Santuario di Santa Lucia (nella foto all’estema sinistra)!
Come appare il santuario di Santa Lucia dalla provinciale… con la cava di Roccaforte immediatamente alla sua sinistra
Cava di Roccaforte, adiacente al Santuario di Santa Lucia
Come si nota chiaramente dalle seguenti riprese da satellite di GMap, l’estensione della cava di Villanova in solo dieci anni (2012 – 2022) si è assai estesa, quasi raddoppiandosi e avvicinandosi sempre più al Santuario: ha quasi oramai nuovamente raggiunto la Cappella di San Bernardo (protetta dalle Belle Arti) che solo pochi anni fa era stata spostata di molto dalla sua sede panoramica originale, proprio per consentire il proseguimento degli scavi. Attualmente la cava ha quasi raggiunto quella Cappella nella sua nuova collocazione di pochi anni fa!
8/2012 – Vista globale del territorio da satellite 10 anni fa
8/2022 – Vista globale del territorio da satellite ad oggi: l’area interesata dalla cava si è quasi raddoppiata in un solo decennio!
Ecco come appare la visione in 3D via satellite del territorio utilizzando Google Earth, orientandosi opportunamente per meglio valutare la attuale situazione sia lato cava di Roccaforte sia lato cava di Villanova:
3/8/2017 – Visione 3D con Google Earth (1): come appare il paesaggio attorno al Santuario di Santa Lucia, deturpato ambo i lati da cave
Si tenga presente che queste immagini seguenti sembra siano elaborazioni di dati del 3/8/2017(indicazione in basso a sinistra) cioè di più di 5 anni fa per cui probabilmente non mostrano nemmeno la situazione reale attuale, ovviamente peggiore!
Sovrapponendo, con un editor grafico, le immagini da satellite del 31/12/1985 e del 28/10/2020 (cioè le ultime attualmente pubbliche: ovviamente ora nel 2022 la situazione è ancora peggiore, ma bisogna aspettare ancora un po’ perchè risulti visibile pubblicamente la visione 2022 via satellite tramite Google!) ho evidenziato la parte di montagna erosa da quella cava in 45 anni (per un’altezza di più di 100m!!): pazzesco!!!
Sovrapposizione delle immagini da satellite del 31/12/1985 e del 28/10/2020, evidenziando la parte di montagna erosa dalla cava in 45 anni (per un’altezza di più di 100 metri!!)
Nel seguito le immagini da satellite attualmente disponibili da Google Earth Pro per quel territorio: 28/10/2020; 3/8/2017; 24/9/2015; 13/9/2012; 31/12/1985
Ripresa da satellite del 28/10/2020
Ripresa da satellite del 3/8/2017
Ripresa da satellite del 24/9/2015
Ripresa da satellite del 13/9/2012
Ripresa da satellite del 31/12/1985
Questa cava di Villanova non è certo così vicina al Santuario come quella inattivaquasi adiacente di Roccaforte, ma in linea d’aria non è poi molto più distante (come si può notare dalle foto da satellite riportate sopra): nel tempo, la sua distanza in linea d’aria si è poi dimezzata nel corso di pochi decenni. Comunque agisce sulla medesima montagna per cui l’effetto delle mine che vengono fatte brillare settimanalmente si ripercuotono nel tempo sicuramente sulle case di Villavecchia (diverse crepe si allargano sui muri di quelle case) e probabilmente anche più distante: varrebbe sicuramente la pena mettere qualche sensore (i.e. quelli che si mettono per registrare i terremoti) nel Santuario per tracciare il loro impatto anche su quel tratto di montagna in cui è collocato. Nelle grotte di Bossea ci sono questi semplici sensori collocati in modo permanente e non penso ci voglia molto – anche in termini economici – per piazzarne qualcuno nel Santuario, magari anche solo per un certo periodo di tempo opportuno!
Nell’articolo Villanova: il Tar accoglie il ricorso del Comune: decade il vincolo sul Momburgo si legge: «Abbiamo fatto ricorso contro il vincolo perché a nostro avviso la zona è già sufficientemente tutelata – il commento del sindaco, Michelangelo Turco –, ci sono già i vincoli paesaggistici del Piano regolatore, non c’era bisogno di aggiungere divieti ai divieti, oltretutto creando difficoltà in più a Villavecchia, una zona in cui è difficile convincere i privati a insediarsi o intraprendere interventi di riqualificazione. Poi l’area individuata era molto ampia, scendeva nel Garombo verso Garavagna e andava verso Branzola, creando ulteriori difficoltà alle aziende agricole. Il venir meno del vincolo per noi significa semplicemente meno oneri per chi vuole intervenire sui fabbricati o prendere iniziative». Sul tema dell’espansione dell’attività estrattiva delle cave, che è uno dei temi su cui storicamente verte il dibattito, Turco precisa: «Le cave seguono le loro normative e i loro canali, le autorizzazioni non fanno nemmeno capo al Comune. Oltretutto vedo particolarmente improbabile un’espansione verso Monte Calvario, visto che la zona della cava in quella direzione è già stata tutta recuperata, addirittura con le semine verdi in funzione. Oltretutto Monte Calvario è una zona di proprietà comunale». Il vincolo paesaggistico effettivamente ha comportato inutili burocrazie e ha sicuramente ostacolato interventi di riqualificazione di edifici della zona, ma basterebbe escludere le aree abitate e mantenerlo nel territorio boschivo del Momburgo, garantendo quindi quella protezione contro lo sfruttamento delle sue risorse. Relativamente alle concessioni date alle cave, si afferma che non fanno capo al Comune senza tuttavia precisare a chi competono! Mi chiedo: chi allora è il responsabile delle autorizzazioni che, decennio dopo decennio, hanno permesso il perpetuarsi di questo scempio ambientale? Per il mantenimento di poche decine di posti di lavoro ed il profitto di pochi, si è continuato a distruggere un vasto territorio che avrebbe potuto offrire ben altre possibilità alla popolazione locale, anche in termini di richiamo turistico e quindi con un positivo impatto economico sulle attività commerciali della zona. L’affermazione che sia particolarmente improbabile un’espansione verso Monte Calvario, mi sembra poi alquanto azzardata anche solo guardando quanto è avvenuto nell’ultimo decennio, come si evince dalle precedenti immagini via satellite. Si noti come la parete di montagna erosa negli ultimi 10 anni (immagine a sinistra: circa 318 metri per un’altezza di circa 124 metri) disti in linea d’aria poco meno della distanza tra l’estremo della cava e il Santuario di Santa Lucia (immagine a destra: circa 393 metri). Questo significa che, se gli scavi continueranno con la medesima intensità (che, in verità, è sempre cresciuta negli anni), nel giro di meno di 20 anni potrebbe arrivare ad interessare davvero assai da vicino il versante in cui è presente il Santuario! Si noti tra l’altro che la cava di Villanova Mondovì stà già interessando un territorio (circa 670 metri di altezza) più in alto del Santuario (circa 614 metri di altezza).
Relativamente al recupero della zona della cava in quella direzione poi, che si afferma sia stata già tutta effettuata addirittura con le semine verdi in funzione, anche guardando bene con il cannochiale, sinceramente non se ne vede l’ombra!! 🤔 Anzi, al rumore continuo della cava – che perdura talvolta addirittura anche di notte e nei week-end – e alle periodiche sirene che preannunciano l’imminente scoppio di mine, nonchè di queste ultime, si sono aggiunte non solo le zanzare (che proliferano grazie ai bacini d’acqua utilizzati nella lavorazione), ma anche la puzza di catrame proveniente da nuove attività iniziate recentemente!
Nella speranza e attesa che l’evolversi degli eventi cambi il suo corso attuale, nel frattempo chi desiderasse ancora vedere anche quei luoghi del Santuario ora inaccessibili, deve accontentarsi dei seguenti spezzoni del video che avevo realizzato un anno fa, quando ancora diverse di quelle zone risultavano ancora visitabili:
Un’utile app per fotocamera per laptop o desktop Windows che ti consente di registra video, scatta istantanee, visualizza più schermi e molte altre cose. Si può usare questo programma su un laptop o desktop senza alcuna restrizione con le stesse credenziali di accesso di Mi Home App. Segui i passaggi per scaricare: – Scarica il file .exe per l’app attraverso mi.com pagina dell’app. – Installa e accedi con lo stesso credenziali utilizzate per Mi Home App. – Le telecamere collegate all’app Mi Home appariranno direttamente sullo schermo.
Nuova applicazione desktop della Xiaomi scaricabile dal loro sito (scroll in fondo alla homepage)
Esiste poi un video su YouTubeche mostra le potenzialità di quell’applicazione desktop.
Seppure si tratti ora di un’app rilasciata ufficialmente, tuttavia non mi sembra ancora completamente pensata per essere agevolmente installata da un pubblico internazionale: infatti, lanciando l’eseguibile d’installazione XiaomiCameraViewerInstaller.exe, le scritte dei pulsanti rimangono in cinese anche selezionando la lingua inglese, l’unica presente in alternativa a quella cinese! Una volta installata, l’applicazione comunque mi sembra funzionare benissimo e presenta tutte le funzionalità che uno si aspetta: consente di visionare contemporaneamente sullo schermo fino a 9 video (opzione selezionabile in alto a destra) o anche di più effettuando lo scroll opportunamente verso il basso con la rotella del mouse. Posizionando poi la freccia del mouse su uno specifico dei video, compare la barra temporale che consente di visionare le registrazioni passate di quella telecamera. Ovviamente la visione notturna è in bianco e nero ma risulta comunque sempre di buona qualità anche con buio totale.
Un post cortissimo che propone di vedere un bel programma di più di 2 ore su Torino trasmesso su Canale 5 e ora disponibile in streaming su Mediaset Infinity.
Analogamente a RaiPlay per i programmi della RAI, basta registrarsi gratuitamente a quel portale (anche utilizzando il proprio account Google o Facebook se uno non desidera creare delle credenziali apposite) per rivedere alcuni programmi trasmessi dai canali Mediaset: si noti che esiste anche l’app Mediaset Infinity installabile su smartphone, analogamente all’app RaiPlay. Analogamente su qualsiasi Smart TV o su Amazon Fire Stick / Fire TV Stick con telecomando vocale Alexa con comandi per la TV | Streaming in HD.
Avevo già scritto alcuni post relativamente alle elezioni di quasi un anno fa (Fare lo scrutatore in una elezione è un’esperienza che fa comprendere diverse cose; Come ottenere il compenso per i componenti di seggio delle attuali elezioni (scrutatori, segretari e presidenti): anche se in quel caso si trattava di elezioni amministrative, molte delle considerazioni che avevo fatto valgono anche ora per le prossime elezioni politiche. Ad esempio, avevo sottolineato come fare lo scrutatore in una elezione fosse un’esperienza da provare almeno una volta nella vita in quanto ti fa comprendere diverse cose che diversamente potresti forse solo intuire ma, come sempre, toccare con mano ha sempre un effetto assai diverso! Inoltre avevo anche evidenziato come, soprattutto per un giovane disoccupato, il compenso di uno scrutatore non sia indifferente: infatti, nonostante il numero elevato di ore in cui uno risulta impegnato, in buona parte sono di sola attesa per cui, se si sanno sfruttare opportunamente questi tempi morti (e.g. leggere un buon libro, chiacchierare piacevolmente con i “colleghi” di seggio, telefonare per sbrigare faccende personali da remoto), risultano comunque ben impiegati!! Avevo già anche evidenziato come, nonostante la disoccupazione giovanile crescente e nonostante anche nel sito Facebook di Informa Giovani di Torino fosse stato per tempo pubblicato un post che pubblicizzava tale opportunità, mi sembra ci siano state difficoltà nel reperire persone che accettassero questa tipologia d’incarichi (non dico tanto quello di presidente di seggio, che richiede alcune competenze specifiche, ma anche solo quello di scrutatore con assai meno responsabilità), se è vero che sono state chiamate anche persone, come me, che erano unicamente iscritte nell’Albo degli scrutatori (talvolta senza mai essere state chiamate da decenni) benché non avessero esplicitamente dato la loro disponibilità a ricoprire l’incarico di scrutatore per quelle elezioni specifiche. Infatti, io stesso non ne avevo fatto richiesta esplicita pur avendo richiesto l’iscrizione in quell’Albo, in quanto – sebbene tale richiesta fosse stata accolta avendone i requisiti – nella email che lo notificava avevo trovato indicata questa precisazione: “tale iscrizione all’Albo decorre a partire dal mese di gennaio dell’anno successivo alla presentazione della domanda, se inviata entro il mese di novembre“. Quindi non poteva essere ancora considerata valida per quelle elezioni imminenti di ottobre 2021!
Se non si è ancora iscritti all’albo scrutatori andare in Nuova istanza -> Servizi elettorali (Vai ai moduli) -> Richiesta iscrizione albo scrutatori (COMPILA)
Ma sono stato sorpreso ancor più nel vedere accettati come scrutatori dei giovani che semplicemente si erano presentati in strada, fuori dai seggi, il sabato pomeriggio (sperando nella defezione di qualcheduno in quel primo incontro tra scrutatori e il suo presidente di ciascun seggio) e che non erano neppure iscritti in quell’Albo che richiede immagino specifici controlli per verificare l’idoneità del soggetto a ricoprire tale ruolo: insomma mi è sembrato un qualcosa contro quelle “regole” citate, benché alcune forse non fossero del tutto logiche, come quella indicata, relativa a dover aspettare all’anno successivo alla presentazione della domanda d’iscrizione all’albo! Insomma, sembra che un conto siano le regole formalmente definite e un’altra sia poi la realtà imposta dalle situazioni al contorno… 🤔
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Per queste imminenti elezioni l’impegno richiesto sarà minimo dal momento che si voterà solo un giorno:
dalle ore 15.30 di sabato 24 settembre, sino a conclusione dei lavori, per la costituzione del seggio (in genere poche ore)
dalle ore 7 di domenica 25 settembre per tutta la giornata, comprese le operazioni di scrutinio che avverranno dopo la chiusura dei seggi a partire dalle ore 23.
Ho letto che i compensi per queste elezioni saranno i seguenti:
presidente seggio: rimborso di 187 euro (150 euro di “paga” base più una maggiorazione di 37 euro)
scrutatori e segretari di seggio: 145 euro(120 euro di onorario base più una maggiorazione di 25 euro per l’elezione concomitante)
per i seggi speciali il rimborso è di90 euro per il presidente di seggio e di 61 euro per ogni scrutatore.
Comunque sia, conviene (se non lo si è ancora fatto) iscriversi all’albo degli scrutatori (Iscrizione Albo Scrutatori). Per invece dare poi la disponibilità per essere scrutatore alle prossime elezioni (di domenica 25 settembre 2022) per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato dellaRepubblica, basta andare sul sito di Torino facile: https://servizi.torinofacile.it/cgi-bin/accesso/base/index.cgi?cod_servizio=MO21.
Vediamo ora passo-passo la procedura per effettuare la richiesta dal link indicato, è necessario innanzitutto autenticarsi con SPID o CIE. Quindi si devono seguire i passi mostrati nel seguito:
Scegliere dal menù la voce Nuova istanza
Scorrere in basso fino a trovare la sezione SERVIZI ELETTORALI e selezionare Vai ai Moduli >>
Scorrere fino alla sezione Disponibilità per incarico di SCRUTATORE e premere il pulsante COMPILA: (ovviamente uno può proporsi anche come PRESIDERNTE di SEGGIO ma in quel caso è assai opportuno avere l’adeguata esperienza in quanto tale incarico richiede assai più responsabilità e conoscenza delle procedure richieste!)
Si compilano tutti i dati richiesti contrassegnati da un asterisco rosso a indicare che sono indispensabili per poter procedere: si noti che alcune informazioni si trovano già precompilate in quanto si è effettuato un accesso autenticato.
Per passare al passo di compilazione successivo si deve premere ovviamente Successivo ma si può anche in ogni pagina scegliere prima di salvare i dati inseriti (Salva in Bozza) in modo da pote4r successivamente recuperare il modulo con già tutte le informazioni precedentemente inserite: basterà in quel caso andare nella voce di menù Le mie istanze (anziché scegliere Nuova istanza) per trovare l’elenco dei moduli precedentemente salvati in bozza e recuperare quello relativo alla Disponibilità come scrutatore agendo sull’icona di scrittura presente nella colonna Operazioni (quella più a destra).
Si noti che fino al 24/8/2022per terminare e inviare tale richiesta è indispensabile selezionare almeno una delle dichiarazioni aggiuntive relative alla età inferiore ai 30 anni e/o a essere disoccupato e iscritto alle liste di collocamento. La Commissione Elettorale Comunale nominerà gli iscritti in Albo che si sono dichiarati disponibili secondo l’ordine di arrivo delle dichiarazioni. NOTA BENE – Questo vincolo decadrà a partire da giovedì 25 agosto fino a giovedì 22 settembre, e chiunque potrà compilare il modello di istanza che sarà pubblicato a partire dal 25 agosto sempre sul portale Torino Facile (probabilmente sarà lo stesso modulo in cui non verrà più reso obbligatorio dichiarare uno di quelle due condizioni per poter inoltrare la richiesta).
Insomma, la procedura informatica per inoltrare la propria disponibilità per essere scrutatore alle prossime elezioni mi sembra lineare ben fatta e giustamente privilegia chi è giovane e/o disoccupato iscritto alle leste di collocamento. Anche la scelta di selezionare secondo l’ordine di arrivo delle dichiarazioni coloro che si sono dichiarati disponibili mi sembra la scelta più giusta. Ovviamente, come sempre, la scelta d’inoltrare tale richiesta in modo informatico necessariamente crea un gap ulteriore tra i cittadini (anche se permane la possibilità d’inoltrare il tutto in forma cartacea, ma si perde la priorità). Già in un mio precedente post (Come ricevere, sul proprio telefonino, un ticket elettronico della fila corrente per accedere allo sportello di un ufficio postale, alias come discriminare la clientela in base alle sue capacità informatiche) avevo evidenziato questa pericolosa deriva della nostra società che, in nome di una presunta “semplificazione” sta utilizzando malamente certe tecnologie creando di fatto un sempre maggiore divario tra i cittadini: ora non esistono più solo gap economici e culturali, ma se ne sono aggiunti anche di tecnologici!
Devo dire che, ora che si è estesa la possibilità di accesso autenticato anche tramite CIE (i.e. Carta di Identità Elettronica), la procedura di autenticazione “unificata” può essere un po’ più agevole in quanto non richiede una pregressa procedura di richiesta dello SPID (procedura diversa a seconda dell’operatore) anche se comunque richiede uno smartphone dotato di lettore NFC, installazione dell’apposita app CieID… insomma, un qualcosa non certo alla portata di tutti, meno che mai di una persona anziana! Inoltre molte persone hanno ancora la carta d’identità cartacea (… io compreso) e, se non sono cambiate le condizioni, non mi sembra risulti così agevole richiedere quella elettronica anticipatamente alla scadenza della vecchia cartacea talvolta ancora valida per anni!! Qualora l’anziano, come spesso avviene, non possegga poi uno smartphone o comunque non ne possegga uno con lettore le cose si complicano anche se ho scritto appositamente un altro post (Da un solo smartphone come riuscire a gestire più SPID, anche ciascuno associato a persone differenti) per analizzare le possibili alternative che uno può adottare per cercare di risolvere anche questo ulteriore problematica!
Ma andiamo ora ad approfondire la tematica in oggetto, vale a dire come riuscire ad accedere al sito dell’INPS per conto di una persona che non è in grado di farlo (generalmente anziana o addirittura allettata) e senza che questa abbia i prerequisiti (i.e. SPID, CIE) per poterlo fare semplicemente aiutandola e utilizzando una delle modalità descritte nei miei post precedentemente citati. Questa necessità nasce anche solo per scaricare il CUD relativo alla sua pensione, per cui penso sia una problematica assai comune.
Se uno accede con le proprie credenziali alla propria area privata, vengono subito mostrate le ultime comunicazioni non ancora lette tra cui la seguente del 30 agosto 2021 (se da allora non hai fatto accesso a quel sito): per proseguire si è obbligati a segnare la checkbox con cui uno dichiara di aver preso visione di tale informazione 🙄.
Se uno va nella sezione Delega dell’identità digitale per accedere ai servizi online, sembrerebbe che uno possa effettuare il tutto online, ma questo è solo possibile solo se uno già accede al sito con le proprie credenziali e vuole delegare altra persona e NON per richiedere invece di poter accedere ad altra utenza fornendo ovviamente tutti i documenti richiesti caricandoli digitalmente!
Infatti, se si va nella voce Profilo dal menù che si apre cliccando sul proprio nome in alto a destra, si giunge a una sezione appunto con i propri dati e che consente tra l’altro di effettuare una Delega identità digitale solo per se stessi (i.e. Delega l’accesso per tuo conto e non per richiedere di poterlo avere tu per un’altra persona!): faccio notare che tale menù non è particolarmente intuitivo e ricercandolo semplicemente con il Cerca, non viene agevolmente trovato!
Come dunque fare per accedere al sito dell’INPS in vece di un’altra persona assistita? Il possedere una procura anche generale sembra non serva più di tanto (almeno così mi hanno detto quando contattato). La prima cosa da fare è prenotare un appuntamento all’INPS di competenza: telefonando non i riesce a parlare con un operatore per chiedere spiegazioni per cui sembrerebbe che l’unica è prenotare e aspettare che eventualmente ti ricontattino loro prima dell’incontro per assicurarsi che uno abbia tutti i documenti necessari. I tempi di attesa non sono particolarmente lunghi (cieco una settimana nel mio caso) e quando mi hanno ricontattato mi hanno inoltre detto che nel caso specifico di richiesta di delega dell’identità digitale, uno ci si può recare anche direttamente nella sede INPS anche senza necessità di una specifica prenotazione! Sembra che la strada più veloce sia quella di richiedere al medico di famiglia dell’assistito di compilare il modulo AA11 (Certificazione/Attestazione del medico del SSN dell’impossibilità del cittadino a recarsi presso una Struttura INPS) e quindi produrre il modulo AA08 (Richiesta di registrazione delega dell’identità digitale) firmata dal delegante (i.e. l’assistito). Ovviamente si deve portare sia la carta d’identità sia il codice fiscale del delegante e del delegato.
Insomma, pur nella complicazione, devo dire che la procedura si è dimostrata non così lunga e complicata come inizialmente mi era sembrata e nel giro di pochi giorni sono riuscito a ottenere la delega per accedere al sito dell’INPS anche per l’assistito.
Ora, una volta che mi autentico con il mio SPID/CIE, mi viene chiesto per quale persona voglio operare (i.e. per me o per l’assistito). Se scelgo l’assistito, poso operare a nome suo e quindi scaricare, ad esempio, il suo CUD. Conviene altresì impostare anche per lui i propri contatti personali in modo da ricevere sulla propria email e numero telefonico anche le comunicazioni per l’assistito:
Per decenni ho avuto a che fare con l’informatica, ho progettato e sviluppato SW e credo ancora che la tecnologia, anche quella informatica, possa aiutare a semplificare la vita di tutti, quella di qualsiasi cittadino. Purtroppo devo constatare sempre più che attualmente la realtà ci dimostra come invece un non appropriato utilizzo di queste tecnologie stia facendo aumentare il divario tra gli eletti capaci di sbrigarsela con PC/telefonino e il resto della popolazione: i primi ne sanno sfruttare i vantaggi a scapito degli altri che si trovano sempre più in difficoltà a svolgere anche quelle semplici operazioni che un tempo riuscivano a fare senza particolari problemi. Questi ultimi non sono solo anziani o persone prive di Cultura, ma i tratta di una ampia fascia della popolazione che comprende anche professionisti di alto livello nel loro campo.
Mi viene in mente la canzone Il tutto è falso di G. Gaber in cui in un verso recita:”… quest’assalto di tecnologia ci ha sconvolto la vita…”. Il problema tuttavia non risiede nella tecnologia di per sé, ma di come viene utilizzata non tenendo troppo conto di chi sarà poi l’utilizzatore finale! Per un servizio al cittadino, non si può richiedere necessariamente l’utilizzo di uno smartphone e si deve comunque prevedere anche una procedura alternativa che non sia penalizzante per chi deve utilizzarla. Inoltre, anche nell’uso di un’app, questa deve presentare un’interfaccia agevole che presenti subito nella sua homepage icone/link ai servizi, almeno per quelli più richiesti (e.g. l’acquisizione del ticket per la coda ad un ufficio postale richiede invece una procedura che inizia scegliendo dal menu la voce Cerca su mappa… insomma un qualcosa non certo ovvio!). Ogni procedura deve poi essere minimale e non richiedere passi non indispensabili (e.g. per prendere tale ticket perché richiedere l’autenticazione?). Infine, era poi chiedere troppo mettere ben in vista, fuori di ogni ufficio postale, ad esempio un QR code per accedere a una pagina del sito delle Poste che fornisca quel servizio già associandolo a quello specifico ufficio postale? Esistono App web che non richiedono di essere installate essendi di fstto “semplici” siti che forniscono un’interfaccia da app e permettono eventualmente di salvare una loro icona sul lo smartphone per poterli attivare più semplicemente (e.g. vedi, ad esempio, Angular, React, Vue or … BLAZOR? How to build a Web UI with C#). Insomma delle metodologie utili, atte a semplificare i processi informatici esistono, ma troppo spesso non vengono utilizzate adeguatamente!
Questa mattina mi sono recato in un ufficio postale per via di una raccomandata che desideravo ritirare al più presto per cui non avevo utilizzato la procedura di prenotazione che generalmente rimanda almeno al giorno seguente. Vista tuttavia l’entità della coda, dopo una mezzora di attesa, avendo davanti a me ancora una decina di persone, mi sono deciso comunque a provare di vedere se la tempistica di una prenotazione non fosse troppo penalizzante. Ho scoperto allora che ora l’app Ufficio Postale delle Poste Italiane consente non solo di prenotare un turno allo sportello per un momento successivo, ma anche richiedere il ticket della fila corrente, analogamente a quanto si può fare da tempo tramite il distributore automatico di ticket presente all’interno dell’ufficio postale… oramai inaccessibile da anni per via della pandemia che ha comportato un ingresso assai scaglionato all’interno degli uffici postali per cui la coda ora viene fatta fuori in strada! Così operando, acquisendo il ticket relativo al servizio desiderato, ho atteso pochi minuti affinchè sul tabellone (visibile anche da fuori attraverso i vetri) comparisse il mio numeretto e poi, “superando” la coda, sono riuscito a entrare prima di altre persone arrivate in coda ben prima di me. Comunque stavo svolgendo un’operazione del tutto regolare secondo le procedure previste dalle Poste Italiane e perciò nessuno ha nemmeno protestato… ma io mi sono vergognato nel mio intimo per essere tra i pochi a essere riuscito a sfruttare questa possibilità non certo alla portata di tutti: da qui la determinazione di scrivere questo post pur sapendo che comunque non potrà mai sopperire il gap tecnologico di cui sopra, ma almeno potrà aiutare qualche conoscente o visitatore del blog! Mi chiedo: non sarebbe forse meglio spostare il distributore dei ticket cartacei al di fuori dell’ufficio postale in modo da rendere la regolamentazione della coda più equa per tutti? … e poi: perché almeno non pubblicizzare in modo adeguato (e.g. con un foglio appeso fuori dall’ufficio postale) tale possibilità resa disponibile dall’app in tutti quegli uffici postali in cui si prevede un grande afflusso e che quindi richiedono una gestione della coda tramite ticket? Perché poi non rendere più agevole e intuitivo tale processo di acquisizione del ticket tramite l’app? Infatti nella sua homepage non esiste alcuna icona che renda agevole iniziare tale procedura di prenotazione/acquisizione ticket per la coda. Si deve altresì utilizzare una lunga procedura elencata nel seguito, per nulla banale e nemmeno del tutto intuitiva, che ovviamente prevede come prerequisito non solo di aver installato l’app Ufficio Postale sul proprio smartphone, ma anche di aver già proceduto alla registrazione delle proprie credenziali per accedere alle Poste Italiane. Ecco elencata passo-passo la procedura attualmente necessaria (si noti che richiede, per essere iniziata, di aprire il menù selezionando Cerca su mappa… insomma un qualcosa di assai ovvio!!):
Aprire il menù in alto a sinistra
Selezionare la voce Cerca sulla mappa
Selezionare, toccandolo con il dito, l’ufficio postale desiderato da una mappa ottenuta filtrando opportunamente per località/indirizzo (o consentendo all’app di conoscere la propria posizione corrente)
Premere il pulsante Prenota ticket che compare in basso una volta selezionato l’ufficio postale desiderato che muta il colore da giallo a blu
Autenticarsi con le proprie credenziali di Poste Italiane (nota: ma perché mai ci si deve autenticare dal momento che, se si potesse prendere il ticket cartaceo dal distributore interno, uno non dovrebbe mica farsi riconoscere? 🤔🙄)
Selezionare Mettersi in fila per acquisire il ticket per la coda relativa a quel l’ufficio postale selezionato
Selezionare il tipo di servizio per il quale si vuole ricevere il ticket
A questo punto viene assegnato un ticket con un codice alfanumerico che verrà poi mostrato sul tabellone presente internamente all’ufficio postale (per cui ci si deve posizionare vicino ai vetri per poterlo vedere e per poi quindi recarsi all’ingresso!)
Nel seguito mostro passo-passo gli screenshot della procedura descritta per agevolare la sua realizzazione. Faccio notare che, inspiegabilmente, diverse pagine del processo non consentono di essere catturate come screenshot, per cui quelle ho dovuto fotografarle per mostrarvele: se si cerca di salvarle viene infatti mostrato l’avvertimento Impossibile acquisire la schermata a causa dei criteri di protezione: certo che salvare quelle videate può portare a seri problemi di privacy, sicurezza o quant’altro 🙄!
Si noti che anche tornando alla homepage dell’app, in alto compaiono i ticket che uno ha richiesto (se ce ne sono più di uno si possono vedere scorrendoli orizzontalmente) ciascuno dei quali presenta il pulsante Monitora coda che consente appunto di verificare a che punto uno sia nella coda.
P.S. questo post è stato iniziato diversi anni fa. Sebbene non sia ancora terminato e debba essere sicuramante rivisto, penso meriti di essere comunque pubblicato anche così com’è da tempo, sperando di avere nel futuro tempo per migliorarne la forma ed anche i contenuti!
Sebbene nel seguito del post indicherò alcuni accorgimenti generici applicabili a qualsiasi smartphone qualsiasi sia il laucher utilizzato… inizio subito a suggerirne uno (Square Home) che penso rispetti diversi principi da me poi indicati! Perciò metto il riferimento a un video in cui ho spiegato come configurare il laucher Square Home che reputo quello che consente di fornire un’interfaccia utente semplice ed intuitiva per chiunque. Se non sai cos’è un Laucher vedi qui. In pratica è un’app che si può sostituire a quella di default di qualsiasi produttore di Smartphone e che modifica, anche radicalmente, l’interfccia utente della homepage. Ovviamante quando si installa un’app laucher la si può provare e poi, se uno lo desidera, tornare agevolmente ad usare quella di default del costruttore (che tra l’altro non si può disinstallare, mentre gli altri laucher che uno può scaricare dal Play Store ed installare si possono eventualmente eliminare se non piacciono)… insomma non si rischia nulla a provarne di altri diversi da quello preinstallato del costruttore!
Indice del video:
00:00:00 – Installazione e configurazione di Square Home, ‘laucher’ alternativo a quello predefinito del costruttore (quindi già presente e attivo di default nello smartphone di ciascuna marca)
00:00:08 – Qualsiasi ‘launcher’ può essere installato e provato. Poi, se si desidera, si può ritornare ad avere quello del costruttore dello smartphone che rimane comunque sempre presente (anzi, non si può disinstallare)00:
00:01:44 – Esempio di configurazione finale di un qualsiasi smartphone Android con impostato “Square Home” come ‘launcher’ per un uso semplificato (configurazione indicata anche per una persona anziana)
00:03:22 – Notifiche sulle piastrelle (tile) per accorgersi subito di cambiamenti di stato e/o nuove informazioni da leggere
00:05:16 – Installazione e lancio del wizard di “Square Home” per una sua iniziale configurazione
00:07:44 – Come entrare nella modalità di modifica che consente di aggiungere/configurare piastrelle (tile) e gestire anche più pagine nella Home
00:10:32 – Pagina con la lista dei contatti; Pagina con la lista delle app – Scorrimento ciclico tra le pagine della Home
00:12:23 – Inserimento delle tile più opportune per un uso facilitato delle funzionalità disponibili su un qualsiasi smartphone Android
00:14:05 – Aggiunta di una tile associata a ciascun contatto assai utilizzato (mostrando anche una sua immagine nella tile stessa); click semplice: apertura della scheda del contatto; click prolungato: chiamata a un suo numero specifico.
00:17:37 – Come inserire ora/sveglia
00:18:48 – Impostare una torcia
00:19:11 – Impostare un browser (Edge, Chrome)
00:19:41 – Visualizzazione del livello di carica della batteria
00:21:03 – Foto scorrevoli in modo random
00:21:48 – Inserimento widget di alcune app di utilità (e.g. previsioni meteo)
00:24:40 – Inserire un calendario
00:26:01 – Gestione delle etichette
00:27:20 – Come cambiare l’icona di una tile
00:30:23 – Impostare il tocco prolungato per aprire l’app associata ad un widget
Talvolta ci sono post che hanno una lunga genesi e rimangono privati per mesi o anni, in attesa di essere terminati e più compiuti: questo è uno di quei post iniziato più di un anno fa. Sebbene forse incompiuto (ma come farebbe a esserlo?) lo pubblico perché penso possa fornire comunque utili indicazioni a chi si trovi nel dilemma di comperare/configurare uno smartphone per una persona anziana o comunque con scarse attitudini verso la tecnologia. Più volte in questi anni mi sono trovato anch’io a dover scegliere un telefono per parenti anziani per cui nel seguito cercherò di fornire alcune indicazioni utili e aggiornate. Tuttavia questo post non è unicamente rivolto alle persone anziane (o meglio a chi deve provvedere a configurare appropriatamente un telefono per un uso da parte di una persona anziana) bensì anche a tutti coloro che desiderano migliorare l’usabilità dell’interfaccia del loro smartphone: io stesso, che sono un esperto del settore, ho adottato molti dei consigli che mi sono sentito di fornire nel seguito non solo nel configurare lo smartphone di familiari/conoscenti ma anche del mio personale!
Avevo già scritto i seguenti post, in cui avevo cercavo di analizzare e confrontare alcuni telefoni che nel tempo avevo avuto modo di comprare e/o provare personalmente, per un uso facilitato da parte di persone anziane:
Sono dei post di qualche anno fa, ma mi stupisce sempre il fatto che ancora oggi sono tra quelli più visitati, a dimostrazione dell’interesse che esiste per questa tipologia di telefoni, essendo la popolazione attuale composta sempre più da persone di età avanzata e generalmente con difficoltà a star dietro alle continue innovazioni tecnologiche. Queste ultime, anziché risultare loro di ausilio come dovrebbero, troppo spesso presentano novità che invece ostacolano per loro quelle poche operazioni essenziali che desidererebbero compiere quale, ad esempio, effettuare una semplice telefonata a un familiare e magari inviare un messaggio anche solo con metodologie vecchie, vale a dire come SMS! Non è quindi inusuale trovare ancora anziani che continuano a utilizzare un vecchio telefonino usurato, in quanto da anni conoscono a menadito le sue seppur obsolete procedure per accedere alle poche funzionalità di cui necessitano… e non lo cambierebbero con nessun altro modello di generazioni successive!
Vecchio Nokia ancora utilizzato quotidianamente (con la batteria originale!) nonostante i numeri dei tasti, consumati dall’usura, non si leggano neppure più!
Il mio giudizio di allora, sui modelli provati specifici per una clientela anziana, era stato piuttosto critico e questo mio personale giudizio mi sembra confermato dai diversi commenti e richieste di delucidazioni sul funzionamento/configurazione di quegli apparati allora analizzati che ancora oggi vengono venduti spesso solo con minime variazioni di modello, ma con caratteristiche sostanzialmente analoghe. Allora, non mi ero quindi sentito di raccomandare nessun modello in particolare (soprattutto quelli per telefonia fissa), in quanto tutti avevano tradito le mie aspettative: mi ero quindi limitato a riportarne non solo i pregi ma soprattutto i difetti riscontrati che ovviamente avevo comunicato via email anche ai servizi clienti dei rispettivi produttori… senza tuttavia ricevere da loro alcun riscontro! 😦
In generale, se si escludono i tasti e/o le scritte sul display magari di maggiori dimensioni, tutti risultavano davvero poco più utilizzabili da una persona anziana rispetto a un classico telefono “normale” di costo assai inferiore. Inoltre, le funzionalità specifiche presenti risultavano difficilmente configurabili da un utilizzatore di una certa età o anche da un familiare più giovane senza particolari nozioni tecniche, anche per l’assenza di un manuale utente chiaro e la presenza di procedure di configurazionecomplicate e quindi non certo alla portata di tutti. Insomma sono telefoni che promettono molto, ma poi si perdono in termini di effettiva usabilità da parte dell’utenza per i quali dovrebbero essere pensati! Inoltre, benché generalmente non troppo costosi, di fatto lo sono se si vanno a vedere sia le tecnologie utilizzate (talvolta addirittura obsolete) sia la loro qualità costruttiva!
Il mio giudizio assai critico di allora, sui diversi modelli analizzati, sarebbe confermato ancora oggi non essendo comparsi sul mercato, a mia conoscenza, modelli che si discostino di molto da quelli da me già provati qualche anno fa: aspetto eventuali commenti o suggerimenti se ne avete!!
Sempre in quei post avevo già evidenziato come i modelli per telefonia mobile(i.e. cellulare) fossero, in base alla mia esperienza, in generale più indicati a un’utenza anziana, rispetto ai modelli per la telefonia fissa. Infatti le soluzioni che utilizzano telefoni fissi/wireless, seppure spesso forniscano in dotazione un telecomando capace, se premuto, di attivare una telefonata di emergenza, si scontrano poi sia sulla portata dello stesso in presenza delle pareti di casa, sia sulla modalità di gestione dell’attivazione remota della chiamata che risulta spesso non agevole e/o consona (e.g. la base si mette a suonare così forte da provocare ancora più ansia e sconcerto nell’anziano che si trova già in difficoltà dal momento che, appunto, ha attivato quell’allarme). Inoltre, i cellulari possono essere portati anche fuori dall’ambiente domestico e perciò si possono utilizzare ovunque, anche eventualmente per chiamate di emergenza: taluni modelli poi presentano addirittura anche un apposito tasto fisico di emergenza, magari sul retro per non essere confuso con altri dedicati a una chiamata facilitata verso alcuni numeri preimpostati di maggior interesse (e.g. figlio/figlia).
Optando quindi per una soluzione che fa uso di un telefono cellulare, nel seguito cercherò di fornire alcune indicazioni utili per configurare al meglio un qualsiasi smartphone, anche di fascia bassa (ma non troppo!), affinché possa risultare più agevolmente utilizzabile anche da una persona con limitate conoscenze tecniche e magari anziana! Infatti, spesso è sufficiente usare alcuni accorgimenti per trasformare un cellulare “normale” in uno decisamente più usabile anche da una persona anziana rispetto a modelli venduti specificatamente per quella tipologia di clientela, guadagnandoci non solo in prestazioni (e.g. memoria interna, RAM, versione del Sistema Operativo, qualità costruttiva), ma anche economicamente in quanto venduti a minor prezzo essendo prodotti in maggior quantità.
Nella prossima sezione incomincio a elencare delle best practice, cioè fornirò alcune indicazioni di carattere generale per rendere uno smartphone più consono per un uso semplificato, con una particolare attenzione alle esigenze specifiche di una persona anziana: queste considerazioni valgono indifferentemente dalla marca o dal sistema operativo dello smartphone. Solo successivamente andrò nello specifico su come configurare uno smartphone Android seppur generico. Questa mia scelta è stata dettata dal fatto che quelli più economici hanno quel sistema operativo e quindi ho reputato più opportuno dettagliare meglio la configurazione per quella tipologia di cellulare probabilmente il più indicato per questa tipologia di utilizzatore. Inoltre solo il sistema operativo Android prevede di poter scegliere un’interfaccia utente di gradimento cambiandola radicalmente rispetto a quella fornita originariamente dalla ditta costruttrice del dispositivo e questo semplicemente installando un laucher di proprio gradimento e impostandolo come quello attivo al posto di quell’altro di default. La pagina home può cambiare così anche radicalmente offrendo una differente esperienza utente che può rendere il dispositivo con caratteristiche peculiari, rendendolo potenzialmente molto più usabile. Per chi non lo sa, il launcher (traducibile in italiano come lanciatore di applicazioni, sebbene sia sempre utilizzato il suo originario termine inglese) non è nient’altro che un programma per che, costruendo l’interfaccia utente della pagina Home, consente a un utente d’individuare e avviare altri programmi, fornendo scorciatoie opportune in modo che siano più facili da trovare e da lanciare con la modalità che preferisce. Di launcher disponibili sugli store tipo il Play Store di Google ce ne sono molteplici e si aggiungono a quelli sviluppati dai costruttori degli smartphone presenti quindi di default: solo ‘in Wikipedia ne vengono nominati una cinquantina sebbene sia un elenco parziale di quelli effettivamente disponibili! Alcuni di questi sicuramente risultano più facili da utilizzare per un utente anziano, anche solo perché consentono di avere pulsanti grandi, magari con immagini (e.g. la foto della persona da chiamare) che ne evidenziano bene la funzione.
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Best practice
In questa sezione trovate alcune best practice elencate in modo casuale e non per ordine d’importanza … La scelta della rilevanza di ciascuna, la lascio al lettore anche perché può essere soggettiva. Nuovamente sottolineo che quelle elencate nel seguito sono indicazioni che possono tornare utili a chiunque desideri rendere più agevole e semplice l’interazione con il proprio smartphone, indipendentemente dall’età!! 🙂
Scegliere modelli di smartphone di dimensioni medi (non troppo grandi, ma nemmeno troppo piccoli): le funzionalità richieste da un anziano sono limitate e fondamentalmente sono legate alla semplice telefonata a qualche familiare, sebbene possano essere anche utilizzate convenientemente alcune (generalmente poche) app specifiche. È vero che più grande è lo schermo più possono risultare leggibili le informazioni visualizzate, ma risulta in genere comunque inutile avere un dispositivo superiore ai 5,84″, in quanto risulterebbe solo più ingombrante/pesante e quindi meno “portatile”: la dimensione dei caratteri può comunque essere impostata a piacere in un qualsiasi modello anche uno con display medio. Inutile poi scegliere modelli troppo costosi, in quanto, per questo specifico utilizzo, non è richiesta una potenza particolare in termini di CPU e quindi andrebbero sprecate maggiori potenzialità pagate a caro prezzo. Si tenga tuttavia presente che una memoria locale nel telefono di almeno 32G è oramai opportuna soprattutto se si usano sistemi di messaggistica (e.g. WhatsApp) che notoriamente richiedono di essere installati e operare necessariamente nella memoria interna del telefono e non eventualmente su una esterna (i.e. memoria micro SD): d’altra parte si trovano anche modelli base low cost che possiedono almeno quella memoria! Diversamente, se viene fatto un uso intensivo di programmi come WhatsApp per scambiarsi foto e messaggi vocali, periodicamente risulta indispensabile cancellare tali chat (salvando eventualmente altrove le informazioni che è utile mantenere, generalmente poche!) se si desidera preservare un buon funzionamento anche solo delle funzionalità base dello smartphone. Scegliere un modello che possegga l’NFCpuò risultare conveniente in quanto questa funzionalità consente di leggere la carta d’identità elettronica e quindi utilizzarla (utilizzando il codice segreto fornito contestualmente alla sua consegna) come metodologia di autenticazione (in alternativa all’uso dello SPID o anche per richiedere quello stesso in modo agevole da casa, senza doversi recare altrove (e.g. in un ufficio postale) per farsi riconoscere.
Evitare d’inserire i PIN sia per il blocco schermo sia per l’uso della SIM. Infatti, talvolta non è il caso di complicare inutilmente l’accesso al telefono per una remota possibilità di furto (salvarsi l’IMEI semmai fosse rubato/perso è comunque buona norma!). Risulta più che sufficiente impostare lo screen saver magari con un tempo di attivazione non troppo stringente (e.g. almeno di qualche minuto), per lasciar all’utilizzatore tutto il tempo necessario per concludere con calma ciò che desidera fare prima che lo schermo diventi nero in quanto entrato in modalità di risparmio energetico. Ovviamente questo punto vale esclusivamente qualora l’utilizzo del cellulare avvenga principalmente in ambito casalingo: diversamente, se ci sono possibilità di un suo uso fraudolento o di furto, entrambi quei PIN devono essere impostati!
Inserire nella rubrica unicamente i (probabili) pochi contatti che la persona intenderà veramente chiamare. Inoltre, possibilmente associare un solo numero telefonico a ciascuna voce in modo da evitare inutile entropia e potenziali problematiche. Infatti, il numero da chiamare non solo potrà così essere individuato più agevolmente tra la lista dei contatti, ma anche a livello di riconoscimento vocale (qualora si utilizzasse poi anche questa modalità d’interazione) risulterà più agevole all’assistente vocale individuarlo, evitando così di richiedere ulteriori interazioni per riuscire a selezionare il numero desiderato (e.g. “Desideri il numero di cellulare o di casa?“). Perciò se per una persona si hanno, ad esempio, sia un numero di casa sia un numero di cellulare, molto meglio creare due contatti separati (e.g. “Mario casa” e “Mario cellulare“). L’associazione a un contatto di più numeri specificandone la tipologia, benchè sia una funzionalità presente in ogni rubrica, non la consiglio quindi a un’utenza anziana.
Tutte le funzionalità più “complesse” non devono essere rese disponibili (o risultare il più possibile nascoste), in modo da evitare che interazioni inappropriate con il dispositivo possano portarlo in condizioni inaspettate. L’interazione tramite il tocco dello schermo (touchscreen), se da un lato agevola l’interazione con l’utente, può risultare “pericolosa” se basta un tocco incauto per generare una funzionalità in quel momento indesiderata (e.g. attivare una telefonata, accendere la luce del flash). Evitare quindi di rendere disponibili troppo agevolmente azioni che possano portare a risultati indesiderati, almeno in quel momento. Comunque sia, deve essere esposta chiaramente all’utilizzatore una semplice procedura da seguire semmai quella spiacevole eventualità dovesse comunque accadere: la più conveniente e semplice è quella di riavviare il dispositivo per riportarlo alle condizioni “conosciute”. Perciò se lo smartphone non funziona come uno si aspetta, è conveniente effettuare un suo riavvio (molto meglio che solo spegnerlo e riaccenderlo, in quanto solo così il telefono parte realmente da una condizione iniziale “pulita”, analogamente a quanto avviene per un PC).
Attivare tutte quelle funzionalitàorientate a facilitare la visione di un testo sullo schermo. Infatti nei cellulari di qualsiasi marca/modello esiste la possibilità di una configurazione per un uso facilitato, sebbene ogni marca abbia le sue opzioni specifiche e relative modalità d’impostazione. Nel seguito mostro, solo a titolo di esempio, alcune di quelle presenti sul mio telefono Samsung:
Aumentare le dimensioni del carattere e delle icone;
Aumentare le dimensioni della tastiera e sceglierne una a contrasto elevato;
Rendere attivabile (e.g. con doppio tocco sul display) la modalità d’ingrandimento di ciò che è visualizzato sullo schermo: ritoccando poi analogamente, la visualizzazione ritorna normale;
Impostare sempre attiva la Modalità notte per avere lo sfondo nero con le scritte in bianco, in quanto queste risultano più visibili, gli occhi si stancano meno e inoltre (almeno nel caso di telefoni con display OLED) si consuma meno batteria;
Attivare Protezione da tocchi accidentali;
Aumentare al massimo anche le dimensioni dei pulsanti presenti nella toolbar visualizzabile in alto (visualizzabile facendo scorrere verso il basso il dito partendo dall’estremità superiore dello schermo). Nota: la Modalità facile, presente tra le impostazioni nella sezione Schermo in alcuni telefoni Samsung, sebbene sia concepita appositamente per avere elementi più grandi sullo schermo, potrebbe tuttavia modificare pesantemente tutte le componenti dell’interfaccia fino a renderla inutilizzabile in talune situazioni, per cui ne sconsiglio l’utilizzo. Quindi, meglio modificare a manina solo le cose che servono, ad esempio la dimensione dei caratteri e delle icone!
Provare ad attivare la modalità di chiamata tramite riconoscimento vocale. Questa modalità d’interazione può risultare più agevole per qualche anziano (non per tutti!), soprattutto per effettuare una chiamata a un contatto non abituale e quindi non configurato opportunamente per poter essere gestito in modo privilegiato tramite, ad esempio, un pulsante SW dedicato/icona con foto, opportunamente collocato nella pagina Home. Se sul telefono si registrano solo i pochi contatti che usa veramente la persona, il riconoscimento (e quindi la selezione del contatto desiderato) avviene in modo assai preciso, soprattutto una volta istruito opportunamente il riconoscitore vocale con la voce dell’utilizzatore (sempre che sia prevista una possibile fase iniziale di training per affinare il riconoscimento del parlato). Basterà quindi premere in modo prolungato il tasto Home (generalmente quello centrale) per attivare il riconoscitore vocale e dire<<Chiama ‘nome_contatto’>> (oppure <<Telefona a ‘nome_contatto’>>) perché la telefonata si attivi immediatamente. In alternativa, si può configurare il cellulare per attivare anche vocalmente il riconoscitore dicendo “OK, Google” (se si è scelto il riconoscitore vocale di Google, generalmente quello presente di default nei telefoni Android). A un contatto conviene associare un nome semplice oltre che ovviamente univoco (e.g. Luisa). Usare sia il nome sia il cognome per riferirsi a un contatto, può risultare inutile in questo contesto, in quanto complicherebbe inutilmente la sua identificazione per la persona anziana: conviene infatti sempre e comunque mantenere l’usuale modalità con cui l’anziano chiama abitualmente quella persona. Inoltre, come già consigliato, a ciascun contatto conviene associare un unico numero telefonico, creando eventualmente più contatti se si desidera telefonare alla medesima persona utilizzando diversi numeri: tutto questo aiuta a effettuare più agevolmente e velocemente una chiamata, evitando potenziali successive interazioni con l’assistente vocale (e.g. “Vuoi chiamare casa o cellulare?“). Così operando, basterà attivare il riconoscitore (con il tasto apposito o invocandolo a voce con “OK, Google“) e dire “Chiama Mario” per far sì che la chiamata venga subito inoltrata verso l’unico numero associato al contatto Mario. Se poi per una stessa persona si creano più contatti per ciascuna tipologia di numero nominandoli opportunamente (e.g. “Mario casa“, “Mario Cellulare“, “Mario lavoro“) si riesce agevolmente a ottenere il medesimo risultato (e.g. “Chiama Mario casa“/”Chiama Mario Cellulare“/”Chiama Mario lavoro“). In teoria anche assegnando a un medesimo contatto più tipologie di numeri, ad esempio quello di casa, il cellulare e quello del lavoro,sempre dicendo “Chiama Mario casa“/”Chiama Mario Cellulare“/”Chiama Mario lavoro” dovrebbe attivarsi subito la chiamata al numero corrispondent, ma si rischia maggiormente una ulteriore interazione qualora l’assistente non riesca ad individuare la tipologia di numero desiderato per quel contatto. Inoltre, sempre nel caso di più numeri associati ad un contatto, qualora poi si dica semplicemente “Chiama Mario“, a seconda dei sistemi verrà chiamato di default il suo cellulare, il numero impostato come predefinito o l’assistente vocale interverrà per richiedere maggiori dettagli.
Modalità di chiamata di un contatto mediante il riconoscitore vocale Assistente Google di Google
8.Creare delle shortcut nella homepage, sia per i contatti più utilizzati sia per alcune (poche) app di effettivo interesse. Ovviamente la selezione di quali app scegliere dipende da persona a persona ma nel seguito provo a elencarne alcune di esempio da valutare sebbene probabilmente una persona anziana a mala pena sa che cosa sono email, browser e file explorer … e quindi può non sapere che farne!
Telefono
SMS
Ora/Sveglia;
WhatsApp; o analoga app di messaggistica (e.g. Telegram, Signal: vedi questo post)
Album fotografico
Macchina fotografica: sebbene esista in tutti gli smartphone una shortcut per attivare la telecamera (e.g. doppia pressione del tasto fisico di accensione), risulta conveniente prevedere anche un’attivazione tramite opportuna icona sulla homepage.
Lettore musicale: si devono ovviamente poi caricare (eventualmente su una memoria SD) dei brani in MP3 d’interesse. In alternativa ci si può abbonare ad Amazon Music (eventualmente agganciando un account di Amazon Prime – anche uno di un familiare – per avere già un’ottima disponibilità di musica a costo zero).
Rai Play Radio: consente non solo di ascoltare le trasmissioni radio in onda, ma anche quelle terminate. Inoltre consente di accedere a una raccolta di diverse decine di audiolibri di ogni genere, provenienti dalla bella trasmissione radiofonica “Ad alta voce” (vedi mio post sugli audiolibri). Qualora uno sia interessato ad ascoltare audiolibri, l’app di Audiblepuò essere poi un’ottima soluzione a pagamento alternativa per ascoltare agevolmente centinaia di audiolibri di ogni tipologia (non solo romanzi) anche in lingua italiana. Gli audiolibri sono un’ottima alternativa alla lettura di libri soprattutto quando si hanno problemi alla vista ma non solo: li si può ascoltare guidando, effettuando lavori manuali o passeggiando in campagna o prendendo il sole sulla spiaggia!
Previsioni del tempo: personalmente trovo valido 3B Meteo di cui esistono anche widget già capaci di mostrare graficamente le previsioni in sintesi.
Lente d’ingrandimento: spesso è una funzionalità fornita dal costruttore (e.g. Lente); esistono comunque anche nel Play Store diverse app alternative (e.g. La lente di ingrandimento, Magnifier).
Registratore vocale: generalmente si utilizza quello fornito dal costruttore del telefono, ad esempio Registratore vocale di Samsung che fornisce poi anche la possibilità di salvare la registrazione come testo), sebbene ne esistano diverse nel Play Store.
Promemoria: esistono molteplici app che consentono di annotare promemoria anche vocali. Microsoft ToDo è una di queste particolarmente completa.
Calcolatrice base: inutile inserire calcolatrici scientifiche complicate. Va più che bene una base con solo le quattro operazioni principali! Anche questa app generalmente esiste già di default, fornita dalla ditta costruttrice stessa.
Indicatore del livello di carica della batteria: sebbene in tutti gli smartphone sia presente di default tale indicazione nella barra di stato in alto a destra, sicuramente risulta molto più visibile una indicazione della carica mostrata tramite un widget di dimensione opportuna. Io utilizzo quella integrata già nel launcher Square Home in quanto altre app analoghe provate (e.g. Battery Widget Reborn (Free) – App su Google Play) o si acquistano o introducono fastidiose pubblicità.
Torcia: anche questa è una funzionalità raggiungibile tra le icone visualizzabili aprendo la barra di stato in alto, ma può risultare comunque utile fornirla anche tramite un’apposita icona sull’homepage più agevolmente visibile. Per evitare che si accenda senza volerlo, conviene sia posizionare tale icona/tile tra le ultime in basso (in modo che si debba far scorrere in giù per visualizzarla) sia prevedere una sua attivazione solo con una pressione prolungata di quello stesso pulsante SW.
Calendario: anche qui le scelte sono molteplici da Outlook ad altri. Può essere sufficiente utilizzare anche solo quello di default sviluppato dal produttore del telefono, quindi già preinstallato in esso
Block notes: le alternative sono molteplici. Personalmente mi piacciono Quick Notee Microsoft OneNote (più completa, ma un po’ più complessa).
Lista di cose da fare: l’app Microsoft To Do può, ad esempio, tornare utile per pianificare la giornata e gestire le cose da fare o anche le molteplici app per gestire semplicemente una lista della spesa (e.g. Lista della spesa).
E-mail: diversi sono i client di posta elettronica capaci eventualmente di collegarsi anche a più email. Le migliori sono, a mio parere,Outlook e Gmail.
Browser: Chrome o Edgesono, a mio parere i browser migliori, ma possono dover essere installati in quanto ciascun produttore propone di default un proprio browser (e.g.Samsung Internet Browser; Mint Browser di Xiaomi). Personalmente preferisco non utilizzare i browser proprietari dei costruttori di smartphone sebbene tale loro app spesso non si possa comunque disinstallare.
Esplora file: consente di ricercare file nelle carte, ad esempio in quella di Download dove vengono salvati per default tutti i file scaricato da un browser. Non sempre tale app – che reputo essenziale avere – viene chiaramente resa disponibile dal costruttore, per cui può essere necessario ricercarne una nel PlayStore (e.g. Gestore File, File Manager, File Manager +, X-Explore)
Memorizzare biglietti da visita e carte varie: può tornare utile un’app per memorizzare carte (carta d’identità, carta sanitaria/codice fiscale, carta fidelizzazione di negozi). CamCard può essere una valida opzione tra le molte.
Giornali online (e.g. La Stampa, La Repubblica, Rai News).
Promemoria per assunzione medicine:sebbene uno possa impostare anche semplicemente diverse sveglie attive tutti i giorni, esistono anche specifiche app che consentono una gestione più puntuale della propria terapia con, ad esempio, possibilità di specificare le dosi, monitorare le scorte, mantenere una traccia cronologica delle assunzioni prese e magari associare anche altre informazioni fisico/sanitarie (e.g. peso, annotazioni, pressione). (e.g. Promemoria per medicine, farmaci e pillola; Pill Reminder & Medication Tracker – TakeYourPills)
App specifiche di dispositivi sanitari quali ad esempio pesa persone, misuratori di pressione, glicemia o quant’altro misurato dal dispositivo connesso via bluetooth.
App per la gestione di una smart home (e.g. accendere la luce, alzare/abbassare tapparelle motorizzate, pilotare l’apertura della porta, gestire il riscaldamento, visualizzare telecamere, gestire la musica)
Attivare la funzione di localizzazione che consente di determinare la posizione della persona anziana, utile soprattutto quando si trova fuori casa. Esistono diverse app specifiche ma è sufficiente attivare una delle funzionalità presenti in Google Maps come ho descritto nel post How to share current position among family members (especially useful for elderly people, kids, teenagers) che avevo scritto in inglese ma che puoi comunque leggere tradotto utilizzando la funzionalità intrinseca del tuo browser (vedi Come veder tradotta una pagina di un sito nella propria lingua madre) o anche utilizzando questo link che fa uso del traduttore di Google. Questa tipologia di app consentono infatti di localizzare con ottima approssimazione la posizione di alti cellulari e di conseguenza quella del suo possessore: ovviamente l’app deve essere lanciata in background e si devono fornire le dovute autorizzazioni per consentire di fornire la propria posizione a una o più persone ben definite. Qualora la persona si trovi internamente a un edificio (e quindi in assenza di segnale GPS), rimane indicata l’ultima posizione rilevata con l’ora dell’ultima rilevazione: se lo smartphone è comunque connesso a un Wi-Fi, la rilevazione della posizione può comunque avvenire nella maggior parte dei casi e fornire ottimi risultati.
Anche se la modalità di chiamata con riconoscimento vocale può essere utile all’anziano per chiamare un contatto, conviene comunque associare un pulsante/tile nella pagina di Start per quelli più utilizzati, associando a ciascuno l’immagine del volto in primo piano in modo che risulti ben riconoscibile anche da una persona presbite senza occhiali. Infatti, avere un pulsante quadrato (e.g. “tile”) con l’immagine della persona costituisce l’interfaccia utente migliore per attivare una telefonata: in questo caso, tuttavia, selezionando la tile opportuna viene aperta la pagina relativa a quel contatto e quindi è necessario effettuare un ulteriore selezione cioè quella del numero desiderato tra quelli associati al contatto. Sottolineo nuovamente che, anche per questo fatto, per un utilizzo da parte di una persona anziana risulta meglio associare un solo numero telefono a ciascun contatto, creandone eventualmente più di uno relativi alla medesima persona qualora avesse più numeri associabili (e.g. “Mario cellulare“, “Mario casa“, “Mario lavoro“).
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Considerazioni su alcuni modelli di cellulari venduti specificatamente per una utenza anziana (e.g. Brondi Amico Smartphone) e che presentano una interfaccia metro like, simile a quella di Windows 10.
All’inizio del post ho inserito il riferimento a un video in cui ho spiegato come configurare il laucher Square home: se non l’hai ancora visto, ti consiglio di vederlo e lo ripropongo qui sotto:
Indice del video:
00:00:00 – Installazione e configurazione di Square Home, ‘laucher’ alternativo a quello predefinito del costruttore (quindi già presente e attivo di default nello smartphone di ciascuna marca)
00:00:08 – Qualsiasi ‘launcher’ può essere installato e provato. Poi, se si desidera, si può ritornare ad avere quello del costruttore dello smartphone che rimane comunque sempre presente (anzi, non si può disinstallare)00:
00:01:44 – Esempio di configurazione finale di un qualsiasi smartphone Android con impostato “Square Home” come ‘launcher’ per un uso semplificato (configurazione indicata anche per una persona anziana)
00:03:22 – Notifiche sulle piastrelle (tile) per accorgersi subito di cambiamenti di stato e/o nuove informazioni da leggere
00:05:16 – Installazione e lancio del wizard di “Square Home” per una sua iniziale configurazione
00:07:44 – Come entrare nella modalità di modifica che consente di aggiungere/configurare piastrelle (tile) e gestire anche più pagine nella Home
00:10:32 – Pagina con la lista dei contatti; Pagina con la lista delle app – Scorrimento ciclico tra le pagine della Home
00:12:23 – Inserimento delle tile più opportune per un uso facilitato delle funzionalità disponibili su un qualsiasi smartphone Android
00:14:05 – Aggiunta di una tile associata a ciascun contatto assai utilizzato (mostrando anche una sua immagine nella tile stessa); click semplice: apertura della scheda del contatto; click prolungato: chiamata a un suo numero specifico.
00:17:37 – Come inserire ora/sveglia
00:18:48 – Impostare una torcia
00:19:11 – Impostare un browser (Edge, Chrome)
00:19:41 – Visualizzazione del livello di carica della batteria
00:21:03 – Foto scorrevoli in modo random
00:21:48 – Inserimento widget di alcune app di utilità (e.g. previsioni meteo)
00:24:40 – Inserire un calendario
00:26:01 – Gestione delle etichette
00:27:20 – Come cambiare l’icona di una tile
00:30:23 – Impostare il tocco prolungato per aprire l’app associata ad un widget
Anche se gli smartphone con Windows 10 Mobile non vengono più prodotti, a tutt’oggi considero ancora l’interfaccia utente propria di quella piattaforma la più semplice e adatta anche a persone poco tecnologiche e in particolare anche quelle anziane. Infatti consente intrinsecamente d’impostare delle modalità semplificate d’interazione tramite l’approccio proprio delle “live tile” cioè “piastrelle vive”, capaci di mostrare testualmente e/o graficamente informazioni utili fornite dall’app stessa a cui si riferiscono e non solo di lanciarla. Le altre soluzioni d’interfaccia utente proposte dai diversi costruttori continuano invece a utilizzare icone molto piccole che complessivamente non sfruttano per intero lo spazio già minimale dello schermo dello smartphone rendendo l’interazione utente meno agevole. Oramai, per abitudine, spesso le persone non si rendono neppure conto di quanto quella tipologia d’interfaccia sia poco adatta e magari non pensano neppure a sperimentare nuove soluzioni: invece, anche solo provandole per qualche giorno, molto probabilmente comprenderebbero meglio gli indubbi vantaggi che ne derivano. Diverse sono state le soluzioni adottate da costruttori di smartphone pensati per un’utenza anziana che hanno ripreso infatti quel concetto metro d’interfaccia utente. Tengo a precisare che si tratta solo di una similitudine estetica, in quanto quelle di quei cellulari sono solo semplici “icone quadrate di grandi dimensioni” e non sono “live tiles” (e.g. “piastrelle vive“, capaci cioè di modificarsi nel tempo, fornendo appropriate informazioni grafiche e/o testuali) come erano quelle proprie dei cellulari Windows e dei PC Windows 10, sebbene mostrino generalmente anche loro un’indicazione visuale della presenza di una notifica (e.g. qualche messaggio nuovo da leggere). Devo dire che appena ho visto nella vetrina questi modelli ho pensato: “Che copioni!!“. Tuttavia, pensandoci poi bene, ho capito che non c’è nulla di strano che qualcun altro, con particolare attenzione all’usabilità, abbia deciso di utilizzare il medesimo approccio per offrire un’esperienza semplificata per chi è meno tecnologico: quindi è logico che abbia ripreso, almeno in parte, l’ottima idea di Microsoft di fare dei pulsanti grossi (con rappresentazioni grafiche auto esplicative senza tanti fronzoli, in stile metro) come alternativa alle classiche piccole icone, annegate in uno sfondo funzionalmente inutile. D’altra parte anche gli smartphone Xiaomi offrono un’opzione per abilitare un laucher che in parte ripropone una interfaccia simile…. Se poi anche ci fosse un brevetto di Microsoft sulle live tile, non credo che lo violino, dal momento che quelli di quel telefono sono solo dei pulsanti grossi e quindi sono solo grafica e non posseggono le funzionalità innovative specifiche invece delle live tiles di Windows 10.
Ad esempio, si pensi al cellulare Smartphone Amplicomms Powertel M9000 (*,**), che era stato commercializzato nei negozi Amplifon ma attualemtne neppure più presente nel loro sito: a parte un comfort uditivo amplificato e un bottone SOS programmabile (collocato sul retro) presentava un’evidente interfaccia utente a tile, seppure si trattassero solo di pulsanti con nessuna funzionalità “live”. Si trattava di un telefonino con un sistema operativo vecchio (Android 4.2) e la cui interfaccia utente era stata solo modificata appropriatamente per renderla maggiormente usufruibile da una persona anziana. Ne approfitto per segnalare la presenza di alcuni modelli per la telefonia fissa pubblicizzati sempre dal sito della Amplifon, anche se le informazioni tecniche fornite sono nulle per cui non posso dire molto … ma non mi sembra nulla di innovativo, anzi!
Telefonino attualmente commercializzato dalla Amplifon
Relativamente a un altro produttore, la Brondi, che da tempo propone soluzioni per persone anziane, anche qui troviamo modelli che hanno una interfaccia utente analoga, la soluzione chiamata “Brondi Amico Smartphone“:
Anche qui i pulsanti/tile sono solo relative all’aspetto grafico e non posseggono alcuna di funzionalità “live” associata. Si tratta nuovamente di uno smartphone di fascia bassa, con caratteristiche costruttive base e resistenza agli urti minime.
Si noti che alcune versioni vengono proposte con una base per la ricarica, in teoria comoda, ma che purtroppo non consente, se la si vuole utilizzare, neppure di proteggere con una qualsivoglia cover quel fragile cellulare dalle inevitabili cadute! Molto meglio sarebbe stato prevedere una conchiglia di protezione già presente perlomeno sugli ancoli.
Inoltre ci sono modelli (e.g. Amico smartphone+ nero (brondi.it)) con versioni assai datate del sistema operativo Android(addirittura con la versione 5.1, quando a oggi la più recente è la versione 11!!) e memoria di archiviazione interna di soli 4GB. Questa è una limitazione importante anche per chi, come presumibilmente è un anziano, non ha necessita d’installare molte applicazioni: infatti, diverse applicazioni, come anche solo WhatsApp, richiedono necessariamente di operare nella memoria principale del dispositivo perciò a nulla serve avere una potenziale espansione di memoria tramite MicroSD, utile semmai solo a salvare altrove le foto e video. Ne consegue che quella poca memoria interna del telefono risulta facilmente saturabile, rendendo così il cellulare inutilizzabile … anche solo per effettuare semplici telefonate: infatti in Android, l’app del telefono è un’app come un’altra, per cui se non c’è più memoria disponibile anche quella non può più funzionare!
Inoltre quel modello in oggetto si connette solo in 2G e 3G e non contempla neppure la possibilità si connessione alla rete 4G, che, oltre ad avere prestazioni di banda ben maggiori, risulta tra l’altro la più diffusa sul territorio per cui in alcune zone, seppur “coperte” dall’operatore con tecnologie più recenti, quel cellulare potrebbe già oggi non funzionare. Per di più, l’attuale progressiva installazione della rete 5G porterà a una graduale probabile dismissione della rete 3G, rendendo chiaramente inutilizzabili tutti i telefoni cellulari come questo che ancora oggi ne fanno utilizzo come unico canale trasmissivo!
Ma la cosa più sconvolgente che ho notato con mia meraviglia configurando quello smartphone per una signora a cui l’avevano regalato, è che non hanno reso disponibile uno Store di applicazioni, non dico necessariamente il Play Store di Google anche se sarebbe stato assai opportuno essendoci in quello molteplici app anche rivolte alla popolazione anziana, ma nemmeno un altro per cui è impossibile installare delle applicazioni a piacere, ma si possono unicamente utilizzare quelle poche preconfigurate (i.e. galleria immagini e foto, WhatsApp, Skype, un calendario, una radio, un meteo, una rubrica). Fornire già delle app preinstallate ad hoc va bene, ma impedire di poter installare agevolmente altre app di interesse è davvero troppo! E’ vero, operando con modalità assolutamente non agevoli, si potrebbe anche su quel dispositivo installare, tramite esecuzione del suo apk, l’app del Play Store di Google o di uno alternativo , ma questa procedura non è agevole e alla portata di chiunque, tanto meno di una persona anziana. Ad esempio, essendo un telefono orientato a una clientela anziana, assai utile sarebbe poter installare un’app per gestire gli orari di somministrazione delle medicine, una che mostri in grande lo stato della batteria o ancora app specifiche di dispositivi sanitari o per la gestione di una smart home (e.g. accendere la luce, gestire la musica, alzare/abbassare tapparelle motorizzate, pilotare l’apertura della porta, gestire il riscaldamento). Non esiste la possibilità neppure di agganciarsi a un qualsivoglia mail server per cui non si possono inviare/ricevere email, leggere documenti pdf o Word e neppure avere in rete i propri contatti che possono quindi risiedere unicamente nella SIM o sul telefono (se uno li ha nei contatti Outlook o Google non si possono agganciare)!!!
Note su alcuni cellulari vanduti per essere utilizzato da anziani (e.g. Amicodella Brondi)
Pulsante SOS
Unica funzionalità specifica è quella di “Controllo Remoto” (che non ho ancora compreso bene come funzioni e quindi non ho ancora sperimentato) e quello di poter avere 8 tile associate ciascuna a un contatto frequentemente utilizzato.
Insomma, si tratta di cellulari di relativo basso prezzo, ma tecnologicamente obsoleti e di prestazioni ridicole: la qualità costruttiva e la loro resistenza agli urti/cadute mi sembra inoltre assolutamente inadeguata per un utiizzo da parte di una persona anziana. Ben di meglio si potrebbe acquistare con il medesimo importo, ottenendo ben di più in termini anche di usabilità utilizzando alcune semplici accortezze. Ovviamante, disponibilità economica permettendo, sarebbe assai più opportuno dotare questi telefoni per anziani non di tecnologie desuete bensì delle migliori tecnologie atte a sopperire le minori prestazioni dell’utilizzatore! 🙂
Molto meglio quindi prendere un modello tecnologicamente superiore, con una spesa anche analoga, proteggendolo con un’opportuna cover e configurandolo opportunamente in modo da renderlo più agevolmente utilizzabile. Certo il tasto dedicato per l’SOS non ci sarà, ma si potrà comunque sempre inserire un apposito pulsante a video che agevolmente consenta di effettuare una chiamata ad un familiare (ad uno solo tuttavia e non forse ciclicamente anche ad altri, qualoronon si riceva una risposta, come immagino funzioni quel tasto di SOS).
Premesso che non ho provato personalmente quel cellulare Amplicomms M9000 e tutto quello che so sui suoi dati tecnici sono le poche informazioni presenti nella pagina del prodotto sul sito della Amplifon reputo sicuramente interessante la presenza di un tasto fisico sul retro del cellulare per consentire di attivare un SOS (immagino un ciclo di chiamate programmato): questa è sicuramente una funzionalità che non si ritrova in telefoni consumer generici, qualsiasi sia il sistema operativo installato. Tuttavia non posso non notare che, tra le caratteristiche, viene indicata la versione Android 4.2.2 del sistema operativo, vale a dire quella di più di quattro anni fa (novembre 2012; attualmente l’ultima versione è la 10): è vero che, per le funzionalità che deve fornire, sicuramente anche quella vecchia versione del sistema operativo è più che sufficiente, ma quella caratteristica fa intendere che si tratti di un telefono che non prevede aggiornamenti e risulti quindi ben lontano dalla flessibilità dei suoi fratelli a più ampia diffusione e che per questo prevedono un’evoluzione nel tempo ben maggiore.
Dopo questa forse troppo lunga premessa, andiamo al sodo e vediamo i passi da fare per configurare al meglio (secondo la mia personale esperienza) un qualsiasi smartphone Windows 10 Mobile anche di fascia bassa (acquistabile con costo sicuramente inferiore a 100€, e.g. Lumia 425/Lumia 435) e sicuramente di prestazioni sia HW sia SW ben superiori al modello precedentemente descritto della Amplifon. Il funzionamento base di Windows 10 Mobile segue infatti già la filosofia di estrema usabilità, richiesta a maggior ragione da un’utenza anziana: ad esempio basta effettuare il pin (cioè collocarne un quadrato associato per facilitarne l’accesso) sulla pagina di Start delle tile delle app che interessano o di contatti (impostando poi la massima dimensione quadrata) per raggiungere già il medesimo risultato funzionale visto nel Amplicomms M9000, con anzi altre ulteriori legate alla dinamicità dei contenuti di ciascuna “live tile”. Ad esempio, a ciascun contatto è possibile associare una foto: se inserito nella pagina di Start, tale immagine verrà mostrata nella “tile” associata, in modo da rendere più agevole chiamarlo. Sebbene le tile siano dimensionabili, conviene scegliere in genere la dimensione quadrata più grande che mostra in genere una grande icona auto esplicativa (e.g. Telefono, Messaggi, Calcolatrice, Fotocamera) o una immagine (e.g. per un contatto), mentre per alcune app (e.g. Foto, Notizie, Meteo) può essere conveniente scegliere la dimensione rettangolare che essendo più grande ancora consente una visualizzazione nella tile stessa di maggiori informazioni).
Pagina di Start opportunamente configurata per contenere contatti/app/siti più utilizzati (o, di fatto, i soli utilizzati dalla persona anziana)
Inoltre il 99% delle app native (e.g. posta, rubrica) supportano già la possibilità di fare il pin di scorciatoie dirette verso contenuti specifici (e.g. un contatto, un album musicale, un video, una pagina di un sito). Ciò consente, ad esempio, non solo di avere nella pagina di Start una immagine per ciascuno dei contatti che si chiamano maggiormente, ma anche una tile associata ad una pagina di un sito che si visita frequentemente (e.g. sito di un quotidiano, senza necessariamente richiedere che sia un’app): si noti infatti che diversi siti già sono stati sviluppati per avere un rendering appropriato quando usufruito da un cellulare, per cui non esiste poi una così incredibile differenza rispetto ad un’app.
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (1)
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (2)
Per qualsiasi pagina di un sito si può creare una “tile” nella pagina di Start (3)
Quindi purtroppo, attualmente non esiste questa possibilità di configurazione agevole e semplificata in Windows 10 Mobile (così come non esiste d’altra parte per gli altri sistemi operativi, a meno di specializzazioni cablate di marca) … sebbene essendo la popolazione sempre più fatta da anziani, semplificare la modalità per avere una configurazione di default per un loro uso sarebbe, secondo me, molto utile, anche a livello di marketing. Dovremo perciò fare tutto a manina, ma la procedura da seguire risulta comunque molto agevole soprattutto per chi abbia una minima dimestichezza con Windows 10 Mobile o Windows 10 in genere 😉
Sarebbe secondo me utile avere anche la possibilità di avere una tile nella pagina di Start collegata direttamente ad un numero telefonico specifico (magari specifico di un contatto) e che di conseguenza toccandola si effettui subito la chiamata telefonica a quel numero quando premuto (e non dover passare invece necessariamente per la pagina del contatto che propone potenzialmente più numeri telefonici e l’eventuale invio di messaggi quali SMS o email). Eventualmente, per evitare di far partire delle chiamate involontariamente (non è così difficile cliccare involontariamente sulle tile), si può prevedere una possibile conferma di voler inoltrare la chiamata proprio a quel numero … ma soprattutto per una persona anziana passare dalla pagina del contatto può risultare fuorviante e comunque inutile. Se pensi anche tu che sia una funzionalità da inserire in Windows 10 Mobile, votala nel Feedback Hub: Requested feature: Make it possible to pin a telephone number in the Start page in Windows 10 Mobile device … so that, when pressed that tile, you directly make the phone call. Comunque già ora (come descritto precedentemente), con l’uso di Cortana tramite riconoscimento vocale, si può semplificare la procedura!
Può essere conveniente anche andare a modificare alcune delle impostazioni presenti nel menu di Impostazioni, soprattutto quelli relativi alla Accessibilità (in particolare Impostazioni -> Accessibilità -> Altre opzioni – Opzioni visive -> Ridimensionamento del testo che consente di rendere i caratteri più grandi [e.g. 120%]).
Rendere i caratteri più grandi [e.g. 120%]): Impostazioni -> Accessibilità -> Altre opzioni – Opzioni visive -> Ridimensionamento del testo
Relativamente al volume della voce, questo è sufficientemente alto durante la chiamata ed anche la suoneria può essere configurata in modo da essere molto forte (conviene scegliere una suoneria classica di un telefono analogico: Impostazioni -> Personalizzazione – Suoni): chi porta apparecchi acustici potrebbe comunque avere talvolta interferenze fastidiose all’orecchio a meno di regolare opportunamente l’apparecchio acustico.
Configurazione della suoneria (conviene scegliere una suoneria classica di un telefono analogico): Impostazioni -> Personalizzazione – Suoni
Esiste poi la possibilità di installare dallo Store di Microsoft delle app specifiche anche di terze parti che possono fornire ulteriori funzionalità utili: anche per ciascuna di queste è ovviamente possibile inserire l’apposito pulsante (“tile“) nella pagina di Start per un più agevole accesso ed utilizzo. Solo a titolo di esempio cito alcune di quelle che ho provato personalmente:
Battery Widget Indicatore di livello
Gauge Battery Widget
Battery Widget
Simple Battery Widget
Ci sono diversi laucher che consentono di avere una interfaccia utente a piastrelle (i.e. tile) con le carateristiche che erano proprie degli martphone Windows 10:
Stranamente invece il laucher sviluppato da Microsoft invece non presenta una simile interfaccia e si preoccupa maggiormente di fare in modo che le applicazioni chiave di quella piattaforma (e.g. Outlook, OneDrive, Office) vengano per lo meno proposte come da installare anche nello smartphone. A mio parere, quel launcher dovrebbe offrire, almeno come possibile opzione, un’interfaccia a tile in modo che gli utenti possano continuare a ottenere i vantaggi della nota interfaccia di Windows 10 Mobile: diversamente le persone (come me) a cui era piaciuta l’interfaccia di Windows 10 Mobile continueranno ad utilizzare altri launcher che la imitano egregiamente e quindi non utilizzeranno necessariamente i servizi Microsoft (benché suppongo che quello sia lo scopo principale per cui MS ha sviluppato quel suo launcher!). Ho anche scritto un commento a quell’app a tale proposito e vediamo che succederà nelle future sue release:
Perché il laucher sviluppato da Microsoft non proponga almeno come opzione, una interfaccia a tile analoga a quella che era propria di Windows 10 Mobile, rimane per me un mistero!
Perché il laucher sviluppato da Microsoft non proponga almeno come opzione, una interfaccia a tile analoga a quella che era propria di Windows 10 Mobile, rimane per me un mistero!
Sebbene esistano app apposite che consentono di leggere i QR code, quasi sicuramente questa funzionalità è già presente nel tuo smartphone, e semplicemente non ne sei a conoscenza. Quindi molto probabilmente non è necessario che tu installi un’app specifica in quanto puoi utilizzare tale funzionalità già embedded nel tuo dispositivo!
____________ Cos’è il QR code e come mai è sempre più utilizzato
Vediamo innanzitutto brevemente cos’è un QR code.
Da wikipedia si legge che un codice QR (in lingua inglese QR code) è un codice a barre bidimensionale (o codice 2D), ossia a matrice, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema bianco di forma quadrata, impiegato in genere per memorizzare informazioni destinate a essere lette tramite un apposito lettore ottico o anche smartphone. Il nome “QR” è l’abbreviazione dell’inglese Quick Response (“risposta rapida”), in virtù del fatto che il codice fu sviluppato per permettere una rapida decodifica del suo contenuto. Benché generalmente il formato matriciale sia di soli 29×29 quadratini e contiene 48 alfanumerici, in un solo crittogramma possono essere contenuti fino a 7089 caratteri numerici o 4296 alfanumerici. Si apprende anche che il codice QR fu sviluppato nel 1994 dalla compagnia giapponese Denso Wave, per tracciare i pezzi di automobili nelle fabbriche di Toyota. Vista la capacità del codice di contenere più dati di un codice a barre, fu in seguito utilizzato da diverse industrie per la gestione delle scorte. Nel corso degli anni 2000 alcune di queste funzioni furono progressivamente assolte dalle etichetteRFID. Nel 1999 Denso Wave ha distribuito i codici QR sotto licenza libera, favorendone così la diffusione… I codici QR si rivelarono utili per rendere immediato l’accesso alle informazioni attraverso una semplice azione sullo smartphone, evitando così la difficoltà d’inserimento manuale. Così, dalla seconda metà degli anni 2000, divennero sempre più comuni le pubblicità che ricorrevano all’uso dei codici QR stampati sulle pagine di giornali e riviste, o sui cartelloni pubblicitari, per veicolare facilmente indirizzi e URL.
In Europa e negli Stati Uniti la diffusione dei codici QR è stata lenta, ma dalla fine degli anni 2000, favorita anche dallo sviluppo del mercato degli smartphone, la tecnologia ha acquistato maggiore notorietà, anche in Italia. Tuttavia, con la diffusione su larga scala dei codici QR mediante i dispositivi mobili, nel 2014 Federprivacy ha evidenziato che possono essere facilmente utilizzati per scopi dannosi, trasmettendo virus, istruzioni malevole e attivare altre azioni indesiderate. Forse per questo motivo alcuni produttori di smartphone hanno talvolta esitato a integrare completamente la funzionalità di scansione dei codici QR nei loro sistemi operativi, anche se può essere una semplice funzione aggiuntiva della fotocamera o anche del motore di ricerca proprietario del costruttore del dispositivo, come infatti avviene in alcuni casi.
________________ Metodi di lettura di QR code utilizzabili su smartphone di qualsiasi marca
Iniziamo a vedere i metodi di lettura che si possono avere in tutti gli smartphone, indipendentemente dalla loro marca.
Il primo metodo è utilizzare un browser standard (i.e. Edge di Microsoft o Chrome di Google) e non quello necessariamente fornito dal produttore, sebbene anche questo potrebbe avere tale funzionalità (e.g. vedi in seguito relativamente all’app Internet di Samsung che appunto fornisce la funzionalità di browser). Sebbene i browser proprietari sviluppati da alcuni produttori siano comunque idonei a effettuare ricerche e navigare su Internet, sicuramente quelli sviluppati da Google e Microsoft hanno il vantaggio di poter essere utilizzati su più piattaforme (e.g. PC, tablet) e avere ulteriori funzionalità come quella di avere sincronizzati i preferiti tra le diverse postazioni, ovviamente se autenticati su tutte con il proprio account, rispettivamente quello Google o Microsoft. Perciò, in ogni caso, io consiglio d’installare sul proprio smartphone almeno uno di questi due browser, anche qualora ne esista uno sviluppato dalla ditta del telefonino, sebbene comunque in genere quello non si possa disinstallare (ma solo eventualmente disabilitare!).
Conviene quindi installare Edge o Chrome? Direi che sono equivalenti e basati sul medesimo codice open source, sebbene ciascuno abbia poi delle proprie peculiarità per cui magari conviene averli entrambi installati, anche solo per provarli tutti e due e poi magari scegliere quello che fa più il caso nostro! Io abitualmente utilizzo sul mio smartphone Samsung il browser Edge di Microsoft, analogo a quello che utilizzo anche sui miei PC Windows, per cui risulto avere automaticamente sincronizzati i miei preferiti tra tutti i dispositivi.
Nel caso del browser Edge di Microsoft, basta aprire un nuovo tab per accedere alla funzionalità di lettura di un QR code premendo sull’icona di macchina fotografica posta a lato del campo di ricerca: nel momento in cui, selezionando il pulsante CODICE A BARRE in basso a destra, il browser ricerca e trova un codice QR code nella ripresa, lo legge e lo ricerca. Se si tratta dell’indirizzo di un sito (i.e. una URL), naviga subito in esso mentre, se si tratta di un testo, questo viene letto e mostrato.
Nel caso del browser Chrome di Google, il discorso è abbastanza analogo e nel seguito mostro gli screenshot per utilizzare quella sua funzionalità: anche qui selezionando l’icona della macchina fotografica presente a destra del campo in cui si può inserire cosa si intende registrare, viene attivato Google Lens in grado di leggere eventuali QR code presenti nella ripresa. In questo caso, la navigazione al sito indicato (qualora si tratti di una URL) non avviene automaticamente ma è necessario cliccare sopra il suo indirizzo mostrato o premere il pulsante con la lente. GoogleLens, selezionando il pulsante Traduzione (in basso a sinistra) consente tra l’altro di effettuare una traduzione di un testo ripreso dalla telecamera.
Il asecondo metodo è utilizzare l’app della fotocamera sviluppata dal produttore dello smartphone. Infatti, come si vedrà in dettaglio nel seguito nel caso specifico dei telefoni Samsung, indipendentemente dalla marca dello smartphone, l’app della fotocamera – che uno si trova preinstallata – ha un’opzione tra le sue Impostazioni(icona a forma di ingranaggio presente in genere in alto – a sx o a dx – o nel menù) che consente appunto di attivare in automatico una scansione di un codice QR non appena viene inquadrato: in tale modo viene mostrata una finestra di popup con suo contenuto (e.g. il link ad una pagina di un sito: se premuto fa aprire per visualizzarla il browser impostato di defautl, e.g. Chrome, Edge):
Generalamente l’app della fotocamera di qualsiasi produttore di smartphone (se un’opzione opportuna è attivata nelle sue Impostazioni) consente un riconoscimento in automatico di QRcode (e una visualizzazone del suo contenuto) non appena viene ripreso dall’obiettivo
________________ Altri modi, proprietari di alcuni produttori, per leggere un QR code: esempio degli smartphone Samsung
Alcune ditte hanno poi integrato il lettore di QR code in alcune loro applicazioni fornite a corredo degli smartphone prodotti. Nel seguito fornisco, a titolo di esempio, le indicazioni relative alle posibilità offerte dai cellulari prodotti da Samsung, sebbene sia probabile che questa funzionalità sia comunque anche presente in alcune app fornite di default nei dispositivi di altri produttori.
Nel caso dei telefonini Samsung, la funzionalità di lettura di QR code è presente sia nell’app Camera(che consente di scattare foto) sia nell’app Internet(vale a dire il suo browser proprietario) sia nel suo assistente Bixby Vision: tutte queste tre applicazioni risultano preinstallate negli smartphone Samsung e anzi non disinstallabili!).
La modalità più agevole penso sia quella di selezionare l’apposito pulsante Scansiona codice QR presente nella barra delle notifiche (visibile strisciando un dito verso il basso, partendo dall’estremità alta dello smartphone): in questo caso il QR code, quando rilevato, compare per qualche istante come immagine sovrapposta prima di essere letta in modo analogo al caso visto in precedenza in cui si utilizzi direttamente la telecamera:
Ovviamente tale pulsante Scansiona codice QR può essere presente non nella prima pagina dei pulsanti che compaiono in alto nella finestra delle notifiche, per cui può essere necessario prima abbassare quella sezione per vederne di più di quelle del primo rigo e quindi ancora eventualmente fare – sempre con il dito – degli swipe da destra verso sinistra per visualizzare i pulsanti presenti nelle pagine successive: nel mio cellulare ho ben 4 di pagine contenenti in totale 48 pulsanti di funzionalità attivabili rapidamente! Se per caso non lo trovate nemmeno in quelle pagine successive, può essere che dobbiate inserirlo premendo il pulsante +, presente come ultima voce in elenco, per poi inserirlo trascinandolo tra i mostrati tra i disponibili non ancora visiualizzati:
Se non presente tra i pulsanti visibili, lo si può inserire premendo + e trascinandolo tra quelli disponibili
Un’ulteriore posibilità offerta per leggere il QR Code è quella tramite la telecamera Samsung. Tra le impostazioni dell’app Camera preinstallata esiste un’opzione (per default disattivata) per rendere automatico il riconoscimento di QR code nelle immagini riprese: se impostato a ON, se si riprende un QR code, automaticamente viene aperta una finestra di popup che mostra il suo contenuto (e.g. un Indirizzo Web, una Nota): premendo poi il link Mostra opzioni, si presentano le diverse possibili azioni che si possono invocare a seconda del contesto (e.g. Apri nel browser, Copia; Vedi tutto il testo, Cerca nel Web, Copia). Generalmente, indipendentemente dalla marca dello smartphone, l’app di fotocamera che si trova preinstallata ha un’opzione analoga tra le sue Impostazioni(icona a forma di ingranaggio presente in genere in alto – a sx o a dx – o nel menù) che consente appunto di attivare in automatico una scansione di un codice QR quando viene inquadrato.
Infine esiste anche quella funzionalità nell’app Internet di Samsung, il browser proprietario di quel produttore, che consente di scansionare un QR code come segue, cioè scegliendo Scanner di codici QR tra le voci del suo menù in basso a destra:
Infine anche nell’app Bixby Vision sembra ci sia tale funzinalità ma nel mio smartphone Galaxy Note, nonostante abbia verificato che fosse la versione più recente, non è presente l’icona relativa alla lettura del QR code (la mostro nel seguito dopo averla vista in un sito): magari quella funzionalità è stata rimossa o non è disponibile per la versione italiana del dispositivo. Esiste solo la possibilità di individuare un prodotto da acquistare. 😦
P.S. se non trovi Bixby Vision elencato nelle app del tuo smartphone Samsung, cercalo nel Galaxy Store, lancialo e metti a ON tra le sue impostazioni l’opzione Mostra Bixby Vision su schermata App:
Per mostrare Bixby Vision tra le app elencate è necessario impostare questa opzione
Nell’iPhone invece ho letto che la funzionalità di lettore di QR code è “nascosta” all’interno dell’app Wallet, dove viene usata per scansionare coupon, carte d’imbarco, biglietti e simili, presupponendo che quelli siano i modi principali in cui i codici QR vengano utilizzati, mentre di fatto quelli sono solo un sott’insieme limitato di ciò per cui i codici QR possono tornare utili! Si pensi anche solo ai molteplici ristoranti che, soprattutto durante la pandemia, hanno fornito, proprio tramite un QR code, il link della pagina Web contenente il menù del giorno…
Essitono infine diversi siti/app che consentono gratuitamente di generarsi un QR code personalizzato per pubblicizzare ad esempio la URL del proprio sito o di una sua pagina oppure anche le informazioni generalmente presenti in un biglietto da visita, Ad esempio ho generato il QR code della URL di questo blog con https://it.qr-code-generator.com/: dopo avere inserito il testo si preme il tasto verde Scarica e automaticamante vieen effettuato il download del file contenente la sua versione in QR code (nota: non è necessario – anci lo sconsiglio – premere il pulsante ISCRIVITI GRATIS presente nella finestra di popup di pubblicità che compare. Si può benessimo ignorare tale finestra o chiudere premendo sulla x in alto a destra):
QR code che pubblicizza la URL di questo mio blog
Nel seguito un esempio di creazione del QR code di una vcard:
Esempio di creazione di un QR code contenente la propria vcard
Esempio di vcard
Un altro sito alternativo è https://uqr.me che fornisce ancora maggiori funzionalità ma richiede una registrazione iniziale, pur consentendo un suo pieno utilizzo per 14 giorni: purtroppo mentre un tempo sembra che allo scadere dei 14 giorni di prova almeno le funzionalità base rimanesero attive, ora i codici QR creati durante quel periodo vengono disattivati e per riattivarli (o mantenerli attivi prima della scadenza della prova) si deve passare a un piano a pagamento.
Si può inserire anche un logo all’interno del QR code: attenzione a premere il tasto Salva prima di passare ad editare una successiva sezione (e.g. Design) diversamente si perdono tutti i dati inseriti!
Nel caso di una vcard:
Quando si scansionea uno dei codici QR generati da uqr.me, quella che viene letto è una url di una loro pagina che mostra i dati che uno ha inserito nella creazione del tag, ad esempio i dati personali se uno ha inserito una vCard:
__________________________ SW per scrittura musicale
Musescore(manuale in inglese; manuale in italiano non sempre aggiornato all’ultima versione del programma): il miglior programma per scrivere musica disponibile su qualsiasi piattaforma (i.e. Windows, macOS e Linux). Gratuito e opensource, permette di creare, stampare fogli di musica, salvarli in PDF o file MIDI. Consente di lavorare su un numero illimitato di pentagrammi tramite un’interfaccia intuitiva semplice da usare anche per gli utenti meno esperti, supportando l’inserimento delle note anche tramite mouse o tastiera MIDI e includendo pure un sequencer integrato.
Finale; Sibelius: soluzioni analoghe alla precedente, forse più professionale, ma a pagamento almeno per avere tutte le funzionalità. Con le funzionalità base Sibelius è gratuito, mentre Finale si può provare gratuitamente solo per un certo periodo.
Guitar pro: un sw tipo Musescore pensato però soprattutto per i chitarristi/bassisti. Gestisce anche le tab oltre che la notazione musicale standard, permettendo non solo di scriverle e leggerle, ma anche di eseguirle in tempo reale.
Tuxguitar: analogo al precedente, ma gratuito e opensource!
TwelveKeys Music: Software di Trascrizione Musicale che crea una rappresentazione visuale di qualsiasi registrazione musicale. Funziona con più strumenti che suonano simultaneamente, consente di rallentare la velocità e riprodurre in ciclo per trascrivere meglio nei minimi dettagli.
Noteflight: applicazione web che permette di creare, visualizzare, stampare e ascoltare qualsiasi composizione musicale direttamente dal browser. Sul pentagramma si possono inserire le note mediante la tastiera o il mouse, potendole poi spostare con un semplice trascinamento. Funzionando in qualsiasi browser, consente di scrivere musica ovunque, dal PC ma anche dal tablet o dallo smartphone. Dopo aver creato le composizioni potete anche condividerle online agli altri utenti, o incorporarle nelle proprie pagine web. Si può comunque impedire l’accesso ad altri del proprio lavoro. Necessita dell’iscrizione per creare un account gratuito e dispone di ulteriori funzionalità in abbonamento.
Crescendo: italiano e a costo zero per uso personale, funziona sia su Windows che su macOS.
Musink: solo per Windows, si focalizza principalmente sulla semplicità di utilizzo. Gratis per le funzioni base, richiede la versione a pagamento per avere altre funzionalità quali l’importazione di file MIDI e la riproduzione continua delle opere.
GarageBand: programma Apple di produzione audio per macOS con interfaccia utente semplice che permette a chiunque di creare musica con vari strumenti, effetti e tracce. Per i file MIDI consente inoltre di accedere all’editor partitura. È gratuitamente preinstallato sui Mac recenti ma, qualora rimosso, può essere sempre scaricato nuovamente dal Mac App Store.
BlankSheetMusic: accendendo al sito da qualsiasi browser, consente di preparare spartiti musicali bianchi, personalizzandoli con la chiave e tempo e su cui poi poter poi scrivere la propria musica a
Maestro: app per soli dispositivi Android dall’interfaccia molto intuitiva. Permette di comporre musica scegliendo note preimpostate e regolandone la posizione sullo spartito. Supporta oltre 100 diversi strumenti musicali. È gratuita, ma propone acquisti in-app per sbloccare altr funzionalità disponibili.
Sonic Visualiser: software opensource che permette di compiere diverse tipologie di analisi su campioni audio mediante uno spettrogramma.
Bpminus: consente di controllare la velocità delle tracce audio pur mantenendo il tono e la qualità del suono originale.
Audacity: senza ombra di dubbio il miglior editor audio gratuito, opensource, multi-lingua e multi-piattaforma.
LMMS: altro SW opensource gratuito per registrare musica su PC Windows, macOS e Linux. Offre editor avanzati per tracce melodiche e beat, effetti, suoni e basi ritmiche preimpostate, strumenti per la registrazione e tool utili per creare composizioni musicali.
Songsmith: un originale software prodotto da un progetto di ricerca della Microsoft che permette di cantare al PC effettuando una serie di karaoke al contrario in cui è la musica a seguire la voce del cantante e non vice versa. Infatti genera un accompagnamento musicale per abbinare la voce del cantante, scegliendo uno stile musicale. Le canzoni possono poi essere pubblicate online o essere utilizzate per crea dei video musicali. Il software, analizza in realtime la voce dell’aspirante cantante, producendo un accompagnamento pertinente con un set di strumenti in perfetta sintonia con lo stile scelto tra i tanti disponibili. Sebbene sia stato sviluppato nel 2009, personalmente la trovo ancora oggi una buona idea: funziona ancora su tutte le versioni di Windows da Windows XP a Windows 11. Purtroppo, come è avvenuto con diversi SW prodotti dal centro d ricerca della Microsoft, non ha avuto un grosso seguito commerciale: risulta comunque sempre scaricabile la versione completa di Songsmith per l’uso (in teoria) solo in classe (ulteriori informazioni):https://aka.ms/songsmith-education-installer. (Si potrebbe anche i può scaricare qui una versione limitata nel tempo di Songsmith… ma io ho scaricato l’altra e sembra funzionare!).
Software di registrazione/MIDI sequencer. Ci sono molti DAW (Digital Audio Workstation) che permettono la registrazione sia di materiale MIDI che audio:
FL Studio (free upgrades e versione prova gratuita per tempo illimitato: tuttavia solo acquistandola si riescono a riaprire i progetti salvati durante la versione di prova)
StaffPad: ottima app di composizione musicale su tablet PC Windows, progettata per un utilizzo con penna/tocco e creata per i compositori. Consente di scrivere la notazione musicale con la propria calligrafia, registrare e importare audio, modifica e ascoltare la propria composizione riprodotta con suoni realistici. StaffPad Reader è l’app gratuita che si connette a StaffPad e visualizza le singole parti di un StaffPad Score, in tempo reale, su più dispositivi. Qualsiasi modifica apportata si aggiorna istantaneamente su ogni lettore collegato. Le annotazioni e la riproduzione funzionano in perfetta sincronia utilizzando una semplice connessione Wi-Fi.
Easy Sheet Music (e.g. Rimmel, Pablo): salva le immagini di ciascuna pagina di spartito, le apri con un editor come, ad esempio, Photoshop e salvi ciascuna in pdf, facendo attenzione durante quell’operazione di scegliere la qualità massima; quindi, raggruppi tutte le pagine di una canzone in un unico file pdf utilizzando, ad esempio, la funzionalità di merge di iLovePdf.
Per la musica classica (Royalty Free Music) dei sito di riferimento sono musopen.org (e.g. Chopin – Valzer op. 69) e https://imslp.org (e.g. Chopin Valzer op.69), anche se nel secondo sito spesso la qualità dell’immagine dello spartito scansionato talvolta lascia a desiderare…
Esempio di come avere il pdf di un brano gratuitamente (e.g. Guarantee di Eddie Vedder). Nel seguito mostro come recuperare gratuitamente il pdf dello spartito (completo anche di tab) del brano accedendo al sito Ultimate guitar pro (non è necessario abbonarsi) ricercando i brani presenti di quell’autore, selezionando il brano di interesse nella versione GuitarPro più completa e poi aprendo quel file .gp5 scaricato, con l’applicazione gratuita Tuxguitar da cui posso stamparne la versione in pdf oltre che ad ascoltare l’esecuzione ben sintetizzata del brano. Si noti che sempre su esiste la possibilità di vedere su YouTube il video tutorial del brano stesso che può sicuramente aiutare nell’esecuzione (nell’elenco presente nel sito Ultimate guitar pro compare anche il riferimento a quella versione video di quel brano di interesse):
Si noti che, soprattuto qualora uno utilizzi uno schermo ad alta definizione, una volta lanciata l’applicazione Tuxguitar, questa risulta con i comandi molto piccoli e risulta quindi quasi inutilizzabile. Per poterla quindi utilizzarre agevolmente, è sufficiente cambiare opportunamente, nella sezione relativa alla configurazione dello schermo del PC (Start -> Impostazioni -> Sistema -> Schermo oppure, ancor più velocemente, click sul desktop con il tasto destro del mouse -> Impostazioni schermo), le dimensioni di testo, app e altri elementi (e.g. 250% o 300%): nota che si potrebbe modificare anche (o in alternativa) la risoluzione dello schermo, ma penso che il primo suggerimento che ho fornito sia sufficiente e il più opportuno!
Nelle immagini precedenti mostro come cambia la visualizzazione dell’applicazione lasciando le impostazioni consigliate per quel monitor (screenshot a sinistra) o modificandole per far sì che Tuxguitar risulti agevolmente utilizzabile (screenshot a destra). Sicuramante quell’app non è stata sviluppata con metodologie che tenessero conto della sempre maggiore definizione degli schermi per cui, mentre utilizzando altri SW quali Word (o programmi cad che prevedono un ridimensionamento delle icone della loro barra degli strumenti), l’usabilità si mantiene anche lasciando le impostazioni consigliate di uno schermo ad alta risoluzione. Invece, si desidera poter interagire agevolmente con Tuxguitar è necessario (almeno attualmente, andando in Strumenti -> Impostazioni di Tuxguitar, si riesce unicamente a modificare la dimensione/tipologia dei font, ma questo serve ben poco a migliorarne l’usabilità!) modificare le impostazioni del display come indicato precedentemente. Comunque, il cambiamento delle impostazioni del display del PC è un’operazione assai agevole e veloce ed è ovviamente reversibile per cui, quando non si utilizza quel programma e si desidera tornare alla configurazione in genere più idonea per le altre applicazioni del PC, si può poi rimettere le impostazioni consigliate del monitor (sempre agendo su Start -> Impostazioni -> Sistema -> Schermo oppure, ancor più vellocemente, click sul desktop con il tasto destro del mouse -> Impostazioni schermo).
App iREAL PRO disponibile non solo per smartphone/tablet, ma anche per PC se acquistata dall’Amazon appStorepresente nel Microsoft appStore: infatti, Windows 11 aggiunge la possibilità di eseguire sul PC app Android installate dall’Amazon appStore). Purtroppo, se uno l’ha già acquistato sul PlayStore di Google, lo deve riacquistare sull’Amazon appStore… sebbene sia la medesima versione per lo stesso sistema operativo Android! 🙄🤨 … a meno di avere sul proprio PC un emulatore Android con cui eseguire il PlayStore ed installare quell’app (che però si eseguirà solo internamente all’emulatore).
Ho chiesto anche allo sviluppatore che mi ha confermato il tutto:
May 22, 2023, 18:09 +0200 iREAL PRO questions
I bought the app from the Google PlayStore. Now I would like to run the app also in my Windows 11 PC. Could I do? Should I buy it again from the Amazon appStore available in the Microsoft appStore? May I have at least a discount?
If someone buys it from that Amazon appStore, he can also install it on his Android smartphone or he must buy it from the Google PlayStore?
1) You can install an Android emulator program on your PC and install the Play store version (free install)… or 2) We think the Amazon version (for Windows 11) is a better experience. Sorry we cannot discount your purchase with Amazon and we cannot transfer your purchase from the Play store version to the Amazon version. 3) The Amazon version can only be installed into supported devices, for example Fire tablets and most Windows 11 computers (see URL below) 4) The Amazon and Google Play store versions of iReal Pro are coded for either one or the other. A device will either be designed for Amazon or Android/Google and connect to the appropriate App Store.
Link di lezioni gratuite, presenti su YouTube, associate al libro Armomia e teoria… pratica di Massimo Varini. Io le ho trovate ottime e si comprendono molto bene anche senza avere acquistato quel libro (che comunque consiglio vivamente essendo tra l’altro a un costo molto contenuto: https://amzn.to/3FBLkAJ). Si noti che alcune lezioni su determinati argomenti sono state registrate più di una volta, per cui si ha l’opportunità di seguire la spiegazione sempre dal Massimo Varini ma con altre parole e precisazioni… Autenticandosi gratuitamente si possono sia vedere i video sia scaricare il pdf di esercizi dal sito dell’autore, nella sezione relativa a quel libro.
Quando uno costruisce un accordo seguendo le regole viste, per verificare poi la correttezza delle note individuate, può andare sul sitohttps://www.onlinemusicsoft.com che fornisce online le note che formano tutte le tipologie di accordi: tra l’altro, se uno suona la chitarra, fornisce anche le molteplici possibili posizioni sulla chitarra per realizzare ciascuna tipologia di accordo.
Repertorio di 1° livello per chitarra classica. Antologia di 21 brani dalla musica antica alla contemporanea. (l’URL/codice per scaricare i video associati è presente in una delle immagini riportate nello store Amazon 🤔🙄): si tratta di un buon libro che comunque consiglio di acquistare
Può succedere che non si riesca a utilizzare la barra degli strumenti, posta generalmente in Windows 10 nella finestra principale in basso, per diversi motivi (e.g. driver di una chiave Bluetooth di un mouse che lo rende ‘mobile’ e quindi inutilizzabile, impostazioni di sistema non corrette, definizione dello schermo non idonee) e quindi non si riesca a operare, neppure per effettuare un ‘Riavvia il sistema‘ (ENG: Restart) che è sempre la prima cosa da fare quando un PC si comporta in modo anomalo!! Infatti solo effettuandolo, il sistema operativo riparte dall’inizio, senza utilizzare dati in cache, utili sì per far ripartire il PC più velocemente ma, se corrotti, non possono che far ripresentare il problema precedentemente evidenziato. Talvolta tale restart consente anche di ultimare aggiornamenti che non sono terminati o andati a buon fine: anche questo può servire a risolvere anomalie. Ma come effettuare tale restart se non si riesce ad agire sulla toolbar e quindi sulla apposita voce di menù? [bandierina Windows della toolbar => Arresta => Riavvia il sistema] Si può usare la seguente short key apposita che consente di utilizzare esclusivamente la tastiera: si premono contemporaneamente i tre tasti CTRL+ALT+DEL sulla tastiera che fanno comparire una finestra con diverse scelte e in basso a destra l’icona di accensione/spegnimento. Se si mantiene premuto il tasto CTRL e si fa click su quell’icona di accensione/spegnimento, il PC effettua il restart di emergenza dopo che, agendo su una finestra di popup che comparirà, si acconsente a proseguire tale procedura…
La seconda cosa da fare, soprattutto se non si risolve il problema, è poi cercare se ci sono aggiornamenti lanciando Windows Update. Anche in questo caso si può procedere anche senza utilizzare la toolbar [Tutte le impostazioni => Aggiornamento e sicurezza] in quanto si può lanciare la finestra di Tutte le impostazioni [ENG: Settings] premendo contemporaneamente iltasto Windows + I per aprire la finestra Impostazioni/Settings: si ricorda che il tasto Windows è quello con la bandierina, generalmente in basso a sinistra nella tastiera. A questo punto basta fare click su Aggiornamento e sicurezza [ENG: Update & security] e quindi, come al solito Windows Update => Verifica disponibilità aggiornamenti [ENG: Check for update].
Ovviamente entrambe le procedure viste che utilizzano esclusivamente la tastiera, possono essere comunque una valida alternativa per eseguire quei comandi anche quando la toolbar funziona correttamente! 😉
Non molto è cambiato rispetto allo scorso anno, a parte alcune novità descritte in questa pagina che penso coinvolgano solo casi molto particolari.
Quanto si deve fare l’ho già descritto lo scorso anno nel post omologo Scadenza acconto IMU il 16 giugno: come calcolare l’importo dovuto e pagarlo dove avevo descritto dettagliatamente come effettuare il calcolo IMU on line per calcolare l’imposta dovuta applicando la rendita catastale, le aliquote e l’eventuale detrazione spettante. Da quella procedura è possibile stampare il modello F24 e, in teoria, anche pagarlo direttamente utilizzando il servizio di pagamento on-line: questo servizio, tuttavia, purtroppo mantiene i suoi grandi limiti già evidenziati lo scorso anno (i.e. pagamento con carta di credito solo per importi inferiori a 250€, pagamento tramite MyBank che consente di selezionare solo tra un sott’insieme di banche per cui non è certo una modalità utilizzabile da tutti i cittadini).
Se non sai cosa fare di meglio nel prossimo weekend (11-12 giugno 2022), puoi andare a vedere alcune case normalmente non aperte al pubblico e rese visibili grazie all’iniziativa di Open House Torino. Non mi soffermo su cosa sia Open House Torino riportando solo alcune frasi dalla pagina (Che cos’è OHT) del loro sito che lo descrive più compiutamente: “Open House Torino è un evento pubblico totalmente gratuito, pensato per permettere di visitare case, palazzi e luoghi d’interesse, abitualmente non accessibili, e scoprire così la ricchezza dell’architettura e del paesaggio urbano. Per un fine settimana allʼanno dà la possibilità di visitare edifici storici, moderni o contemporanei, appartamenti privati, uffici, spazi verdi o sociali, eccellenze in città, strutture recuperate. Lʼ11-12 giugno 2022 è in programmala quinta edizione torinese di questo format internazionale. Lʼidea di Open House nasce a Londra nel 1992 dal lavoro della fondatrice Victoria Thornton e da allora si è diffusa nel mondo. Ad oggi le città della rete Open House Worldwide sono più di quaranta, distribuite in ogni continente. In Italia, Torino segue Open House Roma (dal 2012) e Open House Milano (dal 2016), a cui si è aggiunta anche Open House Napoli (dal 2019). A partire dal 2021, le quattro realtà italiane hanno dato vita alla rete Open House Italia per collaborare più attivamente a progetti comuni“.
I 120 edifici visitabili quest’anno a Torino sono elencati in questa pagina del loro sito: tutto questo grazie alla disponibilità gratuita sia dei privati (che aprono le porte della loro casa al pubblico) sia dei centinaia di volontari.
Io opererò come volontario al villino Raby in c.so Francia 8 il sabato mattina e al motovelodromo in c.so Casale 144 la domenica mattina…
Nel seguito fornisco alcune informazioni sia quelle fornitemi dall’organizzazione sia altre che ho trovato su Internet relativamente a questi due luoghi: ovviamente le ho lette per prepararmi all’evento e poter spiegare qualcosa d’interessante ai probabili numerosi visitatori! Essendo previste visite non troppo lunghe per permettere a molti di poter accedere senza dover aspettare troppo, è mia intenzione fornire il link a questo post qualora qualcuno desideri approfondire ulteriormente.
Allego anche alcune delle foto che ho fatto durante i sopralluoghi compiuti in questi giorni…
Il villino Raby è uno degli edifici più conosciuti dello stile Liberty torinese ed è stato progettato nel 1901 dall’ingegnere Pietro Fenoglio, in collaborazione con l’architetto Gottardo Gussoni. L’edificio è situato nella zona fortemente caratterizzata dall’architettura Liberty, all’inizio di Corso Francia: si sviluppa in modo articolato con una pianta irregolaredovuta alla ricchezza dei differenti locali e corpi di fabbrica. La caratteristica più evidente dellafacciata è il grande bovindo situato a fianco dell’ingresso. Altri elementi molto pregevoli elementi sono un’ampia veranda con terrazzo e una breve scala che porta al giardino.
Il progetto originale del Fenoglio fu più volte modificato in corso d’opera con varianti nelle modanature delle finestre, nelle balaustre, nei ferri battuti e nell’ampio bovindo (italianizzazione della locuzione inglese bow window, finestra ad arco). La parte del bovindo,venne affidata all’ingegnere Gottardo Gussoni, che produsse un volume molto più alto del resto dell’edificio. Gussoni fu anche l’autore anche delle decorazioni in pietra artificiale: proprio queste decorazioni hanno innumerevoli somiglianze con l’edificio che egli progettò in via Duchessa Jolanda.
All’interno, rimangono le decorazioni a opera del maestro Domenico Smeriglio da Piotino che lavorò con Fenoglio anche in occasione della celebre Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902 e per la chiesa di Santa Elisabetta, all’interno del Villaggio Leumann. I vetri del bovindo sono quelli originali realizzati dal vetraio Ciravegna.
Altro elemento di grande pregio è la ringhiera in ferro battutodello scalone interno che si sviluppa su tre rampe e conduce al primo piano: realizzata dal Mazzuccotelli, la sua caratteristica è il fitto disegno che è riproposto anche sul lampione alla base della scala e nella lanterna del lampadario dell’ingresso. Nel cortile interno si trova la palazzina che ospitava lescuderie:situata nel giardino dietro al villino, a causa delle pesanti ristrutturazioni, solo le decorazioni esterne ne ricordano l’originario utilizzo.
Fortemente rimaneggiato nel corso degli anni, il villino è stato sede di una scuola privatanegli anni ottanta e dal 2004 è stato acquistato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino (OMCeO), che ha provveduto al restauro della palazzina, ultimato fra 2012 e 2013 e che l’ha eletto a propria sede ufficiale dal 2011.
Il villino era circondato da una decoratissima cancellata purtroppo andata perduta. Ne ho trovato la foto nell’archivio storico di Torino (pagina del sito museotorino.it): la cancellata originaria era ben diversa da quella attuale dove, tra l’altro è presente anche un cancello un tempo assente!! Solo il piccolo tratto del cancello del solo ingresso presente da sempre a sinistra del villino è rimasto quello originale.
Cancellata andata inspiegabilmente perduta
________ Da Wikipedia si trovano altre informazioni che aggiungono qualche particolare:
“Ubicato sull’asse del primo tratto di corso Francia, al centro di una zona fortemente caratterizzata dall’architettura Liberty, il Villino Raby rappresenta un valido esempio di commistione di due correnti di questo stile, prendendo esempio dalla scuola belga e da quella francese. Il progetto originale di Pietro Fenoglio fu più volte modificato in corso d’opera con l’ausilio del collega Gussoni, interessando prevalentemente le parti in ferro battuto, le balaustre e l’ampio bovindo che giustifica la notevole variazione d’altezza rispetto al resto della struttura. L’influenza di Gussoni si avverte, inoltre, nella ridondante presenza di numerosi elementi decorativi in litocemento che riconducono alle sue tipiche caratteristiche progettuali neobarocche, facendone un esempio paragonabile alla più celebre Villa Scott ma assai differente dalla vicina Casa Fenoglio-Lafleur.
L’edificio si basa su una planimetria asimmetrica sviluppandosi in modo assai articolato e ricco di differenti corpi di fabbrica. Accanto al grande bovindo presente nel prospetto principale si possono notare l’ingresso e la veranda con terrazzo, che è collegato al giardino sottostante dalla breve rampa. All’interno, fortemente rimaneggiato negli anni, rimangono le decorazioni a opera del maestro Domenico Smeriglio da Poirino, che in seguito lavorerà ancora per Fenoglio in occasione della celebre Esposizione del 1902 e per la chiesa di Santa Elisabetta, all’interno del Villaggio Leumann e del maestro vetraio Ciravegna di cui si possono ancora ammirare i vetri originali del bovindo.
Di grande pregio è la ringhiera in ferro battuto dello scalone interno che si sviluppa su tre rampe e conduce al primo piano: realizzata dal Mazzuccotelli, essa è caratterizzata da un fitto disegno che è riproposto anche sul lampione alla base della scala e nella lanterna del lampadario dell’ingresso. Originariamente la struttura era circondata da una decoratissima cancellata, la cui unica testimonianza superstite si può rintracciare nel decoro del portone carrabile, mentre nel cortile interno si trova la palazzina che ospitava le scuderie.“
“L’abitazione venne commissionata da Michele Raby a Pietro Fenoglio (1865-1927), che ideò anche le scuderie in un edificio situato nel giardino dietro al villino, oggi poco leggibili a causa delle pesanti ristrutturazioni. La costruzione della palazzina, rispetto al progetto originale, presenta numerose varianti nelle modanature delle finestre, nelle balaustre, nei ferri battuti e nell’ampio bovindo, la cui esecuzione venne affidata all’ingegnere Gottardo Gussoni (1869-1951): questo spiegherebbe la notevole discrepanza dell’alzato edificato rispetto al progetto, nonché i numerosi punti di contatto, soprattutto nelle ridondanti proliferazioni plastiche, con l’edificio di Gussoni in via Duchessa Jolanda. A pianta irregolare, il villino è articolato su diversi corpi di fabbrica giustapposti. Animano l’edificio un bovindo a fianco dell’ingresso, un’ampia veranda con terrazzo e una breve scala che porta al giardino; sulla facciata superiore una porta di servizio dà su un piccolo terrazzo con scala verso il giardino. Purtroppo perduta è la cancellata originaria, di cui resta solo il cancello carraio in ferro battuto. La decorazione interna è opera di Ernesto Domenico Smeriglio, che lavorò anche per l’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902; le decorazioni in pietra artificiale si devono a Gussoni, così come i bozzetti della fascia decorativa con cavalli affrescata da Smeriglio al di sotto della gronda della scuderia. Prima destinato ad abitazione, poi a scuola privata negli anni Ottanta del secolo scorso, il villino è stato acquisito come sede dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri della Provincia di Torino (OMCeO), che ha provveduto al restauro della palazzina, ultimato fra 2012 e 2013.“
“All’interno rimangono le decorazioni ad opera del maestro Ernesto Domenico Smeriglio da Poirino e del maestro vetraio Ciravegna (di cui si possono ancora ammirare i vetri originali delle finestre ad archi). Di grande pregio è la ringhiera in ferro battuto dello scalone interno (opera dell’artista Mazzuccotelli) che si sviluppa su tre rampe e conduce al primo piano. Nel cortile interno si trova la palazzina che ospitava le scuderie.“
Dalla biografia di Gottardo Gussoni presente nel sito arteliberty.it si legge: Gottardo Gussoni (Torino 1869- Villastellone 1951) Incredibile autore eclettico, collaboratore dei maggiori studi di architetti operanti nella Torino di inizio secolo, realizzò anche numerosi progetti piccoli e grandi. Tra i più ambiziosi, ricordiamo gli stabilimenti per talassoterapia ad Alassio. Lo caratterizza un gusto molto riconoscibile per la decorazione architettonica ‘pesante’, quasi compiaciuta in sè stessa e nel suo avvoltolarsi.
Opere
1901: villino Raby – corso Francia, 8 Torino villino molto barocchegiante, costruito col “leggiadro” Pietro Fenoglio
1918-20: Palazzo della Vittoria – corso Francia, 23 Torino interpretazione tardiva e molto personale della tradizione neogotica torinese. Eccessivo!
1914: via Duchessa Jolanda 17 Costruita con Vivarelli Imponente, condivide con la casa successiva deliziose scuderie nel cortile.
Da BookingPiemonte: Le strade del Liberty portano a Torino si legge: “Una rivoluzione che si verifica a inizio Novecento e che ha in corso Francia il suo punto di riferimento, dal Villino Raby a Casa Fenoglio-Lafleur. L’originalità del Villaggio Leumann a Collegno e il gioiello del caffè Mulassano in piazza Castello. Tutto ha origine all’inizio del cosiddetto secolo breve. Torino a cavallo tra Ottocento e Novecento è una città in fermento. Ha smaltito l’arrabbiatura per essere stata “scippata” da Roma come capitale, diventa un punto di riferimento in altri campi. Sono gli anni in cui muove i primi passi l’industria cinematografica che, con l’Itala Film, darà vita ai kolossal di Giovanni Pastrone (e.g. Cabiria, il più grande colossal e il più famoso film italiano del cinema muto: è anche stato il primo film della storia ad essere proiettato alla Casa Bianca). Sono gli anni in cui un gruppo di esponenti della borghesia – ma non solo – cittadina pone le basi di quella che sarebbe diventata la Fiat (e senza dimenticare la Lancia). Sono gli anni in cui si disputa il primo campionato di calcio e in cui nasce quella che diventerà la Federazione Italiana Gioco Calcio. E sono gli anni dei grandi appuntamenti internazionali come quello che, da aprile a novembre 1902, ospita al Parco del Valentino l’Esposizione internazionale decorativa moderna. E’ un evento di grande successo, tra gli espositori della Gran Bretagna è elencata anche la Liberty & co., l’azienda creata da sir Arthur Lasenby Liberty, specializzata nel commercio con l’Estremo Oriente per quanto riguarda oggetti e tessuti. In Italia è talmente popolare da identificare il movimento artistico nato in Belgio e battezzato Art Nouveau. Da noi diventa, per l’appunto, Liberty e Torino la sua nuova capitale. In città si forma un fortunato asse borghesia-industria. La prima rappresenta la classe emergente, con i mezzi economici necessari per investire. La seconda è invece attratta dal bello: la fabbrica non deve essere solo un luogo di lavoro, ma deve essere pure essere adeguatamente inserita nel contesto urbano. Committenti che trovano in Pietro Fenoglio l’uomo giusto. Ingegnere e architetto al tempo stesso, è ritenuto il maestro incontrastato del Liberty torinese. Tocco inconfondibile e leggero, esaltato dai motivi legati alla natura propri di questa corrente artistica. L’asse privilegiato delle sue creazioni è corso Francia. Qui, al civico numero 8, si trova il Villino (o Palazzina) Raby, realizzato nel 1901 su commissione di Michele Raby. Nasce come abitazione privata, Fenoglio lo disegna in collaborazione con l’architetto Gottardo Gussoni: anche per questo lo stile non è univoco, con influenze della scuola francese e di quella belga. E’ un edificio che spicca tra i palazzoni di corso Francia, caratterizzato da un bow-window di dimensioni molto più ampie rispetto agli status abituali. Oggi è sede dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Torino, visitabile in alcune giornate appositamente organizzate.“
Relativamente al proimo proprietario e committente Michele Raby non si sa molto: sembra fosse un avvocato e faccendiere italiano oggi ricordato solo per questa sua villa, probabilmente non sua residenza principale.
Ecco alcune delle foto scattate oggi durante il sopralluogo: fai click sulla foto seguente per vedere la galleria di tutte le immagini. Ho inserito anche due foto della torre presente su un angolo di un edificio nella vicina piazza Benefica, progettato dal medesimo architetto Gottardo Gussoni di cui se ne riconosce lo stile.
Fai click sulla foto seguente per vedere la galleria di immagini
Poco dopo la prima Guerra Mondiale, la SIM (Società Incremento Motovelodromo) lanciò l’idea di costruire un Velodromo a Torino. In breve tempo si recuperarono i fondi necessari e l’impianto venne realizzato nella zona ad est della città, tra la collina ed il Po, su progetto dell’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana. L’accesso è riconoscibile per la struttura tripartita in tre fornici con archi a tutto sesto di gusto eclettico. L’impianto era dotato di una pista ad anello in cemento della lunghezza di 393 metri e della larghezza di 8m, con curve sopraelevate, e disponeva di circa 7.500 posti a sedere. All’interno dell’anello era racchiuso un campo in erba pensato per attività ginniche, calcio, rugby e manifestazioni varie. Sotto le tribune erano ricavati i locali adibiti a spogliatoio, servizi igienici e magazzini.
Nel maggio del 1920 il motovelodromo venne inaugurato, riunendo sul proprio anello tre discipline sportive: ciclismo, atletica e motociclismo. Nel 1935 l’impianto venne acquistato dal Comune, che successivamente lo cedette all’Unione Velocipedistica Italiana. Sulla pista in cemento si sono sfidati campioni di motociclismo come Biagio Nazzaro e sono sfilate parate militari ai tempi del fascismo. Più volte si sono disputati campionati militari di ciclismo e atletica; nella stagione 1925 – 1926 vi giocò il Torino e vennero ospitate diverse partite della nazionale italiana. Oltre alla destinazione ad uso sportivo, ben prima del concerto dei Roxy Music, il motovelodromo si aprì alla musica: nel 1924 accolse una memorabile edizione dell’Aida e nel 1929 uno splendido scenario accompagnò l’allestimento della Carmen. Nel 1943 il motovelodromo venne colpito dai bombardamenti e subì danni alle tribune e alla pista, ovviate con ricostruzioni provvisorie in legno. Nel 1947 l’impianto venne ricostruito secondo il progetto e con i materiali originali.
Oltre al ciclismo, il motovelodromo ospitò memorabili partite di rugby. Proprio nel 1947, la sezione dedicata alla “palla ovale” della Reale Società Ginnastica vinse, per la prima e unica volta, il campionato italiano. E poi ancora sfide ciclistiche dietro motori e gare su pista, che hanno visto alternarsi alla vittoria campioni come Binda, Coppi, Bartali, fino all’ultima vittoria di Francesco Moser nella Milano – Torino, del 1983, prima della chiusura per inagibilità. Negli anni ’80 l’interesse del pubblico per il ciclismo su pista cala notevolmente. Nel 1994 la Soprintendenza inizia a pensare a un progetto di tutela e vincolo per l’impianto, dedicato ufficialmente a Fausto Coppi, in occasione del trentennale della morte del campione. Intanto, la mancanza di manutenzione, atti di vandalismo e incendi accelerano il processo di degrado della struttura. Un gruppo di privati decide però di non arrendersi e nel 1996 diede vita a un “Comitato di Gestione del Motovelodromo”, che presentato un progetto di ristrutturazione, ottenne la concessione dal Comune di Torino, in cambio del restauro totale dell’impianto.
Curiosità Nel 1998 il motovelodromo riaprì i battenti, e tra alterne vicende è arrivato fino ai giorni nostri. Le nuove generazioni, ormai lontane dalle gesta dei campioni sportivi del secolo scorso, lo conoscono principalmente per il mercatino “Mercanti per un giorno”. Nel 2004, il motovelodromo funse da stadio Filadelfia in quanto furono girate alcune scene della miniserie tv Il Grande Torino. Nel mese di maggio 2016 è stato firmato tra il Comune di Torino e un raggruppamento di dodici associazioni sportive, denominato “Pezzi di Motovelodromo” un patto di collaborazione per l’utilizzo temporaneo della struttura. Il motovelodromo è stato quindi allora riaperto alla pratica del ciclismo su pista, triathlon, rugby, calcio e badminton.
Simbolo ancora intatto dell’architettura sportiva di inizio Novecento.
Sulla riva destra del fiume Po, in corso Casale 144, dove la collina di Torino inizia a portare il visitatore verso Pino Torinese e Pecetto, sorge il Motovelodromo “Fausto Coppi”. Inaugurato nel maggio del 1920, con una capienza intorno ai 7.500 posti, e intitolato al grande ciclista italiano nel 1990 (nel trentennale della morte), il Motovelodromo è attualmente la struttura sportiva più vecchia fra quelle ancora esistenti in Piemonte (supera di appena un anno lo Stadio Natale Palli, del Casale Calcio, inaugurato nel 1921).
A Torino, è anche l’unica architettura sportiva superstite dei primi trent’anni del Novecento, epoca che diede alla città una serie di stadi storici ormai scomparsi: il Velodromo Umberto I (1895-1910), antesignano del Motovelodromo, in cui si disputarono anche partite del primo campionato di calcio italiano; e ancora, lo Stadium (1911-1946), eccezionale ma troppo ardita visione di un periodo in cui lo sport era manifesto istituzionale; e lo Stadio Filadelfia (1926-1998), lo storico impianto del Torino Calcio, ricostruito fra il 2016 e il 2017, del quale rimangono intatte solo due porzioni delle curve.
Il Motovelodromo viene costruito su progetto dell’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana (Torino, 5 luglio 1880 – Torino, 12 marzo 1948), che già si era distinto per lo splendido progetto dello Stadium. Esponente del “liberty” torinese, mise la firma su celebri esempi residenziali dell”epoca, come la palazzina di via Vespucci 39 ang. via Cassini (1909) e la casa Bellia in corso Fiume 11 ang. via Cosseria (1912). Successivamente alla costruzione del Motovelodromo, nel 1929 Ballatore di Rosana si rese protagonista del progetto delle Torri Rivella (all’imbocco di Corso Regio Parco), in uno stile ormai tardo eclettico, e degli obelischi posti all’ingresso dello Stadio Filadelfia, ancora in stile liberty, dei quali oggi ne resta uno solo, annesso all’edificio della biglietteria.
Architettura
Il Motovelodromo si presenta al visitatore con l’ingresso monumentale a tre fornici, isolato rispetto allo stadio vero e proprio. Qui si legge uno stile eclettico piuttosto semplificato, dove tratti di neoclassicismo si ritrovano nei tre archi a tutto sesto e nelle loro cornici (un blando richiamo allo stile dorico). L’intradosso dell’arco centrale è caratterizzato da una decorazione a cassettoni, che riporta al classicismo ma anche all’epoca rinascimentale e poi barocca. L’arco centrale termina in alto simulando la struttura di una torre di richiamo medioevale, sottolineata dalla presenza di archetti pensili sotto il cornicione (beccatelli). Alle ore 16 del 24 luglio 1920, il Motovelodromo venne inaugurato ufficialmente: presenti “un numerosissimo pubblico” (come scrisse un cronista su La Stampa), molti ciclisti dilettanti e vari professionisti stranieri e italiani tra cui Georges Paillard, Angelo Gardellin e i piemontesi Leopoldo Torricelli, Angelo Gremo e Giovanni Brunero. L’inaugurazione venne filmata e proiettata il 26 luglio all’Ambrosio (sala cinematografica progettata dallo stesso architetto Ballatore di Rosana).
Arrivati allo stadio vero e proprio, l’aspetto piuttosto semplice delle aperture e dell’organizzazione dei pieni/vuoti è l’evidenza migliore di come, al di là dello stile più in voga all’epoca, l’architettura sportiva di inizio Novecento rispondesse soprattutto a caratteri di funzionalità.
La disposizione degli elementi a vista è scelta principalmente in base alla necessità strutturale e funzionale (scansione delle aperture, pilastri principali di sostegno, rampe di scale, ecc). Solo successivamente questi elementi vengono addolciti da eventuali abbellimenti tipici dell’epoca: le ringhiere e le grate delle finestre presentano un motivo geometrico ricorrente (identiche, per esempio, a quelle laterali della tribuna dello Stadio Silvio Piola di Vercelli, 1932). E ancora, l’elemento verticale di sostegno del pianerottolo a sbalzo, nelle scale d’accesso alle gradinate, è addolcito da una doppia modanatura (a gola rovescia e a gola dritta, in sequenza). In corrispondenza della parte centrale di una delle curve, un tunnel scivola verso il basso e risale all’interno dello stadio, portando sul campo da gioco.
Il velodromo
L’anello della pista del Motovelodromo è lungo 393 metri, con una larghezza di 8 metri. La pendenza massima raggiunta in curva è del 70% (circa 35°). Non è inusuale che la pista abbia dimensioni così grandi: infatti, l’epoca di costruzione ebbe in questo un ruolo fondamentale. Nonostante Benito Mussolini non fosse particolarmente interessato al ciclismo, la gran parte dei velodromi italiani viene costruita proprio fra gli anni ’20 e gli anni ’30.
Spesso inseriti in una struttura sportiva polifunzionale, venivano realizzati con dimensioni maggiori rispetto a quelli tradizionali. L’ovale della pista abbracciava il campo da gioco al centro, che ha distanze regolamentari per calcio e rugby – e si prevede possa ospitare anche le discipline ginniche, oltre a parate istituzionali – ed ecco che le dimensioni totali dell’anello aumentavano fino ai 333,33 metri, quando non addirittura a 390-400 metri.
Queste misure rimarranno comuni a livello mondiale fino alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Da quel momento l’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) stabilirà la misura standard in 250 metri – ma permetterà comunque il futuro svolgimento di corse ufficiali anche su piste più lunghe, nonché la deroga per le piste storiche. Anche in Francia, per un confronto, si ricordano storici velodromi con una vita parallela calcistica o rugbistica, come Bordeaux (Parc Lescure), Lione (Gerland), Marsiglia (Vélodrome) e Parigi (Parc des Princes nella sua prima versione). Esempi attuali di velodromi ancora esistenti in Italia, con il campo da gioco tutt’ora utilizzato per il calcio, sono ad esempio a Busto Garolfo e Varese.
Sport (ma non solo) al Motovelodromo
Il Motovelodromo è stato punto d’arrivo di molte corse a tappe del ciclismo italiano, tra cui la Milano-Torino, fino agli anni ’90 – nel 1995 si ricorda l’edizione in cui avvenne l’incidente che coinvolse Marco Pantani, lungo la discesa del Pino.
La Nazionale Italiana di calcio giocò al Motovelodromo un’amichevole contro la Cecoslovacchia, domenica 26 febbraio 1922, risultato finale 1-1 (dodici anni dopo questa sarà la stessa partita che varrà la finale della Coppa del Mondo 1934, disputata allo stadio PNF di Roma, con vittoria azzurra 2-1). Il Torino Calcio disputò qui due campionati:
il campionato 1925-26: in squadra giocavano Adolfo Baloncieri (ex Alessandria e terzo miglior giocatore italiano di sempre secondo Gianni Brera, dopo Giuseppe Meazza e Valentino Mazzola – a lui è intitolata la Curva Sud dello Stadio Moccagatta di Alessandria) e Julio Libonatti (attualmente secondo marcatore di sempre dei granata con 157 gol, dietro a Paolo Pulici con 172);
il campionato 1943-44: ultima partita giocata qui dal Torino, derby Toro-Juve 3-3 (gol di Valentino Mazzola e Silvio Piola).
Ma anche la grande musica internazionale è passata dal Motovelodromo. Il 7 luglio 1980 si svolse qui il concerto dei Roxy Music, band inglese esponente del glam-rock, attiva dal 1970 al 1983 e considerata come influente del new romantic e del synth pop anni ’80. Il gruppo, con il leader Bryan Ferry, fece tappa a Torino nell’ambito del tour europeo per la promozione dell’album “Flesh+Blood”, uscito all’inizio di quell’anno. L’inizio del concerto, previsto per le ore 21, fu posticipato fino alle 23, per problemi organizzativi e logistici nell’area del palco. Secondo l’articolo de “La Stampa Sera” dell’8 luglio, 4mila persone accorsero al concerto, che rimane un unicum nella storia del Motovelodromo.
Secondo altre fonti gli appassionati della band furono addirittura 6mila. Curiosamente, la data di Torino, secondo il programma ufficiale del tour, sarebbe dovuta essere l’11 luglio (al Palasport Ruffini), mentre il 7 i Roxy Music avrebbero dovuto suonare a Milano. Tutt’oggi non si conoscono le ragioni del cambio di date.
Un glorioso passato, un futuro finalmente concreto
Dagli anni ’90 in poi, il declino della struttura è stato segnato soprattutto da costi di gestione e manutenzione troppo alti e da un conseguente disinteresse delle amministrazioni. Fino al 2015 sul campo da gioco si è svolta la fiera “Mercanti per un giorno”. Dal 2016 si è poi attivato un patto di collaborazione fra la Città di Torino e il raggruppamento di associazioni sportive coordinate dal comitato locale “Pezzi di Motovelodromo”, per favorire l’uso temporaneo dell’impianto per attività specifiche, pur con i limiti strutturali attuali.
A maggio 2018 il Comune di Torino ha pubblicato un avviso esplorativo per acquisizione di manifestazione di interesse, per un’assegnazione duratura della struttura che ne preveda il recupero e la destinazione a prevalente attività sportiva. Sono state presentate quattro proposte e, nell’estate 2019, è stato ufficializzato il bando definitivo per la concessione vincolata al recupero funzionale dell’edificio.
Quest’ultimo passo ha aperto la strada al progetto di riqualificazione che sta interessando la struttura, dal 2020. Il Motovelodromo sta cambiando parzialmente volto e diventando un rinnovato polo sportivo per il quartiere, con un focus sul padel (grazie alla gestione della società PADEL M2). Al contempo, la struttura storica dell’edificio viene conservata e restaurata con cura dal progetto firmato dallo studio torinese Baietto Battiato Bianco, che restituirà all’impianto nuovi spazi e rinnovate funzioni al pubblico per un uso giornaliero e di qualità.
Il motovelodromo Fausto Coppi, già motovelodromo di Corso Casale, è un impianto sportivo di Torino. Fu inaugurato nel 1920 e, nei primi anni, ospitò numerose gare di ciclismo su pista, nonché partite di calcio – il Torino vi disputò il campionato 1925-26 e il torneo di guerra 1943-44 – e di rugby.
Storia
Fu terminato nel 1920 su progetto dell’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana, uno dei protagonisti della gloriosa epoca del liberty torinese e già noto per la sua esperienza in grandi strutture sportive, grazie alla grandiosa realizzazione dello Stadium e alla progettazione delle due torri all’ingresso dello stadio Filadelfia (delle quali oggi ne rimane una sola, annessa all’edificio della biglietteria).
Tuttavia, le spese di gestione di questo impianto divennero presto insostenibili, portando il motovelodromo a essere utilizzato anche per altre discipline sportive come il calcio (nel 1926 si disputò anche una partita amichevole tra l’Italia e la Cecoslovacchia, finita 3-1), l’atletica, e addirittura importanti eventi lirici, come l’edizione della Carmen e dell’Aida del 1929. Malgrado i vari tentativi di riutilizzo, la struttura venne comunque chiusa pochi mesi più tardi, cedendola in concessione al Comune di Torino.
Durante i bombardamenti del 1942 la struttura subì pesanti danni; venne in seguito ricostruita nel 1947, secondo il progetto originale e con i medesimi materiali. Nel secondo dopoguerra il motovelodromo fu il campo interno della sezione rugbistica della Ginnastica Torino che ivi vinse nella stagione 1946-1947 il suo unico titolo di campione d’Italia.
A seguire ospitò eventi di football americano e di ciclismo.
Il 7 luglio 1980 il motovelodromo, utilizzato per l’unica volta come arena per concerti, ospitò ancora una tappa del tour dei Roxy Music davanti a circa 6 000 spettatori[5] prima che, a metà degli anni 1980, venisse dichiarato inagibile.
Il 30 settembre 1990 venne intitolato a Fausto Coppi, nel trentennale della scomparsa del celebre ciclista.[6] Nel 1994 l’impianto venne posto sotto vincolo dalla sovrintendenza e da allora ospita, solamente nel campo centrale, manifestazioni culturali e fieristiche.
Nel 2004 l’impianto servì per riprodurre lo storico Filadelfia nelle riprese della miniserie televisiva Il Grande Torino.
Caratteristiche
L’accesso principale è riconoscibile per la struttura tripartita in tre fornici con archi a tutto sesto di gusto eclettico. L’impianto presentava al suo interno una pista ad anello in cemento della lunghezza di 393 metri e della larghezza di 8, con curve sopraelevate in cemento armato. Gli spettatori erano ospitati nelle due tribune in legno, poste ai lati dei due rettilinei, protette da una copertura con orditura in legno, sormontata da lastre di eternit, per un totale di circa 7500 posti. Sotto le tribune erano ricavati i locali adibiti a spogliatoio, servizi igienici e magazzini. All’interno dell’anello vi è il campo in erba, in seguito utilizzato per attività ginniche, calcistiche, rugby e manifestazioni varie.
Il motovelodromo oggi
Dall’aprile 2011 il motovelodromo è riutilizzato da un gruppo di appassionati ciclisti, i quali hanno cercato soluzioni per poterlo salvare dal tempo e fargli rivivere quell’importanza sportiva per cui era nato. Nei mesi invernali veniva allestita, all’interno di un tendone, una pista da pattinaggio su ghiaccio.
Fino al 2015, una volta al mese tranne che ad agosto si svolgeva la fiera Mercanti per un giorno, molto affollata e frequentata dal pubblico, mentre a maggio 2016 fu firmato un patto di collaborazione tra il Comune di Torino e il raggruppamento “Pezzi di Motovelodromo”, in rappresentanza di dodici associazioni sportive, per l’utilizzo temporaneo della struttura: il motovelodromo è stato quindi riaperto alla pratica del ciclismo su pista, triathlon, rugby, calcio e badminton.
Nel 2017 l’amministrazione comunale ha annunciato l’avvio di un processo di recupero funzionale e di ristrutturazione, attraverso un bando di pubblicazione ufficiale.
Nel giugno 2019 l’Amministrazione Comunale ha infine deciso e deliberato di mettere all’asta l’impianto, con destinazione prevalente di attività sportive, con aggiudicazione definitiva nel febbraio 2020.[9]
Dopo importanti lavori di ristrutturazione della pista e della intera strtttura nonché dopo la creazione di impianti di padel, beach volley, pump track, l`impianto ha riaperto nell`aprile 2022, alla presenza delle autorità cittadine.
Futuro
Il motovelodromo è destinato a diventare stazione capolinea di VENTO, una ciclovia turistica – oggi in avanzata fase di progettazione e realizzazione – che collegherà Torino con Venezia.
Incontri
La struttura, come detto sopra, ospitò, per due stagioni, le gare interne del Torino. Il primo incontro ufficiale, disputato dai granata all’interno dell’impianto, fu la seconda giornata del campionato di Prima Divisione 1925-1926, conclusosi con una vittoria per 5-2 ai danni del Verona.
STORIA La storia del Motovelodromo affonda le sue radici negli anni ’20 dello scorso secolo. Costruito su progetto dell’architetto Vittorio Ballatore di Rosana – esponente del liberty torinese – è l’unica architettura sportiva della città ancora esistente risalente ai primi trent’anni del Novecento. La regina della struttura è sicuramente la sua pista, lunga 393 metri e con un’inclinazione superiore a quella dei velodromi da bici, era infatti stata originariamente pensata per ospitare anche gare di macchine e moto da corsa. Su questa pista si conclusero alcune tappe del Giro d’Italia e della Milano-Torino, gare che videro sfrecciare campioni del calibro di Bartali e Coppi. Non solo bici, infatti fin dai primi anni dall’apertura il Motovelodromo ospitò gare delle più disparate discipline: dalla bici al rugby, dall’atletica al baseball, per arrivare fino al calcio (il Torino qui vinse i campionati del 1925-26 e del 1943- 44) e ai concerti. Riaprire ospitando tante discipline diverse vuole dunque anche essere un gesto per onorare la sua eredità storica e sportiva in un continuum tra passato, presente e futuro.
IL PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE Il progetto di recupero del Motovelodromo è finalizzato alla riapertura di un centro sportivo polifunzionale, per la città e il territorio, che rappresenti un luogo di socialità, benessere, aggregazione, salute e un fattore di attrattività e qualità della vita. La riqualificazione intende restituire alla cittadinanza il Motovelodromo Fausto Coppi, luogo storico dello sport torinese da tempo in disuso, ripristinando così un centro polisportivo multifunzionale in cui accogliere la comunità cittadina. Perseguendo questo obiettivo il progetto lavora su due livelli distinti e complementari: promuovere e sviluppare l’attività fisica e lo sport amatoriale, agonistico e come strumento di inclusione ed educazione, e rigenerare un luogo storico e simbolico per la città, favorendo attività culturali, sociali e di intrattenimento. La riqualificazione sarà realizzata in diverse fasi: il primo lotto, con i campi di padel, beach volley, la pump track è stato avviato e completato entro il 2021, il secondo lotto con la pista di bici e atletica, l’area outdoor per fitness e spazio eventi, la riqualificazione della tribuna ovest e l’apertura di spogliatoi, area ristorazione e lounge, aree riparazione e deposito bici, sarà realizzato nel 2022. Successivamente sarà progettata e ultimata, in accordo con la Soprintendenza e la Città di Torino, la riqualificazione complessiva dell’area del Motovelodromo Torino. Il Motovelodromo sarà aperto alla collaborazione con le realtà del territorio, per favorire inclusione sociale e promozione del benessere e dello sport come opportunità di salute e qualità della vita. Questo è l’obiettivo di MOVE Torino ASD, che ha già sviluppato un programma di promozione dello sport a tutti i livelli, attraverso il progetto MOVE Torino, sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando Muoviamoci 2020, con la partecipazione di numerose associazioni e il sostegno della Circoscrizione VII. Il progetto prevede lo sviluppo di corsi e attività sportive (atletica, ciclismo, padel, beach volley) a favore di bambini e bambine, anziani, persone con disabilità e con problematiche di salute e di accesso allo sport, per un totale di circa 1000 persone nell’arco del 2022. Tra le prime attività di MOVE Torino: open days al Motovelodromo 11 e 12 giugno 2021 e la realizzazione del progetto MOVE Torino, sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, con la partecipazione di numerose associazioni del territorio e il sostegno della Circoscrizione VII. Il Motovelodromo di Torino si propone come un centro polisportivo innovativo, per location, varietà di discipline sportive praticabili, possibilità di ospitare eventi sportivi nazionali e internazionali, attenzione al coinvolgimento di bambini/e e ragazzi/e, alle fragilità e all’obiettivo di contribuire a generare impatto sociale. Il trait d’union che collega la gestione di tutte le discipline sportive del Motovelodromo è l’obiettivo di offrire a tutti e tutte la possibilità di attuare uno stile di vita sportivo sano, nel modo più salutare possibile e adatto alle esigenze di ciascun individuo. L’obiettivo è non imporre a tutti una visione di sport agonistica, ma dare la possibilità a chi vuole di affrontare lo sport con qualche sacrificio in più e valorizzare i talenti e le diverse capacità.
ATTIVITÀ Lavoriamo per la rinascita del Motovelodromo con l’obiettivo di unire sport, rigenerazione urbana, benessere e qualità della vita. Abbiamo una visione comune: sviluppare un luogo di sport multidisciplinare, dove ognuno possa trovare un’occasione di provare uno sport nuovo o che non conosceva, di praticare il proprio sport preferito, vivere momenti a contatto con la natura e l’aria aperta, con proposte e attività disponibili per tutta la famiglia e per ogni diversa esigenza. Abbiamo l’ambizione di contribuire a creare una vera comunità sportiva, inclusiva e dinamica. Padel, beach volley, bici su pista e mountain bike, pump track, beach tennis e fitness, servizi per l’avvicinamento allo sport e per gli sportivi, ristorazione, eventi culturali e sociali: questo è quello che faremo con tutti gli sportivi che entreranno dal nostro arco nei prossimi anni, al Motovelodromo “Fausto Coppi” di Torino.
NON SOLO SPORT Vi aspettiamo al Motovelodromo per lo sport, la socialità e gli eventi. Da aprile 2022 apriranno gli spazi per divertimento, aggregazione, cultura. Bar, chiringuito e ristorante, ma soprattutto “La Piazza”, un grande spazio esterno per incontri e animazione del territorio, tra l’arco monumentale e la tribuna ovest e “Il Village”, un’area in erba naturale di 1500 mq, vicino ai campi, per eventi ludici e culturali, cinema outdoor, fitness, spettacolo e intrattenimento per grandi e piccoli. Ogni estate attiveremo centri estivi sportivi con format innovativi, con grande attenzione alla promozione dell’uso delle lingue straniere e con il 10% dei posti bimbi riservati gratuitamente a utenze fragili, in collaborazione con la Città di Torino e la Circoscrizione 7.
MOTOVELODROMO GREEN L’attenzione alla sostenibilità è centrale nel progetto del Motovelodromo: innanzitutto si incentiva la mobilità sostenibile, con future stazioni di assistenza e ricarica per la mobilità ciclabile, per quella elettrica e in sharing. L’accesso al Motovelodromo può avvenire dalle vie automobilistiche e dalla pista ciclabile, di cui rappresenta una tappa centrale del lungo percorso accanto al fiume. All’interno del Motovelodromo è ridotto l’uso della plastica, evitando le bottigliette attraverso l’utilizzo di erogatori che distribuiscono l’”acqua del sindaco” depurata. In ogni spazio del Motovelodromo sono presenti i contenitori per la raccolta differenziata. La riduzione dei consumi energetici è permessa dall’utilizzo esclusivo di sorgenti luminose LED ad alta efficienza e da sistemi di illuminazione controllati con la domotica, per favorire l’accensione solo in caso di utilizzo e spegnimento automatico negli spazi inutilizzati. La cura del verde è facilitata dal recupero dell’acqua piovana e da costanti politiche di risparmio idrico. L’efficienza energetica è garantita dagli elevati standard definiti in fase progettuale e applicati nei lavori di riqualificazione, nella scelta di serramenti ad alta efficienza, nella coibentazione della tribuna ovest, nell’utilizzo di coperture invernali con doppia membrana e di inverter per la minimizzazione del costo energetico. Il nostro obiettivo negli anni sarà trovare le soluzioni tecnico-impiantistiche accettabili da Soprintendenza e Città di Torino per realizzare un impianto fotovoltaico di grande dimensione, che permetta di alimentare le stazioni di ricarica, le utenze del centro sportivo e anche utenze del quartiere promuovendo la nascita di una vera e propria comunità energetica, esperimento unico che trova ispirazione da progetti della Comunità Europea. Sarà fantastico raggiungere l’obiettivo di avere un centro sportivo 4.0, che in pieno centro a Torino alimenterà parte delle utenze e delle case del quartiere.
ATTIVITÀ CON LE SCUOLE MOVE propone alle scuole di primo e secondo grado del quartiere e del territorio cittadino un’offerta di percorsi educativi che prevedono momenti di approfondimento della storia del Motovelodromo e occasioni di pratica degli sport al Motovelodromo e di apprendimento delle competenze di base per la pratica sportiva. Il Motovelodromo si offre come impianto sportivo polifunzionale, per accogliere le scuole nelle ore del mattino e favorire prativa sportiva di Padel, beach volley e atletica. Nell’ambito della programmazione del Motovelodromo, MOVE propone alle associazioni, alle organizzazioni di volontariato, alle fondazioni, la possibilità di sviluppare corsi e attività di sport inclusivo e/o unificato, in tutti gli sport praticati al Motovelodromo, a cominciare dal Padel e dalle attività legate all’atletica e alla bici. La competenza degli istruttori, unita alla funzionalità degli spazi e alla volontà di favorire un ambiente accogliente e costruire una comunità aperta a includere tutte le diverse esigenze, costituiscono gli ingredienti essenziali del progetto di sviluppo di MOVE.
CENTRO ESTIVO Un’estate all’insegna dello sport e del divertimento, all’interno del tempio storico della bicicletta torinese. Il Centro Estivo del Motovelodromo di Torino, organizzato dall’A.S.D. Sartagò, è nato con l’idea di offrire ai bambini tra i 5 e i 12 anni la possibilità di praticare sport, stimolare la creatività, avvicinare alla conoscenza diretta del territorio circostante la struttura. Ogni giorno i bambini, suddivisi in fasce d’età, saranno coinvolti in momenti di sport, laboratori creativi, passeggiate nel parco e gioco libero, accompagnati da educatori e istruttori sportivi specializzati.
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Relazione sul progetto di riqualificazione
Il progetto per la conservazione, valorizzazione e rifunzionalizzazione del Motovelodromo Fausto Coppi interessa il complesso degli immobili dell’isolato compreso tra via Castiglione, via Giovanni Boccaccio, via Chiaro Davanzati, via Lomellina, piazza e via Guido Cavalcanti, piazza Francesco Carrara e corso Casale. Le architetture che fanno parte del Motovelodromo di Torino sono opera dell’Arch. Ballatore di Rosana, attivo in città, nei primi anni del Novecento e autore di altre infrastrutture sportive, oltre che delle torri Rivella in corso Regina Margherita. Prima di affrontare nel dettaglio la proposta progettuale, di cui la presente relazione è relativa ad un primo lotto lavori, si ritiene utile inquadrare quest’architettura, degli anni Venti del Novecento, all’interno del dibattito sulla conservazione e sul recupero del patrimonio del Moderno. <> (A. Baietto, Palazzo Gualino, Quodlibet, 2019). In questo scenario, connotato da sviluppi a fasi alterne, da dibattiti e confronti sull’etica delle azioni – e delle intenzioni – degli operatori, rientra, con una sua storia, più autonoma rispetto agli altri esempi citati, anche il recupero e la trasformazione del Motovelodromo. Le tavole allegate raccontano la filigrana di un’idea, in sospeso fra conservazione e addizioni e il tentativo ermeneutico, interpretativo, di mettere in chiaro i valori esistenti in campo, portarli alla luce, intervenendo sulle semantiche di una cultura materiale, complessa, specifica, riconoscendone l’eredità difficile, per certi aspetti controversa, lasciata da questa infrastruttura urbana del primo Novecento. “Il complesso vide la luce nei primi anni Venti del secolo scorso, quando l’influenza tardo-liberty andava sfumando nell’eclettismo. Anche se mostra una certa distanza dalle tendenze dell’epoca a causa delle esigenze funzionali richieste all’insieme, risolte brillantemente avvalendosi di strutture in cemento armato a vista, mantiene ancora caratteristiche decorative moderatamente eclettiche, che si inseriscono su una morfologia tipica degli impianti sportivi del primo dopoguerra, lasciando intravedere quel rigore spartano che prefigura il nascente razionalismo”. (comune di Torino, servizio telematico) Parzialmente ricostruito nel secondo dopoguerra, l’impianto del motovelodromo è stato più volte oggetto di ristrutturazioni che hanno solo parzialmente ovviato ad un degrado che nel tempo ha interessato tutte le sue parti. Nel 1994, è stato posto sotto tutela della Soprintendenza, che lo ha dichiarato di “interesse particolarmente importante”. La condizione degli edifici, delle tribune e della pista è oggi caratterizzata da un degrado avanzato, più accentuato per la tribuna Sud e per l’edificio della tribuna stampa, ridotti alla sola struttura in cemento armato e, sebbene in maniera differente, anche la tribuna Nord su Corso Casale. Più conservate invece appaiono la tribuna Ovest, con gli spazi sottostanti e la casa del custode. In questo scenario delicato si innesta un progetto che, a partire dalle linee guida dello studio di fattibilità, propone un’interpretazione che vuole essere migliorativa rispetto alle previsioni iniziali. Affrontare il progetto di recupero di un’architettura simbolica del Novecento, densa di significati, pone problemi di metodo rispetto alla salvaguardia del bene, rispetto alla cultura del restauro, alle pratiche correnti. Le azioni di recupero e di trasformazione, che vengono qui proposte, non vogliono cedere alle retoriche della conservazione acritica, ma perseguire l’obiettivo del recupero, del far rivivere l’impianto storico all’interno di un tessuto urbano e sociale trasformato rispetto al periodo della sua realizzazione. Il programma funzionale proposto, in cui il restauro è affiancato da interventi di addizione rispetto all’esistente – coerenti con la destinazione sportiva e insieme con l’impianto antico -, prevede una diversa distribuzione delle nuove superfici, con la rinuncia alla realizzazione del grande volume sul lato Sud (fatto salvo il recupero dell’architettura della tribuna stampa).
Esiste infine un recente libro di Beppe Conti (Storia e leggenda del motovelodromo) che racconta la storia e la leggenda di un glorioso tempio dello sport, il Motovelodromo di Torino dedicato a Fausto Coppi, finalmente ristrutturato dopo un secolo di vita. Sfilano in un’immaginaria passerella personaggi che appartengono alla memoria dello sport, da Girardengo ai pionieri del ciclismo eroico, Binda e Guerra, poi Bartali, e il grande Coppi, fra gloria e tragedia, fino ai torinesi illustri capeggiati da Nino Defilippis, Moser e Saronni e gli ultimi sprint nel terzo millennio. Oltre ai ciclisti anche gli eroi del calcio, da Baloncieri e Libonatti fino a Mazzola, Gabetto e Piola, mentre negli anni di guerra stava nascendo il Grande Torino. E poi Primo Carnera, non più pugile ma lottatore, il rugby e il football americano. Non solo sport, ma anche teatro, lirica, e concerti. Un secolo di avventure, riproposte senza troppa nostalgia, adesso che il “Velò” torna a veder la luce. Questo libro verrà anche venduto a un prezzo (ci hanno detto) scontato durante la visita con Open House Torino.
Articolo apparso recentemente che derscrive il contenuto del libro “Storia e leggenda del Motovelodromo“
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Ecco alcune delle foto scattate durante il sopralluogo di qualche giorno fa: fai click sulla foto seguente per vedere la galleria di tutte le immagini.
Fai click sulla foto seguente per vedere la galleria di immagini
Le grandi opere liriche e i musical, così come le opere sinfoniche, sanno regalare grandi emozioni a chi sa comprenderle. Certo non si tratta spesso di musica orecchiabile e per questo ci deve essere una preparazione alle spalle: l’orecchio deve essere “allenato” per essere in grado di apprezzare! Purtroppo basta sintonizzarsi sulle molteplici stazioni radio, sui canali video musicali e sui molteplici video pubblicizzati su Internet per comprendere come la stragrande maggioranza delle proposte musicali siano assolutamente inadeguate a una crescita in tal senso. Pochissimi sono i canali dedicati esclusivamente alla musica classica (e.g. RAI Radio 3 Classica). È anche vero che secondo me troppo spesso vengono proposti da queste stazioni dedicate brani sicuramente belli e ben eseguiti, ma non particolarmente famosi… insomma, indirizzati a iniziati e non certo a quel pubblico più ampio che desidererebbe accrescere la propria conoscenza musicale… e questo è un peccato: anche a me capita talvolta di essere invogliato a cambiare stazione! Comunque pochi sono i programmi che propongono musica classica, quella di più facile ascolto, magari insieme ad altre tipologie di generi musicali così allargando il numero di ascoltatori: tra questi suggerisco il bellissimo programma Sei gradi di Luca Damiani che, come dallo stesso pubblicizzato, propone quarantacinque minuti per andare da Bach a Bjork in sei mosse, per attraversare mondi sonori diversissimi eppure connessi tra loro… un percorso musicale che si sviluppa in tutte le direzioni. Non brani necessariamente famosi, anzi, ma sicuramente tutti interessanti, presentati poi in modo adeguato seppur necessariamente succinto. Un’altra stella rara che si erge dalle mediocri trasmissioni via etere, segnalo poi Lezioni di musica con Luca Mosca sempre di Radio 3 che regala una piacevole mezzora di Cultura musicale alla portata di tutti coloro che hanno, pur avendo magari solo una minima alfabetizzazione in tal senso, desiderano comprendere meglio cosa ci sta dietro un brano musicale: un singolo brano viene suonato, sviscerato e spiegato molto bene in modo assai simpatico, aiutando a comprenderlo anche da un punto di vista armonico pur non richiedendo una specifica preparazione all’ascoltatore! Per fortuna, così come su RaiPlay (disponibile su PC dal Microsoft Store e su smartphone dal Google PlayStore) si possono ritrovare interessanti sceneggiati/film anche dei tempi d’oro della RAI, analogamente su RaiPlay Sound si possono risentire in podcast le trasmissioni radio e quindi tutte le puntate d’interessanti programmi (e.g. Sei gradi; Lezioni di musica; Il concerto del mattino), in ogni momento e ovunque uno si trovi: magari quando si è in viaggio può essere utile ricordarsi di questa interessante possibilità, alternativa all’ascolto delle solite canzonette elargite dalle molteplici trasmissioni radio! Basta collegare via Bluetooth il proprio smartphone all’impianto dell’auto, lanciare l’app RaiPlay Sound e ascoltare i podcast di quei programmi (tutti anche preventivamente scaricabili localmente su telefonino quando si è collegati a un WiFi, qualora si desideri non consumare il proprio traffico dati): eccovi nuovamente il link diretto delle trasmissioni Sei gradi e Lezioni di musica. Ricordo che esiste anche l’alternativa di farsi leggere gratuitamente uno degli innumerevoli audiolibri proposti in podcast della trasmissione Ad alta voce, sempre accessibile RaiPlay Sound (vedi il mio precedente post Audiolibri: la sezione “Ad alta voce” di RAI Play Radio e altro ancora …).
Esistono poi corsi specifici per accrescere le proprie capacità di ascolto: si parla di ear training che, con la riforma dell’Alta Formazione Artistica Musicale del 1999, ha fatto ingresso ufficiale anche in Italia. A tal proposito consiglio il testo Ear training corso base di Alberto Odone (e.g. lezione 1).
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Vediamo ora come poter scaricare gratuitamente il libretto di alcune opere: anche in questo contesto la preparazione non è quasi mai sufficiente e devo ammettere che anch’io trovo ostico da comprendere appieno questo genere musicale quando si esce fuori dai soliti capolavori più conosciuti! Avere la possibilità di leggere il libretto di un’opera prima di vederla, può quindi aiutarne la comprensione, anche se spesso durante lo spettacolo, in simultanea, scorre su un apposito pannello luminoso il testo cantato (anche in più lingue: e.g. italiano e inglese). Avevo già scritto in passato un post che mostrava come vedere e potersi addirittura scaricare in locale il video di alcune rappresentazioni operistiche (How to locally download a streaming video with Edge browser (e.g. the Verdi’s grandest opera AIDA or the Puccini’s Boheme)). Nel seguito indico come riuscire a scaricare sia l’ebook sia il pdf stampabile dei libretti di alcune opere. Infatti, seppure non sia esplicitamente raggiungibile dal sito del Teatro Regio di Torino, questo bel teatro della mia città rende disponibile online i libretti delle opere che da quest’anno presenta in cartellone. Prima del Covid (2019), veniva venduto (a 12€) agli spettatori un bel libretto cartaceo di più di cento pagine che, oltre alle immagini e informazioni, includeva anche tutto il testo dell’opera in oggetto. Purtroppo, dopo la lunga chiusura e penso per contenere i costi, da questa stagione il libretto è venduto (a 5€) in un formato ridotto a una ventina di pagine, con davvero poche informazioni utili… e, soprattutto, privo del testo dell’opera! Nel seguito alcune foto che mostrano i libretti delle scorse stagioni e due di quelli della stagione corrente di ben altra qualità e “spessore”:
Unico vantaggio è che in una sua pagina viene fornito il link per caricare il “vero” libretto, purtroppo non avendolo a disposizione durante il corrente spettacolo, se non scaricandoselo sul cellulare di cui viene esplicitamente chiesto lo spegnimento 🙄. Dal momento che, come ho detto, non mi sembra che tale link sia reso disponibile dal sito del Teatro Regio di Torino (sebbene il suo accesso non sia protetto in alcun modo), trovate nel seguito i link per scaricare alcune delle opere, quelle rappresentate quest’anno fino a ora. La struttura del link (se mantenuta) è comunque facilmente prevedibile qualora il nome dell’opera sia composto di un solo termine senza caratteri particolari (e.g. https://www.teatroregio.torino.it/LD-Nome o Nome1-nome2-nome3): perciò anche per le prossime opere in programma (e.g. La cavalleria rusticana), è verosimile venga mantenuto lo stesso formato del link.
Diverso il discorso qualora il titolo sia composto di più parole o ci siano caratteri particolari. Ad esempio, per La Bohéme, rappresentata anche quest’anno, pensavo per la presenza del carattere speciale nel titolo, non sono riuscito a trovare il link diretto e mi sono allora affidato ad un motore di ricerca che ha trovato questo link indiretto per potere fare il download non solo del testo dell’opera ma in questo caso proprio di tutto il libretto: La Bohéme (G. Puccini). Navigando poi nel sito del teatro ho notato che quell’opera era stata trasmessa in streaming quest’anno per via delle restrizioni Covid e da questa pagine era stato reso possibile scaricare appunto tale libretto completo d’immagini e quant’altro!
Molto interessante è poi la sezione Archivi proposta dal sito del Teatro Regio di Torino, una porta tra passato e futuro e cenni di storia degli archivi di quel prestigioso teatro inaugurato nel 1740 e andato completamente distrutto in un incendio nel 1936, per poi essere ricostruito con ben diversa struttura e riaperto nel 1973
Ovviamente si trovano su Internet anche altri siti che consentono di scaricare i libretti di opere, almeno delle più famose. Ad esempio per la Bohéme:
Talvolta può risultare conveniente convertire delle immagini in formato jpg in un file pdf, sia per aggregarne diverse e poterle poi sfogliare come un libro, sia perché generalmente le dimensioni del file pdf complessivo è assai minore, pur garantendo il mantenimento una buona risoluzione. Già molto tempo fa avevo scritto il post How can you easily convert a file (e.g. a jpg picture) to a pdf file with Windows 10, ma in questo nuovo esploro ulteriori possibilità ancora più interessanti in diversi contesti!
Talvolta si ha infatti una foto di un documento e la si deve inserire in un form online dove viene espressamente richiesto il formato pdf e/o il rispetto di una dimensione massima del file che si deve caricare. Talvolta poi, pur avendo già il file in formato pdf, le sue dimensioni superano quel limite imposto e quindi si deve utilizzare qualche SW o servizio online in grado di diminuire le dimensioni del file, a scapito ovviamente della qualità che generalmente comunque viene preservata più che accertabile. In questo caso può, ad esempio, tornare utile il servizio gratuito offerto da Adobe stessa a questo link: la compressione può essere scelta High (dimensione minore e qualità standard), Medium (dimensione media e migliore qualità) o Low (dimensione maggiore e la migliore qualità). Si noti che non riesce a comprimere file criptati: tuttavia in questo caso basta sbloccarli utilizzando la funzionalità Sblocca PDF presente nella versione desktop di iLovePDF, come mostrerò in seguito, SW che tra l’altro fornisce anche una funzionalità di compressione analoga a quella di Adobe qui analizzata… 😉
In questo post mi limito ad analizzare il servizio di conversione di uno o più immagini/foto jpg in un unico file pdf, anche se generalmente i programmi e i servizi online in grado di operare in tal senso, offrono anche altri servizi inerenti al formato pdf.
Ovviamente Adobe, che ha inventato quel formato, fornisce un SW in grado di operare compiutamente, (i.e. Acrobat DC) … ma è un servizio tutt’altro che gratuito! Solo il loro lettore dei file pdf (Acrobat Reader) è da loro fornito gratuitamente, ma non consente alcuna operazione su file. Per fortuna esistono anche diversi siti che offrono a prezzi molto inferiori o anche gratuitamente servizi per convertire in pdf un file in altro formato o per operare sui file pdf (e.g. renderli di dimensioni minori, raggruppare più file, addirittura togliere la protezione che alcuni hanno per la selezione del testo) e abbiamo visto come ora Adobe stessa fornisca online una modalità gratuita per ridurre le dimensioni di un file pdf! Si tenga inoltre presente che anche gli editor di testo, quale ad esempio Microsoft Word, oltre a poter salvare un testo in quel formato, sono anche in grado di leggere un file in formato pdf ed eventualmente poi convertirlo in altro formato modificabile, seppur spesso si perdano informazioni di formattazione e di grafica.
Ultimamente ho utilizzatoiLovePDF e mi sento di consigliarlo. Se uno non ha esigenze particolari e i file jpg da convertire in un unico file pdf non sono molti, può anche utilizzare solo la sua versione online che non richiede d’installare nulla sul proprio PC ed effettua l’elaborazione di conversione su un loro server remoto, rendendo poi scaricabile il file generato:
Servizio online
Tuttavia, se si cerca di convertire in un unico file pdf molte immagini, il servizio online non lo consente e lui stesso propone (tramite apposita finestra di popup) di scaricare la sua versione desktop più completa, da installare sul proprio PC. Esiste infatti anche la versione desktop di quel servizio cioè un programma da installare che offre le medesime funzionalità del servizio online, ma in più consente di aggregare molti più file e rende il processo più veloce non essendo necessario effettuare nessuna trasmissione di file. La versione desktop si può scaricare da qui. Il processo per scaricare e installare questo programma è semplice: una volta terminato uno si ritrova nella lista delle applicazioni presenti anche l’app iLovePDF:
Se si seleziona dai servizi proposti sulla destra, quello specifico di conversione immagini in pdf (i.e. immagine a pdf), si possono trascinare tutte le immagini facendo attenzione che l’ordine sia quello desiderato, in modo che il file generato mostri le immagini nella voluta sequenza. A tale proposito conviene selezionare (cnrl + a) tutte le immagini se ordinate come desiderato (ad esempio dando loro un nome con un numero crescente ed elencandole in modo alfabetico nel File Explorer) e quindi trascinarle con il mouse prendendo dalla prima (cioè effettuando, per il caricamento, un click persistente sul prima file in elenco: diversamente l’ordine non verrebbe mantenuto). Si può comunque poi eventualmente modificare l’ordine delle immagini trascinando ciascuna dove si desidera, ma certo conviene già fin da subito averle ordinate opportunamente, ad esempio nominando i file opportunamente (e.g. pag1, pag2, pag3, …) e avendole visualizzate in ordine alfabetico.
Si noti che iLovePDF fornisce anche altre funzionalità molto interessanti quale, ad esempio, la compressione per ridurre le dimensioni del file, l’unione di PDF, la divisione di un PDF, la conversione in altri formati (jpg, Word, Excel, Powerpoint), la rotazione, la protezione, l’inserimento di watermark e la riparazione di un file pdf difettoso. Particolarmente utile è la possibilità di sboccare file che siano stati bloccati per impedire addirittura la selezione di alcune sue frasi per poterle agevolmente riportare altrove: basta selezionare la funzionalità Sblocca PDF dal menù a destra, scegliere il file protetto da sbloccare e quindi premere il pulsante omologo che si troverà in basso a destra:
Sblocca PDF è un’altra utile funzionalità offerta, sempre gratuitamente, da iLovePDF
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Un altro sito alternativo che ho talvolta utilizzato con buoni risultati è jpg2pdf che offre un servizio analogo online.
Per concludere, se uno ha un documento privato molto riservato, può non essere conveniente utilizzare tali tool (online o meno… in questo post ho parlato anche di programmi da installare che funzionano anche con il PC sconnesso da Internet seppur questo non assicuri che nulla venga poi trasferito non appena ci sia una futura connessione alla rete, sebbene sia improbabile soprattutto se non si lancia più l’applicazione), ma questo si può dire in teoria anche per il testo e gli allegati che uno inserisce nelle email (e.g. Gmail) o di ciò che uno salva su un cloud. Soprattutto nel primo caso la certezza che le informazioni inserite non possano essere manipolate è generalmente non nulla, anzi talvolta viene esplicitamente indicato nelle condizioni d’uso che tale garanzia non è assicurata. Certo esistono servizi di email che invece garantiscono la privacy (e.g. protonmail), alcuni a pagamento (e.g. tutamail): non certo Gmail largamente utilizzata da molti.
In genere, il passaggio jpg a pdf io lo utilizzo quando ho più immagini (e.g. foto di ricevute, foto di spartiti) che voglio raggruppare in un solo file pdf che può poi essere sfogliato e salvato convenientemente senza tener troppo spazio pur conservando una buona risoluzione se stampato in A4.
Nel caso di una singola immagine ho utilizzato in passato la funzionalità di Microsoft Print to PDF offerta da Windows, ma ho verificato che la compressione ottenuta (e non modificabile) è bassa, per cui i file vengono decisamente più grossi del voluto. Se si vuole poi utilizzare per raccogliere più immagini, prima si deve creare un file che le contenga tutte e poi fare quella tipologia di stampa su file, processo non immediato e con sempre lo stesso problema delle dimensioni del file generato. Per effettuare il merge di più file si può usare Word (e.g. con il cut&paste del contenuto di ciascun file) o in alternativa si devono utilizzare app (e.g. PDF Merger & Splitter; Merge PDF) che consentono di effettuare appunto il fusione di più file pdf.
Per poi diminuire le dimensioni è vero che se uno riduce la risoluzione dell’immagine si ottengono dei miglioramenti in termini di spazio occupato dal file convertito, ma se poi uno salva in pdf tramite il Microsoft Print to PDF, la dimensione che si ottiene è analoga a quella del file jpg originario…
Funzione di Microsoft Print to PDF disponibile come driver di stampa su tutti i PC Windows che consente di “stampare” qualsiasi cosa su un file pdf
Uno dei servizi online che ho proposto nel post per ridurre le dimensioni di un pdf è poi offerto gratuitamente da Adobe stessa e permette d’impostare tre livelli di compressione (high, medium, low in base alle proprie esigenze): vengono offerti online in quel sito di Adobe anche altre funzionalità (e.g. merge, split, rotate, reorder, extract…)… gratuite solo per un certo periodo :-(.
Se anche Adobe volesse utilizzare, per fini suoi, i file che uno invia per ottenere la compressione, allora potrebbe farlo anche dal suo Acrobat Reader DC gratuito e generalmente utilizzato da tutti per leggere i file in quel formato dalla stessa inventato…
Insomma, io non utilizzerei questi servizi (ma neppure molti altri come le email) per convertire/comprimere file contenenti le mie password o altri dati sensibili, ma per il resto…
Ho già scritto alcuni post relativamente a problematiche che uno può incontrare utilizzando la tecnologia a led, capace di fornire un’ottima luce con consumi assai minori (mediamente di un ordine di grandezza in meno rispetto ad una lampada a filamento: e.g. 6W contro i 60W):
In questo breve nuovo post evidenzio un possibile problema che io stesso ho recentemente riscontrato utilizzando una striscia a led di 3 metri che ho da tempo collocato in cima a una libreria, aggiungendo così una piacevole luce diffusa in tutta una stanza.
Da un po’ di tempo, dopo alcuni minuti dall’accensione, incominciava a lampeggiare in modo assai fastidioso e tale da renderla praticamente inutilizzabile se non in una discoteca! Una prima ipotesi della causa del malfunzionamento sono stati i connettori e le saldature del filo di alimentazione sulla striscia a led. Rifacendo le saldature (e addirittura accorciando leggermente la striscia per poterle rifare nel modo più adeguato) non aveva tuttavia risolto la problematica. Il secondo indiziato è stato il trasformatore. D’altra parte molto spesso le strisce a led vengono vendute con alimentatori non del tutto adeguati per un utilizzo prolungato: spesso sono piccoli e dimensionati al minimo. Quello in dotazione alla mia striscia led di 3 metri era infatti piccolo e forniva un output di 12V per un massimo di 3A. Ho provato ad alimentarla con un altro alimentatore (imprestatomi da un amico) di dimensioni (e qualità migliori) e ho verificato che quel problema di lampeggio veniva così risolto. Ho quindi acquistato un nuovo trasformatore più serio, scegliendone uno capace di fornire una corrente maggiore (output di 12V e massimo 6A), tanto il prezzo non variava di molto: sovradimensionare un po’ non fa mai male!! La mia scelta, oltre che dal prezzo contenuto è stata dettata anche dal fatto che quel trasformatore presenta una terra in uscita (sebbene poi il filo di alimentazione non la utilizzi) e quindi l’ho reputato più “serio” di altri analoghi! 😉
Relativamente poi all’interruttore per pilotare l’accensione della striscia, ho da tempo adottato il comodo interruttore senza fili della LoraTap. Questa soluzione fornisce un ricevitore a relè comandato via radio sia un telecomando magnetico (portata fino a 200m): quest’ultimo si può quindi anche staccare dalla sua base (che uno posiziona generalmente sul muro) per poterselo portare temporaneamente dove più comodo(e.g. su un tavolino vicino al divano), sebbene poi sia conveniente riporlo al suo posto per saperlo sempre ritrovare (basta avvicinarlo e si attacca magneticamente alla base). Sebbene questo modello non abbia la possibilità di pilotaggi da un’app dello smartphone e non usi le tecnologie più sofisticate di riconoscimento vocale (vedi Alexa: come pilotare vocalmente dispositivi di domotica quali prese e luci), la soluzione fornita da LoraTap mi è sembrata comoda ed economica! Esistono poi anche altre loro soluzioni di telecomando multiplo abbinato a più relè, o anche integrabili dentro l’interruttore murato, con pilotaggio anche tramite app e Alexa… ma questo è un altro utilizzo non sempre particolarmente utile, mentre la collocazione magnetica dell’interruttore la trovo personalmente molto appropriata e comoda.
Ho recentemente preparato un logo in modo tale da poter essere stampato su magliette, palloncini o qualsivoglia supporto colorato. L’esigenza era sia di rendere il logo monocromatico (e.g. bianco), per minimizzare i costi di stampa, sia di avere lo sfondo trasparente, in modo tale che mantenere il colore del supporto.
Nel seguito descrivo passo passo la procedura che ho seguito con Adobe Photoshop Elements (venduto anche in un conveniente bundle con Adobe Premiere Elements) per arrivare al file finale da inviare in stampa.
Innanzitutto si devono eliminare gli sfondi selezionandoli (uno per volta o aggiungendo un ulteriore pezzo cliccando con il mouse e mantenendo premuto il tasto di maiuscolo) e quindi premendo il tasto Canc in modo da cancellare appunto i contenuti selezionati, ad esempio, con il Magic Wand Tool. Si noti che ho reso trasparenti anche le strisce stradali che prenderanno convenientemente anche loro il colore del supporto su cui verrà effettuata la stampa! Si noti che la presenza di uno sfondo trasparente viene evidenziata con dei quadratini bianchi e grigi.
Per cambiare poi i colori, ho selezionato (usando il anche qui il Magic Wand Tool) ciascuna delle le lettere e la linea dell’auto stilizzata, per poi utilizzare il Paint Bucket Tool per colorare di bianco il tutto.
Per poi inserire un altro disegno sotto (e.g. il 60), ho dovuto estendere opportunamente le dimensioni del canvas (Image -> Resize -> Canvas Size).
Per salvare infine il file ho dovuto utilizzare il formato GIF o quello PNG, gli unici in grado di mantenere la trasparenza: con il formato JPG, generalmente usato, lo sfondo trasparente sarebbe stato sostituito con del bianco.
Infatti, se si prova a salvare l’immagine in jpg, anche l’anteprima del File explorer mostra quella versione tutta bianca (essendo la scritta bianca e lo sfondo trasparente trasformato in bianco) mentre i file dell’immagine salvata nei formati gif e png risultano con la scritta bianca e lo sfondo trasparente (impostato per default a nero da quel visualizzatore di anteprima):
È sempre opportuno avere le app aggiornate, non solo perché possono aver introdotto nuove funzionalità utili o aver risolto errori (i.e. bug) che determinavano malfunzionamenti/rallentamenti in alcune circostanze (oltre a poter risultare vulnerabili ad attacchi esterni, soprattutto nel caso si tratti di aggiornamenti relativi al sistema operativo o all’antivirus), ma anche perché diversamente possono non più funzionare a dovere. Quest’ultimo è, ad esempio, il caso di app che richiedono un elevato grado di sicurezza, quali quelle istituzionali o d’istituti bancari (e.g. app IO, PosteID, IntesaSanPaolo, INGitalia, BNL) in cui esistono controlli lato server per cui se si modifica qualcosa nella logica di comunicazione, solo l’ultima versione dell’app può funzionare a dovere.
Talvolta è l’app stessa che ti invita ad aggiornarla e non ti lascia proseguire (come spesso avviene per le app di una banca), ma altre volte tale segnalazione non viene fornita pur comportando malfunzionamenti nell’app che non riesce più a operare correttamente con le nuove funzionalità offerte lato server: è questo il caso dell’app PosteID che talvolta necessita addirittura di essere disinstallata prima d’installare la sua nuova versione e vederla funzionare nuovamente correttamente!! Lo so che un’eventualità del genere non dovrebbe succedere, ma in realtà ciò talvolta avviene anche per app istituzionali e di largo utilizzo… Insomma, conviene quindi sempre avere le app aggiornate e per questo non è del tutto sufficiente impostare, come in genere è di default, che ogni aggiornamento delle app avvenga automaticamente, perché non viene garantito il lasso temporale in cui questo avviene! Se poi si tratta di app su un telefonino, spesso è impostato di default che tale aggiornamento automatico avvenga solo in presenza di un collegamento WiFi (per non sprecare il traffico dati a disposizione e avere quindi dei costi): infatti, il pacchetto d’istallazione di un’app può avere dimensioni non irrisorie (e.g. 70 MB o più) e aggiornare qualche decina di app può comportare un inutile e potenzialmente costoso uso della banda a disposizione con il proprio bundle associato all’offerta a cui uno ha aderito! Per questo conviene in genere mantenere attiva tale opzione e magari forzare l’aggiornamento quando si è connessi a un WiFi.
Nel seguito mostro gli screenshot utili sia a verificare che l’opzione di aggiornamento delle app in automatico sia attivo e avvenga solo con connessioni WiFi sia a forzare comunque un aggiornamento manualmente andando a vedere la presenza di eventuali nuove versioni delle app installate. Noterai che molto spesso, pur avendo impostato l’aggiornamento in automatico, uno si ritrova decine di app non ancora aggiornate all’ultima versione!! 🙄🤔 Si noti infine che anche andado a ricercare nel PlayStore un’app specifica che uno ha già installato, se ne esiste una nuova versione viene mostrato un pulsante Aggiona chw ne propone l’aggionamento.
_________________________ Aggiornamento su smartphone
Se si possiede uno smartphone Android si deve lanciare l’app Play Store di Google, toccare sulla propria icona in alto a destra per veder comparire il menù dell’app e in particolare le sue voci Gestisci app e dispositivo e Impostazioni: con la prima si può forzare l’aggiornamento delle app di cui esiste una versione più recente (tutte o solo alcune), con la seconda si può impostare la modalità di aggiornamento automatico magari indicando che avvenga solo in presenza di WiFi (per non consumare i giga gratuiti a propria disposizione, se sono limitati). Se si imposta quell’opzione, l’aggiornamento delle app dovrebbe avvenire preriodicamente se ne esiste una nuova versione, ma è comunque sempre meglio ogni tanto forzare comunque l’aggiornamento come descritto nel seguito. Premendo il link Visualizza dettagli nella sezione Gestisci app e dispositivo, si può visualizzare l’elenco di tutte le app di cui esiste una versione più recente ed eventualmente scegliere di aggiornare solo alcune di quelle elencate: la procedura di scaricamento delle app scelte avviene secondo criteri di ottimizzazione di tempi, ma l’installazione avviene sempre per una sola per volta prima di passare alla successiva.
Analogo discorso sugli iPhone della Apple, dove esiste una procedura simile.
Inoltre, si può forzare l’aggiornamento delle app sviluppate dal produttore del proprio smartphone: infatti, generalmente esiste uno Store di app specifico del produttore. Ad esempio, Samsung ha il suo Galaxy Store dove sono presenti le sue app per gestire la telecamera dello smartphone, le foto e le telefonate… ma anche altre app specificatamente sviluppate da Samsung e non solo. Possono infatti trovarsi in quello Store app anche presenti nel PlayStore di Google: in questo caso risulta indifferente averle installate da uno o dall’altro store… tanto, se vengono aggiornate, questo viene fatto dagli sviluppatori su tutte le piattaforme in cui sono state pubblicate!
Può anche convenire verificare ogni tanto se esiste un aggiornamento sia del sistema operativo Android specifico per quel mio smartphone sia del Sistema Google Play che gestisce appunto il PlayStore di Google: anche in questo caso gli aggiornamenti prima o poi avverrebbero generalmente in modo automatico (se è impostato an ON l’opzione Download automatico su Wi-Fi), ma conviene comunque ogni tanto verificare, soprattutto se non si collega spesso lo smartphone a una rete Wi-Fi (collegamento necessario, trattandosi di aggiornamenti molto più pesanti rispetto a quello di una semplice app).
Per trovare tutte le tipologie di aggiornamenti si può anche cercare, ad esempio, “aggiorn” con la lente di ingrandimento presente nella pagina delle impostazioni dello smartphone:
Si nota, così operando, che esistono diverse altre tipologie di aggiornamenti possibile, quale quella relativa alla sezione Sicurezza e privacy che prima non avevamo ancora considerato… In genere sono solo notifiche di accessi effettuati sul proprio account da altri dispositivi o richieste di modificare la propria password in quanto non la si è modificata da tempo (ma, se non la vuoi comunque cambiare basta premere il pulsante il pulsante di comunque mantenerla per altri 6 mesi).
Si ricorda che cambiare periodicamente una password è una prassi consigliata, non solo per credenziali importanti come quelle per accedere a un sito di una banca, ma anche per quelle per accedere al proprio account Google o Microsoft. Infatti, sebbene tutti i sistemi di gestione delle password contemplino di bloccarne l’accesso se vengono effettuati consecutivi tentativi errati, comunque nel tempo è sempre teoricamente possibile per un sistema automatico scoprire una password in modo empirico soprattutto se corta e semplice! Esiste poi la possibilità che basi dati in cui le proprie password sono memorizzate vengano forzate da hacker anche solo per diffondere pubblicità a nome tuo: non è inusuale scoprire che persone inviano messaggi su Facebook a nome tuo con contenuto e link fraudolenti… Dal momento che è sicuramente un fardello modificarle periodicamente (e.g. ogni 6 mesi generalmente), i vari sistemi di accesso prevedono la possibilità di richiedere una doppia autenticazione, nel caso di una richiesta di un accesso che provenga da un terminale/applicazione nuovo, dal quale uno non ha mai acceduto: questo prevede, ad esempio, l’invio di un codice OTP – One-Time Password – al numero di cellulare collegato all’account, codice che deve essere inserito in quel primo processo di autenticazione per avere conferma che realmente chi accede è la persona proprietaria di quelle credenziali. Talvolta l’impostazione di avere una doppia autenticazione non è obbligatoria e l’utente la può rifiutare, come nel caso di Facebook.
Può talvolta anche succedere che il servizio di aggiornamento non sia momentaneamente disponibile ad esempio per sovraccarico (troppe richieste contemporanee) o per altri motivi: non c’è da preoccuparsi, basta riprovare magari il giorno dopo! 🙂
_________________________ Aggiornamento su PC
Lo stesso discorso vale per le app presenti sul proprio PC Windows per il quale conviene andare nel Microsoft Store, selezionare l’icona Libreria nel menù laterale (a sinistra in basso) e quindi anche qui scegliere se aggiornare tutto o solo alcune delle app elencate di cui esiste una nuova versione. Analogamente si può anche forzare la ricerca di eventuali nuovi aggiornamenti per altre app, dal momento che questo check viene effettuato per default periodicamente (se impostato a ON Aggiornamenti app) e può quindi succedere che l’elenco presente non sia del tutto aggiornato:
Nota bene: se per caso il processo di aggiornamento di app si blocchi per diverso tempo, pur essendoci una connessione dati WiFi attiva, conviene effettuare un Riavvia il sistema [ENG: Restart] del PC (attenzione: NON un Arresta il sistema [ENG: Shut down] bensì un Riavvia il sistema [ENG: Restart]!) in quanto molto probabilmente deve essere portato prima a termine qualche aggiornamento del sistema operativo.
Per trovare poi gli aggiornamenti del sistema operativo Windows, si deve lanciare Windows Update: questo è bene farlo almeno una volta al mese. Lo si può trovare nelle Impostazioni [ENG: All settings] raggiungibile sia dal menù che compare premendo l’icona a bandiera (a sinistra) dalla barra strumenti in basso [ENG: toolbar] sia premendo l’icona delle notifiche sempre su quella barra ma a destra: si noti che in quest’ultimo caso può essere che quel pulsante Impostazioni/All settings non si veda, ma questo è dovuto solo al fatto che se non è stato collocato nella prima riga di tutti i pulsanti visualizzabili. In questo caso è sufficiente premere su Espandi [ENG: Expand] per vedere visualizzati tutti i pulsanti tra cui sicuramente compare anche quello!
Si può anche arrivare alla pagina Windows Update ricercandola con la lente di ingrandimento, sempre presente nella barra strumenti in basso) che appunto serve per trovare nel PC qualsiasi cosa uno desideri:
Se non trovi quella lente di ingrandimento nella barra degli strumenti, vuol il dire che è stata nascosta per cui devi fare click con il tasto destro del mousein un punto libero della barra di stato e selezionare dalla tendina che comparirà una qualsiasi scelta che non sia Nascosta [ENG: Hidden]:
A questo punto, premendo Impostazioni /All settings si va nella sezione che ricerca gli aggionamenti sia relativi non solo al sistema operativo Windows ma anche alla sicurezza oltre che del firmware di terze parti relativi ai componenti hardware del proprio PC (e.g. driver della scheda video e di altri componenti del PC): per vedere questi ultimi è necessario premere sull’eventuale link Aggionamenti opzionali e selezionare poi tutti quelli disponibili in elenco.
Nota che alcuni gli aggiornamenti (principalmente quelli relativi ad una nuova versione del sistema operativo) possono richiedere anche più di mezz’ora soprattutto se la connessione di rete è lenta e il PC non è molto performante: inoltre, può essere richiesto il riavvio del PC per poter essere completati e proseguire magari in ulteriori successivi aggionamenti…
L’aggionamenti disponibili possono essere già elencati o se ne può richiedere la ricerca premendo l’apposito tasto Ricerca aggiornamanti [ENG: Check for updates]:
Conviene infine impostare di trovare gli aggiornamenti anche di altri software installati (e.g. Office) configurando la sezione Impostazioni avanzate [ENG: Advanced settings] come segue:
Analogo discorso sui computer Apple dove esiste una procedura analoga.
Come ogni anno l’arrivo del caldo estivo ci ricorda che è tempo di pensare alla dichiarazione dei redditi. Come sempre le scadenze precise uno non le ricorda e per questo una ricerca su Internet può tornar comoda! Agevolmente si trova che, almeno qualora uno presenti in modo autonomo la dichiarazione, il termine ultimo di presentazione in formato digitale è il 30 settembre 2022.
Sono andato allora nel portale apposito per incominciare a stamparmi la precompilata per poi andare a controllare le singole voci e probabilmente dover aggiungere ulteriori informazioni o effettuare modifiche sulla base delle ricevute accumulate: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/home/https://portale.agenziaentrate.gov.it/PortaleWeb/home. Negli ultimissimi anni devo dire che molte ricevute (e.g. quelle delle farmacie) uno le trova già conteggiate automaticamente così come anche i pagamenti a professionisti, essendo ora obbligatorio effettuarli con una modalità di pagamento tracciabile… ma una verifica non è mai male!! Comunque conviene sempre partire dalla precompilata in quanto si evita di commettere errori e molti dati, come ho detto, sono presenti.
Io, per non rischiare di scontrarmi con novità indesiderate, ho scelto di entrare tramite il solito pulsante in alto a destra: un po’ di passaggi e si arriva a una pagina di avvertimento che indica “Non è possibile procedere. La funzionalità sarà resa disponibile a partire dal 23/5/2022“.
La dichiarazione precompilata sarà quindi disponibile a partire dal 23/5/2022… tra dieci giorni!
Ce ne faremo una ragione… 😉 Il bel tempo di questi giorni mi ha fatto anticipare la preoccupazione per questo fardello…